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Alimentazione e lavoratori: i compiti del Medico del Lavoro
Roma, 8 Apr - I temi della promozione della salute e dell’educazione alimentare diventano sempre più importanti in una società in cui si assiste nella popolazione ad un aumento dell’ obesità ed un aumento conseguente dei rischi di patologie vascolari, metaboliche e neoplastiche.
Che di queste problematiche sia importante occuparsi anche in ambito lavorativo, lo dimostrano alcune relazioni che si sono tenute al 73° Congresso Nazionale SIMLII (Società Italiana di Medicina del Lavoro ed Igiene Industriale) dal titolo “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa” (Roma 1-4 dicembre 2010).
Le relazioni sono state pubblicate nel primo supplemento del numero di ottobre/dicembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia e raccolte insieme nella sezione dedicata a “Alimentazione e lavoratori”.
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In “Il ruolo dell’alimentazione sui luoghi di lavoro per la promozione del benessere organizzativo e l’educazione al futuro” - a cura di A. Pezzana, M. Sillano, E. Quirico, M. Zanardi (SoSD Dietetica e Nutrizione Clinica, Ospedale San Giovanni Bosco, ASL TO 2 Torino) e V. Cometti (Associazione Slow Food Bra ) – si sottolinea che “la promozione della salute e l’educazione al futuro e alla sostenibilità rappresentano una delle maggiori possibilità di contenimento dell’incremento di patologie correlate all’ alimentazione e allo stile di vita (tumori, malattie metaboliche, obesità, malattie neurodegenerative)”.
In particolare l’inserimento di “contenuti educativi nell’ambito dei percorsi di consumo del pasto fuori casa, soprattutto sul luogo di lavoro, può rappresentare una strategia di intervento innovativa, visto anche il deludente risultato di strategie più tradizionali informativo-educazionali finora messe in atto”.
Nell’intervento vengono riportati alcuni dati relativi ad un’esperienza, condotta tra il 2006 e il 2009, presso l’ospedale San Giovanni Antica Sede di Torino e denominata “Il gusto per la salute”.
Nell’intervento vengono raccolti i suggerimenti relativi ai temi da includere nei percorsi di promozione di stili di vita e di consumo sani. Ad esempio “informazioni dietetiche, semplici e di facile lettura, che permettano l’individuazione della densità calorica dell’ alimento o della preparazione gastronomica, evidenziandone eventuali criticità (elevata densità calorica, presenza di grassi meno salubri, elevato contenuto di zuccheri a rapido assorbimento, scarso potere saziante) o punti di forza nutrizionali (apporto interessante di fibra, vitamine o minerali, potere saziante elevato)”.
Di educazione alimentare si parla anche in “Alimentazione, promozione della salute e lavoro: un modello integrato di educazione alimentare e promozione della qualità del cibo”, a cura di E. Pira, M. Coggiola, C. Romano (Dipartimento di Traumatologia, Ortopedia e Medicina del Lavoro Università di Torino - ASO CTO, Maria Adelaide Torino).
I relatori premettono che “l’essere obeso è considerato uno dei più importanti fattori di rischio di una prematura insorgenza delle patologie cardio e cerebro-vascolari, diabete, malattie osteoarticolari, gastrointestinali e di alcune forme tumorali”. E “l’80% dei casi di cardiopatie, di incidenti vascolari, di diabete di tipo 2 e i 40% delle neoplasie possono essere prevenute con interventi poco costosi e con un ottimo rapporto costo-beneficio”. Vi sono infatti “molte evidenze scientifiche che supportano il fatto che una dieta sana e un attività fisica sufficiente costituiscono elementi chiave per la prevenzione delle malattie non trasmissibili e dei loro fattori di rischio”.
Nell’intervento si fa riferimento a due progetti di educazione alimentare, attivati nell’ambito delle attività di promozione della salute presso l’ASO CTO-Maria Adelaide di Torino ed il gruppo bancario IntesaSanpaolo.
Una prima fase dei progetti è stata di tipo informativo- formativo con la predisposizione di brochure contenenti nozioni su una corretta alimentazione. “La fase successiva ha previsto l’utilizzo di un apposito software sul quale è stato possibile registrare le scelte alimentari quotidiane di ciascun aderente all’iniziativa. Al termine del periodo di osservazione (sei mesi) è stato inviato un report individuale contenente una valutazione quali-quantitativa sulla correttezza delle scelte alimentari”.
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In “I programmi di intervento nutrizionale nei luoghi di lavoro: una interessante strategia preventiva” - a cura di D. Lettieri Barbato, A. Sancini, T. Caciari, M.V. Rosati, F. Tomei (Università di Roma Sapienza, Unità Operativa di Medicina del Lavoro, Dipartimento di Scienze Anatomiche, Istologiche, Medico-Legali e dell’Apparato Locomotore) e G. Tomei (Dipartimento Neurologia e Psichiatria, Università Roma Sapienza) – si indica che è stato stimato “che, nel mondo del lavoro, circa un terzo delle persone ha a disposizione solo un’ora di pausa pranzo. Sono sempre meno quindi i lavoratori che hanno il tempo di tornare a casa e preparare il pranzo tradizionalmente inteso. Mense, trattorie o sale pausa delle aziende sono per molti il luogo dove pranzare”.
È dunque evidente il rischio di un modello nutrizionale, “caratterizzato prevalentemente da scelte verso alimenti di rapido consumo, ricchi in energia e poveri in micronutrienti”, rischio che potrebbe associarsi a carenze nutrizionali che, “a lungo andare, possono rendere il lavoratore vulnerabile verso patologie cronico - degenerative come cancro, diabete di tipo 2 e aterosclerosi”.
In questo senso, “identificando i luoghi di lavoro, come piccole comunità all’interno delle quali risultano possibili programmi di prevenzione attraverso modifiche nello stile di vita”, lo scopo di questo lavoro è quello di “indagare l’effetto dei programmi di intervento nutrizionale sulle abitudini alimentari dei lavoratori”. E un significativo miglioramento “è stato osservato nelle variabili dietetiche nel gruppo di lavoratori esposti ai programmi di intervento nutrizionale. Sulla stessa linea corrono le evidenze relative alle variabili antropometriche e metaboliche.
Nessuna variazione significativa è stata invece documentata relativamente ai valori di pressione arteriosa”.
Dai risultati ottenuti in questo lavoro, è possibile concludere “che i programmi di intervento nutrizionale rappresentano una valida strategia preventiva da poter perseguire nel luogo di lavoro”. Soprattutto in quelle categorie che, “per mansione lavorativa, risultano soggette ad errori alimentari ( turnisti)”.
Infine in “Analisi dell’Indice di Massa Corporea nei lavoratori di diversi settori produttivi nell’arco di dieci anni”, a cura di L. Perbellini, C. Zonzin, M. Baldo (Servizio di Medicina del Lavoro, Verona), si segnala che “la revisione critica della letteratura sull’ obesità e sul sovrappeso corporeo sottolinea che la minor scolarità, il basso livello socio-culturale, alcune professioni, la scarsa attività sportiva nel tempo libero e la contemporanea disponibilità di cibo, sono i principali fattori ambientali che favoriscono il progressivo aumento della prevalenza dell’obesità”.
In particolare “in ambito professionale è stato segnalato che il minor consumo di energia associato alla diffusione della meccanizzazione e robotizzazione e le attività più sedentarie favoriscono l’incremento ponderale”. E anche lavori “stressanti” come quelli con turni notturni “portano a squilibri biologici specie del metabolismo lipidico con aumento della prevalenza dell’ obesità”.
Questo lavoro ha studiato “l’evoluzione del peso corporeo nell’arco di dieci anni in un gruppo di lavoratori di diversi settori produttivi, valutando comparativamente la relazione di diversi fattori (mansione, PAO, abitudine tabagica, consumo di alcool, presenza di patologie)”.
Nella parte finale della relazione si sottolinea che è sensazione comune “che buona parte della nostra popolazione lavorativa (e non) abbia il rischio di aumentare significativamente di peso”.
E “il Medico del Lavoro, con i controlli periodici dei lavoratori, può fornire un contributo importante per la loro salute”.
Ad esempio il medico può intervenire “almeno con due diversi approcci: il primo è quello tipico della medicina preventiva primaria inducendo i lavoratori da lui controllati a mantenere un peso adeguato, evitando quel modesto ma progressivo aumento ponderale che viene favorito dall’età, dalla scarsa attività fisica e dall’ampia disponibilità di cibo; il secondo, nell’ambito della medicina preventiva secondaria, è di convincere il lavoratore già in sovrappeso o obeso ad intraprendere adeguati trattamenti, sotto il controllo di specialisti, al fine di evitare possibili complicanze”.
In un prossimo articolo di PuntoSicuro ci soffermeremo su un’ultima relazione, relativa a questi temi, con particolare riferimento alle conseguenze, sulla produttività di un’azienda e sulla sicurezza sul lavoro, di un’eventuale cattiva alimentazione dei lavoratori.
“ Alimentazione e lavoratori”, raccolta di relazioni di A. Pezzana, M. Sillano, E. Quirico, M. Zanardi, V. Cometti, E. Pira, M. Coggiola, C. Romano, D. Lettieri Barbato, A. Sancini, T. Caciari, M.V. Rosati, F. Tomei, G. Tomei, L. Perbellini, C. Zonzin, M. Baldo, T.P. Baccolo, D. Gagliardi, M.R. Marchetti che si sono tenute al 73° Congresso Nazionale SIMLII “La Medicina del Lavoro quale elemento migliorativo per la tutela e sicurezza del Lavoratore e delle attività dell’Impresa”, pubblicate in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°4/suppl.1, ottobre/dicembre 2010 (formato PDF, 442 kB).
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