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Parlare dei campi elettromagnetici, le cui sorgenti si moltiplicano sempre più, è necessario perché sono molti i dubbi che sorgono in relazione alle conseguenze di questi campi. Da un lato i possibili effetti sulla salute, dall’altro l’eventuale pericolosità dei fenomeni d’interferenza o incompatibilità elettromagnetica.
Per affrontare questi due preoccupazioni diffuse tra la popolazione è sorta una collaborazione tra ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ISS (Istituto Superiore di Sanità) e ISCOM (Istituto Superiore per le Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione. Una collaborazione che ha portato alla predisposizione di un opuscolo informativo che tratta in modo divulgativo, rispondendo a semplici domande, i diversi aspetti legati ai campi elettromagnetici.
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CEM: effetti sulla salute e disturbi elettromagnetici
Parlare dei campi elettromagnetici, le cui sorgenti si moltiplicano sempre più, è necessario perché sono molti i dubbi che sorgono in relazione alle conseguenze di questi campi. Da un lato i possibili effetti sulla salute, dall’altro l’eventuale pericolosità dei fenomeni d’interferenza o incompatibilità elettromagnetica.
Per affrontare questi due preoccupazioni diffuse tra la popolazione è sorta una collaborazione tra ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), ISS (Istituto Superiore di Sanità) e ISCOM (Istituto Superiore per le Comunicazioni e delle Tecnologie dell’Informazione. Una collaborazione che ha portato alla predisposizione di un opuscolo informativo che tratta in modo divulgativo, rispondendo a semplici domande, i diversi aspetti legati ai campi elettromagnetici.
Il documento, dal titolo “Campi elettromagnetici: effetti sull’uomo e sulle apparecchiature”, risponde inizialmente alla domanda su cosa siano i campi elettromagnetici.
Non ci soffermiamo su questo aspetto già affrontato da PuntoSicuro in diversi articoli.
Andiamo invece direttamente al cuore del problema: i campi elettromagnetici sono pericolosi per la salute?
L’opuscolo ricorda che un campo elettromagnetico (CEM) “provoca sempre e comunque una risposta dell’organismo umano”, ma il nostro organismo risponde anche a qualunque stimolo ambientale (rumore, luce, temperatura, …).
Per capire se queste risposte ai CEM possano costituire un pericolo per la salute, è importante distinguere tra:
- effetti biologici: si verificano quando “l’esposizione provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema vivente”;
- effetti di danno alla salute (o effetti sanitari): si verificano quando “l’effetto biologico è al di fuori dell’intervallo in cui l’organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute”.
La ricerca scientifica “ha individuato con chiarezza alcuni effetti sanitari dei campi elettromagnetici, dovuti ad un eccessivo aumento della temperatura, superiore alle normali variazioni fisiologiche”: ma questi effetti si manifestano solo se l’intensità del campo “supera determinati livelli di soglia su cui si basano le norme di protezione”.
E questi livelli “sono superiori a quelli che si incontrano normalmente nella vita quotidiana e molto superiori, in particolare, a quelli a cui si può essere esposti da parte di antenne di trasmissione radio o televisiva e, ancor più, da parte delle antenne (dette stazioni radio base) della telefonia cellulare e di altre tecnologie emergenti, come il WiFi e il WiMax”.
Invece alte esposizioni possono verificarsi “in specifiche situazioni lavorative in cui gli operatori sono vicini ad apparecchi di alta potenza”.
Sorge spontanea la domanda: è possibile che un’esposizione anche a bassi livelli di campo elettromagnetico, ma prolungata nel tempo, “possa dare luogo a malattie degenerative, ed in modo particolare al cancro”?
Questa ipotesi sembra avvalorata da “alcune indagini epidemiologiche che riguardavano però i campi magnetici generati da linee ad alta tensione e dispositivi elettrici alla frequenza di rete (50 Hz)”. In realtà i risultati di queste indagini “non possono essere estrapolati ai campi a radiofrequenza (RF) che, oscillando a milioni di hertz, hanno caratteristiche fisiche e meccanismi di interazione del tutto diversi”.
Invece riguardo ai campi a radiofrequenza “le ampie ricerche condotte da diversi decenni non hanno evidenziato effetti biologici di rilievo, e a maggior ragione effetti di danno alla salute, ai normali livelli di esposizione del pubblico”.
Sono state pubblicate, a seguito della grande diffusione della telefonia cellulare, molte ricerche sulle conseguenze dei CEM. “Anche se alcuni di questi studi hanno suggerito la possibilità di qualche effetto biologico, peraltro da verificare, una valutazione complessiva dei dati non indica rischi per la salute, confermando ulteriormente le valutazioni già espresse da diverse fonti”.
Ad esempio nei “Promemoria” per il pubblico, prodotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già nel 1998 si osservava che una revisione dei dati scientifici […] ha concluso che, sulla base della letteratura attuale, non c’è nessuna evidenza convincente che l’esposizione a RF abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro.
Nel 2006 l’OMS confermava la propria valutazione e notava che negli ultimi 15 anni, sono stati pubblicati vari studi che esaminavano una possibile relazione tra trasmettitori a radiofrequenza e cancro. Questi non hanno fornito nessuna evidenza che l’esposizione ai campi generati dai trasmettitori aumenti il rischio di cancro. Così pure, gli studi a lungo termine su animali non hanno accertato aumenti nel rischio di cancro dovuti all’esposizione a campi a radiofrequenza.
Esistono poi diverse norme per la protezione della salute dai campi elettromagnetici e numerosi paesi hanno adottato leggi o regolamenti basati sulle raccomandazioni della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), un “gruppo indipendente di esperti formalmente riconosciuto dai massimi organismi internazionali tra cui l’OMS e l’Unione Europea”.
Se l’Unione Europea ha raccomandato agli stati membri di adottare un quadro comune e coerente di norme, basate sui limiti dell’ICNIRP, in Italia abbiamo una legge, la Legge quadro n. 36 del 22 febbraio 2001 che, “in nome del principio di precauzione”, prevede limiti, da non superare in corrispondenza di luoghi abitati o intensamente frequentati, “sensibilmente inferiori a quelli raccomandati internazionalmente”.
Ricordando che per i lavoratori i limiti riguardo ai CEM sono, ad esempio, contenuti nell’allegato XXXVI del Decreto legislativo 81/2008, i limiti che devono essere rispettati negli ambienti di vita sono fissati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003; un decreto “emanato ai fini della protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati da sorgenti fisse operanti ad alta frequenza, comprendenti, ad esempio, gli impianti per telefonia mobile o per radiodiffusione televisiva o radiofonica”.
In questo decreto vengono fissati:
- limiti di esposizione: “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione”;
- valori di attenzione: “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate”;
- obiettivi di qualità: “i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato […], ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi.
Tali valori sono da ritenersi non superabili all’aperto nelle aree intensamente frequentate, quali ad esempio strutture di carattere ricreativo”.
Ad esempio in casa l’intensità massima per il campo elettrico è di 6 V/m (Volt/metro).
Parliamo infine di compatibilità elettromagnetica, intesa come “idoneità di un apparecchio elettrico e/o elettronico, di un’apparecchiatura e di un impianto contenenti componenti elettrici e/o elettronici, a funzionare nel proprio ambiente elettromagnetico, senza provocare disturbi elettromagnetici intollerabili in altre apparecchiature presenti nello stesso ambiente”.
I disturbi elettromagnetici o perturbazioni sono “ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un’apparecchiatura” e può essere costituito da un segnale non desiderato o da una alterazione del mezzo stesso di propagazione.
I disturbi possono essere naturali (es. fulmini), artificiali intenzionali (es. emissioni radio-tv) o artificiali non voluti (“ogni circuito elettrico percorso da corrente variabile nel tempo emette disturbi elettromagnetici”).
La compatibilità elettromagnetica è regolamentata a livello europeo con una direttiva che “si applica a tutti gli apparecchi elettrici che possono creare perturbazioni elettromagnetiche o il cui funzionamento può essere interessato da tali perturbazioni e mira a garantire il funzionamento del mercato interno prescrivendo che le apparecchiature siano conformi ad un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica”.
ISPRA, ISCOM, ISS, “Campi elettromagnetici: effetti sull’uomo e sulle apparecchiature”, a cura di Roberto Lo Sterzo, Elia Marchetta, Paolo Vecchia, Salvatore Curcuruto e Valeria Canè (formato PDF, 889 kB).
Non ci soffermiamo su questo aspetto già affrontato da PuntoSicuro in diversi articoli.
Andiamo invece direttamente al cuore del problema: i campi elettromagnetici sono pericolosi per la salute?
L’opuscolo ricorda che un campo elettromagnetico (CEM) “provoca sempre e comunque una risposta dell’organismo umano”, ma il nostro organismo risponde anche a qualunque stimolo ambientale (rumore, luce, temperatura, …).
Per capire se queste risposte ai CEM possano costituire un pericolo per la salute, è importante distinguere tra:
- effetti biologici: si verificano quando “l’esposizione provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un sistema vivente”;
- effetti di danno alla salute (o effetti sanitari): si verificano quando “l’effetto biologico è al di fuori dell’intervallo in cui l’organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a qualche condizione di detrimento della salute”.
La ricerca scientifica “ha individuato con chiarezza alcuni effetti sanitari dei campi elettromagnetici, dovuti ad un eccessivo aumento della temperatura, superiore alle normali variazioni fisiologiche”: ma questi effetti si manifestano solo se l’intensità del campo “supera determinati livelli di soglia su cui si basano le norme di protezione”.
E questi livelli “sono superiori a quelli che si incontrano normalmente nella vita quotidiana e molto superiori, in particolare, a quelli a cui si può essere esposti da parte di antenne di trasmissione radio o televisiva e, ancor più, da parte delle antenne (dette stazioni radio base) della telefonia cellulare e di altre tecnologie emergenti, come il WiFi e il WiMax”.
Invece alte esposizioni possono verificarsi “in specifiche situazioni lavorative in cui gli operatori sono vicini ad apparecchi di alta potenza”.
Sorge spontanea la domanda: è possibile che un’esposizione anche a bassi livelli di campo elettromagnetico, ma prolungata nel tempo, “possa dare luogo a malattie degenerative, ed in modo particolare al cancro”?
Questa ipotesi sembra avvalorata da “alcune indagini epidemiologiche che riguardavano però i campi magnetici generati da linee ad alta tensione e dispositivi elettrici alla frequenza di rete (50 Hz)”. In realtà i risultati di queste indagini “non possono essere estrapolati ai campi a radiofrequenza (RF) che, oscillando a milioni di hertz, hanno caratteristiche fisiche e meccanismi di interazione del tutto diversi”.
Invece riguardo ai campi a radiofrequenza “le ampie ricerche condotte da diversi decenni non hanno evidenziato effetti biologici di rilievo, e a maggior ragione effetti di danno alla salute, ai normali livelli di esposizione del pubblico”.
Sono state pubblicate, a seguito della grande diffusione della telefonia cellulare, molte ricerche sulle conseguenze dei CEM. “Anche se alcuni di questi studi hanno suggerito la possibilità di qualche effetto biologico, peraltro da verificare, una valutazione complessiva dei dati non indica rischi per la salute, confermando ulteriormente le valutazioni già espresse da diverse fonti”.
Ad esempio nei “Promemoria” per il pubblico, prodotti dall’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), già nel 1998 si osservava che una revisione dei dati scientifici […] ha concluso che, sulla base della letteratura attuale, non c’è nessuna evidenza convincente che l’esposizione a RF abbrevi la durata della vita umana, né che induca o favorisca il cancro.
Nel 2006 l’OMS confermava la propria valutazione e notava che negli ultimi 15 anni, sono stati pubblicati vari studi che esaminavano una possibile relazione tra trasmettitori a radiofrequenza e cancro. Questi non hanno fornito nessuna evidenza che l’esposizione ai campi generati dai trasmettitori aumenti il rischio di cancro. Così pure, gli studi a lungo termine su animali non hanno accertato aumenti nel rischio di cancro dovuti all’esposizione a campi a radiofrequenza.
Esistono poi diverse norme per la protezione della salute dai campi elettromagnetici e numerosi paesi hanno adottato leggi o regolamenti basati sulle raccomandazioni della Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti (ICNIRP), un “gruppo indipendente di esperti formalmente riconosciuto dai massimi organismi internazionali tra cui l’OMS e l’Unione Europea”.
Se l’Unione Europea ha raccomandato agli stati membri di adottare un quadro comune e coerente di norme, basate sui limiti dell’ICNIRP, in Italia abbiamo una legge, la Legge quadro n. 36 del 22 febbraio 2001 che, “in nome del principio di precauzione”, prevede limiti, da non superare in corrispondenza di luoghi abitati o intensamente frequentati, “sensibilmente inferiori a quelli raccomandati internazionalmente”.
Ricordando che per i lavoratori i limiti riguardo ai CEM sono, ad esempio, contenuti nell’allegato XXXVI del Decreto legislativo 81/2008, i limiti che devono essere rispettati negli ambienti di vita sono fissati dal Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 luglio 2003; un decreto “emanato ai fini della protezione della popolazione dalle esposizioni a campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici generati da sorgenti fisse operanti ad alta frequenza, comprendenti, ad esempio, gli impianti per telefonia mobile o per radiodiffusione televisiva o radiofonica”.
In questo decreto vengono fissati:
- limiti di esposizione: “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, definito ai fini della tutela della salute da effetti acuti, che non deve essere superato in alcuna condizione di esposizione della popolazione”;
- valori di attenzione: “il valore di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, considerato come valore di immissione, che non deve essere superato negli ambienti abitativi, scolastici e nei luoghi adibiti a permanenze prolungate”;
- obiettivi di qualità: “i valori di campo elettrico, magnetico ed elettromagnetico, definiti dallo Stato […], ai fini della progressiva minimizzazione dell’esposizione ai campi medesimi.
Tali valori sono da ritenersi non superabili all’aperto nelle aree intensamente frequentate, quali ad esempio strutture di carattere ricreativo”.
Ad esempio in casa l’intensità massima per il campo elettrico è di 6 V/m (Volt/metro).
Parliamo infine di compatibilità elettromagnetica, intesa come “idoneità di un apparecchio elettrico e/o elettronico, di un’apparecchiatura e di un impianto contenenti componenti elettrici e/o elettronici, a funzionare nel proprio ambiente elettromagnetico, senza provocare disturbi elettromagnetici intollerabili in altre apparecchiature presenti nello stesso ambiente”.
I disturbi elettromagnetici o perturbazioni sono “ogni fenomeno elettromagnetico che può alterare il funzionamento di un’apparecchiatura” e può essere costituito da un segnale non desiderato o da una alterazione del mezzo stesso di propagazione.
I disturbi possono essere naturali (es. fulmini), artificiali intenzionali (es. emissioni radio-tv) o artificiali non voluti (“ogni circuito elettrico percorso da corrente variabile nel tempo emette disturbi elettromagnetici”).
La compatibilità elettromagnetica è regolamentata a livello europeo con una direttiva che “si applica a tutti gli apparecchi elettrici che possono creare perturbazioni elettromagnetiche o il cui funzionamento può essere interessato da tali perturbazioni e mira a garantire il funzionamento del mercato interno prescrivendo che le apparecchiature siano conformi ad un livello adeguato di compatibilità elettromagnetica”.
ISPRA, ISCOM, ISS, “Campi elettromagnetici: effetti sull’uomo e sulle apparecchiature”, a cura di Roberto Lo Sterzo, Elia Marchetta, Paolo Vecchia, Salvatore Curcuruto e Valeria Canè (formato PDF, 889 kB).
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