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Definizioni, chiarimenti e normativa sui lavori in quota
Segnaliamo la presenza sul primo numero del 2011 della rivista “ Progetto Sicurezza”, che si occupa delle tecniche della prevenzione e protezione per amministratori e tecnici dei settori pubblico e privato, di un articolo dal titolo “Lavori in quota: definizione e chiarimenti”, scritto da Eleonora Viganò (Responsabile Affari Legali Gruppo Arcotecnica-WT).
Lo pubblichiamo integralmente con il consenso della casa editrice Maggioli.
Lavori in quota: definizione e chiarimenti
I lavori in quota possono esporre i lavoratori a rischi particolarmente gravi per la loro salute e sicurezza. In particolare, mi riferisco ai rischi di caduta dall’alto, che rappresentano una percentuale altissima di infortuni, soprattutto mortali, sui luoghi di lavoro.
A normare le condizioni minime di sicurezza in cui i cosiddetti lavori in quota devono svolgersi, è intervenuto il capo II, titolo IV del testo unico 81/2008.
A seguito però della presentazione, presso il Ministero del lavoro, di numerose richieste di spiegazioni e chiarimenti circa le norme in questione, il Ministero stesso ha emanato, in data 27 agosto 2010, un’importantissima circolare che, sotto forma di domanda-risposta, circoscrive finalmente in modo chiaro il reale ambito di applicabilità della normativa in questione.
Dopo aver quindi brevemente illustrato la vigente disciplina della sicurezza dei lavori in quota e i principali pericoli cui i lavoratori operanti in quota sono sottoposti, così come emerge da una vastissima casistica giurisprudenziale in materia, ecco di seguito l’illustrazione delle principali tematiche affrontate dal Ministero nell’ultima circolare in materia.
Caratteristiche del lavoro in quota e sua pericolosità. Definizione.
Il testo unico 81/2008, agli articoli 105 e seguenti, ci offre un’importante definizione di lavori in quota, stabilendo che si intende per lavoro in quota “un’attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto a un piano stabile”.
Questo rischio, che raggiunge il suo massimo nei cantieri temporanei e mobili, dove le lavorazioni in altezza vengono svolte quotidianamente, interessa tutte le attività lavorative che espongono i lavoratori a rischi di caduta da un’altezza superiore a 2 metri, in particolare i manutentori di fabbricati e/o di impianti.
È fondamentale che gli addetti, in relazione alle protezioni adottate dal datore di lavoro, operino nel rispetto delle indicazioni da questi fornite e nel rispetto delle indicazioni fornite dal costruttore nel caso vengano utilizzati dei dispositivi di protezione individuale.
Si ricorda che l’utilizzo dei dispositivi di protezione individuale contro le cadute dall’alto è subordinato all’avvenuto addestramento dell’operatore.
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Le protezioni utilizzate
Al fine di garantire la massima protezione dei lavoratori, la legge disciplina ed elenca i principali tipi di protezioni che il datore di lavoro deve fornire al lavoratore.
Esse si dividono in:
– Collettive: quali il ponteggio metallico fisso, i parapetti, le reti di sicurezza;
– Personali: quali i dispositivi individuali di protezione individuale ( DPI) come elmetti di protezione, dispositivi anticaduta, dispositivi di ancoraggio, imbracatura per il corpo;
– Temporanee: quali il ponteggio metallico fisso, i parapetti mobili;
– Fisse: quali i parapetti e sistemi fissi di ancoraggio.
Sarà naturalmente compito ed onere del datore di lavoro scegliere le misure di volta in volta più idonee per garantire l’incolumità al dipendente, a seconda del tipo di lavorazione e del grado della pericolosità della stessa.
È importante sottolineare che la giurisprudenza è ferma nel ritenere che il compito del datore di lavoro non può esaurirsi nel fornire ai lavoratori le misure e gli addestramenti necessari a garantire loro l’incolumità; ma, in quanto esso stesso è titolare di uno specifico obbligo di garanzia nei confronti dei dipendenti stessi, permane su di esso un obbligo residuale di controllo tale per cui egli dovrà assicurarsi che, effettivamente, ogni singolo lavoratore si avvalga in modo costante e corretto delle misure stesse.
I principali pericoli
Numerosi sono i pericoli cui il lavoratore può incorrere nelle lavorazioni in quota. I principali incidenti così come trattati da numerose sentenze di Cassazione, sono allora i seguenti:
Caduta dall’alto in seguito alla perdita di equilibrio del lavoratore e/o all’assenza di adeguate protezioni (collettive o individuali). Nella fase di arresto della caduta infatti le decelerazioni devono essere contenute entro i limiti sopportabili senza danno del corpo umano.
La sospensione inerte che, a seguito di perdita di conoscenza, può indurre la cosiddetta “patologia causata dalla imbracatura”, che consiste in un rapido peggioramento delle funzioni vitali in particolari condizioni fisiche e patologiche. Per ridurre il rischio da sospensione inerte è fondamentale che il lavoratore sia staccato dalla posizione sospesa al più presto.
Quando esiste il rischio di caduta, può accadere che il lavoratore, sottoposto al cosiddetto “effetto pendolo”, possa urtare contro un ostacolo o al suolo.
Lesioni generiche (schiacciamenti, cesoiamenti, colpi, impatti, tagli) causate dall’investimento di masse cadute dall’alto durante il trasporto con gru, argani, ecc.
Gli incidenti più comuni
La casistica giurisprudenziale in tema di incidenti da caduta dall’alto purtroppo ci insegna che questo tipo di lavorazioni sono caratterizzate da un altissimo grado di pericolosità e da un altissimo tasso di mortalità.
Ecco dunque i principali tipi di incidenti, purtroppo oggetto, in Italia, di numerosissimi e continui processi penali.
La morte del lavoratore
Nello svolgimento delle attività lavorative questo tipo di rischio si può manifestare soprattutto se si adottano comportamenti scorretti: dai lavori sulle coperture svolti senza le necessarie protezioni, per passare attraverso l’utilizzo, come deposito, dei solai dei corpi ufficio all’interno di attività produttive sprovvisti dei necessari parapetti, fino a giungere all’utilizzo di attrezzature inadeguate quali sedie, pancali, scatoloni impilati, forche dei muletti per la sostituzione di corpi illuminanti, il posizionamento di controsoffitti, impianti, tinteggiature, ecc.
Schiacciamento, lesioni gravi dovute all’impatto dell’operatore contro ostacoli quali ponteggio, fabbricato,macchinari, ecc. (effetto pendolo)
Questo tipo di rischio si manifesta solitamente in presenza di una cattiva progettazione delle protezioni individuali contro le cadute dall’alto. È infatti necessario, in sede di posizionamento dei punti di ancoraggio, valutare correttamente questo rischio in modo da fornire indicazioni agli operatori sul tipo di dispositivi di protezione individuale da utilizzare. Una corretta progettazione ed una corretta informazione eviteranno ad antennisti, manutentori di coperture e di impianti questo tipo di rischio.
Caduta di materiale dall’alto
Durante i lavori in quota è opportuno che la zona sottostante venga debitamente confinata al fine di evitare che qualche attrezzo o materiale utilizzato durante la lavorazione, cadendo, vada a colpire il personale.
Gli operatori a terra dovranno essere dotati di dispositivi di protezione individuale per la protezione della testa.
Lesioni gravi e/o morte per la prolungata sospensione inerte dell’operatore conseguente ad una caduta
In caso di caduta il sistema di arresto della caduta è concepito per minimizzare gli effetti della gravità sul corpo umano (ridurre la forza di arresto, evitare o rallentare l’urto contro l’ostacolo).
Malgrado ciò, le conseguenze di una caduta sono spesso gravi. La sospensione inerte in una qualsiasi imbracatura può provocare gravi disturbi fisiologici. Questi disturbi non si verificano nel caso di una sospensione prolungata con un soggetto cosciente, in quanto questo modifica da solo continuamente i punti di appoggio nella sua imbracatura.
La circolare del 27 agosto 2010: chiarimenti dal Ministero
Una volta inquadrata la tematica inerente la vigente disciplina regolante le lavorazioni in quota, e dopo aver enunciato le numerose problematiche e la delicatezza dell’argomento, data la numerosissima casistica di incidenti mortali in quest’ambito, passiamo all’analisi della circolare esplicativa del Ministero del lavoro che, a seguito di numerose richieste interpretative, si è finalmente espressa in riferimento a particolari tematiche, considerate molto complesse e delicate.
Sull’adeguatezza del ponteggio all’evoluzione del progresso tecnico: chiarimenti circa la necessità di ottenere rinnovo decennale dell’autorizzazione ex art. 131, comma 5, t.u. 81/ 2008
A tal proposito, il Ministero chiarisce che “la validità decennale delle autorizzazioni ministeriali, rilasciate prima del 15 maggio 2008, data di entrata in vigore del d.lgs. n. 81/2008, decorre dalla medesima data, quindi detta validità si intende estesa fino al 14 maggio 2018. Per quelle autorizzazioni ministeriali rilasciate successivamente al 14 maggio 2008 la validità decorrerà dalla data di rilascio”.
È inoltre specificato che “l’obbligo di richiedere il rinnovo dell’autorizzazione ministeriale di cui all’articolo 131 del d.lgs. n. 81/2008 riguarda il titolare dell’autorizzazione ministeriale e non l’impresa utilizzatrice: pertanto l’impresa utilizzatrice potrà impiegare i ponteggi anche dopo la cessazione della validità decennale dell’autorizzazione medesima. Si evidenzia infine che l’autorizzazione ministeriale si intenderà automaticamente sospesa, nei soli confronti del titolare dell’autorizzazione medesima, in assenza dell’avvenuto rinnovo decennale”.
Sulla necessità di allegare, ad ogni acquisto di nuovi elementi del ponteggio, il libretto di autorizzazione ministeriale
La risposta del Ministero al quesito non può che essere affermativa. Infatti, l’art. 131 del t.u. 81/2008 stabilisce che chiunque intende impiegare ponteggi deve farsi rilasciare dal fabbricante copia dell’autorizzazione ministeriale e delle istruzioni e schemi dello stesso impianto.
Inoltre l’art. 134 impone di esibire, nei cantieri in cui vengono utilizzati ponteggi, a richiesta degli organismi di vigilanza, copia della predetta documentazione e copia del piano di montaggio, uso e smontaggio.
Sulla possibilità di utilizzare i ponteggi, previo specifico progetto, come protezione collettiva per i lavoratori che svolgono la loro attività sulle coperture (e quindi in posizione diversa dall’ultimo impalcato del ponteggio)
A tale quesito il Ministero fornisce parere positivo; a condizione però che “per ogni singola realizzazione e a seguito di adeguata valutazione dei rischi venga eseguito uno specifico progetto”.
Da tale progetto comunque dovrà risultare quanto occorre per definire lo specifico schema di ponteggio nei riguardi dei carichi, delle sollecitazioni e dell’esecuzione, e tenendo conto della presenza di lavoratori che operano, oltre che sul ponteggio, anche in copertura.
Sulla necessità di provvedere al raddoppio dei montanti in presenza di un apparecchio di sollevamento materiali montato su un ponteggio
Il parere del Ministero al riguardo è affermativo. Infatti, a norma dell’allegato XVIII del t.u. 81/2008 “qualora apparecchi di sollevamento vengano fissati direttamente sui montanti delle impalcature, detti montanti devono essere rafforzati e controventati in modo da ottenere una solidità adeguata alle maggiori sollecitazioni a cui sono sottoposti”.
Sulla possibilità che su un ponteggio regolarmente autorizzato e a norma di legge si sostituiscano i fermapiedi prefabbricati con altri fermapiedi autorizzati ma appartenenti ad altra autorizzazione ministeriale
Secondo il Ministero, tale situazione è consentita; previa però verifica della compatibilità dell’elemento prefabbricato con lo schema strutturale.
Sulla necessità che gli elementi di ripartizione dei carichi dei montanti al di sotto delle piastre di base metalliche delle basette di un ponteggio debbano essere obbligatoriamente costituiti da tavole di legno
Il Ministero chiarisce che la normativa non prevede l’obbligatorietà dell’utilizzo di un particolare materiale, purché tali elementi di ripartizione siano di dimensioni e caratteristiche adeguate ai carichi da trasmettere ed alla consistenza dei piani di posa in modo da non superarne la resistenza unitaria.
Sulla possibilità che l’elemento in plastica impiegato per rivestire i giunti dei ponteggi a tubi e giunti possa costituire una soluzione per consentire la viabilità delle persone e dei veicoli, in quanto elemento limitante i rischi dovuti alle sporgenze dei componenti dei giunti
La risposta del Ministero è assolutamente positiva. Oltretutto, viene chiarito che la vigente normativa non prevede alcun tipo di omologazione per tale elemento in plastica.
Sulla possibilità dell’impiego di tubi in acciaio con diametro e spessore nominali (pari a 48.3 mm e 2.9 mm) con riferimento ai ponteggi a montanti e traversi prefabbricati
A tal proposito, il Ministero chiarisce che “L’impiego di tubi in acciaio di diametro e spessore nominali, rispettivamente pari a 48.3 mm e 2.9 mm, per l’utilizzo quali montanti nei ponteggi a montanti e traversi prefabbricati, è consentito con snervamento minimo pari a 235 daN/mm2 in conformità alla Tabella 2 del punto 6.2.2 della norma Uni En 12810-1.
Quanto sopra è in accordo con i punti 4.2.1.2 della norma Uni En 18811-1 e 6.2.2 della norma Uni En 12810-1, dal momento che i tubi dei montanti dei ponteggi a montanti e traversi prefabbricati non possono essere considerati tubi sciolti quali quelli dei ponteggi a tubi e giunti, ma elementi che hanno subito una lavorazione e quindi elementi prefabbricati.
Resta naturalmente l’obbligo di non ridurre i coefficienti di sicurezza fino ad oggi adottati, nonché i carichi fissi e variabili e quant’altro possa intervenire negativamente sulle verifiche di calcolo del ponteggio.
Sulla possibilità di eliminare l’elemento contro lo sganciamento dei montanti se, in accordo alla normativa europea, il tubo interno di collegamento tra i montanti è di almeno 150 mm
Il parere del Ministero è positivo. Infatti nella circolare è specificato che “Anche in accordo con il punto 10.2.3.1 della norma UNI EN 10811-1 si ritiene sia possibile, nell’ambito dell’autorizzazione ministeriale di cui al comma 2 dell’articolo 131 del d.lgs. n. 81/2008 prevedere, in presenza di spinotto, fissato in modo da garantire l’unione solidale e permanente ad un montante, di almeno 150 mm di lunghezza, oltre agli schemi-tipo completi di spina a verme, anche schemi-tipo privi di spina a verme, ma che presentino ancoraggi a tutte le stilate in corrispondenza del primo e dell’ultimo piano di ponteggio, oltre che a tutti i piani della prima e dell’ultima stilata”.
Fonte: “ Progetto Sicurezza”, n° 1/2011
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: Linea Verticale - likes: 0 | 03/12/2011 (17:09:53) |
Lavori in quota? la sicurezza deve essere la parte a cui rivolgere piu attenzione. La cosa interessante è che paradossalmente, in quota, la percentuale di rischio scende notevolmente. Non avendo bisogno di ponteggi o simili il fattore rischio cala. Ragazzi Quando si fanno lavori in quota su corda FACCIAMO ATTENZIONE!. Nicola Meloni. |
Autore: Antonio zimbo | 20/12/2018 (19:00:18) |
Buonasera cortesemente chi mi può rispondere... Su un ponteggio in sicurezza montato da gente formata io che vado per svolgere un lavoro devo indossare limbragatura o non c'è bisogno |
Rispondi Autore: Trentacosti Ciro - likes: 0 | 14/07/2014 (16:07:31) |
Avendo un caricatore a polipo la cui cabina di controllo arriva ad una quota di 2,5mt, si può parlare di lavoro in quota? |
Rispondi Autore: pizzi piercarlo - likes: 0 | 18/10/2014 (18:45:49) |
Ho una azienda di montaggio mobili . Lavoriamo in casa dei clienti . Con la scaletta il nostro corpo supera i due metri. Può questo tipo di lavoro essere considerato lavoro in quota ? |
Rispondi Autore: angelo greco - likes: 0 | 03/10/2015 (15:02:29) |
volevo capire , che tipo di brevetti uno operaio deve avere per lavori in quota superati i 20 mt ,non su ponteggi, ma su turbine eoliche tipo. |
Autore: Mauro | 08/07/2021 (10:26:20) |
Il brevetto da prendere si chiama "modulo a" e preposto. |
Rispondi Autore: Letizia Giuseppe - likes: 0 | 12/07/2016 (17:50:57) |
Vorrei sapere se l imbianchino viene definito lavoro in quota |
Rispondi Autore: porru - likes: 0 | 23/07/2016 (01:01:10) |
volevo capire se in una struttura fissa come può essere una colonna di distillazione di una raffineria i vari piani di calpestio sono da considerare qualora ci si lavori lavori in quota oppure no? |
Rispondi Autore: Angelo Russo - likes: 0 | 23/11/2016 (13:42:31) |
Se costruisco un ponteggio alto 20 mt. con vari piani per raggiungere la vetta posti ad una altezza sotto i 2 mt. in queste condizioni il lavoro può non essere considerato come lavoro non in quota? |
Autore: Umberto Baruffaldi | 09/06/2018 (20:26:53) |
è comunque un lavoro in quota perchè espone al pericolo di caduta, indipendentemente da come è fatto il ponteggio (non si può escludere che il lavoratore possa cadere ad esempio per allentamento degi ancoraggi, vento, cedimenti, ecc...) |
Rispondi Autore: Andrea gemini - likes: 0 | 19/12/2019 (10:53:13) |
Salve una domanda, io come lavoratore sono obbligato ad essere abilitato ai lavori in quota, non eseguendo mai nessuna lavorazione, oppure si. Grazie |
Rispondi Autore: Vincenzo Stasi - likes: 0 | 08/01/2020 (18:55:52) |
Buonasera mi sapreste gentilmente spiegare, modulo teorico corso lavori in quota quando dioce : Discussione in aula di lavori tipici svolti in altezza in MBDA MBDA cos'è? grazie |
Rispondi Autore: Fulvio Porta - likes: 0 | 10/02/2024 (14:49:45) |
Buongiorno, sono un operaio del settore metalmeccanico CND con accessi in fune preposto lavori in fune spazi confinati, modulo A Italia, modulo A Svizzera e IRATA 1. Esiste un riconoscimento da parte dell'azienda per mansioni eseguite in sospensione o comunque su fune? grazie anticipatamente |