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Il rischio chimico e biologico nel settore della cerealicoltura

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Agricoltura

20/04/2011

In agricoltura sono numerose le sostanze chimiche usate e i contatti con materiali potenzialmente infetti. Fitosanitari/pesticidi, sostanze allergizzanti/irritanti, cancerogeni e mutageni, tetano e leptospirosi. I rischi e la prevenzione.


Brescia, 18 Apr - PuntoSicuro  si è soffermato nei mesi scorsi sulla salute e sicurezza dei lavoratori nel settore della cerealicoltura. Ci siamo in particolare soffermati sugli incidenti, sui rischi nell’uso delle attrezzature di lavoro e sui fattori fisici di rischio (rumore, vibrazione, …).
Tuttavia per gli operatori agricoli ci sono altri fattori di rischio molto rilevanti da analizzare, ad esempio in relazione all’impiego di sostanze chimiche e al contatto con agenti biologici pericolosi.
 
Torniamo dunque a parlare delle “Linee guida per la sorveglianza sanitaria e la prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza nel settore cerealicolo” - nate dalla collaborazione tra la UOOML (Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro) degli Spedali Civili di Brescia e i Servizi PSAL (Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro) dell’ ASL di Brescia e dell’ ASL di Vallecamonica–Sebino – con particolare riferimento a questi specifici fattori di rischio.   
 


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Riguardo al rischio chimico sono numerose le sostanze chimiche che vengono impiegate nelle diverse fasi lavorative in agricoltura. Ad esempio “fertilizzanti minerali sono impiegati per la concimazione del terreno, fitofarmaci per il diserbo delle erbe infestanti ed il controllo di malattie infettive e parassiti. Sostanze chimiche vengono impiegate nella concia delle sementi e nella disinfestazione dei locali destinati alla loro conservazione e condizionamento. Detergenti e lubrificanti vengono utilizzati per la cura delle attrezzature”.
 
Fitosanitari/pesticidi
Il documento – a cui vi rimandiamo per una lettura più esaustiva sull’argomento – ricorda che le sostanze chimiche impiegate nel settore cerealicolo possono causare effetti acuti o cronici.
Ad esempio gli effetti acuti, che compaiono a breve distanza dall’esposizione, possono essere di vario tipo, “comprendendo irritazioni cutanee e oculari, cefalea, nausea, vomito, diarrea, disturbi dell’equilibrio, tremori, fino a gravi perdite di coscienza e decesso in caso di dosi molto elevate”. Mentre gli effetti cronici possono, ad esempio, comprendere “polinevriti periferiche da organofosforici, nefropatie da dicloroetano”. E vi è un certo sospetto “che l’esposizione a pesticidi possa aumentare la frequenza di malattia di Parkinson, sebbene ulteriori ricerche siano necessarie per confermare questa ipotesi e per individuare quali principi attivi siano responsabili di questo effetto. Altri effetti dovuti alla esposizione ai fitofarmaci comprendono disturbi del sistema immunitario sotto forma sia di allergie che di immuno-soppressione. Vi sono inoltre forti sospetti che alcuni  composti siano cancerogeni e dannosi per la riproduzione”.
Nel documento è presente una tabella dell’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro che classifica alcuni fitofarmaci come cancerogeni.
 
In relazione ai fitosanitari le linee guida offrono diversi suggerimenti in merito alla valutazione del rischio.
Vengono ricordate, ad esempio, le fasi di lavorazione che comprendono l’uso dei prodotti chimici e si indica che per valutare l’entità del rischio in una realtà specifica del settore “è necessario procedere alla acquisizione di tutte le informazioni necessarie, comprendenti la lista completa dei prodotti utilizzati e dei loro quantitativi, le schede di sicurezza e l’ etichettatura dei singoli prodotti, l’individuazione dei principi attivi dei fitofarmaci, con le loro caratteristiche chimiche ed il profilo tossicologico (tipo di tossicità e valori limite di esposizione da non superare).  La classificazione dei prodotti in carico alle singole aziende va effettuata considerando le diverse tipologie di fitofarmaci che più frequentemente vengono impiegati in cerealicoltura”. Sono indicate poi alcuni suggerimenti, in merito alle stime dell’esposizione, con riferimento anche ai monitoraggi ambientali e biologici.
 
Infine vengono fornite alcune indicazioni relative alle necessarie misure di prevenzione
Ricordando che le sostanze chimiche possono penetrare nell’organismo attraverso la via respiratoria, cutanea e digerente, è “importante l’impiego di Dispositivi di Protezione Individuale ( DPI) per impedire il passaggio delle sostanze attraverso queste tre vie. E’ quindi importante l´uso scrupoloso dei dispositivi di protezione individuale sia durante la preparazione della miscela che durante la distribuzione del prodotto: casco o maschera con filtro efficiente, tuta, guanti di gomma, stivali. L’uso della tuta, anche la normale tuta in cotone, rappresenta un livello di protezione minimo da rispettare in ogni caso, in quanto la contaminazione cutanea è una delle principali vie di assorbimento delle sostanze”.
Il documento offre poi informazioni in merito alle attività di formazione, alla sorveglianza sanitaria, ai fattori di cui tener conto nell’uso dei DPI e all’importanza, nella distribuzione dei prodotti, di “ trattori dotati di cabina chiusa con ventilazione forzata, o meglio con impianto di condizionamento, e di un buon sistema di filtrazione”.
 
Sostanze allergizzanti/irritanti
Il documento  indica che “non tutte le sostanze possono indurre allergia ma il numero di allergeni è elevato e tende ad aumentare”. 
Dopo aver affrontato il fenomeno delle allergie e delle sensibilizzazioni, le linee guida si soffermano su:
- dermatiti allergiche da contatto (DAC):  ad esempio causate da gomma (es. tiurami, tiazoli), olii/combustibili, metalli, piante/fiori (primula, tulipano, lattuga, girasole, carciofo, cicoria ecc.), fungicidi, insetticidi, acaricidi, diserbanti,….
- orticaria: ad esempio causate da cereali + acari contaminanti, polveri, fieno, paglia, verdure/frutta, piante/ fiori , disinfettanti, insetti e larve, … 
- dermatiti da contatto con sostanze aerodisperse (Airborne Contact Dermatitis o ACD):  causate da pesticidi, disinfettanti (benzalconio cloruro, fenoli); 
- asma allergico: anche in questo caso sono tante le sostanze che possono causarla. Nella popolazione agricola “ha una frequenza variabile dal 3% al 11.8%”;
- rinite allergica: in particolare la “rinite allergica da cereali e granaglie (e relativi contaminanti) insorge, secondo i dati di letteratura, nel 9-28% degli esposti”; 
- alveolite allergica estrinseca (AAE) o polmonite da ipersensibilità o “polmone del contadino”: la frequenza di “farmer’s lung” in Italia è “stimata tra l’1.5% e il 3% degli esposti (2003)”; 
- sindrome tossica da polveri organiche (Organic dust toxic syndrome ODTS):  “incidenza 20-190/10.000 agricoltori/anno”; 
- micosi broncopolmonare allergica (rara);
- patologie cutanee e respiratorie su base irritativa.
 
Anche in questo caso vengono dati suggerimenti in relazione alla valutazione del rischio allergologico in agricoltura con riferimento anche ad alcune proposte di dosi-soglia.
Si fa poi riferimento alle misure di prevenzione:
- controllo dei fattori di rischio alla fonte (prevenzione ambientale): eliminazione/sostituzione, riduzione consumo/impiego, riduzione esposizione (es. corretto essiccamento foraggi, prodotti granulari o liquidi anziche in polvere, miscelazioni automatiche in cicli chiusi o parzialmente chiusi, mezzi cabinati con ventilazione controllata);
- informazione/formazione dei lavoratori (fondamentale per la percezione/consapevolezza dei rischi);
- adozione di specifici DPI.
 
Cancerogeni e mutageni 
“In passato sono state impiegate come antiparassitari alcune sostanze etichettate R 40, R45, R49, R68, per le quali è stato accertato un effetto cancerogeno a livello di vari organi e apparati. L’utilizzo di queste sostanze è stato progressivamente limitato e vietato da specifiche disposizioni del Ministero della Sanità.
Per quanto riguarda la lista di pesticidi e anticrittogamici di attuale utilizzo, per tutti quelli indicati nella classificazione della CEE non esiste alcuna frase di rischio o numero inerente la possibilità di sviluppo di cancro: R 45, R 46, R 48, R 49.
 Al di là di quanto disposto dalla normativa vigente in tema di cancerogeni, è opportuno considerare anche le valutazioni delle principali agenzie specializzate nella valutazione della cancerogenicità delle sostanze, quali CCTN (Commissione Consultiva Tossicologica Nazionale) e IARC (Agenzia Internazionale di Ricerca sul Cancro, Lione). A tale proposito si rileva che nel 1991 l’attività di applicazione di insetticidi è stata classificata dalla IARC probabilmente cancerogena per l’uomo. Tuttavia, è necessario precisare che per gli agenti attualmente utilizzati in cerealicoltura, la IARC fornisce solo una possibilità che siano cancerogeni per gli animali ma non esiste alcuna prova per l’uomo né tanto meno che siano organo o tessuto specifici”.
Nelle linee guida vengono offerti molti interessanti dati di letteratura, anche se in molti casi ancora “piuttosto contraddittori”, si fa poi riferimento alla eventuale presenza di amianto (ad esempio, nelle coperture degli edifici o nelle parti meccaniche delle macchine agricole) e all’esposizione a oli minerali (lubrorefrigeranti).
 
Il capitolo si conclude con una rassegna relativa alla valutazione del rischio cancerogeno in cerealicoltura e alle eventuali misure di prevenzione.
 
Rischio biologico
Concludiamo, brevemente, ricordando che, parlando di cerealicoltura in senso stretto, “il rischio biologico si limita sostanzialmente alla possibilità di entrare in contatto con l’agente causale del tetano, per contatto con terreno contaminato, o con l’agente causale della leptospirosi, che si replica generalmente in ambienti acquitrinosi”.
Il documento fa poi anche un accenno “al rischio biologico in zootecnia in virtù del fatto che settore cerealicolo e zootecnia spesso coesistono”.
 
Si sottolinea che il D.M. 15 dicembre 1990 “sull’obbligo di notifica, da parte del medico, di tutti i casi di malattie diffusive pericolose per la salute pubblica include nelle proprie liste tetano e leptospirosi e che il decreto 14 gennaio 2008 include nella lista I (malattie la cui  origine lavorativa e’ di elevata probabilità)- gruppo 3 - malattie da agenti biologici - batteri e organismi simili, tetano e leptospirosi”.
 
Dopo aver affrontato le fasi della valutazione del rischio, le linee guida si soffermano sulla prevenzione e ricordano l’importanza di “procedure standard nell’organizzazione del lavoro tali da rendere efficaci i sistemi di barriera per gli agenti biologici”.
Ad esempio prima di iniziare l’attività è bene indossare i necessari dispositivi di protezione individuale verificandone preventivamente l’integrità e/o lo stato di efficienza.
Mentre durante l’attività è necessario manipolare materiali potenzialmente infetti indossando gli adeguati dispositivi di protezione individuale.
Ricordarsi poi di lavare accuratamente le mani dopo aver manipolato materiale potenzialmente infetto.
 
 
 
UOMML Brescia,  PSAL ASL Brescia, ASL Vallecamonica–Sebino, “ Linee guida per la sorveglianza sanitaria e la prevenzione dei rischi per la salute e la sicurezza nel settore cerealicolo” (formato PDF, 998 kB).
 
 
 
Tiziano Menduto


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