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Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'Imparare dagli errori: un colpo di vento e una caduta
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Con l’idea che gli esempi di incidenti possano essere più immediati ed efficaci nel sensibilizzarci sui rischi nei luoghi di lavoro, proseguiamo con la nostra rubrica “Imparare dagli errori” prendendo spunto da INFOR.MO., uno strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
È ormai da tempo che PuntoSicuro presenta e analizza le situazioni che portano i lavoratori, spesso in una concatenazione di cause apparentemente inarrestabile, al tragico destino delle morti di lavoro o, comunque, a gravi infortuni che si ripercuotono sulle loro vite.
Quanti gli elementi che sfuggono alle valutazioni dei rischi? Quante le procedure di lavoro errate? Quanti i momenti formativi e informativi disattesi?
Qualche volta gli incidenti possono sembrare casuali, guidati ciecamente dal fato. Delle fatalità a cui non ci si può opporre. Ma è davvero così?
Per affrontare la supposta accidentalità degli infortuni prendiamo, come esempio, un evento mortale accaduto nel 2003 ad un dirigente in fase di valutazione di soluzioni tecniche per una nave posta in bacino.
In questo caso il dirigente, al momento dell'incidente, si trovava insieme ad un collega su una banchina posta a lato di un bacino di carenaggio e “si apprestava a tornare in ufficio dopo aver preso visione delle prese a mare di una nave”; nave che “si trovava all'interno del bacino di carenaggio per effettuare alcuni lavori di manutenzione”.
Mentre i due camminavano una raffica di vento ha fatto volare via il cappello all’infortunato che, nel tentativo di riprenderlo, “si è spostato, correndo verso il lato del bacino dove si trovava la nave ai lavori”.
Correndo in questa zona “probabilmente ha inciampato nella rotaia di scorrimento della gru, cadendo oltre il parapetto del bacino e precipitando nella platea sottostante”.
La morte è avvenuta per differenti lesioni traumatiche conseguenti alla caduta.
Un cappello che il vento porta via, il tentativo di riprenderlo, una caduta apparentemente casuale, la morte. In questa catena di eventi si può definire accidentale la corsa in un luogo pericoloso, benché sgombero da attrezzature di lavoro?
Sicuramente determinante nell’incidente è stata la presenza di una rotaia vicina al bordo banchina. Era sufficiente lo spazio calpestabile tra il bordo banchina e la rotaia di scorrimento della gru?
Inoltre i parapetti di protezione erano sufficienti?
Dalle analisi successive all’infortunio risulta che nella zona dell'incidente “il parapetto di protezione era costituito da candelieri che sostenevano due catene costituenti il parapetto dello stesso”.
Due i rilievi:
- “il parapetto si presentava in cattive condizioni di manutenzione, in quanto non tutti i tratti di catene risultavano correttamente tesi”;
- “molti candelieri di sostegno risultavano piegati”.
Ed infatti l'altezza dal suolo della catena superiore “variava da un massimo 110 cm fino ad un minimo di 65 cm”.
Ricordiamo che della necessità dei parapetti, dei corretti margini superiori (“a non meno di un metro dal piano di calpestio”) parla il Decreto legislativo n. 81 del 9 aprile 2008 nell’allegato XVIII, dedicato alla viabilità nei cantieri, ponteggi e trasporto di materiali.
Per consultare la scheda dell’infortunio collegarsi a questa pagina del sito web di INFOR.MO. e successivamente visualizzare la scheda del caso 827.
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