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Campi elettromagnetici: gli effetti sulla salute dei lavoratori

Tiziano Menduto

Autore: Tiziano Menduto

Categoria: Lavoratori

26/11/2009

Un focus di PuntoSicuro in quattro puntate per favorire la conoscenza dei campi elettromagnetici, la percezione e valutazione del rischio e l’adozione di misure preventive. Gli effetti dei campi, gli effetti certi, ipotizzati e indiretti. Seconda parte.

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Il 29 settembre 2009 si è tenuto a Modena il seminario “Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, organizzato dall’Istituto Superiore di Sanità (Progetto Camelet) e dall’Azienda USL di Modena in collaborazione con Organizzazione Sindacali e Associazioni.

Riguardo ai risultati e alle criticità evidenziate nel seminario, PuntoSicuro sta dedicando un focus in quattro parti sui campi elettromagnetici in ambito lavorativo.
Abbiamo già dato indicazioni sul rischio e sulle sorgenti, ora ci concentriamo sugli effetti su salute e sicurezza e prossimamente presenteremo le normative di riferimento (terza parte) e qualche indicazione sulle misure di prevenzione possibili (quarta parte).


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Nel documento “Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, un documento divulgativo distribuito ai partecipanti del seminario, un capitolo è dedicato agli effetti su salute e sicurezza.
Nel documento si indica che gli effetti dell’interazione dei campi elettrici e magnetici con i tessuti biologici “si differenziano in relazione alle frequenze del campo elettrico e magnetico” e si prendono pertanto in considerazione due differenti tipologie di campi elettromagnetici.

Effetti dei campi elettromagnetici a radiofrequenze e microonde (10 kHz – 300 GHz)
“In questo intervallo di frequenza l’effetto biologico è quello dell’assorbimento di energia all’interno del corpo umano, con conseguente innalzamento della temperatura del tessuto” e per tale effetto sono note una “serie di relazioni dose-risposta, su cui si basano gli attuali standard protezionistici”.
Se l’assorbimento di energia è misurato dalla grandezza SAR (Specific Absorption Rate) la cui unità di misura è il W/kg (watt al chilogrammo), gli “standard protezionistici attuali ci dicono che non ci sono effetti termici al di sotto di 4 W/kg poiché a tali livelli di esposizione non è associato un innalzamento significativo di temperatura del corpo”.
A seconda dell’energia assorbita e dell'innalzamento della temperatura corporea si possono avere l’attivazione del sistema di termoregolazione dell'individuo esposto, fino ad effetti da stress termico e a “vere e proprie ustioni e necrosi da radiofrequenze”.
In particolare l’ICNIRP (Commissione Internazionale per la Protezione dalle Radiazioni Non Ionizzanti) fissa gli standard protezionistici che ogni Paese deve recepire nella propria normativa: considerato quanto detto in precedenza e al limite di 4 W/kg, “la Commissione ha diviso per un fattore di sicurezza pari a 10 questo valore, fissando su questa base i limiti primari per i lavoratori (quindi 0,4 W/kg); dividendo per un ulteriore fattore di sicurezza pari a 5 viene fissato il limite primario per la popolazione (quindi 0,08 W/kg)”.
Essendo lo Specific Absorption Rate (SAR) non misurabile in modo diretto “si sono individuate delle grandezze fisiche misurabili (il campo elettrico ed il campo magnetico), e conseguentemente dei limiti derivati, che, se rispettati, ci danno la garanzia che non vengano superati i limiti primari”: alle varie frequenze “sono fissati valori limite per il campo elettrico e per il campo magnetico sia per i lavoratori che per la popolazione, che, se rispettati, non fanno sicuramente mai superare i limiti SAR e quindi non sono in grado di produrre effetti termici”.

Effetti dei campi elettromagnetici ELF (radiazioni a frequenze estremamente basse) e IF (basse frequenze) (f < 10 kHz)
“In questo intervallo di frequenza gli attuali standard protezionistici prendono in considerazione la prevenzione di effetti acuti dovuti all’induzione di correnti elettriche interne nel soggetto esposto, ad esempio le correnti indotte possono produrre fibrillazione ventricolare o stimolazione dei tessuti nervosi”.
In particolare l’ICNIRP “ha fissato dei limiti di base di densità di correnti indotte nel corpo e da questi ha ottenuto dei limiti derivati in termini di correnti di contatto, intensità di esposizione a campo elettrico ed intensità di esposizione a campo magnetico”: il rispetto dei limiti derivati garantisce il “non superamento dei limiti primari”.

Ma quali sono gli effetti sanitari relativi all’esposizione ai campi elettrici, magnetici ed elettromagnetici?
Abbiamo diversi tipi di effetti, divisi principalmente in due classi:
- effetti certi, acuti o subacuti: effetti “la cui insorgenza scaturisce da esposizioni a campi di elevata intensità” e di cui sono noti i meccanismi e soglie: “stimolazione dei tessuti muscolari e nervosi alle frequenze più basse e riscaldamento dei tessuti per assorbimento dell’energia elettromagnetica alle frequenze più alte; è unicamente tale categoria di effetti che gli attuali standard protezionistici prendono in considerazione nell’emanazione dei valori limite e dei livelli di azione, e che conseguentemente sono presi in considerazione dal DLgs.81/2008 capo IV”;

- effetti ipotizzati, a lungo termine: sono “connessi ad esposizioni croniche a campi di intensità inferiore alle soglie di insorgenza degli effetti acuti cui al precedente punto, per i quali esistono solo alcune evidenze non conclusive (non accertati dalla ricerca scientifica) limitatamente alle frequenze estremamente basse (ELF)”. Ad esempio “alcuni studi epidemiologici hanno evidenziato un incremento del rischio di insorgenza di alcuni tipi di neoplasie - ed in particolare di leucemie infantili - correlabile ad esposizioni croniche ai campi magnetici a 50 Hz”. Tali evidenze “non sono tuttavia supportate dai numerosi studi sperimentali finora condotti per indagare in condizioni controllate di laboratorio un eventuale ruolo dei campi magnetici ELF nel rischio di neoplasie”. Un’altra tipologia di effetti a lungo termine degli ELF, in corso di studio, è “rappresentato dalle malattie neurodegenerative, ed in particolare dalla Sclerosi laterale amiotrofica (SLA) e dal morbo di Alzheimer (MA), ma secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità le evidenze di simili effetti sono molto deboli”.

Oltre a effetti certi e ipotizzati diretti bisogna mettere in conto anche gli effetti indiretti “associati alla capacità di un apparato elettrico o elettronico, di generare in un altro apparato disturbi elettromagnetici che possano creare problemi alla salute di particolari categorie di persone o problemi di sicurezza”.
La questione assume rilievo particolarmente in tre ambiti:
- “gli effetti su apparati elettronici preposti alla segnalazione di allarme per eventi ad alto rischio, e in generale alla gestione di processi industriali a potenziale rischio di incidente; 
- gli effetti su protesi biomedicali (es. pace-maker, protesi metalliche etc.) direttamente indossate dal soggetto interessato, sia lavoratore sia paziente;
- l’immunità di apparati diagnostici o terapeutici, dal cui corretto funzionamento dipende la qualità della prestazione, qualità che in taluni casi può rivestire un ruolo critico (es. apparati di supporto vitale)”.

Per evitare in particolare pericolose interferenze per i pacemaker - anche in considerazione del fatto che gli effetti indicati sopra possono insorgere anche a valori di esposizione inferiori ai livelli d’azione fissati per i lavoratori - è possibile fare riferimento ai livelli di sicurezza raccomandati dall’ICNIRP (2009) e dall’American Conference of Government Industrial Hygienist (ACGIH, 1999):
- campi magnetici statici: B = 0,5 mT;
- campi a 50 Hz: E = 1 kV/m; B = 100 μT.

Si ricorda infine che la possibilità di interferenze elettromagnetiche può essere efficacemente ridotta con alcune indicazioni pratiche:
- “fornire una corretta informazione ai lavoratori;
- apporre adeguata segnaletica di avviso in prossimità di sistemi emittenti radiazione elettromagnetica in gradi di interferire con i pacemaker;
- creare percorsi alternativi per i portatori di pacemaker nel caso di sistemi di prossimità (metal detector, sistemi antitaccheggio), quale misura di cautela;
- interdire l’accesso a portatori di pacemaker alle sorgenti di CEM potenzialmente interferenti”.

Nella terza e quarta parte di questo focus dedicato all’esposizione ai campi elettromagnetici ci occuperemo delle normative di riferimento e delle misure di prevenzione applicabili.

Rischi da campi elettromagnetici in ambiente lavorativo”, materiale divulgativo relativo al convegno omonimo; fonti: ISPESL, ISS, ELETTRA2000, ASL di Siena, Az.USL di Modena Coordinamento Tecnico per la sicurezza nei luoghi di lavoro delle Regioni e delle Province aut. (formato PDF, 231 kB).



Tiziano Menduto



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