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Pubblichiamo un articolo tratto dalla newsletter sulle tematiche ambientali dell’ARPAT “Le tecnologie wireless wifi e hyperlan e l’accesso a banda larga a internet” redatto dal Responsabile Commissione Permanente Agenti fisici ARPAT, Dott. Licitra.
Di cosa si tratta
La disponibilità dell’accesso veloce (accesso a banda larga) ai servizi Internet in Italia, e quindi anche nella nostra regione (Toscana), è stata per lungo tempo legata allo sviluppo della rete ADSL su doppino telefonico (la cosiddetta rete fissa). I primi a poter beneficiare di questa nuova possibilità di accesso al servizio di rete sono stati gli abitanti delle città maggiori, grazie al vantaggioso rapporto costo dell’infrastruttura/abitante realizzabile negli agglomerati più popolosi.
In tempi relativamente rapidi sono stati creati dei collegamenti tra queste metropoli (le dorsali) e pian piano il servizio ADSL è stato reso disponibile anche ai centri minori. Questo processo si è molto rallentato, se non interrotto del tutto, al momento di collegare alla rete gli agglomerati urbani più piccoli o più difficilmente raggiungibili e le abitazioni più isolate (si pensi ai piccoli centri di montagna, alle isole minori, ai comuni più distanti dal capoluogo, ecc.). Il motivo di ciò è, sostanzialmente, l’elevato costo dell’infrastruttura (scavi, posa dei cavi, ecc.) a fronte dei possibili guadagni da parte degli operatori. Questa situazione di stallo ha preso il nome di digital divide, intendendo con questo il fenomeno per cui non a tutti i cittadini è data l’opportunità di accedere alla rete e ai servizi che sempre più si vanno trasferendo su Internet, anche da parte della Pubblica Amministrazione.
La soluzione a questo problema è stata individuata nell’utilizzo della tecnologia senza fili (wireless), ovvero mediante l’utilizzo delle onde radio come vettori delle informazioni altrimenti scambiate sui tradizionali cavi di rame, in analogia a quanto avvenuto con l’avvento delle comunicazioni cellulari, rispetto al telefono fisso. La disponibilità di nuove bande di frequenza, nonché la maturazione di questa tecnologia, con la conseguente riduzione dei prezzi dei dispositivi, infatti, ha permesso di riaprire il mercato con la comparsa di una pluralità di nuove società di operatori, anche di dimensioni contenute, che si sono poste in concorrenza sia con gli operatori fissi che con quelli mobili tradizionali.
Come funziona
Il principio di funzionamento è simile a quello delle comunicazioni cellulari: viene costruita una dorsale di stazioni che si trasmettono i segnali radio l’una con l’altra fino a raggiungere un sito dove è facile interconnettersi alla rete fissa. A partire dalla dorsale, una serie di stazioni trasmettono il segnale radio fino a raggiungere l’utente, dove è installata un’antenna diretta verso la stazione più vicina. Tale antenna lato-utente può essere installata sul tetto, sfruttando lo stesso palo delle antenne televisive, oppure su un balcone, utilizzando i supporti disponibili per il montaggio delle parabole satellitari. Essendo il traffico di rete caratterizzato da scambio di dati in ingresso e in uscita dal computer (download e upload), l’antenna installata presso l’utente deve quindi essere in grado di ricevere, ma anche di trasmettere i segnali radio verso la propria stazione di riferimento (anche se tipicamente la fase di ricezione lato utente è predominante rispetto alla trasmissione).
L’esposizione della popolazione ai campi elettromagnetici
Vi sono tre possibili cause di esposizione della popolazione: una dovuta alle stazioni che compongono la dorsale (sistemi punto-punto), ma è molto bassa, in quanto queste stazioni sono progettate per essere in visibilità reciproca, evitando la frapposizione di ostacoli, trasmettendo in un fascio molto stretto per minimizzare le perdite di segnale. Le singole tratte sono tipicamente di svariati chilometri. Una seconda causa è legata alle stazioni che diffondono/riprendono il segnale verso/da gli utenti (sistemi punto-multipunto). Il loro comportamento è simile a quello delle Stazioni Radio Base per telefonia mobile, se non che la potenza radio è decisamente più bassa, in quanto in base alla normativa vigente per tali apparati la potenza massima in termini di EIRP (Equivalent Isotropically Radiated Power) è di 1 W (ossia la potenza di un tipico telefono cellulare) per le reti a 5 GHz e 0,1 W per le reti a 2,4 GHz.
Come si vedrà di seguito, ciò comporta che già a una distanza di circa 1 m nel fascio principale è rispettato il valore di attenzione 6 V/m fissato dalla normativa vigente per gli impianti di telecomunicazioni e radiotelevisivi (vedi tabelle 1, 2 e 3).
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Dal punto di vista delle normative applicabili, compresa quella sui limiti di esposizione, e dei controlli che compie ARPAT, l’installazione e l’esercizio di queste due tipologie di apparati sono soggetti agli stessi vincoli a cui sono sottoposte le SRB per telefonia mobile, per cui è garantita la verifica preventiva del progetto ed i controlli dei campi elettromagnetici, laddove necessari, da parte dell’Agenzia.
La terza causa, infine, è rappresentata dall’antenna situata presso l’utente. Infatti, se nella fase di ricezione dei dati si comporta esattamente come un’antenna televisiva o una parabola satellitare, cioè si limita a ricevere il segnale radio, durante la trasmissione dei dati, invece, l’antenna invia un segnale radio verso la stazione più vicina. In quest’ultima fase, l’antenna, diventa, quindi, una sorgente di campo elettromagnetico, e la durata dell’emissione dipende dal rapporto tra le due fasi di scambio dati.
Questo tipo di impianti installati presso l’utente, al pari di altri apparecchi di tipo domestico quali telefoni cellulari, router wi-fi, cordless, ripetitori di segnali, impianti di allarme, ecc, non sono ovviamente soggetti ai controlli previsti per le stazioni con cui sono collegati, ma la legge-quadro (L. 36/01) affida ai produttori l’obbligo di indicare i livelli di esposizione, la distanza di utilizzo consigliata per ridurre l’esposizione ai campi elettromagnetici e le principali precauzioni di sicurezza.
Per fornire ulteriori garanzie anche su questa tipologia di emissione, in attesa del decreto per le apparecchiature di tipo domestico di cui alla legge-quadro, in occasione dell’assegnazione dei contributi messi a disposizione dalla Regione Toscana per gli operatori vincitori dell’avviso per la “Diffusione dei servizi di banda larga, nelle aree del territorio regionale toscano che non sono raggiunte dal servizio di connettività a causa del fallimento del mercato” (Aiuto di Stato CE n. 264/2006), ARPAT e operatori hanno concordato delle linee guida, da consegnare agli utenti del servizio, contenenti alcune indicazioni minime per installare e utilizzare in sicurezza gli apparati wireless. In particolare l'utente riceverà dal gestore le seguenti informazioni:
- Dimensioni del volume di rispetto attorno all'antenna da installare presso la propria abitazione, calcolato nelle condizioni di massima emissione (LM1, LM2, LV e LH, nella terminologia della norma CEI 211-10) riferito al valore di 6 V/m;
- Indicazione che l’antenna deve essere posizionata in maniera tale che il volume di rispetto non risulti normalmente accessibile.
L'informativa specificherà che nel caso in cui si debba operare all’interno del volume di rispetto, (vedi paragrafo seguente) non si deve:
- sostarvi per tempi lunghi (rispetto alle quattro ore previste dalla normativa);
- toccare l’antenna con l’alimentazione inserita;
- operare sull’antenna con l’alimentazione inserita.
Cos’è il volume di rispetto
Il volume di rispetto è definito come la regione di spazio intorno all’antenna all’esterno della quale il campo elettromagnetico risulta certamente inferiore al valore prescritto dal limite della normativa vigente. In questo senso, lo stazionamento all’esterno del volume di rispetto garantisce un’esposizione al campo elettromagnetico sicuramente inferiore ai limiti applicabili.
La forma del volume di rispetto dipende strettamente dalla capacità dell’antenna utilizzata di concentrare l’emissione verso determinate direzioni (vedi fig. 1). Tuttavia, per semplicità spesso esso viene rappresentato come un parallelepipedo le cui dimensioni dipendono dalla potenza a radiofrequenza con cui è alimentata l’antenna e dalle sue caratteristiche di emissione (fig. 2).
Nella fig. 2 è riportato il volume di rispetto a 6 V/m per una tipica configurazione utilizzata per le reti wireless in tecnologia hyperlan (5 GHz).
La dimensione massima del parallelepipedo di fronte all’antenna (LM1) è pari a 0,91 m, mentre le altre dimensioni (LH e LV) dipendono dalla tipologia di antenna utilizzata, ma sono comunque dell’ordine delle decine di centimetri. Addirittura, l’estensione del parallelepipedo dietro all’antenna (LM2) è di appena qualche centimetro.
Fonte: ARPAT.
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