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Confronto e proposte sul Testo Unico (2/2)
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L’istituto della disposizione e la possibilità per il datore di lavoro di svolgere il ruolo di RSPP per le aziende fino a 50 dipendenti sono due dei temi cruciali affrontati nel corso del confronto sul Testo Unico svoltosi nel corso dell'ultimo seminario nazionale AIAS. [Si veda PuntoSicuro di ieri].
Riguardo al potere di disposizione, la bozza di Testo Unico prevede che “Gli ispettori che effettuano attività di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell’applicazione delle norme di buona tecnica e delle buone prassi di cui all’art. 5 lett. l) e m), qualora ne riscontrino la mancata adozione e salvo che il fatto non costituisca reato.”
Aspre critiche sono state sollevate da più parti, in particolare dai sindacati, riguardo alla reintroduzione dell’istituto della disposizione, in quanto porterebbe ad una depenalizzazione. [Si veda articolo dell’avv. Dubini].
Su questo tema, il dott Fantini, rappresentante del ministero del Welfare, ha rilevato che l’area in cui il potere di disposizione opera diversamente da quello di prescrizione è limitata. Si dovrebbe avere una violazione delle norme tecniche degli anni 50’ che non comporti una violazione della disposizione principale.
Secondo Fantini non si tratta di una depenalizzazione bensì di dare alle aziende più moderni parametri tecnici di riferimento per la sicurezza.
Il dott. Campanile, della CNA, ha rilevato che l’istituto della disposizione non è uno strumento di depenalizzazione dove esiste una ipotesi di reato, ma è un istituto che aiuta l’impresa a finalizzare le sue scelte di natura tecnica senza dover ricorrere sempre alla sanzione penale. L’istituto della disposizione è proporzionato alla natura dell’inadempienza, quando questa non ha conseguenze sulla sicurezza.
La dott.ssa Benedettini, del sindacato CGIL, ha rilevato come il sistema di generalizzare il rinvio alle norme tecniche comporti gravi conseguenze in quanto rimarrebbero scoperti rischi che non sono governabili con l’applicazione di una norma tecnica.
Secondo l’ing. Masi, del Comitato Tecnico Coordinamento fra le Regioni, l’istituto della disposizione è utile per le imprese che lavoro in modo regolare, non serve invece per le imprese che lavorano in “grigio”; per le quali bisogna rimanere nell’ambito penale.
Riguardo all’estensione, prevista dalla bozza di testo unico, alle aziende fino a 50 dipendenti della possibilità di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro del ruolo di RSPP, sono state sollevate numerose critiche, soprattutto riguardo alla formazione ed all’aggiornamento periodico.
Secondo l’ing. Bianchi, presidente dell’AIAS, in una tale ipotesi deve essere prevista la stessa formazione degli RSPP, non una formazione di livello inferiore.
Dello stesso avviso anche l’ing. Masi, del Comitato Tecnico Coordinamento fra le Regioni, che ritiene che le figure della sicurezza devono essere chiare. Il datore di lavoro che intende fare l’RSPP deve avere come gli altri RSPP una qualificazione professionale. Una scelta diversa esporrebbe ad una nuova condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per non aver definito capacità e attitudini degli RSPP.
Il dott. Sinardi dell’Inail ha rilevato come questa estensione rischia di svuotare il significato del D.Lgs. 195/2003; in tale estensione rientrerebbe il 98% delle aziende. Il rischio è che solo una parte degli RSPP verrebbe portata in formazione, con gli aggiornamenti periodici richiesti, mentre per i datori di lavoro che svolgono lo stesso ruolo è prevista una formazione una tantum.
L’istituto della disposizione e la possibilità per il datore di lavoro di svolgere il ruolo di RSPP per le aziende fino a 50 dipendenti sono due dei temi cruciali affrontati nel corso del confronto sul Testo Unico svoltosi nel corso dell'ultimo seminario nazionale AIAS. [Si veda PuntoSicuro di ieri].
Riguardo al potere di disposizione, la bozza di Testo Unico prevede che “Gli ispettori che effettuano attività di vigilanza impartiscono disposizioni esecutive ai fini dell’applicazione delle norme di buona tecnica e delle buone prassi di cui all’art. 5 lett. l) e m), qualora ne riscontrino la mancata adozione e salvo che il fatto non costituisca reato.”
Aspre critiche sono state sollevate da più parti, in particolare dai sindacati, riguardo alla reintroduzione dell’istituto della disposizione, in quanto porterebbe ad una depenalizzazione. [Si veda articolo dell’avv. Dubini].
Su questo tema, il dott Fantini, rappresentante del ministero del Welfare, ha rilevato che l’area in cui il potere di disposizione opera diversamente da quello di prescrizione è limitata. Si dovrebbe avere una violazione delle norme tecniche degli anni 50’ che non comporti una violazione della disposizione principale.
Secondo Fantini non si tratta di una depenalizzazione bensì di dare alle aziende più moderni parametri tecnici di riferimento per la sicurezza.
Il dott. Campanile, della CNA, ha rilevato che l’istituto della disposizione non è uno strumento di depenalizzazione dove esiste una ipotesi di reato, ma è un istituto che aiuta l’impresa a finalizzare le sue scelte di natura tecnica senza dover ricorrere sempre alla sanzione penale. L’istituto della disposizione è proporzionato alla natura dell’inadempienza, quando questa non ha conseguenze sulla sicurezza.
La dott.ssa Benedettini, del sindacato CGIL, ha rilevato come il sistema di generalizzare il rinvio alle norme tecniche comporti gravi conseguenze in quanto rimarrebbero scoperti rischi che non sono governabili con l’applicazione di una norma tecnica.
Secondo l’ing. Masi, del Comitato Tecnico Coordinamento fra le Regioni, l’istituto della disposizione è utile per le imprese che lavoro in modo regolare, non serve invece per le imprese che lavorano in “grigio”; per le quali bisogna rimanere nell’ambito penale.
Riguardo all’estensione, prevista dalla bozza di testo unico, alle aziende fino a 50 dipendenti della possibilità di svolgimento diretto da parte del datore di lavoro del ruolo di RSPP, sono state sollevate numerose critiche, soprattutto riguardo alla formazione ed all’aggiornamento periodico.
Secondo l’ing. Bianchi, presidente dell’AIAS, in una tale ipotesi deve essere prevista la stessa formazione degli RSPP, non una formazione di livello inferiore.
Dello stesso avviso anche l’ing. Masi, del Comitato Tecnico Coordinamento fra le Regioni, che ritiene che le figure della sicurezza devono essere chiare. Il datore di lavoro che intende fare l’RSPP deve avere come gli altri RSPP una qualificazione professionale. Una scelta diversa esporrebbe ad una nuova condanna da parte della Corte di Giustizia Europea per non aver definito capacità e attitudini degli RSPP.
Il dott. Sinardi dell’Inail ha rilevato come questa estensione rischia di svuotare il significato del D.Lgs. 195/2003; in tale estensione rientrerebbe il 98% delle aziende. Il rischio è che solo una parte degli RSPP verrebbe portata in formazione, con gli aggiornamenti periodici richiesti, mentre per i datori di lavoro che svolgono lo stesso ruolo è prevista una formazione una tantum.
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