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LA SICUREZZA DELLE MACCHINE (parte 3 di 5)

Rolando Dubini

Autore: Rolando Dubini

Categoria: Attrezzature e macchine

24/11/2005

Legge penale inderogabile e regolamenti tecnici di omologazione. Obbligatorietà e vigenza del D.P.R. N. 547/1955. Di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano.

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Pubblichiamo la seconda parte dell'articolo dell’avvocato Dubini sulla sicurezza delle macchine: “Legge penale inderogabile e regolamenti tecnici di omologazione. Obbligatorietà e vigenza del D.P.R. N. 547/1955 (vista la lunghezza, il documento sarà pubblicato in 5 puntate, le successive nei prossimi giorni, il documento integrale,con le sentenze allegate, è comunque disponibile per gli abbonati alla banca dati, link in fondo all’articolo).

 

Gli articoli precedenti sono stati pubblicati nei numeri 1357, 1359, 1361, 1365 e 1366, 1367 di PuntoSicuro.

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LA SICUREZZA DELLE MACCHINE: LEGGE PENALE INDEROGABILE E REGOLAMENTI TECNICI DI OMOLOGAZIONE. OBBLIGATORIETA' E VIGENZA DEL D.P.R. N. 547/1955.

 

PARTE SECONDA. Di Rolando Dubini, avvocato del Foro di Milano.

 

(parte 3 di 5)

 

3.10 Sicurezza di macchine operatrici complesse e obbligo di prevenzione che va al di là dell'osservanza delle specifiche prescrizioni contenute in una norma o nella disciplina antinfortunistica (obbligo dell'art. 2087 c.c. Della massima sicurezza tecnologicamente fattibile),

Tutta la discussione sulla coesistenza delle norme de D.p.r. n. 547/55 e del D. Lgs. n. 459/96 trascura, assai spesso, un'altra norma che svolge un ruolo fondamentale: l'articolo 2087 del codice civile, che può portare alla condanna del soggetto inadempiente – il datore di lavoro per violazione, appunto, dell'obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile da tale articolo prevista,e dalla giurisprudenza della assazione ribadito in moltissime occasioni.

La Cassazione Civile, sez. lav. - Sentenza n. 7454 del 21 maggio 2002, ha affermato che "la responsabilità del datore di lavoro per l'infortunio occorso ad un proprio dipendente addetto ad una macchina pericolosa non si arresta alla comune protezione del soggetto e non è esclusa per l'avvenuta osservanza delle specifiche prescrizioni contenute in una norma o nella disciplina antinfortunistica, allorquando l'infortunio stesso sia derivato non già dal verificarsi del pericolo previsto dalla norma o contro il quale erano dirette le prescrizioni tecniche in essa contenute, ma per l'intrinseca pericolosità della macchina operatrice". Secondo la stessa Corte in presenza di macchine operatrici particolarmente complesse e quindi "intrinsecamente pericolose" (nel caso in esame si trattava di una tranciatrice dalla quale l'infortunato era stato trascinato) per il datore di lavoro sorge l'obbligo di predisporre una protezione adeguata anche attraverso l'adozione di misure di sicurezza più idonee e specifiche.

Secondo i giudici della Suprema Corte in presenza di macchine operatrici particolarmente complesse e quindi altamente pericolose la sorveglianza dell'imprenditore deve essere costante ed effettiva. Per l'imprenditore si può configurare una assenza di responsabilità soltanto nell'ipotesi in cui il comportamento del lavoratore "presenti i caratteri dell'abnormità, inopinabilità ed esorbitanza rispetto al procedimento lavorativo ed alle direttive ricevute, come pure dell'atipicità e dell'eccezionalità, così da porsi come causa esclusiva dell'evento".

SI tratta di un compito impegnativo, a carico dei datori di lavoro. In ogni caso il dovere di sorveglianza da parte degli imprenditori può anche non comportare un controllo.

 

 

L'obbligo della massima sicurezza tecnologicamente fattibile è tale per cui il lavoratore deve essere posto in condizioni operative di assoluta sicurezza:

“il datore di lavoro deve ispirare la sua condotta alle acquisizioni della migliore scienza ed esperienza per fare in modo che il lavoratore sia posto nelle condizioni di operare con assoluta sicurezza. Pertanto non è sufficiente che una macchina sia munita degli accorgimenti previsti dalla legge in un certo momento storico se il processo tecnologico cresce in modo tale da suggerire ulteriori e più sofisticati presidi per rendere la stessa sempre più sicura. L'art. 2087 c.c., infatti, nell'affermare che l'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa misure che, secondo le particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale del lavoratore, stimola obbligatoriamente il datore di lavoro ad aprirsi alle nuove acquisizioni tecnologiche (Cassazione Penale, Sez. IV - 27 settembre 1994 n. 10164, Kuster, cfr. anche Cass. Pen., Sez.IV, 8.3.1988, Corbetta).

 

Il principio chiave della massima sicurezza fattibile discende, in modo gerarchico, passando dalle norme di grado superiore a quelle di grado inferiore, e dalle norme che stabiliscono principi generali a quelle che regolano aspetti particolari, innanzitutto dalla Costituzione della Repubblica italiana, che agli articoli 32 comma 1, 35, 41 commi 1-2 e38 è chiarissima nello stabilire l'intangibilità, l'indisponibilità e la priorità assolute dei diritti alla sicurezza e alla salute di chi lavora, e, come detto, l'articolo 2087 del Codice Civile ne è una più analitica espressione.

 

Questo articolo 2087 c.c., ha osservato un interprete particolarmente attento, è “cristallino e reciso nell'intimare all'imprenditore un impegno spinto fino agli ultimi confini tracciati da particolarità del lavoro, esperienza e tecnica”: “con il risultato che, a segnare lo spartiacque tra "possibile" e "impossibile", interviene lo stato di avanzamento della tecnologia prevenzionale (riferita, naturalmente, alla particolare lavorazione e filtrata dalle esperienze condotte in passato)” (Raffaele Guariniello).

In base al principio della “massima sicurezza tecnologicamente possibile”, secondo una costante giurisprudenza di legittimità, non è consentito subordinare la sicurezza a criteri di fattibilità economica o produttiva, poiché la tutela dell'integrità fisica del lavoratore non tollera alcun condizionamento economico. Infatti: “qualora utilizzi una macchina non dotata dal costruttore del prescritto dispositivo di sicurezza, il datore di lavoro non può invocare a sua discolpa l'impossibilità pratica di realizzare tale dispositivo, nè l'onerosità delle modifiche necessarie per la sua applicazione” (Cass. sez. IV pen., 2 gennaio 1990, n. 4, Tontini).

In una successiva decisione, la Cassazione con sentenza n. 4012 del 20 aprile 1998 ha ribadito che “in adempimento del principio della massima sicurezza “tecnologicamente possibile” vigente nel nostro ordinamento ai sensi del più volte citato art. 2087 c.c. (peraltro, di recente riaffermato dal D. Lgs. 19 settembre 1994, n. 626), secondo cui la sicurezza non può essere subordinata a criteri di fattibilità economica o produttiva (Cass. sez .pen. 9 gennaio 1984, in causa Gorla), lo stesso datore di lavoro è tenuto a trovare le misure sufficienti a conseguire il fine della protezione della salute e dell’integrità fisica dei propri dipendenti in modo conforme al principio direttivo costituzionale dell’art. 32”, e dunque senza poter prendere in considerazione l'aspetto economico quale motivo sufficiente ad impedire l'adozione di una necessaria misura di sicurezza e/o salute dei lavoratori.

In riferimento all'adozione delle misure “concretamente attuabili” (nel senso di cui al principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile ex art. 2087 c.c. e all'art. 3 c. 1 lett. b) del D. Lgs.. n. 626/96) per la riduzione al minimo del rumore nell'ambiente di lavoro (art. 41 D. Lgs.. n. 277/1996), la Corte Costituzionale ha sottolineato che “il legislatore si riferisce alle misure che, nei diversi settori e nelle differenti lavorazioni, corrispondono ad applicazioni tecnologiche generalmente praticate e ad accorgimenti generalmente acquisiti, sicché penalmente censurata sia soltanto la deviazione dei comportamenti dell'imprenditore dagli standard di sicurezza propri, in concreto e al momento, delle diverse attività produttive” (sentenza n. 312 del 18 luglio 1996).

La Cassazione ha successivamente precisato che quest'ultima sentenza interpretativa della Corte Costituzionale ha inciso solo sulle misure organizzative e procedurali "concretamente attuabili" per ridurre al minimo i danni derivanti dall'esposizione al rumore di cui all'art. 41 comma 1 D. Lgs.. n. 277/1991, “dando specificità al generico dettato legislativo attraverso il riferimento agli standard di sicurezza generalmente praticati nei vari settori produttivi”. Ma l'art. 24 del D.p.r. n. 303/1956, rimasto in vigore per quanto attiene il danno extrauditivo (anche in applicazione degli articoli 2087 del codice civile e 3 del D. Lgs.. n. 626/94), pone in effetti a carico del datore di lavoro non tanto l’“adozione di misure organizzative e procedurali, bensì dei provvedimenti consigliati dalla tecnica per diminuire l'intensità dei rumori propri delle lavorazioni a rischio: tale precetto corrisponde a quello contenuto nella prima parte del comma 1 dell'art. 41 D. Lgs.. 277/1991, cioè "riduzione al minimo, in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico, dei rischi [...] mediante misure tecniche” (Corte di Cassazione sez. IV pen., 16 maggio 1997 in c. Minestrina).

Dunque “è agevole comprendere che, nel quadro interpretativo delineato dalla Suprema Corte di legittimità, la sentenza n. 312 della Corte Costituzionale è, sì, destinata ad incidere sull'art. 41, comma 1, del D. Lgs.. n. 277/91, ma con esclusivo riguardo alle misure organizzative e procedurali, non invece in rapporto alle misure tecniche, che devono ispirarsi tutt’ora al principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile”.

 

3.11 Il "tecnicamente possibile" dell'art. 72 del D.p.r. n. 547/55

La Cassazione Penale (Sez. IV - Sentenza n. 26196 del 9 luglio 2002) fornisce una preziosa interpretazione della locuzione "quando sia tecnicamente possibile" contenuta nell'art. 72 del D.p.r. n. 547/55 sulle protezioni amovibili degli organi lavoratori, delle zone di operazione e degli altri organi pericolosi delle macchine e sulla necessità di installare un dispositivo che intervenga a bloccare gli organi di messa in moto e di movimento delle macchine stesse allorquando tali protezioni siano rimosse.

Nella fattispecie la Corte Suprema ha preso in esame il ricorso di un datore di lavoro condannato per non aver provveduto ad adottare il dispositivo di interblocco previsto dalle norme di sicurezza a protezione di un disco di una sega circolare vicino alla quale un lavoratore, intento alla lavorazione di pezzi di piccole dimensioni, venuto accidentalmente a contatto con l'utensile essendo risultata la cuffia di protezione sollevata, si procurava una profonda lacerazione al corpo e lesioni che poi ne hanno determinato il decesso.

Nel respingere il ricorso dell'imputato il quale sosteneva la impossibilità tecnica di disporre il dispositivo di sicurezza previsto dalle norme sulla macchina in particolare oggetto dell'infortunio, la Corte di Cassazione ha avuto modo di affermare che l'espressione "quando tecnicamente possibile" di cui all'art. 72 del D.p.r. n. 547/55 sulle norme di prevenzione degli infortuni va interpretata nel senso che le macchine che presentano parti mobili e zone di operazione pericolose vanno comunque munite del dispositivo di sicurezza sulle protezioni amovibili e che se tale dispositivo non dovesse risultare tecnicamente applicabile la macchina stessa non deve essere utilizzata potendo il suo esercizio compromettere la integrità fisica del lavoratore la cui tutela ha carattere di assoluta priorità e non ammette eccezioni di sorta.

 

3.12 Protezione delle parti mobili: sicurezza assoluta o divieto d'uso della macchina

La Cassazione Penale (Sez. IV - Sentenza n. 21762 del 5 giugno 2002- Ric. Latini) ha affrontato  l'applicazione dell'art. 115 del D.p.r. n. 547/1955 sui dispositivi di sicurezza per le presse in genere ed è affine nel contenuto ad altra sentenza, la n. 26196 del 9 luglio 2002, della Sezione IV della stessa Casssazione penale.
Secondo la Corte Suprema "il datore di lavoro che utilizzi una macchina che presenti all'inizio della lavorazione rischi per l'incolumità del lavoratore non può invocare a propria discolpa l'impossibilità pratica di applicazione del necessario presidio, poiché, nell'alternativa, è tenuto a mettere fuori servizio la macchina incompleta di sistema protettivo". Fa inoltre notare, in particolare, che l'art. 115 del D.p.r. n. 547/1955 pone l'assoluto principio che durante la lavorazione le mani o le altre parti del corpo del lavoratore non debbano poter entrare in contatto diretto o accidentale con organi in moto della macchina presso cui egli opera e che lo stesso articolo, al fine di assicurare l'incolumità del lavoratore, suggerisce specificatamente alcuni dispositivi di sicurezza che possono evitare in assoluto, per tutte le fasi della lavorazione, il contatto fra il lavoratore addetto alle macchine e gli organi in movimento.

 

3.13 Macchinari senza protezione: irrilevanza del comportamento imprudente del lavoratore

La Cassazione Penale(Sez. IV - Sentenza n. 20467 del 24 maggio 2002) ha affrontato la questione del comportamento imprudente del lavoratore, per l'ennesima volta.

Secondo una giurisprudenza di legittimità consolidata, il datore di lavoro deve prevedere anchel il possibile comportamento imprudente del lavoratore, e dunque  le misure di sicurezza devono essere oggettive e non legate al comportamento dei lavoratori.

Nella fattispecie la Suprema Corte ha affrontato  un infortunio occorso ad un lavoratore che, colpito da malore, è rimasto infortunato alle mani a seguito di un contatto con gli organi in moto di una fresa che comunque non è risultata munita delle protezioni dei suoi organi rotanti.

 

Afferma la Cassazione, rigettando il ricorso del datore di lavoro che invocava l'accidentalità e quindi richiedeva il riconoscimento della propria non responsabilità nell'accaduto, che "le norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro sono dirette ad evitare gli eventi dannosi indipendentemente dalle cause che possono produrli e indipendentemente dalla natura dei comportamenti delle persone soggette al rischio infortunio. E' pertanto irrilevante la causa del contatto accidentale con l'organo in movimento quando sia accertato che il datore di lavoro, il dirigente o il preposto non abbiano adottato la misura richiesta o vigilato sull'utilizzazione delle misure di prevenzione predisposte"

Si ripropone qui un principio giuridico già affermato e ormai consolidato in base al quale è basilare che l'imprenditore garantisca comunque la rispondenza alla normativa vigente in materia dei macchinari messi a disposizione dei lavoratori ed in generale di ogni sistema di sicurezza e che riduca il rischio al minimo fattibile e consentito dalla tecnologia, in guisa tale che anche un prevedibile evento accidentale possa essere opportunamente neutralizzato.

 

3.14 La legge penalmente sanzionata ed inderogabile (come il D.p.r. n. 547/1955), e non la norma tecnica, deve essere il primo, fondamentale e imprescindibile obbligo del fabbricante di macchine 

 Cassazione sezione quarta  penale  - Sentenza n. 41985 del 5 novembre 2003 (u.p. 29 aprile 2003) - Pres. D'Urso . Est. Battisti - P.M. (Parz. Conf.) De Sandro - Ric. P.M. e Morra

MASSIME

 1) Omicidio Colposo - Infortunio ad acquirente utilizzatore di macchina - Organi lavoratori atti ad afferrare, trascinare o schiacciare e dotati di notevole inerzia - Mancanza o insufficienza della protezione - Dispositivo di arresto - Mancanza - Responsabilitàdel costruttore

 Risponde del delitto di omicidio colposo ai danni dell'acquirente utilizzatore il costruttore-venditore di una macchina munita di organi lavoratori non protetti e non completamente protetti per l'impossibilità tecnica atti ad afferrare, trascinare o schiacciare e dotati di notevole inerzia,  qualora non provveda a munire la macchina di un dispositivo di arresto con comando a immediata portata dell'utilizzatore e di un efficace sistema di frenatura, ovvero, se impossibile, non si astenga dal costruire

 2) Sicurezza del lavoro - Macchine - Legislazione prevenzionistica - Normativa tecnica del settore - Contrasto - Inderogabilitàdella legge

 In quanto destinatario delle norme antinfortunistiche, il costruttore-venditore di una macchina puòattenersi alla normativa tecnica del settore soltanto dopo averne accerttato la totale conformità alla legge, e, quindi, non puònon astenersi dal seguirla qualora tale normativa affermasse l'impossibilitàtecnica della collocazione sulla macchina di un presidio antifortunistico obbligatoriamente previsto dalla legge.

 3) Sicurezza del lavoro - Macchine - Visite ispettive dell'organo di vigilanza - Mancanza di rilievi - Irrilevanza - Responsabilitàdel costruttore - Sussistenza

 Quale destinatario delle norme antinfortunistiche che lo riguardano, l'imprenditore (costruttore-venditore) non può non conoscere tali norme, a prescindere dai suggerimenti o dalle prescrizioni delle Autorità cui spetta la vigilanza ai fini del rispetto di tali norme, e, pertanto, la circostanza che, in occasione di visite ispettive dell'organo di vigilanza,  non siano stati sollevati rilievi di sorta in ordine alla sicurezza della macchina, non puòessere invocata dal costruttore-venditore per escludere la propria responsabilità.

 4) Omicidio  colposo - Infortunio ad acquirente utilizzatore di macchina sprovvista dei prescritti presidi prevenzionistici - Affidamento del costruttore nella diligenza dell'acquirente - Esclusione

Risponde del delitto di omicidio colposo in danno dell'acquirente utilizzatore il costruttore-venditore di una macchina priva dei presidi antinfortunistici previsti dalla legge, pur se l'acquirente faccia uso della macchina ponendo in essere una condotta imprudente, condotta che, ove la macchina fosse stata munita dei presidi antnfortunistici richiesti dalla legge, sarebbe stata resa innocua o, perlomeno, non avrebbe avuto le conseguenze letali che si sono in effetti manifestate, e, dunque, non puòconfidare (principio di affidamento) che ogni consociato si comporti adottando le regole precauzionali che deve adottare chi, rispetto a quel consociato e alla imprudente inosservanza  delle regole da quest'ultimo posta in essere, non si comporta, come costruttore-venditore, come gli imponevano le regole precauzionali normalmente riferibili al suo modello di agente.

 5) Omicidio colposo - Infortunio dell'acquirente-utilizzatore di macchina - Comportamento abnorme dell'acquirente - Omissione degli apprestamenti antinfortunistici dal parte del costruttore - Responsabilità- Sussiste

 

Risponde del delitto di omicidio colposo in danno dell'acquirente utilizzatore il costruttore venditore di una macchina che non abbia posto in essere le condotte di prudenza, comune o specifica,  richieste dalla legge, come la dotazione della macchina di determinati presidi antinfortunistici o come l'esatta informazione dei rischi connessi all'uso di quella macchina, pur se l'infortunio si verifichi per un comportamento imprevedibile, abnorme, eccezionale, dell'acquirente della macchina, fatto salvo peraltro il concorso di colpa dell'acquirente medesimo.

ESTRATTI DALLA SENTENZA

1. Un primo argomento del ricorso dell'imputato affrontato dalla Corte di Cassazione riguarda l’ affermata "impossibilità tecnica, almeno all'epoca dei fatti, di commercializzare macchine rotoimballatrici più sicure di quella in questione, impossibilità di cui darebbero ampia testimonianza la mancanza di prescrizioni normative a riguardo e la conformità della macchina a tutte quelle presenti sul mercato nazionale ed internazionale". Dall'imputato veniva asserito, altresì, che "l'apprestamento di protezioni più efficaci degli organi lavoratori della macchina non era compatibile con la funzionalità della stessa, sia nel senso che non era possibile, pena appunto la non funzionalità della rotoimballatrice, progettare un aspo raccoglitore idoneo ad impedire in via assoluta la categoria degli incidenti cui è riconducibile quello di cui è giudizio, sia nel senso che non era neppure possibile dotare la macchina di un dispositivo che ne consentisse in modo immediatamente sicuro l'arresto in ogni caso in cui il lavoratore si fosse avvicinato all'imbocco dell'infaldatore".

La Suprema Corte, con particolare riferimento agli art. 68, 69, 70 e 71 del D.p.r. n. 547/1955, constatato che la macchina era priva dei richiesti dispositivi di sicurezza, conclude che "nel caso in esame, o era possibile dotare la macchina di quel dispositivo e, in questo caso, il costruttore avrebbe dovuto vendere la macchina solo dopo averla munita dello stesso, o non era assolutamente possibile fornirne la rotoimballatrice, e, in questo diverso caso, il costruttore si sarebbe dovuto astenere dal costruire e dal vendere la macchina nel doveroso rispetto della norma dell'art. 7 del citato D.p.r.".

 2. Con il secondo argomento, spesso sostenuto da costruttori e datori di lavoro in casi analoghi, il costruttore sosteneva che comunque "la macchina era conforme alla normativa tecnica del settore". A tal proposito la Corte di Cassazione osserva che "è l'imprenditore-costruttore-venditore il destinatario delle norme antinfortunistiche, il che vuol dire che il primo punto di riferimento dell'imprenditore deve essere la legge e non la normativa tecnica del settore perché èla legge che esige da lui determinate specifiche condotte di prudenza". Conclude riaffermando un concetto d’ importanza fondamentale, ovvero  che "l'imprenditore può attenersi alla normativa tecnica del settore soltanto dopo averne accertato la totale conformità alla legge,non potrebbe non astenersi dal seguirla se la normativa affermasse l'impossibilità tecnica della collocazione sulla macchina di un presidio antinfortunistico previsto dalla legge".

3. Riguardo al terzo argomento del ricorso, ovvero che l’ Organo di Vigilanza aveva ritenuto la macchina conforme alla legge, la IV Sezione della Corte di Cassazione ha replicato che "secondo un principio consolidato della giurisprudenza di questa Suprema Corte fondato proprio sulla considerazione che l'imprenditore è  destinatario delle norme antinfortunistiche che lo riguardano, norme che non può  non conoscere prescindendo dai suggerimenti o dalle prescrizioni delle Autorità cui spetta la vigilanza ai fini del rispetto di quelle norme, la circostanza che in occasione di visite ispettive non siano stati mossi rilievi in ordine alla sicurezza della macchina non può essere invocata per escludere la responsabilità dell'imprenditore".

4. La Suprema Corte ha anche affrontato il tema dell'affidamento del costruttore nella diligenza dell'acquirente invocata dall'imputato. In merito la stessa afferma che"l'imprenditore/costruttore, che costruisce una macchina industriale priva dei presidi antinfortunistici previsti dalla legge non può invocare il principio dell'affidamento qualora l'acquirente faccia uso della macchina ponendo in essere una condotta imprudente,la macchina fosse stata munita dei presidi antinfortunistici previsti dalla legge, sarebbe stata resa innocua o, quanto meno, non avrebbe avuto quelle date conseguenze" e quindi "non può confidare che ogni consociato si comporti adottando le regole precauzionali che deve adottare chi, rispetto a quel consociato o alla imprudente inosservanza delle regole da quest'ultimo posta in essere, non si è comportato come gli imponevano le regole precauzionali normalmente riferibili al suo modello di agente".

5.L’ultimo tema riguarda la colpa dell'acquirente della macchina. A tal riguardo  la IV Sezione afferma che "l'imprenditore-costruttore non può eccepire che l'infortunio si è verificato per un comportamento imprevedibile, abnorme, eccezionale dell'acquirente della macchina quando gli si possa rimproverare di non aver posto in essere quelle condotte di prudenza, comune o specifica, richieste dalla legge, come la dotazione della macchina di determinati presidi antinfortunistici o come l'esatta informazione dei rischi connessi all'uso di quella macchina, che tendono ad evitare infortuni o eventi come quello in concreto verificatosi, condotte, conseguentemente, che hanno determinato l'evento, che sono state certamente antecedenti all'evento, anche se può porsi il problema del concorso di colpa dell' acquirente".

 

3.15 Obbligo del datore di lavoro-utilizzatore di verificare e rimediare le evidenti carenze antinfortunistiche

Il datore di lavoro deve porre particolare attenzione al prodotto acquistato per non incorrere in una scelta sbagliata (culpa in eligendo) e ciò specie se il prodotto acquistato presenta delle vistose carenze di sicurezza o dei difetti rilevabili con l’ordinaria diligenza (v. Cass. pen., sez. IV,. 9 maggio 1983 e 9 settembre 1989 n. 12046) e per i quali è facile prevedere, facendo solo ricorso al comune senso del pericolo, che ci possano essere delle conseguenze infortunistiche a carico dei lavoratori addetti al loro utilizzo.

 

In caso di un inavveduto acquisto di una macchina che, benché corredata della marcatura CE e della certificazione di cui al D.p.r. n. 459/96, può pregiudicare la sicurezza e la salute dei lavoratori, si può configurare un concorso di colpa con chi ha costruito la macchina, rilevatasi di fatto insicura, da parte di chi l’ha acquistata, magari per “convenienza” e senza verificare diligentemente né l’affidabilità del costruttore né l’idoneità della macchina, fidandosi quindi delle scelte operate dal costruttore medesimo.

La sentenza n. 31467 del 20/9/2002 della Sez. IV Cass. Pen. ha ribadito la necessità che il datore di lavoro acquirente di una macchina che si rileva pericolosa debba comunque, a tutela dei lavoratori, prima di metterla a loro disposizione intervenire ad eliminare le eventuali evidenti fonti di pericolo assumendo nei fatti una funzione di vera e propria supplenza del costruttore poco avveduto.

 

La normativa di cui al D.p.r. 459/96 non esclude la circolazione dell’ “usato sicuro “, in quanto l’art. 11 prevede la possibilità di commercializzare il prodotto già immesso sul mercato o messo in servizio prima dell’entrata in vigore della normativa in questione (e cioè il 21 settembre 1996), e quindi non recante la marcatura CE, con tutto ciò che ad essa consegue, con una attestazione del commerciante o del cedente di conformità alla legislazione precedente alla data di entrata in vigore del D.p.r. 459/96. Ciò non significa, comunque, che la normativa precedente sia deteriore rispetto alla nuova: si pensi, a mo’ di esempio, al fatto che il D.p.r. 547/55, all’articolo 179, prevede per gli apparecchi di sollevamento un coefficiente di sicurezza per le funi di 6 volte oltre il limite di rottura, mentre l’allegato I al D.p.r. 459/96 ritiene sufficiente il coefficiente 5. (Saresella, 2003)

 

“Qualora la macchina messa a disposizione sin dall’acquisto presenti evidenti deficienze di sicurezza, il datore di lavoro deve apportare quelle aggiunte o modifiche che rendano il funzionamento della stessa estremamente sicuro” (Cassazione Penale Sez.IV – sentenza 30.12.1996)

“Il datore di lavoro aveva l’obbligo di verificare, prima dell’impiego, la rispondenza della macchina alla normativa antinfortunistica ..... il vizio di progettazione non poteva sfuggire ad un qualificato professionista incaricato della verifica” (Cassazione Penale Sez.IV – sentenza 25.06.1997 n.6157)

In perfetta coerenza e continuità con questa giurisprudenza di leggittimità, che ha origini remote e si è sviluppata a partire dall'entrata in vigore del D.p.r. n. 547/1955, l'art. 35 commi 1-4 del D. Lgs.. n. 626/94 dispone, in modo assolutamente chiaro e dettagliato, quanto segue:

Art. 35 Obblighi del datore di lavoro

1. Il datore di lavoro mette a disposizione dei lavoratori attrezzature adeguate al lavoro da svolgere ovvero adattate a tali scopi ed idonee ai fini della sicurezza e della salute.

2. Il datore di lavoro attua le misure tecniche ed organizzative adeguate per ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro da parte dei lavoratori e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte.

Inoltre, il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché durante l'uso delle attrezzature di lavoro siano rispettate le disposizioni di cui ai commi 4-bis e 4-ter.

3. All'atto della scelta delle attrezzature di lavoro il datore di lavoro prende in considerazione:

a) le condizioni e le caratteristiche specifiche del lavoro da svolgere;

b) i rischi presenti nell'ambiente di lavoro;

c) i rischi derivanti dall'impiego delle attrezzature stesse.

c-bis) i sistemi di comando, che devono essere sicuri anche tenuto conto dei guasti, dei disturbi e delle sollecitazioni prevedibili in relazione all'uso progettato dell'attrezzatura.

 

4. Il datore di lavoro prende le misure necessarie affinché le attrezzature di lavoro siano:

a) installate in conformità alle istruzioni del fabbricante;

b) utilizzate correttamente;

c) oggetto di idonea manutenzione al fine di garantire nel tempo la rispondenza ai requisiti di cui all'art. 36 e siano corredate, ove necessario, da apposite istruzioni d'uso.

c-bis) disposte in maniera tale da ridurre i rischi per gli utilizzatori e per le altre persone, assicurando in particolare sufficiente spazio disponibile tra gli elementi mobili e gli elementi fissi o mobili circostanti e che tutte le energie e sostanze utilizzate o prodotte possano essere addotte o estratte in modo sicuro.

 

E dunque:

“In base alla normativa del settore, responsabile comunque dell’attuazione delle misure di sicurezza nell’azienda è il titolare dell’impresa stessa; le eventuali assicurazioni di efficienza anche sotto il profilo antinfortunistico, formulate dal costruttore, non sono idonee a mandare esente da responsabilità il datore di lavoro” (Cassazione Penale Sez.IV – sentenza 9.05.2000 n.5445).

 

Fine parte 3 di 5, la pubblicazione continuerà nei prossimi numeri di Puntosicuro

 

Il documento in forma integrale


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Rispondi Autore: MORANDO . - likes: 0
20/10/2011 (17:25:42)
A riguardo del D.p.r. 547/55 e etc.etc su macchine gru funi mezzi di sollevamento etc..etc.. legi tante..fatti pochini..inquanto si costruiscono tali mezzi in "certa" azienda multinazionale (..)che costruisce e vende GRU sia a torre che gru semoventi..DOVE gli OPERAI sono stai assunti per una mansione a contratto inerinale di somministrazione con tale ditta interinale (...) dove si cambiano le mansioni in tutt'altre qUALIFICHE IMPORTANTI per le gru stesse e pericolose come SALDATORE..e saldare i mezzi di sollevamento..saladre SENZA VISITE MEDICHE saldare SENZA i PATENTINI di saldatura anche in punti di sforzo gru anche delle funi..e su varie parti importandi di sforzo gruSENZA I PATENTINI DI SALDATURA scoprendo sui telai persino saldature BUCATE mancanti non passanti etc. fa pensare..a cosa servono allora tutte queste leggi..se vengono invece violate continuamente? Violare sul lavoro e noi Lavoratori precari le 626/94 81/2008 questo si riversa di conseguenza "ripeto" su quanto viene prodotto e venduto innalzando a dismisura i possibili rischi ad ALTRE PERSONE che nulla sanno di questo pessimo modo di lavorare con i contratti precari..!
Pertanto avere delle gru che sollevano sei volte la loro portata è annullato quando le saldature sono state ESEGUITE SENZA PATENTINI DI SALDATURA pure malfatte e soffiate (bucate) non passanti..PREVENIRE è meglio..che fare POI le solite inchieste in generale su infortuni e morti bianche!
Vi sono su internet vari filmati sui mezzi di sollevamento in cedimenti strutturali dovute alle saldature mal fatte..visibili su:
CRANE ACCIDENT COLLAPSE WORK VIOLATIONS su:
www.towercranesupport.com compreso funi spezzate mezzi gru a torre e gru semoventi TRUK CRANES incidentati da fare venire la pelle d'oca...ma certe cose potrebbero essere evitate con la collaborazione di tutti anche dalle MAESTRANZE..ma sul lavoro con i contratti precari invece le LEGGI 81/2008 vengono ampiamente ultra VIOLATE e questo va sui prodotti..e su altri ignari di questo fare..!Prove e Testimoni saranno portati ad udienze su questi fatti al Tribunale di Mondovì sarebbe utile anche il Vs. intervento di PUNTO SICURO o almeno assistere..invito rivolto a tutti quelli che interessa sapere VERITà su come leLEGGI siano violate sul lavoro e su noi Lavoratori precari. Il Presidente Giorgio Napolitano ha detto più volte questo..ma servono i fatti VERI i tre morti sul lavoro giornalieri in Italia ci sono perchè le leggi sul lavoro sono VIOLATE vi sono le cause SEMPRE dei fatti! E spesso sono taciuti e nascosti sta anche a noi scrivere queste verità possono evitare possibili infortuni a noi ed ad altre persone!
Morando

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