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La responsabilità del RSPP per un infortunio occorso ad un lavoratore

La responsabilità del RSPP per un infortunio occorso ad un lavoratore
Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: RSPP, ASPP

03/06/2013

Il RSPP è responsabile per un infortunio occorso ad un lavoratore se accaduto a seguito di un ordine da lui impartito. In tal caso il RSPP ha assunto una posizione di garanzia nei confronti del lavoratore infortunato. A cura di G. Porreca.

 
Commento a cura di G. Porreca
 
Viene ribadito in questa sentenza un indirizzo ormai consolidato della Corte di Cassazione e cioè che in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo, assuma una posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato, ai sensi delle disposizioni di legge in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, tenuto automaticamente ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo. In questa circostanza tale principio è stato applicato nei confronti di unresponsabile del servizio di prevenzione e protezione il quale aveva disposto ad un lavoratore di effettuare la  manovra di una gru che si è poi ribaltata per l’eccesso del carico da sollevare.
 

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L’evento infortunistico e l’iter giudiziario
 
Il Tribunale, in composizione monocratica, ha dichiarato il responsabile del servizio di prevenzione e protezione di una azienda, congiuntamente ad altri, colpevole del reato di cui all’articolo 590, comma 1 e 3, per aver cagionato ad un lavoratore una lesione personale, con prognosi di 130 giorni, per colpa consistente in negligenza, imprudenza ed imperizia ed in violazione di prescrizioni antinfortunistiche specifiche. In particolare il RSPP aveva ordinato al lavoratore, gruista, di sollevare e spostare una pala caricatrice del peso complessivo di 120-130 quintali utilizzando una gru che, a causa del carico eccessivo, si è ribaltata contro un muro provocando, in conseguenza dell'impatto, le dette lesioni al lavoratore. Il Tribunale lo ha dichiarato, altresì, colpevole del reato di cui all'articolo 35, comma 1 e 2, del D. Lgs. n. 626/1994 (capo a) e dell’articolo 168, commi 1 e 2, del D.P.R. n. 547/1955 (capo b) per aver omesso di adottare le misure organizzative necessarie per garantire l'integrità fisica dei lavoratori ex articolo 2087 c.c., nonché per avere messo a disposizione dei lavoratori attrezzature non adeguate al lavoro da svolgere e con caratteristiche non appropriate ai carichi da sollevare ed ancora per non avere impedito l'uso di dette attrezzature per operazioni e secondo condizioni non proprie.
 
Il Tribunale ha condannato l'imputato alla pena di un mese di reclusione in ordine al capo a) ed euro 1.500,00 di ammenda in ordine al capo b), concedendo le circostanze attenuanti generiche dichiarate equivalenti alle contestate aggravanti ed il beneficio della sospensione condizionale della pena, e lo ha condannato, altresì, al risarcimento dei danni cagionati alla costituita parte civile, da liquidarsi in separato giudizio. A seguito del ricorso da parte dell’imputato, la Corte d'Appello di Palermo ha dichiarata successivamente l'estinzione del reato contravvenzionale, per intervenuta prescrizione, ha eliminata la relativa pena di euro 1.500,00 di ammenda ed ha confermato del resto l'impugnata decisione.
 
La Corte territoriale ha messo in evidenza, in particolare, che la mattina dell'infortunio era stato proprio l'imputato, che si occupava personalmente di gestire il cantiere, ad ordinare al lavoratore di eseguire con la gru il sollevamento che ha poi causato il sinistro, nonostante le rimostranze espressegli dallo stesso lavoratore convinto che la gru non avrebbe potuto sostenere quel carico, rimostranze non tenute in considerazione dall’imputato che si era assunto personalmente la responsabilità dell'operazione. La circostanza poi che il gruista aveva dovuto sottostare alle decisioni dell’imputato, visto il ruolo di fatto svolto dallo stesso ed i suoi legami parentali con la proprietà, che lo inducevano a temere ritorsioni nella sua attività lavorativa, se non lo avesse eseguito, era stata pedissequamente confermata da un altro operaio che aveva assistito alla scena e che aveva sentito dare l’ordine. Un altro teste, inoltre, aveva riferito che era stato proprio l'imputato ad organizzare la manovra concordandola nei giorni precedenti, in piena sintonia logica e fattuale con quanto poi è accaduto. Tutti i testi escussi dall'accusa avevano concordemente sostenuto, altresì, che l'imputato, oltre che risultare formalmente responsabile del servizio di prevenzione e protezione, così come anche precisato dall'ispettore del lavoro intervenuto, aveva di fatto nell'ambito dell'azienda il comando gestionale del cantiere, forte anche del legame familiare che intercorreva con il legale rappresentante della società. Ed ha sostenuto ancora la Corte di Appello che dalla perizia d'ufficio, disposta dal Tribunale era risultato che il gruista non aveva errato nella manovra, che  il peso sollevato eccedeva la capacità di sollevamento della gru e che l'autogrù non era idonea a compiere quella operazione di sollevamento.
 
Il ricorso in Cassazione e le decisioni della suprema Corte
 
L’imputato ha ricorso in Cassazione adducendo alcune motivazioni a propria difesa. Secondo lo stesso non sarebbe stato lui a gestire l'attività lavorativa ma il dirigente dell’azienda, suo gerarchico superiore, essendo questi l’unico ad avere compiti direttivi nella stessa. Non sarebbe stato lui, inoltre, ad organizzare la manovra con la gru e non avrebbe dato alcun ordine perentorio al lavoratore infortunato di manovrare la gru stessa per cui l'incidente sarebbe avvenuto per una manovra errata dello stesso gruista, autonomo nelle sue decisioni e tenuto comunque a conoscere le caratteristiche dell’apparecchiatura.
 
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile dalla Corte di Cassazione che ha confermata quindi la condanna dell’imputato. Per quanto riguarda la posizione di garanzia dell’imputato, la suprema Corte ha sostenuto che “non possono esservi dubbi al riguardo tenuto conto della sua veste di ‘responsabile del servizio di prevenzione e protezione dell'azienda’. A ciò aggiungasi che - come incensurabilmente accertato in punto di fatto dai giudici di merito - fu proprio lui a dare le disposizioni al lavoratore in relazione all'attività lavorativa nel corso della quale avvenne l'infortunio, così assumendo anche in concreto una posizione di garanzia”.
“E’ sufficiente al riguardo”, ha proseguito la Sez. IV, “richiamare il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte secondo cui ‘in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4 ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo" (in termini, ‘ex plurimis’, Sez. 4, 19 febbraio 1998, n. 3948)”.
 
Per quanto riguarda poi l'assunto difensivo secondo cui sarebbe stato onere del lavoratore, quale gruista, valutare l'opportunità di effettuare la manovra con giudizio autonomo ed indipendente, la Corte di Cassazione ha fatto presente che in base alle testimonianze acquisite era emerso che il gruista aveva palesato qualche perplessità ad eseguire la manovra richiestagli ma che aveva poi dovuto sottostare all'ordine perentorio impartitogli dal RSPP e che inoltre nel caso in esame non sono stati riscontrati nella condotta del lavoratore profili di anomalia ed abnormità tali da rendere l'infortunio riconducibile ad esclusiva colpa del lavoratore stesso.
Secondo il consolidato indirizzo interpretativo di questa Corte”, ha proseguito la Sez. IV, “le norme sulla prevenzione degli infortuni hanno la funzione primaria di evitare che si verifichino eventi lesivi della incolumità fisica, intrinsecamente connaturati all'esercizio di talune attività lavorative, anche nelle ipotesi in cui siffatti rischi siano conseguenti ad eventuale disaccortezza, imprudenza e disattenzione degli operai subordinati"  ed ha quindi concluso ricordando che “se è vero, poi, che destinatari delle norme di prevenzione, contro gli infortuni sul lavoro, sono non solo i datori di lavoro, i dirigenti e i preposti, ma anche gli stessi operai, giova ricordare, tuttavia, che l'inosservanza di dette norme da parte dei datori di lavoro, dei dirigenti e dei preposti ha valore assorbente rispetto al comportamento dell'operaio, la cui condotta può assumere rilevanza ai fini penalistici solo dopo che da parte dei soggetti obbligati siano adempiute le prescrizioni di loro competenza”.
 
 
 
 
 
 
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Rispondi Autore: Vibracci Giuseppe - likes: 0
03/06/2013 (09:33:42)
La sentenza ha confermato in questo caso, a mio avviso, la responsabilità principale dell'RSPP nel caso dell'infortunio, non tanto ne suo ruolo di Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione quanto di persona che si occupava personalmente di gestire il cantiere. Persona che ha impartito il comando di utilizzare la gru; comando che non è attribuibile al ruolo dell'RSPP ma semmai a persona a cui vengano riconosciuti altri poteri gestionali.

Rispondi Autore: Vincenzo De Fazio - likes: 0
08/06/2013 (07:33:56)
Le informazioni al lavoratore devono essere circostanziate sui pericoli.....il datore di lavoro è generico generalmente mentre poi al momento della sua difesa trova ogni giustificazione con la complicità degli RSPP

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