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Sulla verifica delle attitudini del soggetto incaricato alla vigilanza
Commento
È importante questa sentenza in quanto fornisce un utile indirizzo per dare una corretta interpretazione alle disposizioni contenute nell’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 sull’esercizio di fatto dei poteri direttivi secondo il quale le posizioni di garanzia relative ai datori di lavoro, dirigenti e preposti gravano anche su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti medesimi disposizioni che comunemente vengono applicate ad organizzazioni di lavoro già in corso e ad eventi già accaduti in aziende nelle quali non si sia provveduto ad istituire preventivamente un sistema di sicurezza sul lavoro. Quando per le dimensioni di una azienda si rende necessario vigilare sui lavoratori mediante un soggetto allo scopo delegato occorre assicurarsi preventivamente delle sue pertinenti competenze, della sua idonea qualifica, delle sue attitudini ad impedire le situazioni di pericolo e della sua capacità di attuare le necessarie procedure di sicurezza. E’ quanto ha sostenuto la suprema Corte che nella circostanza ha annullata per carenza di motivazioni una sentenza della Corte di Appello rinviando alla stessa gli atti del procedimento perché la rivedesse per tenere conto degli indirizzi sopra indicati.
Il fatto e la sentenza di condanna del Tribunale
Il GIP del Tribunale ha dichiarato il legale rappresentante di una società colpevole del reato di cui all'art. 589, commi 1 e 2, cod. pen., avendo, per colpa generica e specifica, causato la morte di un lavoratore dalla stessa dipendente deceduto a seguito delle gravi ustioni riportate dopo essere stato investito dalle fiamme improvvisamente sviluppatesi dai vapori di carburante, ancora presenti all'interno di autoveicolo, non bonificato, che lo stesso era intento a demolire, mediante l'uso di cannello ossipropanico, senza che indossasse gli indumenti di protezione e seguisse le procedure di cautela del caso. Riconosciute le attenuanti generiche, il Tribunale lo ha condannato alla pena sospesa stimata di giustizia. Successivamente la Corte di Appello, giudicando sulla impugnazione proposta dall’imputato, ha confermata la decisione di primo grado e, riconosciute prevalenti le attenuanti generiche, ha ridotta la pena che, ai sensi dell'art. 53 della legge n. 689/1981, ha convertito nella corrispondente pena pecuniaria, ha revocato altresì la sospensione condizionale e concessa la non menzione.
Il ricorso in Cassazione e le motivazioni
L'imputato ha proposto ricorso per cassazione adducendo due motivazioni. Con il primo motivo lo stesso ha sostenuto che la Corte territoriale lo aveva condannato solo sulla base della mera posizione ricoperta ed ha ritenuto ciò irragionevole ed ingiusto non potendosi pretendere dal datore di lavoro la giornaliera e assillante vigilanza sul rispetto da parte dei dipendenti delle procedure di sicurezza previste né si poteva altresì pretendere, considerate le dimensioni della struttura aziendale, la nomina di un controllore. Con il secondo motivo il ricorrente ha lamentato che la Corte territoriale non aveva preso in considerazione che nell'azienda era prevista una "scala gerarchica" secondo la quale vi era un preposto alla demolizione delle carcasse, inquadrato quale responsabile dell'area taglio, per cui se fosse stata tenuta presente tale circostanza le decisioni della Corte territoriale avrebbero perso di significato.
Le decisioni della Corte di Cassazione
Nell’accogliere il ricorso la Corte di Cassazione ha ribadito che non c’è alcun dubbio che il datore di lavoro è garante del puntuale rispetto delle misure prevenzionali e, se necessario in quanto le dimensioni aziendali lo rendessero inevitabile, può delegare un soggetto all'uopo incaricato dotato dei necessari poteri e delle specifiche competenze. La suprema Corte, avendo riscontrata nella sentenza impugnata una grave carenza di motivazioni, l’ha annullata rinviandola per nuovo esame alla Corte d'Appello di provenienza affinché tenesse conto di alcuni elementi che ha poi specificati. Secondo la Sez. IV, in particolare, la Corte territoriale aveva ignorato la rilevante circostanza della presenza di un dipendente preposto al taglio delle carcasse dei mezzi da demolire ed aveva concluso semplicisticamente per la penale responsabilità del datore di lavoro in quanto l’avere adempiuto a tutti gli obblighi di prevenzione degli infortuni previsti dalla legge non lo esonerava comunque dall'obbligo di controllare e garantire l'effettiva osservanza delle misure di prevenzione da parte dei lavoratori.
Nella sentenza, ha osservato la suprema Corte, non era stato provveduto ad indicare i necessari elementi valutativi per misurare la dimensione aziendale e l'esigibilità del compito di sorveglianza personale posto personalmente a carico del datore di lavoro né elementi concernenti le competenze e l’abilità del lavoratore rimasto vittima dell'incidente. Non era emerso altresì se l’infortunio fosse dipeso da manovra e/o procedure errate o legato ad inadeguati procedimenti aziendali, ad affidamento di attività rischiose a soggetti non adeguatamente qualificati o alla predisposizione di sistemi di vigilanza non perfettamente efficienti. “Non è superfluo, infine ricordare”, ha così concluso la suprema Corte, “che ove la dimensione e complessità aziendale avessero reso necessario l'esercizio del dovere di vigilanza mediante soggetto all'uopo delegato, di quest'ultimo si sarebbe reso necessario conoscere dei relativi poteri e delle pertinenti competenze e qualifiche, in definitiva, delle concrete attitudini ad impedire pericolosi scostamenti dalle procedure di sicurezza”.
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