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09/02/2024: Al Festival di Sanremo una canzone sui morti sul lavoro

Presentata a Sanremo da Paolo Jannacci e Stefano Massini una canzone, non in concorso, che racconta di un lavoratore che muore in un’esplosione in fabbrica e che lascia ad un bambino solo una foto appesa in salotto.

Bisogna ringraziare alcuni artisti non in concorso, se al settantaquattresimo Festival di Sanremo, che si sta svolgendo in questi giorni, si è riusciti a parlare del dramma delle morti sul lavoro. E a ricordare che sono ancora più di mille i lavoratori che ogni anno non tornano più a casa dopo le ore di lavoro.

Probabilmente frasi, come quelle di Amadeus che “il lavoro è un diritto che non prevede la morte” e che “proteggere i lavoratori è un dovere”, sono fin troppo facili per poter raccontare veramente la realtà delle tutele che mancano o della prevenzione che è da migliorare. Ma non c’è dubbio che anche queste parole semplici, dette dal palco per accompagnare una canzone che racconta di un lavoratore che muore in un’esplosione in fabbrica e che lascia ad un bambino solo una foto appesa in salotto, sono una buona occasione per riportare l’attenzione sul tema della sicurezza e salute sul lavoro.

A portare a Sanremo questa canzone, dal titolo “L’uomo nel lampo”, il musicista Paolo Jannacci e lo scrittore e drammaturgo Stefano Massini che in passato si è occupato di sicurezza sul lavoro anche con riferimento, al racconto “La principessa e il telaio” presentato dopo l’incidente di Luana D’Orazio, morta stritolata da un orditoio. Lo stesso Massini che ha ricordato, dal palco di Sanremo, che nelle canzoni “c'è un amore di cui non si parla mai”. Ed è “l'amore per i nostri diritti, i diritti che ci spettano”.

Per chi volesse soffermarsi più in dettaglio sui significati della canzone “L’uomo nel lampo” presentata nella terza serata di Sanremo 2024, ne riportiamo il testo:

 

Ehi, ehi Michè,

Sono io Michè, questa voce lontana

Dicono, sai la vita è strana

Ma più che strana è proprio bastarda

Ed io lo so perché mi riguarda

Da quando il mio filo si è rotto

Sono una foto appesa in salotto

E in quella foto oltretutto…

Ma dai Michè son così brutto

Occhi chiusi, viso scuro…

Che se mi avessero detto giuro

Questa foto resterà di te

Accidenti Michè, mi sarei messo in posa

1,2,3, flash, perfetto

Sono io, sì, sono l’uomo di cui ti hanno detto

Che un lampo mi portò via

E di me non resta, che una fotografia

C’era una volta un uomo che vide come un lampo

sorrise e alzò le mani come per abbracciarlo

L’uomo nel lampo che non è più tornato

Lo videro in quel lampo e lì si è addormentato

Proprio quel lampo che portò via mio padre

e che da quel momento è musica nel vento

Sai Michè,

non è che sono solo in questo posto

C’è più folla che a Rimini ad agosto

Tutti come me finiti fuori pista

Tutti fuori dalla lista

Tutti con il marchio addosso di questo paradosso

Che il lavoro porta sotto terra

e l’operaio muore come in guerra

Ma io Michè, io che ridevo anche dei guai

io, che la battuta non mi mancava mai,

Quando mi dicono: “la fabbrica è una miniera”

No, piuttosto è una galera

Perché loro si fanno l’ora d’aria

e pure noi, nel senso che saltiamo in aria…

E nelle fiamme di 6 metri e via..

Passi da uomo a fotografia.

C’era una volta un uomo che vide come un lampo

sorrise e alzò le mani come per fermarlo

L’uomo nel lampo che non è più tornato

Lo videro in quel lampo

Questo lampo non ha odore né colore

Il lampo uccide ma senza far rumore

Poi ti guardi ad uno specchio

E lì vorresti perdonare

E vabè, basta dai…

Da questa foto mi guardo intorno

E non ho smesso un solo giorno

in silenzio fotografato e muto di dirti:

“ciao Michè, sono il padre che non hai conosciuto”.

 


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