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L’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail alla vigilia dell’8 marzo conferma forti differenze di genere. La flessione del 5,6% rispetto al 2012 si inserisce in un quadro economico che, dopo il costante aumento registrato nell’ultimo decennio, ha visto diminuire il numero delle lavoratrici
ROMA - Nel 2013 gli infortuni sul lavoro al femminile denunciati all’Inail per le tre gestioni principali (agricoltura, industria e servizi, dipendenti conto Stato) sono stati 206.528, pari a poco più di un terzo (34,1%) del totale (606mila). A queste si aggiungono le 38.500 denunce di infortuni occorsi a studentesse delle scuole pubbliche statali e le circa 900 della gestione autonoma casalinghe.
Sono il 41,6% degli occupati. Nel nostro Paese le donne rappresentano il 52% della popolazione in età lavorativa (oltre i 15 anni), mentre quelle con un impiego, quantificate dall’Istat in 9,3 milioni, sono pari al 41,6% del totale degli occupati e sono concentrate prevalentemente nel Centro-Nord. Dall’analisi condotta dalla Consulenza statistico attuariale dell’Inail alla vigilia dell’8 marzo emerge, in particolare, che le 207mila denunce relative a infortuni occorsi alle lavoratrici nel 2013 nelle tre gestioni principali corrispondono a una riduzione del 5,6% rispetto al 2012, ma il calo è stato inferiore rispetto alla diminuzione complessiva (-7,8%) e a quella relativa ai lavoratori (-8,9%).
Il calo maggiore in agricoltura (-7,9%). Questa riduzione, inoltre, si inserisce in un quadro economico che nel 2013, dopo il costante aumento registrato nell’ultimo decennio, con l’unica eccezione del 2009, ha visto diminuire il numero delle donne che lavorano di 128mila unità rispetto al 2012, pari a una flessione dell’1,4%. Rispetto al 2012, gli infortuni femminili nel 2013 hanno registrato un calo maggiore in agricoltura (dalle 8.647 denunce del 2012 alle 7.963 del 2013, pari a una diminuzione del 7,9%), mentre nelle gestioni industria e servizi e dipendenti conto Stato la riduzione è stata, rispettivamente, del 6,1% (da 188.894 casi a 177.378) e dello 0,1% (da 21.212 a 21.187).
I settori più a rischio. È nelle attività dei servizi (compresi i dipendenti statali), che si concentra la maggiore quota di infortuni femminili (84% di tutti gli infortuni delle lavoratrici contro il 46% di quelli maschili), mentre il 12% riguarda l’industria (contro il 46% degli uomini) e il 4% l’agricoltura (8% tra i lavoratori). La graduatoria dei settori di attività con maggiore incidenza infortunistica femminile vede al primo posto il personale domestico (88,2%), la sanità e i servizi sociali (73,1%) e il confezionamento di articoli di abbigliamento (72,3%). Nei settori più rischiosi dell’industria si scende invece al 3,3% nella metallurgia fino al 2,5% nelle costruzioni. La quota di infortuni femminili è prevalente anche tra i dipendenti statali (74,5%), sicuramente per la maggiore presenza di lavoratrici nelle amministrazioni pubbliche. Nelle scuole pubbliche e private, in particolare, su oltre 13mila infortuni occorsi a insegnanti e maestri nel 2013, ben l’86% ha riguardato le donne.
Quasi il 18% degli incidenti nel tragitto casa-lavoro. Un’altra significativa differenza di genere riguarda le denunce degli infortuni in itinere, che nel 2013 sono state complessivamente 69.378. Sebbene, infatti, gli incidenti avvenuti nel tragitto tra la casa e il posto di lavoro si dividano in termini assoluti quasi equamente tra i sessi, con una leggera prevalenza delle donne (circa 37mila casi, pari al 53%), tra le donne una denuncia su sei (17,9%) riguarda proprio il tragitto casa-lavoro-casa, mentre tra gli uomini lo stesso rapporto si dilata a una ogni 12 (8,1%). Questo probabilmente perché le donne sono occupate per oltre il 50% nel ramo dei servizi, in attività solitamente meno pericolose di quelle industriali ma comunque soggette al rischio che si corre negli spostamenti tra l’abitazione e il posto di lavoro.
I casi mortali pari al 9,2% del totale. La differenza di genere rispetto agli infortuni in itinere si allarga ulteriormente se si concentra l’analisi sui casi mortali relativi alle tre gestioni principali: tra le lavoratrici, infatti, un decesso su due è legato al rischio strada, mentre tra i lavoratori solo un incidente mortale su cinque avviene in itinere. Nel 2013 sono state 69 le donne morte sul lavoro, pari al 9,2% del totale (746). Rispetto al 2012 si contano due casi in più, a fronte di una diminuzione del 15,2% delle morti tra gli uomini (121 casi in meno).
La prima causa delle lesioni è la caduta. La mano è la sede della lesione maggiormente interessata dagli infortuni indennizzati dall’Inail occorsi in occasione di lavoro, escludendo quindi i casi avvenuti in itinere, ma tra le donne presenta un’incidenza inferiore rispetto agli uomini (20% dei casi contro il 28,5%), che deriva dal maggiore peso assunto dalle altre sedi principali, come la colonna vertebrale (14% contro 10%), la caviglia (11% contro 7%) e il ginocchio (10% contro 8%). Anche le nature delle lesioni più rilevanti risultano, come per gli uomini, contusione e lussazione, con pesi relativi che in questo caso sono maggiori per le donne (rispettivamente 36,8% contro 28% e 30,7% contro 25%). La prima causa di infortunio per le lavoratrici è la caduta (33% sul totale dei casi indennizzati), seguita dalla perdita di controllo di macchine e utensili (20%).
La fascia più colpita è quella tra 35 e 49 anni. Prendendo in considerazione l’età delle lavoratrici, la fascia più colpita in valore assoluto risulta essere quella tra i 35 e i 49 anni, che con 88.791 casi rappresenta il 43% di tutti gli infortuni al femminile denunciati nel 2013 e comprende anche il maggior numero di infortuni mortali (32). All’interno di questa classe di età gli infortuni delle donne costituiscono il 33,9% del totale, mentre è quella tra i 50 e i 64 anni (65.742 casi) a raggiungere la quota percentuale più elevata (39,9%) rispetto al numero complessivo degli infortuni.
Straniere il 13% delle infortunate. Sempre nel 2013, sono stati 26.799, pari al 13% del totale, gli infortuni sul lavoro che hanno interessato le lavoratrici straniere: le più colpite in termini assoluti sono state le romene, con 5.057 casi, seguite da marocchine (1.943) e albanesi (1.850 casi). I casi mortali sono stati 15 sui 69 complessivi (21,8%). Romania, Cina e Albania sono i Paesi di nascita con il maggior numero di decessi.
In calo anche il dato delle casalinghe. Nello stesso anno le denunce legate alla polizza assicurativa contro gli infortuni delle casalinghe (e dei casalinghi) – obbligatoria per tutte le persone di età compresa tra i 18 e i 65 anni che lavorano in maniera abituale, esclusiva e gratuita nell’ambito domestico – sono state complessivamente 886, in calo del 15% rispetto alle 1.036 presentate nel 2012. Come previsto, la stragrande maggioranza (863, pari al 97%) ha riguardato infortuni domestici occorsi a donne (nel 2012 erano state 1.017).
Malattie professionali in controtendenza. Per quanto riguarda le malattie professionali, nel 2013 le denunce presentate dalle lavoratrici sono state quasi 15mila. La quota femminile sul totale delle denunce è stata pari al 29,1%, un valore che non si discosta troppo dall’incidenza femminile sul fenomeno infortunistico (34,1%) e resta in linea con i dati dell’ultimo quinquennio osservato. A differenza degli infortuni, che hanno proseguito il trend decrescente degli ultimi anni, le malattie professionali non hanno confermato la battuta d’arresto fatta registrare nel 2012, passando da 46.190 a 51.426 (+11,3%). Nel quinquennio 2009-2013, in particolare, le denunce provenienti dalle lavoratrici sono aumentate di ben il 55% (tra gli uomini l’aumento è stato del 44%), passando dalle 9.635 del 2009 alle 14.945 del 2013 (+8% rispetto alle 13.795 denunce del 2012). L’incidenza femminile in questo caso è più alta nel Nord-Est (36% del totale) e al Centro (34%), mentre la più bassa si rileva nelle Isole (14%).
Netta prevalenza delle patologie osteo-articolari e muscolo-tendinee. A colpire i lavoratori di entrambi i sessi sono soprattutto le malattie osteo-articolari e muscolo-tendinee, come tendiniti, affezioni dei dischi intervertebrali e sindromi del tunnel carpale. Tra gli uomini, però, queste patologie rappresentano il 63% delle denunce, mentre tra le donne questa percentuale sale fino all’87% (13mila su 15mila denunce). In particolare, la sindrome del tunnel carpale viene denunciata più dalle donne che dagli uomini (3.031 contro 2.717).
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