18/02/2019: La testimonianza delle vittime del lavoro è fondamentale
Quanto incide il rispetto delle regole sulla sicurezza sul lavoro? ANMIL intervista a Sigfrido Ranucci.
"Inviato per Rainews24, ha realizzato numerose inchieste sul traffico illecito di rifiuti, sulla mafia e sull'utilizzo di armi non convenzionali. Ha trovato l'ultima intervista al giudice Paolo Borsellino e denunciato l'uso del fosforo bianco in Iraq da parte degli Usa. Dal 2006 fa parte della squadra di Report". Questo il profilo di Sigfrido Ranucci che emerge dai social e che fotografa l'impegno di un collega di cui ho potuto conoscere personalmente il valore e il coraggio. Ricordo bene quella denuncia sul fosforo bianco che ha fatto tremare le vene e i polsi a mezzo mondo e che ha portato Rainews24 alla ribalta della cronaca internazionale. E adesso lo ritrovo alla guida di Report, seduto alla scrivania che è stata di Milena Gabanelli, nello stesso studio da cui è andata in onda la prima trasmissione nel 1997. Lo abbraccio e gli chiedo subito come sta. "Tutto bene - mi risponde Sigfrido con il suo immancabile sorriso - è faticoso più di quello che appare perché il lavoro che si vede è solamente la punta dell'iceberg, a cominciare dalla responsabilità di una macchina come Report che io conoscevo bene". E continua: "Siamo la trasmissione d'informazione in Italia che ha più movimento sui social, nonostante andiamo in onda per 20 puntate all'anno e questo significa che facciamo un ottimo lavoro con le nostre potenzialità". L'intervista è già incominciata in questo fuori onda e così accendo il registratore per dare alla nostra chiacchierata un tono più formale.
- Come procede il tuo viaggio da quando nel 2017 Milena Gabanelli ti ha lasciato il testimone di Report?
Diciamo che il mio viaggio, dopo alcune scosse di terremoto iniziali, si è assestato. Stiamo andando bene e speriamo di poter continuare quel processo di crescita che abbiamo registrato nelle ultime serie, anche se abbiamo una contro programmazione pazzesca. Basta pensare alle grandi fiction del lunedì sera, da Montalbano al Nome della rosa al programma di Enrico Lucci su Rai 2, che ha un pubblico simile al nostro. Ci aspetta un contesto molto complicato, che è quello che precede le elezioni, dove è la qualità a catalizzare l'attenzione. Abbiamo ugualmente le nostre frecce. Partiamo il 18 marzo con la prima. Parliamo di finanziamento ai partiti e vediamo come funzionano senza soldi pubblici, che cosa si sono inventati, "che tocca fa pe campa'". Questo il sottotitolo della trasmissione.
- Che fine fanno le inchieste e che cosa succede dopo la messa in onda?
A volte siamo nelle inchieste della magistratura, a volte siamo nelle discussioni politiche, a volte abbiamo davvero la sensazione di buttare una bottiglia nell'oceano.
Però c'è qualcuno che, anche a distanza di anni, raccoglie questa bottiglia. La sorpresa è questa. Aggiorniamo spesso i temi che abbiamo trattato proprio per questo motivo. L'obiettivo però non è quello di far discutere di sè, ma di informare su alcune zone d'ombra. Noi abbiamo la fortuna di avere un presidio, che è quello di Report, che ha una storia unica nel panorama italiano. Credo che sia l'ultima palestra rimasta di giornalismo d'inchiesta televisiva in Italia e spero di lasciare in eredità, nel solco che ha lasciato Milena, una squadra che continui a fare giornalismo d'inchiesta perché ce n'è bisogno.
- La legalità è un tema centrale delle vostre inchieste. Quanto pensi che il rispetto delle regole incida sulla sicurezza sul lavoro?
Le regole incidono su tutto. Io identifico la legalità con il timbro di qualità di un prodotto. Se non c'è la legalità, è come se un prodotto sia senza la certificazione doc di qualità. Il rispetto delle regole sul lavoro è fondamentale. Il problema è che tante volte applicare queste regole costa. Ho identificato in due fattori le criticità della sicurezza sul lavoro. La prima è il costo di applicare determinate regole. Bisognerebbe, secondo me, aiutare di più le imprese ad abbassare i costi per fare applicare le norme perché altrimenti vengono aggirate e bisognerebbe fare più formazione per abituare chi lavora a rispettarle. Il secondo problema è la necessità di rendere più trasparente quel cancro che è il meccanismo dei subappalti, che comporta l'abbassamento dei prezzi per ottenere guadagni, che vanno immancabilmente a scapito della qualità del lavoro, della busta paga e delle condizioni di vita del lavoratore. Noi siamo andati tante volte a vedere situazioni come queste. Il grande cancro sta, secondo me, nella scarsa trasparenza di questo meccanismo per cui non si sa più di chi sono le responsabilità. Noi abbiamo fatto una straordinaria inchiesta di Bernardo Iovene su Fincantieri "Fuori controllo". E l'amarezza è che sia proprio un'azienda di Stato a non essere trasparente nei meccanismi dei subappalti.
- E se tu dovessi fare oggi un’inchiesta sul lavoro che uccide, da dove partiresti?
I punti chiave sarebbero sicuramente questi che ho appena indicato. Vorrei anche fornire un nuovo modello di formazione per i lavoratori. A questo proposito faremo una puntata sulla formazione 4.0, in cui daremo anche un segno di speranza, una visione positiva di quello che potrebbe diventare il lavoro, se venisse fatta la formazione in una certa maniera, se venissero veramente utilizzate le intelligenze artificiali, i robot, per migliorare le condizioni di sicurezza di lavori che oggi vengono fatti dall'uomo. Il vero valore infatti - che non è più al centro dell'attuale concezione del lavoro - è il capitale umano. E se questo capitale viene disprezzato, non si può avere la sicurezza sul posto di lavoro. L'uomo deve poter utilizzare i robot grazie ad un'adeguata formazione e conoscenza delle macchine. Se tu consideri il lavoro soltanto braccia, alla fine tratti le persone come carne da macello.
- Analizzando i dati dell’INAIL, si vede che il trend degli incidenti sul lavoro non inverte la tendenza. Che cosa pensi si dovrebbe fare per cambiare le cose?
Cambiare intanto le condizioni più inumane di lavoro, a cominciare - come ho detto - dal meccanismo perverso dei subappalti e del codice degli appalti, con cui si va al ribasso, a danno della sicurezza del lavoratore. È la mancanza della tracciabilità a non consentire di individuare le responsabilità. Oggi non paga nessuno: se succede un incidente sul lavoro è difficile individuare i responsabili, i processi sono lunghi, i meccanismi sono farraginosi. Incide anche la complessità delle regole da rispettare sul lavoro. Le norme sono difficili da interpretare e a volte lasciano vie di fuga. Credo che la parte normativa abbia un ruolo importantissimo e bisognerebbe battersi per la trasparenza e la facilità di accesso alle regole perché sono condizioni fondamentali.
- Secondo te oggi che cosa fa notizia e quanto è importante il giornalismo di denuncia per creare nuove consapevolezze nei cittadini?
Diciamo che la conoscenza è fondamentale, ma io parto sempre da un presupposto: quando raccontiamo un fatto, chi lo vive lo conosce già e quindi dobbiamo portarlo all'attenzione degli altri. E allora qual è la funzione della notizia? Levare la maschera di ipocrisia, la cortina fumogena dietro la quale c'è spesso la mancanza di rispetto delle norme. Perché si gioca proprio su questo, è qui che ci si nasconde. E allora il compito del giornalismo è di illuminare quelle zone d'ombra dove avvengono i soprusi, dove ci sono la mancanza della trasparenza e del rispetto dei diritti del lavoratore. Io tengo moltissimo all’originalità degli argomenti, come si addice ad un programma di prima serata di Rai 3, che si dice d'inchiesta. Noi su questo siamo fortunati perché abbiamo un contributo di 250-300 mail al giorno, che riceviamo e che sono un po' lo sfogatoio d’Italia. Ed è singolare che ci arrivino segnalazioni intestate alla Procura della Repubblica, alla Corte dei Conti e a Report, come se fossimo un organo giudiziario. Questo testimonia la fiducia del pubblico nei nostri confronti.
- Il giornalismo d’inchiesta è la tua vocazione da sempre. Quali suggerimenti daresti ai giovani che volessero seguire la tua strada?
Cito per tutte l'inchiesta internazionale sul fosforo bianco, che ha portato per la prima volta, in cinquant'anni, la Rai mondo. Il direttore Roberto Morrione, che era alla guida di Rainews24, è stato il mio maestro e ho per lui una gratitudine enorme. E proprio partendo da questa inchiesta, ai giovani direi innanzitutto di credere in quello che fanno, di seguire la loro vocazione, la loro passione. E poi direi loro di rispettare sempre il cosiddetto avversario, la persona che è al centro della loro inchiesta e di giocare a carte scoperte. Quando ci sono delle cose da contestare, non bisogna mai pensare di essere i più furbi e occorre avere sempre come punto di rifermento il pubblico che paga il canone e, nel nostro caso, il pubblico che crede nel servizio pubblico. Io credo che il giornalismo d'inchiesta abbia un ruolo fondamentale in questo momento e che lo avrà ancora di più in futuro. Se si è parlato di Rainews, in Italia e nel mondo, è stato grazie alle inchieste e non per la vocazione di un canale all news perché, se la forza di una notizia si basa sulla velocità, questa velocità non può uccidere l'approfondimento, che deve viaggiare in maniera parallela. Nelle nostre inchieste cerchiamo sempre il contraddittorio perché la forza di Report si basa proprio sulle interviste, anche se è molto difficile ottenerle da parte di tutta una serie di personaggi politici che vanno ovunque, ma non da noi. E questo ci dispiace, sia perché manifesta una mancanza di fiducia nei nostri confronti, sia perché in questo modo non è possibile dare al pubblico le risposte necessarie per offrire una conoscenza approfondita degli argomenti. Oggi è in voga il messaggio social mandato via web dal telefonino e che poi viene ripreso dai telegiornali. È l'evoluzione 4.0 della cassetta che mandava Berlusconi. Ma la mancanza di contraddittorio è deprimente perché è come se noi staccassimo un assegno in bianco, negando ai cittadini il diritto di essere informati.
- Report fa anche un importante lavoro sul Web che affianca quello in Tv. Quanto pensi che il futuro dell’informazione passi attraverso i social?
Report ha sempre ragionato come un piccolo avamposto di sperimentazione, come una piccola media company. Secondo me questa è la chiave per stare oggi sul mercato: l'integrazione fra la comunicazione dei social e del mezzo televisivo con cui si va in onda. Diversamente non si arriva da nessuna parte. Uno dei segnali più importanti per noi è che quest'anno abbiamo implementato di un punto e mezzo lo share rispetto alle scorse stagioni e di questo punto e mezzo il 30% è costituito da giovani. Dato che rappresenta un'anomalia in Rai perché il pubblico della televisione è sempre più vecchio. E questo significa che abbiamo pasturato bene sui social, abbiamo fatto una buona raccolta e siamo riusciti a portare in Tv un pubblico che ha un target dai 30 ai 43 anni. Una platea costituita non soltanto da laureati, ma anche da persone non scolarizzate, il che significa che ha portato i suoi frutti il linguaggio, reso più comprensibile dalle inchieste di Report. L'ascoltatore è molto più intelligente di quello che si pensa e Report ha sempre cercato di riconoscere e di premiare questa intelligenza, affrontando anche argomenti alti e difficilmente proponibili in televisione. Basta pensare che siamo riusciti a raggiungere il 7% di share parlando delle società di revisione, in una serata in cui giocava la nazionale di calcio.
- Ricordiamo allora che il 18 marzo riprende il nuovo ciclo di Report. Vogliamo dare qualche riferimento a chi ci legge per potervi seguire?
Sì, partiremo lunedì 18 marzo alle ore 21.05. La puntata durerà sino alle 23.05, come al solito. Sarà una lunga maratona, faticosissima, che verrà replicata il sabato. La cosa positiva è che, nonostante la concorrenza spietata del "fuoco amico", il lunedì sera abbiamo sempre raggiunto uno share tra il 7 e l'8% e altrettanto abbiamo fatto il sabato, con un pubblico completamente nuovo, lo stesso che il lunedì solitamente guarda le fiction. Noi accompagniamo i telespettatori tutta la settimana con clip che lanciano il tema e propongono piccoli inserti delle inchieste che facciamo. Adesso abbiamo tre inchieste modulari e aumentato gli argomenti con un palinsesto più liquido rispetto al passato. Non c'è più il telespettatore che si mette lì, a seguire il programma, dall'inizio alla fine, ma bisogna intercettare il pubblico nei vari passaggi pubblicitari e fornire sempre un tema nuovo perché altrimenti, se uno si trova davanti un argomento complesso già iniziato, magari non capisce e va via. La strategia di palinsesto è fondamentale. Noi abbiamo a disposizione un sito, che è un grande archivio e siamo gli unici a mettere tutti i testi delle puntate on line. A questo proposito, ho sempre detto che si tratta di un favore che facciamo agli avvocati che ci vogliono far causa e non devono neppure fare la fatica di sbobinare perché si ritrovano i testi già scritti.
- Ci puoi anticipare qualcuno degli argomenti che saranno trattati?
Parleremo, oltre che di finanziamento ai partiti, di reddito di cittadinanza, della Tav, della finanza bianca e di quale influenza abbia la finanza cattolica sulla crisi delle banche all'ombra del Vaticano. E poi ritorneremo sul caso Montante, l'ex presidente di Confindustria Sicilia, che aveva spiato giornalisti e magistrati. Vedremo che cosa sapeva di così importante per ricattarli. E poi parleremo dei consorzi e di alcune eccellenze, a cominciare dal Consorzio del Prosciutto di Parma. Vedremo come vengono spesi milioni di euro di contributi italiani.
- Per concludere, da persona positiva quale sei, puoi mandare un messaggio a chi ha subito un incidente sul lavoro e a chi ha perso una persona cara perché ritrovi fiducia in se stesso e nel nostro Paese?
Io credo che le vittime del lavoro abbiamo un ruolo fondamentale perché devono rendere pubblica la loro forza, che hanno preso da una mancanza che li ha resi diversi e devono raccontare la loro esperienza per un mondo del lavoro migliore. La loro testimonianza e soprattutto la loro forza sono molto importanti.
- C'è qualcosa che non abbiamo detto e che tu vorresti aggiungere?
"Guardateci" perché così ci sentiamo meno soli. La solitudine è uno status che accomuna anche chi ha subito un incidente sul lavoro. Se stiamo insieme, ci sentiamo tutti meno soli!
Luce Tommasi
Fonte: ANMIL
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