Imparare dagli errori: le esplosioni nei locali di ricarica batterie
Brescia, 20 Set – Nel “monitoraggio” degli infortuni gravi e mortali professionali presenti nell’archivio di INFOR.MO., strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio collegato al sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, abbiamo riscontrato diversi casi di esplosione nei locali di ricarica batterie, ad esempio per la ricarica di attrezzature come i carrelli elevatori ad alimentazione elettrica.
Per questo motivo dedichiamo oggi una breve puntata di “Imparare dagli errori”, la rubrica dedicata al racconto e all’analisi degli infortuni, proprio agli infortuni e alle esplosioni in questi locali con pericolo di esplosione.
Chiaramente le dinamiche infortunistiche presentate sono tratte proprio dall’archivio di INFOR.MO.
I casi di infortunio nei locali di ricarica batterie
Il primo caso riguarda un infortunio avvenuto nel 2014 nella ricarica di un carrello elevatore.
Un lavoratore deve effettuare delle operazioni con l'ausilio di un carrello elevatore ad alimentazione elettrica. Per farlo va a prelevare il mezzo dalla postazione dove si trova "in carica".
Provvede a staccare il cavo di alimentazione estraendo la spina dal caricabatterie e si accinge ad effettuare il collegamento della batteria con l'impianto elettrico del muletto.
Mentre sta eseguendo tale operazione avviene uno scoppio che lo investe e viene colpito anche dall'acido della batteria.
L'infortunato riporta ustioni chimiche al cranio. Il locale carica batteria, secondo quando rilevato successivamente, presentava scarsi ricambi d'aria.
Nel secondo caso l’infortunio è avvenuto nel 2007 in un reparto fonderia e riguarda la ricarica di una “macchina per degassaggio”.
Un lavoratore inizia il proprio turno di lavoro presso il reparto fonderia dove svolge le mansioni di addetto ai forni fusori.
Tra le incombenze della mansione vi è anche la gestione di alcune macchine carrellate denominate “macchine per degassaggio” che vengono utilizzate per eseguire dei trattamenti del bagno di fusione dell’alluminio al fine di predisporlo per le successive operazioni di colatura in stampo.
La macchina per degassaggio, indica la scheda, è alimentata da un gruppo batteria composto da due batterie “a scarica lenta” da 12V ciascuna, collegate “in serie” e racchiuse in un contenitore in materiale plastico dotato di coperchio, sempre di materiale plastico, e di basamento in metallo progettato per la movimentazione tramite carrello a forche. All’esterno del contenitore è presente una presa speciale al quale collegare la presa di alimentazione della macchina per degassaggio o, quando necessita, il caricabatteria per l’operazione di ricarica. In reparto sono presenti tre macchine per degassaggio, ciascuna dotata di proprio gruppo di alimentazione più un gruppo batteria completo di riserva mantenuto costantemente in ricarica.
Il lavoratore deve procedere alla sostituzione del gruppo batteria ad una macchina per degassaggio per cui si reca nella zona di ricarica posta all’esterno del reparto fonderia nel corridoio coperto tra il reparto stesso ed una delle officine di lavorazione.
Per motivi non precisati il gruppo batteria di riserva esplode e una o più parti del contenitore, distrutto nell’esplosione, colpiscono il lavoratore al volto provocandogli alcune lesioni.
Il fattore causale rilevato è dunque l’esplosione del gruppo batteria di riserva.
La prevenzione nei locali di ricarica
Per trovare qualche utile indicazione per la prevenzione con riferimento specifico ai rischi elettrici e di esplosione nei locali di ricarica, possiamo fare riferimento ad alcuni documenti già presentati in passato dal nostro giornale.
Ad esempio nel documento “ Rischio elettrico in ambienti di lavoro – Vademecum”, pubblicato sul sito del Servizio di Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Como (ora parte dell’ATS Insubria) si segnala che nei locali batterie il pericolo di esplosione “è dovuto all’emissione nell’ambiente d’idrogeno che si genera a seguito dell’elettrolisi dell’acqua. L’emissione d’idrogeno si può considerare terminata un’ora dopo l’interruzione della corrente fornita dal caricabatterie. Anche durante la scarica avviene produzione d’idrogeno anche se in misura minore rispetto alla carica. Se la concentrazione in aria dell’idrogeno raggiunge il 4%, la miscela aria-idrogeno può esplodere”.
Nel documento sono presentate le norme tecniche (in vigore nel 2010) da applicare per prevenire il rischio e viene presentata “una valutazione per un locale contenente batterie stazionarie utilizzate da un gruppo di continuità statico che alimenta un locale Elaborazione Dati”.
In particolare sono riportate le indicazioni per calcolare:
- portata d’aria di ventilazione (la concentrazione di idrogeno può essere mantenuta al di sotto della soglia del 4%, attraverso un’idonea ventilazione);
- superficie delle aperture di ventilazione naturale.
Di qualche anno precedente, ma ancora utile ai fini preventivi, un reportage pubblicato dalla rivista CeiMagazine, dal titolo “ Impianti elettrici nei luoghi con pericolo di esplosione: locali di ricarica batterie”. Un reportage che prende le mosse dalla pubblicazione del volume “Classificazione dei luoghi con pericolo di esplosione: locali di ricarica batterie” scritto dal professor Riccardo Tommasini del Politecnico di Torino.
Nel reportage si ricorda che la “durata di vita e l’emissione di gas dalle batterie dipende in modo sostanziale dalle modalità di ricarica della batteria”. Inoltre “deve essere posta particolare attenzione nella ricarica delle batterie VRLA, dove l’utilizzo di un caricabatteria non idoneo può ridurre drasticamente la durata di vita della batteria”.
Veniamo ai pericoli legati alla ricarica.
Durante questa attività una batteria di accumulatori emette una certa quantità di gas (idrogeno e ossigeno). La quantità di gas emesso è “molto variabile e dipende sostanzialmente da:
- tipologia di cella (Piombo, Nichel-Cadmio);
- tecnologia costruttiva (batteria regolata a valvole o a vaso aperto);
- profilo di ricarica (IU, IUI, etc.);
- fase di ricarica”.
Ad esempio la massima emissione di idrogeno “corrisponde al caso di una batteria completamente carica ove l’energia fornita produce solamente l’elettrolisi dell’acqua”.
Situazione questa – continua il reportage – che non dovrebbe accadere nel funzionamento normale in quanto “i dispositivi di ricarica dovrebbero essere controllati e/o temporizzati in modo da interrompere (o ridurre) il flusso di corrente al termine della fase di carica”.
Comunque “l’emissione di gas è funzione della corrente di ricarica ed è quindi maggiore durante la ricarica rapida (boost charge) rispetto alla carica di mantenimento a tampone (float charge)” e si ha anche “una certa emissione di gas durante la carica di equalizzazione (equalize charge)”.
Queste emissioni di gas, per ciascuna cella (o monoblocco) di una batteria regolata a valvole, avvengono dalla valvola di sicurezza e producono nell’intorno della valvola stessa, una zona potenzialmente pericolosa. E per comprendere l’estensione di questa zona il reportage suggerisce di fare riferimento a varie norme.
Ci soffermiamo, ad esempio, sulla norma CEI EN 50272-2 “Prescrizioni di sicurezza per batterie di accumulatori e loro installazioni Parte 2: Batterie stazionarie” una norma che si applica si applica alle batterie di accumulatori stazionarie, al piombo e al nichel-cadmio, ed alle loro installazioni con tensione massima di 1500 V in c.c. (nominale).
Si ricorda poi che l’estensione della zona pericolosa dipende, oltre che dalle batterie, anche dalle condizioni di ventilazione e risulterà minore in ambiente esterno rispetto all’ambiente interno. Riguardo a questo aspetto è necessario sottolineare “che negli ambienti ove vengono ricaricate le batterie è comunque necessario provvedere una adeguata ventilazione ambientale”.
Il reportage, che si sofferma su altri elementi di cui tener conto, come la destinazione d’uso della batteria, indica che la ventilazione dei locali batterie si può realizzare con sistemi di ventilazione forzata (artificiale) o con ventilazione naturale. E una buona soluzione progettuale è quella di “realizzare un sistema di estrazione artificiale dell’aria in corrispondenza di ciascuna batteria, per mezzo di un’apposita cappa di aspirazione”. Questo permette di “confinare nel migliore dei modi la zona ove è presente l’emissione di gas e, con un’opportuna portata di aspirazione, ridurre la zona potenzialmente esplosiva a pochi centimetri intorno alle aperture di sfiato, anche nelle condizioni di carica più gravose”.
Si segnala, infine, che nelle sale batterie stazionarie e nei piccoli locali di ricarica per batterie di trazione si utilizza “una ventilazione ambientale generale, senza aspirazione localizzata (cappe)”. Una ventilazione di questo tipo “può essere realizzata con un sistema di estrazione artificiale oppure per ventilazione naturale, in ogni caso la portata di ventilazione dovrà essere dimensionata sulla base della portata complessiva di gas emesso da tutte le batterie presenti”.
Sito web di INFOR.MO.: nell’articolo abbiamo presentato le schede numero 1953 e 5108 (archivio incidenti 2002/2015).
Tiziano Menduto
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Rispondi Autore: Raffaele Deli - likes: 0 | 20/09/2018 (06:27:50) |
Riporto dall’articolo:: “Due batterie in serie di 12 V in modo da fornire una CORRENTE di 24 v”. È una rubrica tecnica... leggere queste cose non è bello. Saluti. |
Rispondi Autore: Davide Mercaldo - likes: 0 | 21/09/2018 (06:48:43) |
Fortunatamente la tecnologia va avanti e purtroppo i rischi aumentano con essa. Oggi le batterie citate "Piombo, Nichel-Cadmio" sono per lo più state superate dalle batterie a dello LiPo, LiFe etc. molto performanti diffuse (dalle auto elettriche alle attrezzature)e facilmente esplosive, l'articolo in questione non ne vada alcuna menzione e non ci aiuta nella prevenzione e valutazione del rischio. |