Voglio una scuola sicura
La recente sentenza di Cassazione che ha definitivamente condannato la Dirigente scolastica e il RSPP di una scuola a Sapri in provincia di Salerno, per un grave incidente avvenuto nel 2011 ad uno studente che cadde da un lucernario, è stata l'ultima goccia che ha fatto traboccare il vaso della rabbia disperata dei Dirigenti scolastici italiani che il prossimo 30 ottobre si riuniranno a Roma per protestare contro l'impossibilità di garantire la sicurezza negli edifici scolastici da loro diretti nei termini in cui pare sia prescritto dal D.Lgs.81/2008.
Si tratta della protesta di Dirigenti dello Stato che esercitano la loro attività in edifici scolastici di proprietà degli Enti Locali (Comuni per le scuole del primo ciclo e Province o Città metropolitane per le scuole del secondo ciclo) e cioè degli Enti pubblici che ai sensi dell'art.3 della Legge 11 gennaio 1996, n. 23 - Norme per l'edilizia scolastica - hanno la competenza di provvedere alla realizzazione, alla fornitura e alla manutenzione ordinaria e straordinaria degli edifici scolastici italiani.
Questa Legge è nata con l'obiettivo di assicurare alle strutture per l'uso scolastico uno sviluppo qualitativo e una collocazione sul territorio adeguati alla costante evoluzione delle dinamiche formative, culturali, economiche e sociali.
Secondo tale Legge, gli Enti Locali devono raggiungere il sopracitato obiettivo con una programmazione degli interventi che deve garantire:
a) il soddisfacimento del fabbisogno immediato di aule, riducendo gli indici di carenza delle diverse regioni entro la media nazionale;
b) la riqualificazione del patrimonio esistente, in particolare di quello avente valore storico-monumentale;
c) l'adeguamento alle norme vigenti in materia di agibilità, sicurezza e igiene;
d) l'adeguamento delle strutture edilizie alle esigenze della scuola, ai processi di riforma degli ordinamenti e dei programmi, all'innovazione didattica e alla sperimentazione;
e) una equilibrata organizzazione territoriale del sistema scolastico, anche con riferimento agli andamenti demografici;
f) la disponibilità da parte di ogni scuola di palestre e impianti sportivi di base;
g) la piena utilizzazione delle strutture scolastiche da parte della collettività.
Praticamente una Legge virtuosa che ha rappresentato il sogno di una notte di mezza Italia e dei Dirigenti Scolastici che avrebbero avuto ottimi motivi per dire al legislatore <<La tua virtù è la mia sicurezza[1]>>.
Ma quando poi ci si sveglia dal sogno 'scespiriano', la realtà di tutti i giorni è quella descritta dal XVII Rapporto di Cittadinanzattiva:
<< Ben settanta gli episodi di crolli e di distacchi di intonaco registrati da Cittadinanzattiva, tramite la stampa locale, tra settembre 2018 e luglio 2019. Parliamo di un episodio ogni 3 giorni di scuola, di cui 29 in regioni del Nord (Piemonte 6, Lombardia 16, Emilia Romagna 4, Veneto 2, Trentino Alto Adige 1), 17 nel Centro (Toscana 5, Lazio 10, Umbria 1, Marche 1), 24 nelle regioni del Sud e nelle Isole (Campania 8, Puglia 6, Calabria 2, Sicilia 7, Sardegna 1). Tali episodi hanno provocato il ferimento di 17 persone, tra studenti e adulti. Dal 2013 abbiamo registrato, in totale, 276 episodi di questo genere.>>.
Gli stessi Dirigenti Scolastici italiani lamentano da anni lo stato di abbandono in cui versano gli edifici scolastici, e attraverso i loro Sindacati e Associazioni discutono ormai da tempo la necessità che venga corretto e/o integrato lo stesso art.18 c.3 [2] del D.Lgs.81/08.
Infatti il comma 3 dell’art.18, nel trattare nello specifico il caso dei Dirigenti delle Istituzioni scolastiche, anziché costituire un elemento di loro garanzia e tutela, in molte occasioni ha altresì consentito alla Magistratura di mettere i Dirigenti scolastici sullo stesso banco degli imputati con i Dirigenti e i Tecnici degli Enti Locali, anche a seguito di gravi eventi generati dall’inadeguatezza edile, strutturale e impiantistica degli edifici nei quali gli stessi Dirigenti scolastici avevano ricevuto dal Ministero dell'Istruzione il compito di organizzare e dirigere l’attività scolastica e non certo di gestirne anche l’adeguatezza e la manutenzione.
I Dirigenti scolastici, al momento attuale, non possono chiudere le scuole che risultano essere non a norma e che, quindi, non sono sicure per la Legge, e quando si verificano gravi incidenti sono indagati in quanto individuati Datori di Lavoro dell'Istituzione scolastica da loro diretta, ai sensi del D.M. 21 giugno 1996 n. 292 .
Ma dopo la recente notizia che la Cassazione ha confermato la condanna penale della Dirigente scolastica di Sapri, i Dirigenti scolastici scenderanno in piazza mercoledì 30 a Roma per chiedere esplicitamente al Governo e al Parlamento di attivarsi al più presto per cambiare le norme in materia di sicurezza che di fatto attribuiscono loro responsabilità pesanti senza però dare i poteri e le risorse che sarebbero necessari per affrontare i molteplici problemi delle scuole.
Alla manifestazione, nata in modo spontaneo per iniziativa di alcuni gruppi FB di Dirigenti scolastici, guardano con simpatia le varie associazioni sindacali dei Dirigenti scolastici, le quali, pur non aderendovi hanno lasciato i loro iscritti liberi di partecipare.
Anche i sindacati datoriali sono infatti unanimi nel sottolineare che ai Dirigenti scolastici spetterebbe solo la responsabilità di individuare e valutare i rischi attinenti all'attività scolastica mentre all'Ente locale spetterebbe la responsabilità di individuare e valutare i rischi strutturali degli edifici scolastici.
Gli Enti proprietari avrebbero quindi l’obbligo di consegnare edifici a norma, verificare sistematicamente lo stato di sicurezza degli stessi, effettuare gli interventi di manutenzione per prevenire il verificarsi di situazioni di pericolo per i lavoratori e gli utenti scolastici.
Il Presidente di ANP (Associazione Nazionale Dirigenti Pubblici e Alte Professionalità) Antonello Giannelli lo scorso 23 ottobre è stato ricevuto al Ministero dell'Istruzione (MIUR) e in tale occasione ha sottolineato al Vice-Ministro Anna Ascani che <<L’ANP ritiene necessaria una revisione – in senso migliorativo – del D.Lgs. 81/2008 per consentire ai Dirigenti scolastici l’interdizione e la chiusura, in tutto o in parte, degli edifici senza incorrere nel reato di interruzione di pubblico servizio, previo rilascio di parere scritto da parte del RSPP. In caso di pericolo grave ed immediato, non essendoci il tempo per acquisire il parere, la valutazione va compiuta con la diligenza “comune” del buon padre di famiglia.>>.
Inoltre il Presidente di ANP ha sottolineato che il Dirigente scolastico che ha seguito alla lettera l'art.18 comma 3 del D.Lgs.81/08, richiedendo all’Ente locale di effettuare interventi strutturali e/o impiantistici, non dovrebbe essere destinatario di provvedimenti sanzionatori ad opera degli organi di controllo (VV.FF., ASL, Ispettorato del lavoro ecc.), come purtroppo accade abbastanza di frequente nelle scuole e alla quale oggi si può fare fronte solo seguendo la procedura penale.
In caso di inerzia dell’Ente locale, il Presidente Giannelli ha affermato che il Dirigente scolastico dovrebbe avere la possibilità di chiedere espressamente l'intervento da parte del Prefetto e qualora si verifichino incidenti dovuti al mancato intervento dell’Ente locale su richiesta del Dirigente scolastico, si dovrebbe prevedere addirittura l’ineleggibilità del relativo organo politico di vertice.
Ha quindi concluso il suo colloquio con la proposta all’Amministrazione di sottoscrivere una polizza assicurativa RCT valida in tutte le scuole per garantire alle vittime il risarcimento in caso di sinistro.
Alla manifestazione del 30 ottobre ha subito aderito l’Associazione 'Modifica 81' creata qualche anno fa dalla stessa Dirigente di Sapri Franca Principe, che ha subito la sopracitata condanna da parte della Cassazione e la sospensione dal servizio per cinque mesi senza retribuzione da parte dell'Ufficio Scolastico della Regione Campania.
Anche PUNTOSICURO nel numero dello scorso 3 ottobre 2019 si è occupato della sentenza della IV Sezione della Corte di Cassazione (n. 37766 del 2019) che ha condannato la Dirigente Scolastica di Sapri e dal dibattito che ne è nato, in seguito ai numerosi interventi a commento dell'articolo pubblicato, lo stesso avvocato difensore della Dirigente scolastica ha colto spunti di riflessione particolarmente interessanti, rilevando che tutti gli autorevoli interventi fossero fondati, sia pur da prospettive e con sensibilità diverse, su elementi logici e giuridici in larga parte apprezzabili e sicuramente colti.
Ma l'avv. Domenico Ciruzzi ritiene che con la sentenza in discussione vi sia stato un non condivisibile ritorno al passato, e lo spiega in un suo intervento pubblicato nel sito dell'Associazione 'Modifica 81': << Sul punto, è noto che nei primi anni di vigenza del D.Lgs. 81/2008 la giurisprudenza di legittimità si era attestata su di un’interpretazione particolarmente stringente e severa in relazione agli obblighi gravanti sul datore di lavoro a tutela della salute e dell’integrità fisica dei lavoratori.
In particolare, si era sostenuta la necessità di un controllo continuo e pressante da parte del datore di lavoro - diretto o per interposta persona - al fine di imporre ai lavoratori il rispetto della normativa. In dottrina, tale modello gestionale era stato definito, non a torto, “iperprotettivo”.
Espressione classica di tale modello era quella giurisprudenza che riteneva esclusa la responsabilità del datore di lavoro, per interruzione del nesso causale, esclusivamente nelle ipotesi di comportamento abnorme da parte del lavoratore. Comportamento abnorme che andava inteso, secondo i giudici del Supremo Collegio, come una condotta del lavoratore imprevedibile, al di fuori del contesto lavorativo e che nulla ha a che vedere con l’attività svolta. Si tratta – a ben vedere - di casi limite e di difficile verificazione pratica, con il risultato di una responsabilità quasi automatica (rectius, oggettiva) del datore di lavoro in caso d’infortunio.
Il più recente orientamento giurisprudenziale ha (o forse aveva alla luce di tale ultima pronunzia), invece, abbandonato il modello “iperprotettivo” testé descritto, sostituendolo con il modello cd. “collaborativo”, in cui gli obblighi in materia di sicurezza sono ripartiti tra più soggetti, compresi gli stessi lavoratori.
Corollario di tale nuova concezione sorta in seno alla giurisprudenza di legittimità è che la responsabilità del datore di lavoro è esclusa – sub-specie di interruzione del nesso causale – non soltanto in presenza di una condotta abnorme del lavoratore ma anche nel caso di comportamento esorbitante (dalle mansioni affidategli, n.d.r.) dello stesso.
Il comportamento del lavoratore s’intende esorbitante quando fuoriesce dall’ambito delle mansioni, ordini, disposizioni impartite dal datore di lavoro o da chi ne fa le veci, nell’ambito del contesto lavorativo.
Pertanto, alla luce di tale orientamento giurisprudenziale – da preferirsi perché maggiormente rispettoso dei caratteri che devono necessariamente informare la colpevolezza in sede penale, valorizzando il principio di responsabilità penale personale di cui all’art. 27 Cost. e correttamente intendendo il ruolo del diritto penale come extrema ratio - il datore di lavoro non è responsabile non solo nel caso di condotte estranee alle mansioni affidate al lavoratore (comportamento abnorme) ma anche nel caso di comportamento che, pur rientrando nel segmento di lavoro del dipendente e pur essendo strettamente connesso all’attività lavorativa, sia assolutamente imprevedibile (comportamento esorbitante).
In pratica quando si discute di attività strettamente connessa con lo svolgimento dell’attività lavorativa, ciò che conta è la considerazione della prevedibilità/imprevedibilità della condotta.
Si era assistito, dunque, ad un’evoluzione della giurisprudenza della Corte di Cassazione verso una maggiore considerazione della responsabilità dei lavoratori: si abbandona “il criterio esterno delle mansioni e si sostituisce il parametro della prevedibilità”.
Ebbene, nel caso dell’incidente occorso nell’istituto Pisacane (che ha, come è noto, il suo antecedente causale nell’imprevedibile apertura della porta da parte della bidella) tale nuovo modello (quello cd. collaborativo) è stato nuovamente abbandonato per un ritorno ad una visione iper-protettiva.
Iper-protezione, colpevolizzazione, populismo penale.>>.
Si potrebbe aggiungere che dietro o sotto le 'responsabilità esplicite' del Datore di lavoro, vi sono quindi altre responsabilità che potremmo definire implicite, che talvolta hanno influito in modo diretto al verificarsi degli incidenti.
L'individuazione delle 'responsabilità implicite' è senz'altro complicata e anche dalla lettura della Sentenza di Sapri traspare che per i Magistrati sia spesso molto più semplice scegliere la strada più breve e facile di incolpare coloro i quali sono stati messi maggiormente in evidenza dalla stessa normativa, esponendoli loro malgrado sulla punta dell'iceberg, pronti ad essere colpiti dai riflettori mediatici e dalla brama forcaiola della disinformata gente comune non appena succede qualche evento negativo.
Se invece venisse effettuata un'analisi più approfondita degli incidenti e degli infortuni, si potrebbe verificare che non c’è mai una causa singola e una sola tipologia di responsabili. Gli eventi incidentali pur essendo generati da un fattore scatenante principale (errore involontario o di violazione intenzionale di una norma), non si sarebbero potuti verificare senza la contemporanea presenza di una serie di altri fattori fino al quel momento silenti o latenti, come sottolinea l'esperto Attilio Pagano, Direttore dell'Istituto Ambiente Europa. Gli Organi preposti al controllo del rispetto della normativa sulla sicurezza dei lavoratori e degli ambienti di lavoro, dovrebbero farsi carico della correzione non solo del fattore scatenante, ma anche di quelli latenti, ovvero i fattori collaterali.
Ma vi è un aspetto ancora più preoccupante da sottolineare: l'atteggiamento ormai consolidato della magistratura italiana che da una parte ha la tendenza di non ammettere l'imprevedibilità di taluni eventi dannosi e dall'altra ha la tendenza ad usare la parola “colpa” e la parola “responsabilità” in modo sostanzialmente interscambiabile.
Nel primo caso, come spiega sempre Attilio Pagano, <<la previsione è una prestazione mentale difficile da rimproverare a qualcuno. Perchè nel momento in cui gliela rimprovero io so come le cose sono andate a finire, ma nel momento in cui le doveva prevedere, lui non sapeva come le cose sarebbero andate a finire>>.
Nel secondo caso, Attilio Pagano spiega che nel sistema giuridico italiano viene assimilata la colpa di avere commesso qualcosa per procurare un danno alla colpa di non avere rispettato degli obblighi che avrebbero potuto evitare il danno. Cioè il concetto di colpa nel codice penale è quello che rende equivalenti l’avere agito per procurare un danno con il non avere fatto le cose di un soggetto obbligato, di un titolare di una posizione di garanzia. Quindi mette sullo stesso piano le azioni e le omissioni. Sulle azioni c’è poco da dire: se io ti procuro un danno sono sicuramente colpevole e devo pagare. Sulle omissioni conviene riflettere perché un conto è l’omissione di un comportamento specifico – non ho fatto qualcosa che la legge in modo chiaro circoscrive e identifica – un’altra cosa è l’omissione di non avere fatto una prestazione cognitiva.
In conclusione, anche a Sapri, come già a Rivoli e a L'Aquila, gli spigoli della sicurezza non sono stati arrotondati dalla sapiente mano dell'ottimo scultore, per dirla con Michelangelo [3],, e la verità che è già dentro ogni evento viene travisata da coloro i quali non sanno andar oltre la superficie, fermandosi quindi a considerare solo gli aspetti più evidenti e facili ma, proprio per questo, comunque superflui e non sufficienti per evitare la ripetizione negativa dell'evento stesso.
Ma i Dirigenti scolastici il 30 ottobre si riuniranno a Roma non certo per fare disquisizioni sofisticate sul sistema giuridico italiano, o per chiarire la differenza tra la colpa e la responsabilità.
Ogni Dirigente scolastico, pur se iscritto ad un sindacato datoriale o politico, parteciperà per se stesso, per il proprio personale e per gli allievi dell'istituzione scolastica che dirige e guardando dentro la propria coscienza, prima ancora che in quella dei politici e del legislatore, risponderà con fermezza alla domanda 'cosa voglio':
Voglio una scuola sicura.
Gli esperti del settore sicurezza non si aspettano grandi risultati dal 'Sit in' dei dirigenti scolastici.
Ma sicuramente il personale direttivo del Ministero dell'Istruzione avrà modo di riflettere sulle cause che hanno portato a manifestare molti loro Dirigenti sparsi sull'intero territorio nazionale.
Poi dopo la manifestazione, scolasticamente parlando, tornerà 'la quiete dopo la tempesta'.
I Dirigenti scolastici torneranno alle loro scuole, ai loro docenti e ai loro allievi.
Ma il pensiero alla scuola che vogliono ormai non lo dimenticheranno più.
Mi è sembrato pertanto di buon auspicio concludere questo intervento con le belle parole, piene di speranza, della poesia della giornalista Janna Carioli:
<< Voglio una scuola che parla ai bambini
come la rondine ai rondinini
che insegna a volare aprendo le ali
e sa che i voli non sono mai uguali.
Voglio una scuola che scavalca muretti
e accoglie disegni che non sono perfetti
che guarda avanti e traccia sentieri
senza scordarsi di quelli di ieri.
Voglio una scuola con dentro il sole
che toglie polvere alle parole
con porte aperte, grandi finestre
e bimbi che ridono con le maestre.>>.
Ing. Paolo Pieri
[1] tratto da“A Midsummer Night’s Dream” 1593/1595 - W. Shakespeare
[2] 3. Gli obblighi relativi agli interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare, ai sensi del presente decreto legislativo, la sicurezza dei locali e degli edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche ed educative, restano a carico dell'amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione. In tale caso gli obblighi previsti dal presente decreto legislativo, relativamente ai predetti interventi, si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all'amministrazione competente o al soggetto che ne ha l'obbligo giuridico.
3-bis. Il datore di lavoro e i dirigenti sono tenuti altresì a vigilare in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti.
[3] L’ottimo scultore non concepisce un’idea che il solo marmo non contenga già in sé,con la parte superflua, e riesce a raggiungerla solo la mano che ubbidisce al pensiero.
Il male che io fuggo, e il bene che cerco, si nascondono così in te, donna leggiadra, altera e divina;
(Michelangelo Buonarroti)
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Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 29/10/2019 (06:42:05) |
Prima o poi, spero, si riuscirà a capire quale debba essere la condotta penalmente esigibile da parte di un dirigente scolastico. |
Rispondi Autore: Laura De Angelis - likes: 0 | 29/10/2019 (09:02:47) |
Sig. Catanoso, secondo lei di chi è la colpa se un dipendente (dirigente scolastico) ha un incidente con l'auto aziendale che ha un difetto di fabbrica e la cui manutenzione dipende dal capo dell'azienda (lo Stato attraverso il MIUR e l'Ente locale)? |
Rispondi Autore: Riccardo borghetto - likes: 0 | 29/10/2019 (09:03:33) |
Fanno bene i presidi a protestare. Ricordiamo che la norma che governa la scuola, il D.lgs 382/98 cita all'art. 5 "Art. 5. Raccordo con gli enti locali 1. Il datore di lavoro, ogni qualvolta se ne presentino le esigenze, deve richiedere agli enti locali la realizzazione degli interventi a carico degli enti stessi, ai sensi dell'articolo 4, comma 12, primo periodo, del decreto legislativo n. 626; con tale richiesta si intende assolto l'obbligo di competenza del datore di lavoro medesimo, secondo quanto previsto dal secondo periodo dello stesso comma 12. 2. Nel caso in cui il datore di lavoro, sentito l'eventuale responsabile del servizio di prevenzione e di protezione, ravvisi grave ed immediato pregiudizio alla sicurezza ed alla salute dei lavoratori e degli allievi adotta, sentito lo stesso responsabile, ogni misura idonea a contenere o eliminare lo stato di pregiudizio, informandone contemporaneamente l'ente locale per gli adempimenti di obbligo. 3. L'autorità scolastica competente per territorio promuove ogni opportuna iniziativa di raccordo e di coordinamento tra le istituzioni scolastiche ed educative e gli enti locali ai fini dell'attuazione delle norme del presente decreto." E' necessaria una maggior responsabilizzazione degli Enti proprietari delle scuole in merito alla conformità e manutenzione nel tempo. I |
Rispondi Autore: Pietro Manfè - likes: 0 | 29/10/2019 (09:18:36) |
Fanno bene i Presidi a scendere in piazza, meglio se lo facessero assieme agl insegnanti, agli ATA e agli studenti che il problema è di tutti coloro i quali vanno a scuola |
Rispondi Autore: Massimo Zucchiatti - likes: 0 | 29/10/2019 (12:38:56) |
Che io ricordi la legge 23/96 (a memoria) in qualche punto dice che, il Dir.Scol. se , dopo rilevata qualche mancanza, inadeguatezza (...chiamamole così le mancanze di scale di emergenza o crepe evidenti...) e chiesti gli interventi a chi ne ha la responsab. (T.U. del 1997 n. 257 ?...sempre a memoria) e non ottenuto nulla (come sempre) , può ai sensi dell'appunto L.23/96 (dopo A/R o PEC all'ente proprietario o al proprietario privato) , disporre di far adeguare, realizzare, ecc. quanto dovuto ADDEBITANDO il costo PER LEGGE (legge 23/96) all'ente proprietario stesso. Qualcuno mi darebbe un riscontro su questa procedura che NON ho mai visto attuata ? Grazie |
Rispondi Autore: Vittorio Buscaglione - likes: 0 | 29/10/2019 (15:08:00) |
BENE SOLLEVARE IL PROBLEMA, che non è solo strutturale (quindi di competenza dell'Ente proprietario) ma è anche e molto organizzativo (definizione dei punti critici e esercizio della verifica periodica, manutenzione ordinaria, organico del personale ATA numericamente adeguato e formato, formazione degli studenti ecc.). |
Rispondi Autore: Carmelo Catanoso - likes: 0 | 29/10/2019 (19:43:23) |
De Angelis, guardi che con me sfonda una porta aperta. Il mio invito era rivolto a chi giudica senza sviluppare quel minimo di empatia organizzativa necessaria pet comprendere le reali dimensioni del problema. Nel caso in esame basterebbe domandarsi 5 volte perché è capire quale è la causa prima dell'evento. |
Rispondi Autore: Fabio Varesio - likes: 0 | 30/10/2019 (10:02:02) |
Articolo che ci fa riflettere su come stanno veramente le cose, molto spesso gli incidenti non sono prevedibili ed è evidente come sia complicato dimostrare ai magistrati che si è fatto tutto il possibile per valutare i rischi. Forse i dirigenti scolastici potrebbero cominciare a rendersi conto che orientare un po più di risorse economiche per avere degli RSPP adeguati e capaci può essere un buon inizio, invece di continuare con gare di appalto vinte da chi cala più le braghe...altro che fare sicurezza... |
Rispondi Autore: DONATO ERAMO - likes: 0 | 04/11/2019 (13:14:34) |
In un mio articolo su PUNTO SICURO concludevo: "A “livello nazionale” invece occorre una precisa volontà politica riguardante il fatto che il “proprietario” di tutte le Strutture Scolastiche di ogni ordine e grado – cioè le attuali 42.000 strutture pubbliche – sia “esclusivamente” il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) che consentirebbe, per l’interesse comune, una “centralizzazione” di tutta la materia e di conseguenza organizzare e gestire, dal centro, la “vera” sicurezza nelle scuole per sopperire alla disastrosa organizzazione degli attuali “proprietari”, come Comuni, Provincie, Regioni, Privati, Stato." |
Rispondi Autore: Arturo Micelotta - likes: 0 | 04/11/2019 (18:26:02) |
Voglio una scuola sicura o voglio esser sicuro di non esser sanzionato? Se si ritiene che sia impossibile ricoprire il ruolo di dirigente scolastico ci si dovrebbe dimettere. Tornati insegnanti si puo' liberamente vigilare su chi e' in grado di ricoprire tale ruolo. Il datore di lavoro non puo' che essere chi ha potere gestionale, se i dirigenti scolastici vogliono gestire le manutenzioni dovrebbero essere qualificati per gestire lavori pubblici. Le scuole dovrebbero essere statali anche nella proprieta'. Al dirigente con potere di spesa dovrebbe esser data autonomia nella riduzione dei rischi in funzione delle risorse assegnate ed essere giudicato esclusivamente su quello. Non ha senso che esistano a priori rischi di serie a (incendio, sismico, linee vita sui tetti) per i quali sono obbligatorie verifiche periodiche e destinazione di ridorse e rischi di serie b (controsoffitti, intonaci, perdite d'acaua). Rischiare la vita per garantire un servizio pubblico essenziale non dovrebbe essere equiparato a rischiare la vita per profitto. Bisognerebbe avere chiare quali siano le risorse disponibile per raggiungere un livello di rischio accettabile e, una volta ricevute le risorse disponibili, effetguare le azioni che minimizzano il rischio. Se le risorse disponibili non sono considerate accettabili si deve rinunciare a qualcosa (giochi gite, lim, spettacoli) o aumentare le tasse. |
Rispondi Autore: avv. Rolando Dubini - likes: 0 | 20/12/2019 (15:07:29) |
La normativa di riferimento vigente ha reso testo di legge una giurisprudenza che si è consolidata in gran parte dal 1994, ma anche prima. Il diritto penale è una forma di difesa della società da rischi di danni a persone e cose che non possono non essere posti a carico di chi ha il potere giuridico di impedire direttamente, con la sua azione, o indirettamente, con la sua segnalazione, eventi lesivi della integrità psicofisica altrui, o dei beni altrui. Ho già avuto modo di scrivere in questa sede un concetto molto chiaro e giuridicamente inconfutabile, che ripropongo senza esitazioni. Lo stato di diritto poggia sulla certezza del diritto, non su interpretazioni soggettive elaborate alla bisogna. La scuola è un luogo di lavoro come un altro, e i titolari delle posizioni di garanzia non godono e non devono godere di alcuno scudo penale. In tema di prevenzione nei luoghi di lavoro, per ambiente di lavoro deve intendersi tutto il luogo o lo spazio in cui l'attività lavorativa si sviluppa ed in cui, indipendentemente dall'attualità dell'attività lavorativa, coloro che siano autorizzati ad accedervi per qualunque motivo e coloro che vi accedano per ragioni connesse all'attività lavorativa, possono recarsi o sostare anche in momenti di pausa, riposo o sospensione del lavoro. In tal senso rientra nei luoghi "di passaggio", quale parte integrante dell'ambiente di lavoro in cui devono essere operanti le misure antinfortunistiche, il locale destinato a spogliatoio del personale, potendo in esso i lavoratori dipendenti sostare per il tempo necessario a soddisfare esigenze del tutto momentanee, i corridoi, le vie di circolazione aziendale ecc.. L’ambiente di lavoro è tale non solo se vi è un attività lavorativa in atto ma anche se in quel momento il lavoratore è in pausa, riposa o vi è una sospensione del lavoro. Con la sentenza Cass. Pen., Sez. IV, 11 aprile 2016, n. 14775, la Corte di Cassazione si sofferma sulla nozione di “ambiente di lavoro”, precisando in quali casi ed a quali condizioni il lavoratore o altri terzi estranei che occasionalmente, ma causalmente, si trovi in tale ambiente, è “coperto” dalla garanzia prevista dalla disciplina prevenzionistica. La Cassazione, incanalandosi ancora una volta in un orientamento giurisprudenziale consolidato, non solo ribadisce il principio che estende la tutela prevenzionistica anche nei confronti di terzi estranei che causalmente od occasionalmente entrino in contatto con l’ambiente di lavoro, ma ha soprattutto chiarito che è “ambiente di lavoro” – e dunque ove l’infortunio ivi si verifichi, trova applicazione la normativa in tema di infortuni sul lavoro con le correlative garanzie e tutele nonché con l’aggravante specifica in materia di infortuni di cui agli artt. 589 e 590 del codice penale – non solo quel luogo in cui sia in corso di svolgimento un’attività lavorativa, ma deve intendersi come tale anche quel luogo destinato ai lavoratori dal datore di lavoro ai momenti di pausa, riposo, svago o sospensione dell’attività, o di passaggio, anche di terzi estranei, in quanto non debitamente delimitato e/o recintato dal datore di lavoro responsabile di detto ambiente |