Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Il Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bergamo svolge la sua attività di vigilanza nei luoghi di lavoro anche in relazione allo stress lavoro correlato.
Su questo tema il 9 luglio 2010 l’Asl di Bergamo ha organizzato una giornata d'informazione/formazione e ha pubblicato sul sito le slide dell’intervento dal titolo “L’attività di vigilanza dell’Asl in tema di stress lavoro-correlato” e a cura della Dott.essa Lorella Coletti.
Ricordiamo che l’intervento si è tenuto prima dell’approvazione definitiva del maxiemendamento che ha differito, anche per i datori di lavoro del settore privato, il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, al 31 dicembre 2010.
L’intervento della Dott.ssa Lorella Coletti, dopo alcuni richiami normativi al Decreto legislativo 81/2008 e alle modifiche operate dal decreto correttivo 106/2009, affronta alcune delle problematiche attuali sulla valutazione del rischio da stress lavoro correlato.
Infatti questo tipo di valutazione:
- “tocca il cuore dell’azienda;
- è complessa: gli strumenti sono molteplici e di uso specialistico”;
- può portare a “una valutazione costosa con procedure non scientificamente giustificate” o all’adempimento acritico delle norme “con una generica affermazione di assenza di rischio”.
Ma quali sono le premesse per una corretta valutazione?
Secondo la relatrice la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato “deve essere condotta: - nella consapevolezza che il lavoro è un determinante della salute dell’uomo;
- con riferimento esclusivo all’ambito del lavoro;
- senza ulteriore stress per organizzazione e lavoratori;
- senza ricercare responsabilità né soggetti ‘stressati’;
- con strumenti giustificati dal punto di vista scientifico, facili da applicare ed economici”.
L’intervento vuole dunque fornire indicazioni sulle caratteristiche che rendono una valutazione del rischio da stress lavoro-correlato “adeguata e sufficiente”.
L’intervento ricorda in particolare il Decreto della Regione Lombardia N.13559 del 10 dicembre 2009, “Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’Accordo Europeo 08.10.2004 (art.28 D.lgs. 81/08 e s.i.m.)”.
Alla luce di questo decreto, che PuntoSicuro ha ampiamente presentato nei mesi scorsi, viene individuato e proposto un “buon percorso” valutativo. Un percorso “disegnato e documentato che si sviluppa attraverso una sequenza di tappe e fasi e che può costituire il supporto alla redazione del documento di valutazione” sullo stress lavorativo.
Vediamo insieme le tappe del percorso e alcuni commenti della relatrice.
La prima tappa è relativa all’avvio del percorso.
Avvio che deve avvenire con:
- l’impegno della Direzione Aziendale (avvia e presidia il percorso, costituisce il “Gruppo di Valutazione” e si impegna a trovare risorse e soluzioni);
- la costituzione del “Gruppo di Valutazione” che ha compiti di pianificazione e gestione del percorso (è composto da datore di lavoro, RSPP, RLS, medico competente, lavoratori, consulente esterno o “altri secondo complessità aziendale”);
- l’informazione ai Lavoratori (deve essere adeguata alla realtà aziendale, chiarire obiettivi e significato della valutazione, deve esplicitare tappe, figure coinvolte e responsabilità affidate, attività previste, tempi);
- la fotografia della realtà Aziendale (deve comprendere l’anagrafica, l’organigramma strutturale e funzionale, i flussi comunicativi e relazionali, gli orari di lavoro e turni, la tipologia di contratti, informazioni sull’ambiente fisico e sulle risorse tecnologiche, informazioni sulla gestione della sicurezza, …).
La seconda tappa è relativa all’indagine sui dati verificabili e comprende due diverse fasi.
A sua volta la prima fase, la fase A, si suddivide in:
- Fase A1, la fase della valutazione oggettiva o documentale con “ricognizione di informazioni amministrative già disponibili in azienda (indicatori di sintomi aziendali)”. Nelle slide è presente un elenco/modulo relativo a tali sintomi (indici infortunistici, assenteismo, ferie non godute, trasferimenti, …);
- Fase A2, la fase della valutazione intersoggettiva o partecipativa con raccolta delle “informazioni sull’organizzazione aziendale (carenze gestionali e/o organizzative ricavabili mediante focus group, con interviste da parte un ‘esperto’ oppure attraverso check list autocompilata). Anche in questo caso nel documento che presentiamo - e che vi invitiamo a leggere - è proposta una tabella con esemplificazioni delle condizioni di rischio in relazione al contesto e al contenuto del lavoro. Ad esempio la scarsa possibilità di comunicazione, la mancata definizione degli obiettivi aziendali, le ambiguità dei ruoli, la partecipazione ridotta ai processi decisionali, la monotonia del lavoro, il carico di lavoro eccessivo,….
La seconda fase corrisponde alla stima del rischio. In questa fase è necessario combinare i dati “ricavandone una stratificazione del rischio, che sarà la base per le successive azioni”.
Una volta individuato il livello di rischio si passa alla terza tappa: l’analisi del livello di rischio a cura del gruppo di valutazione. Ad esempio si può avere:
- rischio basso (“l’analisi degli indicatori non evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro”): in questo caso “monitorare e ripetere la valutazione dopo 2 anni”;
- rischio medio (“l’analisi degli indicatori evidenzia condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro”): in questo caso “individuare indicatori ‘critici’ e intraprendere azioni di miglioramento ‘mirate’. Ripetere la valutazione dopo 1 anno.”;
- rischio alto (“l’analisi degli indicatori evidenzia condizioni organizzative con sicura presenza di stress correlato al lavoro”): “necessario approfondimento con valutazione soggettiva”.
La quarta tappa è relativa alla eventuale valutazione soggettiva che “indaga con strumenti specialistici la percezione dell’organizzazione e lo stato di benessere/malessere del lavoratore in relazione all’organizzazione” e “serve a precisare la natura del rischio allo scopo di definire le azioni correttive”. Questa valutazione integra quella oggettiva e intersoggettiva e si svolge:
- “quando il livello di rischio stimato è alto;
- quando un intervento di miglioramento su un rischio medio non ha avuto effetto;
- in presenza di conflitti/lamentele scritte (es.:contenziosi giudiziari in corso);
- quando il numero dei lavoratori è sufficiente per un’elaborazione statistica”.
La valutazione soggettiva “richiede un’equipe di lavoro e personale specializzato” e utilizza un questionario che “deve essere adatto ad investigare l’organizzazione, valido e attendibile, testato su campione italiano, coerente con il modello di stress condiviso”.
Inoltre nel “buon percorso” la valutazione soggettiva:
- “prevede di censurare l’uso di test clinici di personalità, MMPI, Rorschach;
- richiede di organizzare minuziosamente la somministrazione, la raccolta, l’elaborazione dei dati e il feedback”. Nel documento sono indicati i principali strumenti di indagine soggettiva citati dalla letteratura internazionale.
Infine le ultime due tappe.
La quinta tappa è relativa al piano di miglioramento con “individuazione delle priorità, definizione degli interventi, attribuzione delle responsabilità e tempistica, attuazione degli interventi, verifica di efficacia”.
La sesta tappa è la redazione vera e propria del documento di valutazione.
Il documento dovrà contenere almeno la descrizione percorso effettuato, l’esito delle varie tappe e la periodicità della verifica successiva.
Asl di Bergamo, “L’attività di vigilanza dell’Asl in tema di stress lavoro-correlato”, intervento della Dott.ssa Lorella Coletti del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Asl di Bergamo (formato PDF, 186 kB).
Tiziano Menduto
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Sei tappe per un “buon percorso” di valutazione del rischio stress
Pubblcità
Il Servizio di Prevenzione e Sicurezza degli Ambienti di Lavoro (SPSAL) dell’Azienda Sanitaria Locale della Provincia di Bergamo svolge la sua attività di vigilanza nei luoghi di lavoro anche in relazione allo stress lavoro correlato.
Su questo tema il 9 luglio 2010 l’Asl di Bergamo ha organizzato una giornata d'informazione/formazione e ha pubblicato sul sito le slide dell’intervento dal titolo “L’attività di vigilanza dell’Asl in tema di stress lavoro-correlato” e a cura della Dott.essa Lorella Coletti.
Ricordiamo che l’intervento si è tenuto prima dell’approvazione definitiva del maxiemendamento che ha differito, anche per i datori di lavoro del settore privato, il termine di applicazione delle disposizioni di cui agli articoli 28 e 29 del Decreto Legislativo 9 aprile 2008 n. 81, in materia di rischio da stress lavoro-correlato, al 31 dicembre 2010.
L’intervento della Dott.ssa Lorella Coletti, dopo alcuni richiami normativi al Decreto legislativo 81/2008 e alle modifiche operate dal decreto correttivo 106/2009, affronta alcune delle problematiche attuali sulla valutazione del rischio da stress lavoro correlato.
Infatti questo tipo di valutazione:
- “tocca il cuore dell’azienda;
- è complessa: gli strumenti sono molteplici e di uso specialistico”;
- può portare a “una valutazione costosa con procedure non scientificamente giustificate” o all’adempimento acritico delle norme “con una generica affermazione di assenza di rischio”.
Ma quali sono le premesse per una corretta valutazione?
Secondo la relatrice la valutazione del rischio da stress lavoro-correlato “deve essere condotta: - nella consapevolezza che il lavoro è un determinante della salute dell’uomo;
- con riferimento esclusivo all’ambito del lavoro;
- senza ulteriore stress per organizzazione e lavoratori;
- senza ricercare responsabilità né soggetti ‘stressati’;
- con strumenti giustificati dal punto di vista scientifico, facili da applicare ed economici”.
L’intervento vuole dunque fornire indicazioni sulle caratteristiche che rendono una valutazione del rischio da stress lavoro-correlato “adeguata e sufficiente”.
L’intervento ricorda in particolare il Decreto della Regione Lombardia N.13559 del 10 dicembre 2009, “Indirizzi generali per la valutazione e gestione del rischio stress lavorativo alla luce dell’Accordo Europeo 08.10.2004 (art.28 D.lgs. 81/08 e s.i.m.)”.
Alla luce di questo decreto, che PuntoSicuro ha ampiamente presentato nei mesi scorsi, viene individuato e proposto un “buon percorso” valutativo. Un percorso “disegnato e documentato che si sviluppa attraverso una sequenza di tappe e fasi e che può costituire il supporto alla redazione del documento di valutazione” sullo stress lavorativo.
Vediamo insieme le tappe del percorso e alcuni commenti della relatrice.
La prima tappa è relativa all’avvio del percorso.
Avvio che deve avvenire con:
- l’impegno della Direzione Aziendale (avvia e presidia il percorso, costituisce il “Gruppo di Valutazione” e si impegna a trovare risorse e soluzioni);
- la costituzione del “Gruppo di Valutazione” che ha compiti di pianificazione e gestione del percorso (è composto da datore di lavoro, RSPP, RLS, medico competente, lavoratori, consulente esterno o “altri secondo complessità aziendale”);
- l’informazione ai Lavoratori (deve essere adeguata alla realtà aziendale, chiarire obiettivi e significato della valutazione, deve esplicitare tappe, figure coinvolte e responsabilità affidate, attività previste, tempi);
- la fotografia della realtà Aziendale (deve comprendere l’anagrafica, l’organigramma strutturale e funzionale, i flussi comunicativi e relazionali, gli orari di lavoro e turni, la tipologia di contratti, informazioni sull’ambiente fisico e sulle risorse tecnologiche, informazioni sulla gestione della sicurezza, …).
La seconda tappa è relativa all’indagine sui dati verificabili e comprende due diverse fasi.
A sua volta la prima fase, la fase A, si suddivide in:
- Fase A1, la fase della valutazione oggettiva o documentale con “ricognizione di informazioni amministrative già disponibili in azienda (indicatori di sintomi aziendali)”. Nelle slide è presente un elenco/modulo relativo a tali sintomi (indici infortunistici, assenteismo, ferie non godute, trasferimenti, …);
- Fase A2, la fase della valutazione intersoggettiva o partecipativa con raccolta delle “informazioni sull’organizzazione aziendale (carenze gestionali e/o organizzative ricavabili mediante focus group, con interviste da parte un ‘esperto’ oppure attraverso check list autocompilata). Anche in questo caso nel documento che presentiamo - e che vi invitiamo a leggere - è proposta una tabella con esemplificazioni delle condizioni di rischio in relazione al contesto e al contenuto del lavoro. Ad esempio la scarsa possibilità di comunicazione, la mancata definizione degli obiettivi aziendali, le ambiguità dei ruoli, la partecipazione ridotta ai processi decisionali, la monotonia del lavoro, il carico di lavoro eccessivo,….
La seconda fase corrisponde alla stima del rischio. In questa fase è necessario combinare i dati “ricavandone una stratificazione del rischio, che sarà la base per le successive azioni”.
Una volta individuato il livello di rischio si passa alla terza tappa: l’analisi del livello di rischio a cura del gruppo di valutazione. Ad esempio si può avere:
- rischio basso (“l’analisi degli indicatori non evidenzia particolari condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro”): in questo caso “monitorare e ripetere la valutazione dopo 2 anni”;
- rischio medio (“l’analisi degli indicatori evidenzia condizioni organizzative che possono determinare la presenza di stress correlato al lavoro”): in questo caso “individuare indicatori ‘critici’ e intraprendere azioni di miglioramento ‘mirate’. Ripetere la valutazione dopo 1 anno.”;
- rischio alto (“l’analisi degli indicatori evidenzia condizioni organizzative con sicura presenza di stress correlato al lavoro”): “necessario approfondimento con valutazione soggettiva”.
La quarta tappa è relativa alla eventuale valutazione soggettiva che “indaga con strumenti specialistici la percezione dell’organizzazione e lo stato di benessere/malessere del lavoratore in relazione all’organizzazione” e “serve a precisare la natura del rischio allo scopo di definire le azioni correttive”. Questa valutazione integra quella oggettiva e intersoggettiva e si svolge:
- “quando il livello di rischio stimato è alto;
- quando un intervento di miglioramento su un rischio medio non ha avuto effetto;
- in presenza di conflitti/lamentele scritte (es.:contenziosi giudiziari in corso);
- quando il numero dei lavoratori è sufficiente per un’elaborazione statistica”.
La valutazione soggettiva “richiede un’equipe di lavoro e personale specializzato” e utilizza un questionario che “deve essere adatto ad investigare l’organizzazione, valido e attendibile, testato su campione italiano, coerente con il modello di stress condiviso”.
Inoltre nel “buon percorso” la valutazione soggettiva:
- “prevede di censurare l’uso di test clinici di personalità, MMPI, Rorschach;
- richiede di organizzare minuziosamente la somministrazione, la raccolta, l’elaborazione dei dati e il feedback”. Nel documento sono indicati i principali strumenti di indagine soggettiva citati dalla letteratura internazionale.
Infine le ultime due tappe.
La quinta tappa è relativa al piano di miglioramento con “individuazione delle priorità, definizione degli interventi, attribuzione delle responsabilità e tempistica, attuazione degli interventi, verifica di efficacia”.
La sesta tappa è la redazione vera e propria del documento di valutazione.
Il documento dovrà contenere almeno la descrizione percorso effettuato, l’esito delle varie tappe e la periodicità della verifica successiva.
Asl di Bergamo, “L’attività di vigilanza dell’Asl in tema di stress lavoro-correlato”, intervento della Dott.ssa Lorella Coletti del Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell’Asl di Bergamo (formato PDF, 186 kB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.