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Ancora un infortunio mortale plurimo in una cisterna
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Ancora morti sul lavoro durante dei lavori di manutenzione in una cisterna: 3 operai sono morti nella raffineria di petrolio Saras di Sarroch in provincia di Cagliari: dipendenti di una società esterna di manutenzione stavano pulendo un serbatoio dell'impianto di desolforazione.
L’intervento faceva parte di una serie di operazioni di manutenzione programmata in corso nello stabilimento. La squadra era impegnata nei lavori presso l'impianto Mildhydrocracking 1 di desolforazione: una cisterna che può contenere fino a 100.000 litri di gasolio. Le procedure per questo tipo di intervento prevedono che solo una parte degli operai addetti all’operazione entri nella cisterna, proprio per garantire il soccorso nel caso di pericolo.
Secondo le prime ricostruzioni dell'incidente, fornita dai colleghi delle vittime, invece, quando un operaio ha iniziato a sentirsi male, il collega che ne controllava l’operato dall’esterno ha provato ad estrarlo tirando la corda con cui era legato ma non ci è riuscito. A quel punto altri due operai, uno di seguito all’altro sono entrati nel serbatoio, ma non sono riusciti ne a portare soccorso ne a salvarsi, rimanendo anch'essi vittime delle esalazioni o dalla mancanza di ossigeno.
Non è ancora chiaro quale tipo di dispositivi di protezione indossassero gli operi coinvolti e neppure è chiaro quale sia stata la causa dell’intossicazione: non è quindi possibile ipotizzare quali errori siano stati commessi nelle varie procedure. Certo è che gli errori ci sono stati: sia in fase preventiva in quanto il serbatoio non era stato probabilmente sufficientemente reso sicuro o le autorizzazioni per l’accesso non erano state comunicate o recepite correttamente, sia in fase di svolgimento delle operazioni di manutenzione: è stata fatta una verifica delle condizioni dell’atmosfera presente nel serbatoio prima che qualcuno si introducesse? Secondo alcune indicazioni la cisterna era stata bonificata con azoto in precedenza, quindi la presenza del gas in grandi quantità potrebbe aver causato la riduzione dell’ossigeno presente non garantendone quindi più una sufficiente presenza.
Infine ci sono stati sicuramente degli errori nelle procedure di soccorso: certo non è una decisione facile scegliere come comportarsi di fronte ad un compagno di lavoro che sta morendo, ma la decisione non deve mai essere il risultato di ragionamenti personali o di decisioni improvvisate: è necessaria una formazione specifica e un addestramento completo che porti il personale addetto a queste operazioni a rischio a comportarsi esclusivamente secondo procedure sicure e sperimentate che non espongano a rischi ulteriori.
A questo proposito segnaliamo il “Manuale delle metodiche di soccorso sanitario in ambienti confinati” realizzato dal Gecav (Gestione Emergenza Cantieri Alta Velocità e Variante di Valico), nell’Appennino Tosco Emiliano.
Purtroppo la storia recente è piena di episodi analoghi in cui la voglia di soccorrere si tramuta invece in un aggravarsi della situazione. Ricordiamo i cinque operai morti per le esalazioni durante dei lavori di manutenzione di un depuratore a Mineo, in Sicilia.
Oppure i 5 operai morti nel Truck center di Molfetta, società a gestione familiare specializzata in lavaggi di camion, il 3 marzo 2008, durante la pulizia di una cisterna vuota utilizzata per trasportare zolfo.
Secondo i dati Inail diffusi dopo l’incidente di ieri, negli ultimi due anni ci sono stati 18 morti durante lavorazioni in cisterne o silos.
20 gennaio 2008 - Un operaio muore a Castel Bolognese (Ravenna) precipitando in un silo di stoccaggio di prodotti per la lavorazione della ceramica mentre ne puliva l'imboccatura.
18 gennaio 2008 - Due operai addetti ai lavori di pulizia della stiva di una nave a Porto Marghera (Venezia) muoiono asfissiati dalle esalazioni di gas.
12 ottobre 2007 - Un operaio muore in una cartiera di Varazze (Savona), precipitando in una cisterna contenente acqua e solvente, durante operazioni di manutenzione.
13 agosto 2007 - Un operaio muore dopo essere caduto in una cisterna di lavorazione del vino in un'azienda vinicola di Dozza Imolese (Bologna).
2 aprile 2007 - Un operaio muore per asfissia in un cantiere edile di Noicattaro (Bari), dopo essere caduto in una cisterna colma di sabbia.
16 marzo 2007 - Due lavoratori muoiono a Cogollo di Tregnago (Verona), uccisi dalle esalazioni provenienti dalla cisterna in cui si erano calati per eseguire lavori di manutenzione.
8 gennaio 2007 - Due operai muoiono a Pegognaga (Mantova) dopo una caduta nell'imbuto di un silo di una azienda agricola, durante operazioni di pulizia.
8 settembre 2006 - Un agricoltore muore a Villachiara (Brescia) dopo essere precipitato all'interno di un silo, stordito dalle esalazioni prodotte dal foraggio.
18 agosto 2006 - Due operai muoiono cadendo in una cisterna, storditi dalle esalazioni in uno stabilimento oleario di Monopoli (Bari).
L’infortunio mortale alla raffineria Saras potrebbe essere stato anche il frutto di una situazione critica per la sicurezza presente nello stabilimento già da tempo: l’accusa arriva da un film-documentario presentato nel gennaio scorso, "Oil", del regista Massimiliano Mazzotta, in cui si denunciavano anche rischi connessi al ricorso a ditte esterne. "Vanno al ribasso", raccontava un operaio, "la manodopera costa meno, turni massacranti e la sicurezza... ciao".
La Saras, dal canto suo, che ha sempre assicurato di rispettare al massimo le norme di sicurezza nello stabilimento, presentò ricorso per chiedere il sequestro del film al fine di verificare se danneggiasse l'immagine della raffineria. A fine mese è stata fissata l'udienza in tribunale a Cagliari, davanti al giudice civile, sul ricorso per il sequestro.
Il procuratore capo di Cagliari, Mauro Mura, non ha confermato l'apertura di un'inchiesta giudiziaria, scrive La Nuova Sardegna, che però dà per certa l'apertura di un fascicolo. Il procuratore, aggiunge il giornale sardo, avrebbe visto il lungometraggio di Mazzotta in una delle proiezioni pubbliche e avrebbe subito incaricato due sostituti: «Dovranno - si legge - valutare se gli elementi di informazione contenuti nel film siano fondati e se possano emergere ipotesi di reato».
Pietro de’ Castiglioni
Il film-documentario "Oil" del regista Massimiliano Mazzotta (dal sito del quotidiano "la Repubblica").
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Rispondi Autore: Avv. R.Dubini - likes: 0 | 03/06/2009 (18:08) |
Uno strumento prezioso di prevenzione, come il testo Unico di Sicurezza del lavoro, il D.Lgs. n. 81/2008, prevede una misura molto chiara di prevenzione sanzionata penalmente, che le evidenze fin'ora documentate dimostrano essere stata del tutto trascurata nel caso della strage alla raffineria Saras, e dunque violata. Art. 66. Lavori in ambienti sospetti di inquinamento 1. E' vietato consentire l'accesso dei lavoratori in pozzi neri, fogne, camini, fosse, gallerie e in generale in ambienti e recipienti, condutture, caldaie e simili, ove sia possibile il rilascio di gas deleteri, senza che sia stata previamente accertata l'assenza di pericolo per la vita e l'integrita' fisica dei lavoratori medesimi, ovvero senza previo risanamento dell'atmosfera mediante ventilazione o altri mezzi idonei. Quando possa esservi dubbio sulla pericolosita' dell'atmosfera, i lavoratori devono essere legati con cintura di sicurezza, vigilati per tutta la durata del lavoro e, ove occorra, forniti di apparecchi di protezione. L'apertura di accesso a detti luoghi deve avere dimensioni tali da poter consentire l'agevole recupero di un lavoratore privo di sensi. Art. 68. Sanzioni per il datore di lavoro 1. Il datore di lavoro e' punito: a) con l'arresto da sei a dodici mesi o con l'ammenda da 4.000 a 16.000 euro per la violazione dell'articolo 66; Segnalo altresì che il per me famigerato decreto correttivo Sacconi vuole ridurre drasticamente e scandalosamente le sanzioni per la violazione, gravissima, di un articolo importante com'è il 66 prevedendo quanto segue: Art. 40 1. L’articolo 68 del decreto è sostituito dal seguente: “Art. 68 - Sanzioni per il datore di lavoro 1. Il datore di lavoro è punito: a)con l’arresto da tre a sei mesi o con l’ammenda da 2.500 a 6.400 euro per la violazione dell’articolo 66; Rolando Dubini, avvocato in Milano |
Rispondi Autore: NADIA TEGACCIA - likes: 0 | 04/06/2009 (11:00) |
Credo sia più efficace stabilire che in caso di infortunio, A MAGGIOR RAGIONE SE MORTALE, sia imputabile solo ed unicamente la premeditazione da parte del D.L. su un reato doloso. |
Rispondi Autore: Ignazio Cavalluzzi - likes: 0 | 04/06/2009 (13:37) |
Quando si opera nelle cisterne, serbatoi e in ambienti in cui si sa già in anticipo della possibilità di carenza di ossigeno o di esalazioni pericolose, l'accesso deve avvenire solo indossando l'autorespiratore e con un ancoraggio ad un sistema di recupero in caso di malori, sempre assistiti da personale esterno che può osservare le operazioni in corso. Gli addetti devono essere formati ed addestrati per la corretta gestione delle situazioni d'emergenza. Se in tutti i casi succitati fossero stati applicati questi criteri, le conseguenze sarebbero state diverse, infatti, l'art. 66 del D.Lgs. 81/08 dice in sostanza proprio questo. Concordo con l'Avv. Dubini che ridurre le sanzioni per chi è responsabile dell'attuazione di queste misure sia un controsenso, però mi sorge il dubbio circa il fatto che i lavoratori si espongano volontariamente a tali rischi mortali; quindi devo dedurre che la carenza di informazione, formazione e addestramento sia la chiave di lettura su cui riflettere per il futuro, nonchè eliminare la devastante prassi del massimo ribasso per l'asegnazione dei lavori e introdurre un concetto del miglior prezzo congruo rispetto ai prezzari ufficiali, ciòè compatibile con i costi ragionevolmente sostenibili per intraprendere l'attività richiesta dalla gara d'appalto |