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Ai fini della applicazione negli “appalti interni” delle norme di sicurezza sul lavoro non può considerarsi specifico il rischio di tipo generico e riconoscibile facilmente da chiunque indipendentemente dal possesso di particolari competenze.
Corte di Cassazione, Sezione IV - Sentenza n. 36857 del 22 settembre 2009 (U. P. 23/4/2009) - Pres. Campanato – Est. Izzo – P.M. (Conf.) Di Popolo - Ric. L. C., E. P., P. M.
Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it)
Utili indicazioni con questa sentenza vengono fornite dalla Corte di Cassazione penale in merito alla applicazione dell’art. 26 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. contenente gli obblighi, per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, connessi ai contratti di appalto o d’opera o di amministrazione e nei cosiddetti “appalti interni” cioè in quegli appalti da svolgere all’interno della propria azienda, o di una singola sua unità produttiva oppure nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, sempre che si abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto medesimo o la prestazione del lavoratore autonomo, così come è stato precisato con il D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 correttivo del D. Lgs. n. 81/2008.
Sostiene la Suprema Corte in questa sentenza che ai fini della valutazione dei rischi interferenziali e della redazione del relativo documento di cui all’art. 26 comma 3 (DUVRI) si deve intendere quale rischio specifico quello non generico ed avvertibile da chiunque ma quello legato a procedure ed attività lavorative richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale o all’utilizzazione di specifiche tecniche o all’uso di determinate macchine. Non può quindi ad esempio considerarsi come rischio specifico il sostare nelle vicinanze della zona di azione di una macchina operatrice.
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Appalti interni: cooperazione, coordinamento e redazione nel DUVRI
Ai fini della applicazione negli “appalti interni” delle norme di sicurezza sul lavoro non può considerarsi specifico il rischio di tipo generico e riconoscibile facilmente da chiunque indipendentemente dal possesso di particolari competenze.
Corte di Cassazione, Sezione IV - Sentenza n. 36857 del 22 settembre 2009 (U. P. 23/4/2009) - Pres. Campanato – Est. Izzo – P.M. (Conf.) Di Popolo - Ric. L. C., E. P., P. M.
Commento a cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it)
Utili indicazioni con questa sentenza vengono fornite dalla Corte di Cassazione penale in merito alla applicazione dell’art. 26 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. contenente gli obblighi, per quanto riguarda la sicurezza sul lavoro, connessi ai contratti di appalto o d’opera o di amministrazione e nei cosiddetti “appalti interni” cioè in quegli appalti da svolgere all’interno della propria azienda, o di una singola sua unità produttiva oppure nell’ambito dell’intero ciclo produttivo, sempre che si abbia la disponibilità giuridica dei luoghi in cui si svolge l’appalto medesimo o la prestazione del lavoratore autonomo, così come è stato precisato con il D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 correttivo del D. Lgs. n. 81/2008.
Sostiene la Suprema Corte in questa sentenza che ai fini della valutazione dei rischi interferenziali e della redazione del relativo documento di cui all’art. 26 comma 3 (DUVRI) si deve intendere quale rischio specifico quello non generico ed avvertibile da chiunque ma quello legato a procedure ed attività lavorative richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale o all’utilizzazione di specifiche tecniche o all’uso di determinate macchine. Non può quindi ad esempio considerarsi come rischio specifico il sostare nelle vicinanze della zona di azione di una macchina operatrice.
Il caso. Un committente aveva stipulato un contratto di appalto per dei lavori di controllo di alcune piattaforme galleggianti con una società che a sua volta aveva stipulato con altra società un contratto di utilizzo di una motonave che serviva di appoggio per i sommozzatori.
Durante i lavori affidati in appalto, una sommozzatrice, dipendente della ditta appaltatrice, che stava operando in acqua veniva investita dall’elica in moto della motonave e subiva gravi lesioni che le procuravano la morte. Sulla base delle indagini svolte dalla Capitaneria di Porto e dalla ASL competente, il G.U.P. escludeva per i fatti accaduti la responsabilità della committente e per lei del suo rappresentante legale in quanto questa aveva scelto di affidare i lavori in appalto ad un'azienda specializzata e già operativa nel settore da molti anni oltre per il fatto che dal piano di sicurezza della ditta appaltatrice risultava espressamente vietato effettuare operazioni subacquee con motori della nave appoggio in movimento o semplicemente accesi e per il fatto che la committente stessa non aveva svolto alcuna azione di ingerenza nell'attività della azienda appaltatrice e, pertanto, non poteva assumere la responsabilità per i fatti in danno dei dipendenti della stessa.
Il ricorso. Avverso la sentenza di assoluzione della committente ha proposto ricorso il difensore delle parti civili chiedendo il suo annullamento. Questi sosteneva che il GUP non aveva considerato i rilievi di colpa specifica della committente non avendo la stessa promossa la cooperazione ed il coordinamento tra le società operanti con reciproca interferenza e non avendo tenuto conto che l'incidente si era verificato proprio per l'esecuzione contemporanea dell’attività della ditta appaltatrice, da cui dipendeva l’infortunata, con quella della proprietaria ed armatrice della motonave.
Le parti civili facevano osservare, altresì, che sulla nave al momento del fatto era anche presente una persona che operava per conto della committente e che aveva esonerato per iscritto il caposquadra della ditta appaltatrice da ogni responsabilità di sicurezza e dall’obbligo di sorveglianza.
Le decisioni. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso presentato e lo ha rigettato. Nel far ciò la stessa ha ricordato che nel caso in cui un imprenditore affidi dei lavori in appalto presso la sua azienda od unità produttiva è tenuto a promuovere la cooperazione ed il coordinamento tra le imprese, ad informare i lavoratori sui rischi dell'ambiente di lavoro; nonché, al fine di prevenire ed eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, a redigere un documento di valutazione dei rischi interferenziali da allegare al contratto di appalto.
La Sez. IV ha precisato, inoltre, che, sebbene all'adempimento dei compiti di coordinamento siano tenuti tutti i datori di lavoro, l’articolo 7 del D. Lgs. n. 626/1994 (vigente all'epoca dei fatti ed ora sostituito dall’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008) pone comunque a carico del datore di lavoro committente l'obbligo di "promuovere" tale attività di cooperazione e coordinamento ed inoltre esclude esplicitamente che le disposizioni predette si applichino in relazione ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Ciò premesso la Corte di Cassazione, pur prendendo atto che nel caso in esame vi erano rischi di incidenti determinati dalla contemporanea interferenza tra l'attività di più imprese e che tale presenza imponeva al committente la promozione del coordinamento tra le varie attività di lavoro per garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati e che peraltro il rischio da prevenire, nel caso dell'incidente occorso, era costituito dalla possibile interferenza della attività della motonave e quella dei sommozzatori, rischio questo assolutamente prevedibile in quanto tutti (mezzi e sommozzatori) operavano nello stesso specchio d'acqua, ha però osservato che, all'epoca dei fatti, l’articolo 7 del D. Lgs. n. 626/1994 non indicava le modalità con cui promuovere detta cooperazione, modalità che sono state poi previste dalla legge n. 123 del 2007 con la redazione di un unico documento di valutazione dei rischi da allegare al contratto di appalto.
La Suprema Corte ha preso atto, altresì, della presenza di un manuale di sicurezza adottato dalla ditta appaltatrice in cui tra l'altro veniva vietato esplicitamente di effettuare operazioni subacquee con la nave appoggio in movimento o con il motore acceso e veniva imposta idonea segnalazione sulle leve degli interruttori di bordo, nonché l'effettuazione di briefing prima delle immersioni.
In ogni caso, ha proseguito la Sez. IV, anche se il committente avesse promosso un'ulteriore attività di coordinamento e redatto un autonomo documento di valutazione dei rischi, l'evento si sarebbe egualmente verificato, in quanto il rischio concretamente realizzatosi non era prevedibile.
In merito, infine, al rischio specifico citato dal legislatore nel comma 3 dello stesso articolo 26 con riferimento alla valutazione dei rischi interferenziali ed alla redazione del documento di valutazione dei rischi interferenziali (DUVRI), la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare cosa debba intendersi per "rischio specifico", affermando che "L'esenzione del datore di lavoro committente, ai sensi del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 7, comma 3, seconda parte, dall'obbligo di cooperazione e di coordinamento con l'appaltatore per l'attuazione delle misure di prevenzione dei rischi di infortunio sul lavoro, quando trattasi dei”‘rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”, opera esclusivamente con riguardo alle precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale - generalmente mancante in chi opera in settori diversi - nella conoscenza delle procedure da adottarsi nelle singole lavorazioni o nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine. Non può quindi considerarsi come rischio specifico, ai fini dell'applicabilità della suddetta norma, quello che debba essere fronteggiato con l'impedire lo stazionamento di persone nel raggio di azione di una macchina potenzialmente pericolosa essendo tale pericolo riconoscibile da chiunque, indipendentemente dalla sue specifiche competenze"
Corte di Cassazione, Sezione IV - Sentenza n. 36857 del 22 settembre 2009 (U. P. 23/4/2009) - Pres. Campanato – Est. Izzo – P.M. (Conf.) Di Popolo - Ric. L. C., E. P., P. M. Sulla cooperazione, sul coordinamento e la redazione del DUVRI negli appalti interni. Ai fini della applicazione negli “appalti interni” delle norme di sicurezza sul lavoro non può considerarsi specifico il rischio di tipo generico e riconoscibile facilmente da chiunque indipendentemente dal possesso di particolari competenze.
Durante i lavori affidati in appalto, una sommozzatrice, dipendente della ditta appaltatrice, che stava operando in acqua veniva investita dall’elica in moto della motonave e subiva gravi lesioni che le procuravano la morte. Sulla base delle indagini svolte dalla Capitaneria di Porto e dalla ASL competente, il G.U.P. escludeva per i fatti accaduti la responsabilità della committente e per lei del suo rappresentante legale in quanto questa aveva scelto di affidare i lavori in appalto ad un'azienda specializzata e già operativa nel settore da molti anni oltre per il fatto che dal piano di sicurezza della ditta appaltatrice risultava espressamente vietato effettuare operazioni subacquee con motori della nave appoggio in movimento o semplicemente accesi e per il fatto che la committente stessa non aveva svolto alcuna azione di ingerenza nell'attività della azienda appaltatrice e, pertanto, non poteva assumere la responsabilità per i fatti in danno dei dipendenti della stessa.
Il ricorso. Avverso la sentenza di assoluzione della committente ha proposto ricorso il difensore delle parti civili chiedendo il suo annullamento. Questi sosteneva che il GUP non aveva considerato i rilievi di colpa specifica della committente non avendo la stessa promossa la cooperazione ed il coordinamento tra le società operanti con reciproca interferenza e non avendo tenuto conto che l'incidente si era verificato proprio per l'esecuzione contemporanea dell’attività della ditta appaltatrice, da cui dipendeva l’infortunata, con quella della proprietaria ed armatrice della motonave.
Le parti civili facevano osservare, altresì, che sulla nave al momento del fatto era anche presente una persona che operava per conto della committente e che aveva esonerato per iscritto il caposquadra della ditta appaltatrice da ogni responsabilità di sicurezza e dall’obbligo di sorveglianza.
Le decisioni. La Corte di Cassazione ha ritenuto infondato il ricorso presentato e lo ha rigettato. Nel far ciò la stessa ha ricordato che nel caso in cui un imprenditore affidi dei lavori in appalto presso la sua azienda od unità produttiva è tenuto a promuovere la cooperazione ed il coordinamento tra le imprese, ad informare i lavoratori sui rischi dell'ambiente di lavoro; nonché, al fine di prevenire ed eliminare rischi dovuti alle interferenze tra i lavori delle diverse imprese coinvolte nell'esecuzione dell'opera complessiva, a redigere un documento di valutazione dei rischi interferenziali da allegare al contratto di appalto.
La Sez. IV ha precisato, inoltre, che, sebbene all'adempimento dei compiti di coordinamento siano tenuti tutti i datori di lavoro, l’articolo 7 del D. Lgs. n. 626/1994 (vigente all'epoca dei fatti ed ora sostituito dall’art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008) pone comunque a carico del datore di lavoro committente l'obbligo di "promuovere" tale attività di cooperazione e coordinamento ed inoltre esclude esplicitamente che le disposizioni predette si applichino in relazione ai rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi.
Ciò premesso la Corte di Cassazione, pur prendendo atto che nel caso in esame vi erano rischi di incidenti determinati dalla contemporanea interferenza tra l'attività di più imprese e che tale presenza imponeva al committente la promozione del coordinamento tra le varie attività di lavoro per garantire la sicurezza dei lavoratori impegnati e che peraltro il rischio da prevenire, nel caso dell'incidente occorso, era costituito dalla possibile interferenza della attività della motonave e quella dei sommozzatori, rischio questo assolutamente prevedibile in quanto tutti (mezzi e sommozzatori) operavano nello stesso specchio d'acqua, ha però osservato che, all'epoca dei fatti, l’articolo 7 del D. Lgs. n. 626/1994 non indicava le modalità con cui promuovere detta cooperazione, modalità che sono state poi previste dalla legge n. 123 del 2007 con la redazione di un unico documento di valutazione dei rischi da allegare al contratto di appalto.
La Suprema Corte ha preso atto, altresì, della presenza di un manuale di sicurezza adottato dalla ditta appaltatrice in cui tra l'altro veniva vietato esplicitamente di effettuare operazioni subacquee con la nave appoggio in movimento o con il motore acceso e veniva imposta idonea segnalazione sulle leve degli interruttori di bordo, nonché l'effettuazione di briefing prima delle immersioni.
In ogni caso, ha proseguito la Sez. IV, anche se il committente avesse promosso un'ulteriore attività di coordinamento e redatto un autonomo documento di valutazione dei rischi, l'evento si sarebbe egualmente verificato, in quanto il rischio concretamente realizzatosi non era prevedibile.
In merito, infine, al rischio specifico citato dal legislatore nel comma 3 dello stesso articolo 26 con riferimento alla valutazione dei rischi interferenziali ed alla redazione del documento di valutazione dei rischi interferenziali (DUVRI), la Corte di Cassazione ha avuto modo di precisare cosa debba intendersi per "rischio specifico", affermando che "L'esenzione del datore di lavoro committente, ai sensi del Decreto Legislativo 19 settembre 1994, n. 626, articolo 7, comma 3, seconda parte, dall'obbligo di cooperazione e di coordinamento con l'appaltatore per l'attuazione delle misure di prevenzione dei rischi di infortunio sul lavoro, quando trattasi dei”‘rischi specifici propri dell'attività delle imprese appaltatrici o dei singoli lavoratori autonomi”, opera esclusivamente con riguardo alle precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale - generalmente mancante in chi opera in settori diversi - nella conoscenza delle procedure da adottarsi nelle singole lavorazioni o nell'utilizzazione di speciali tecniche o nell'uso di determinate macchine. Non può quindi considerarsi come rischio specifico, ai fini dell'applicabilità della suddetta norma, quello che debba essere fronteggiato con l'impedire lo stazionamento di persone nel raggio di azione di una macchina potenzialmente pericolosa essendo tale pericolo riconoscibile da chiunque, indipendentemente dalla sue specifiche competenze"
Corte di Cassazione, Sezione IV - Sentenza n. 36857 del 22 settembre 2009 (U. P. 23/4/2009) - Pres. Campanato – Est. Izzo – P.M. (Conf.) Di Popolo - Ric. L. C., E. P., P. M. Sulla cooperazione, sul coordinamento e la redazione del DUVRI negli appalti interni. Ai fini della applicazione negli “appalti interni” delle norme di sicurezza sul lavoro non può considerarsi specifico il rischio di tipo generico e riconoscibile facilmente da chiunque indipendentemente dal possesso di particolari competenze.
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