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Atmosfere esplosive: le caratteristiche delle esplosioni delle polveri
Per favorire la prevenzione degli incidenti negli ambienti di lavoro a rischio di esplosione PuntoSicuro riprende l’approfondimento di documenti, pubblicati sul sito del Gruppo di Lavoro per Ambienti a Rischio di Esplosione, che diano informazione sui rischi delle atmosfere esplosive, sulle misure di prevenzione e protezione e sulla direttiva e classificazione ATEX.
Il documento di cui ci occupiamo oggi è tratto dal seminario “La valutazione e la gestione del rischio nell’industria chimica e farmaceutica”, un seminario che si è tenuto nel 2004 e che ha fornito diversi strumenti per la valutazione e gestione dei rischi in questi due comparti industriali.
Nell’intervento “ Le esplosioni di gas, vapori e polveri”, a cura di Paolo Cardillo, si sottolinea che “gran parte degli incidenti che si verificano nell'industria chimica deriva dalla considerevole energia latente nei sistemi e nei materiali utilizzati che, in talune circostanze, può essere rilasciata in quantità tale e con velocità troppo alta per essere assorbita dall'ambiente circostante”.
Questo rilascio di energia “in un tempo relativamente breve e in uno spazio relativamente ristretto, capace di generare un'onda di pressione che si propaga nello spazio circostante”, si può definire "esplosione".
Il documento si sofferma su diversi aspetti: dall’infiammabilità di gas e vapori, al punto di infiammabilità , alle sorgenti di innesco e alla violenza delle esplosioni.
Noi ci soffermiamo brevemente sull’esplodibilità delle polveri, anche in relazione al raffronto con l’esplodibilità di gas e vapori.
L’autore ricorda che esplosioni di polveri “possono avvenire in ogni attività in cui si maneggiano materiali solidi finemente suddivisi (metalli, sostanze organiche, polimeri, resine, carboni, legno, ecc.); la polvere può essere il prodotto finale di una lavorazione o di un processo o un sottoprodotto indesiderato. Persino sostanze molto comuni come la farina di grano, la polvere di cacao, lo zucchero a velo, il tè, il caffè, quando sono trattate, sotto forma di polvere, su scala industriale in processi di macinazione, trasporto, separazione, essiccamento, presentano un pericolo d'esplosione, spesso mascherato dal loro aspetto familiare”.
Quando una polvere combustibile o ossidabile può esplodere?
Può esplodere “quando - dispersa in un'atmosfera contenente sufficiente ossigeno per sostenere la combustione - è innescata da una sorgente di accensione di appropriata energia”.
Dunque “ogni materiale solido in polvere che può bruciare in aria, può dar luogo ad un'esplosione con una violenza e con una velocità di reazione che aumentano con il grado di suddivisione del materiale”.
In realtà “le esplosioni di polveri presentano diverse analogie con le esplosioni gassose, specialmente per quanto riguarda le reazioni coinvolte e quando la polvere ha una granulometria inferiore a 5 ?m” (micrometri, milionesimi di metro).
Ma “esistono significative differenze che rendono lo studio delle polveri più difficile rispetto a quello dei gas e vapori”.
Infatti “perché avvenga un'esplosione di polvere deve essere presente un certo grado di turbolenza per disperdere la polvere in una sospensione (nube)”, invece le esplosioni gassose possono avvenire “anche con il gas in uno stato quiescente”.
Inoltre “le miscele gassose sono omogenee e consistono di particelle di dimensioni molecolari”, mentre le sospensioni di polveri in aria formano un sistema eterogeneo” e “contengono particelle di dimensioni diverse, sempre però molto più grandi e quindi più pesanti delle molecole gassose e che tendono a ridepositarsi a causa della gravità”.
Nel caso poi che “si formi una nube di polvere, a causa della diversa velocità di caduta delle particelle, in funzione delle loro dimensioni, si ottiene nella miscela polvere-aria una separazione: la composizione della miscela subisce variazioni notevoli con alterazione delle caratteristiche della miscela stessa”.
In comune “con i gas infiammabili, le polveri miscelate con l'aria esibiscono un limite inferiore e un limite superiore di infiammabilità o di esplodibilità”.
In particolare “il limite inferiore o concentrazione minima esplodibile rappresenta la più piccola quantità di una polvere sospesa in un'unità di volume di aria capace di accendersi e di propagare la fiamma”.
Con le polveri la determinazione sperimentale del limite superiore di infiammabilità “presenta notevoli difficoltà, in quanto bisogna essere certi che la nube costituente il sistema eterogeneo polvere-aria abbia concentrazione uniforme e che non si formino zone in cui la concentrazione della polvere sia inferiore a quella corrispondente al limite superiore di infiammabilità.
Poiché è estremamente raro che negli impianti e nelle attività industriali nubi di polvere possano essere mantenute in concentrazioni sopra il limite superiore di infiammabilità (e quindi al di fuori dell'intervallo pericoloso), l'interesse per questo limite è piuttosto scarso”.
Nel documento, che vi invitiamo a consultare, sono confrontati in una tabella gli intervalli di infiammabilità di alcuni gas/vapori e di alcune polveri. In particolare sono confrontati i dati di esplodibilità del metano e della polvere di polietilene: “la curva del metano mostra, ben definiti, il limite inferiore e il limite superiore; quella del polietilene mostra il limite inferiore (uguale a quello del metano) ma non il limite superiore”.
Riassumendo, “perché si propaghi un' esplosione da polvere devono essere soddisfatte le seguenti condizioni:
- la polvere deve essere combustibile;
- la polvere deve poter formare una nube in aria (sospensione);
- la polvere deve avere una distribuzione delle particelle (granulometria) capace di propagare la fiamma;
- la concentrazione della sospensione di polvere deve cadere entro l'intervallo di infiammabilità;
- deve essere presente una sorgente di energia (innesco) sufficiente per iniziare la propagazione della fiamma entro la sospensione;
- l'atmosfera entro cui è sospesa la nube deve contenere sufficiente ossigeno per sostenere la combustione”.
Mancando anche una sola di queste condizioni, l'esplosione non può avvenire e, quindi, tutte le misure di prevenzione “si basano quindi sull'eliminazione di una o più di queste condizioni”.
Il documento ricorda poi che le “reazioni esplosive polveri-aria sono influenzate da numerosi parametri. Ad esempio da:
- composizione chimica: nel documento vengono ad esempio confrontate le differenze tra il comportamento delle polveri metalliche e i composti organici;
- natura del comburente;
- dimensione delle particelle: “la reattività di un materiale in polvere differisce enormemente da quella allo stato compatto ed è funzione del suo grado di suddivisione, ossia della sua granulometria. La ragione sta nel fatto che la velocità della reazione è determinata dalla diffusione dell'ossigeno all'interno della sostanza: quanto maggiore è il grado di compattezza del solido, tanto più lenta risulterà la combustione. A parità di massa, la reattività dipende dalla superficie esposta, ovvero dall'area superficiale della particella”;
- calore di combustione (potere calorifico): quanto “maggiore è il potere calorifico di una polvere, tanto più alta sarà la temperatura raggiunta dai gas di combustione”;
- umidità: “in generale, ma non per tutte le polveri, la presenza di umidità tende a diminuire l'esplodibilità”;
- turbolenza: “la presenza di condizioni turbolente nei sistemi industriali è quasi inevitabile, soprattutto nei casi in cui si utilizza aria per il trasporto pneumatico delle polveri”;
- temperatura e pressione: ad esempio “la propagazione della fiamma accelera all'aumentare della temperatura”. Riguardo alla pressione è “stato condotto poco lavoro sperimentale sull'effetto della pressione iniziale e questo perché probabilmente la maggior parte dei processi avviene a pressione ambiente”;
- presenza di gas o polveri inerti: “una diminuzione del livello di ossigeno porterà ad una riduzione degli effetti esplosivi (in difetto di ossigeno la quantità di energia rilasciata è insufficiente a sostenere la propagazione della fiamma)”.
- presenza di gas infiammabili (miscele ibride): in diverse situazioni industriali “può accadere che una polvere combustibile sia dispersa in un'atmosfera contenente un gas o un vapore infiammabile. Tali miscele sono definite ibride e l'esplosione ha un decorso combinato (effetto sinergico), coinvolgendo gas e polvere con effetti più violenti che con il solo gas o la sola polvere”.
NB: Il documento presentato è precedente all’entrata in vigore del Decreto legislativo 81/2008, tuttavia offre utili suggerimenti per la prevenzione del rischio di esplosione.
“ Le esplosioni di gas, vapori e polveri”, a cura di Paolo Cardillo (Stazione sperimentale per i Combustibili), intervento al seminario “La valutazione e la gestione del rischio nell’industria chimica e farmaceutica” (formato PDF, 520 kB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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