Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 17581 del 7 maggio 2010 (u. p. 1/4/2010) - Pres. Campanato – Est. Blaiotta – P.M. Cedrangolo - Ric. M. A.
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
Le attuali norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che già a partire dal D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 ora abrogato e recepito nel D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, aveva modificato la formulazione contenuta nella normativa precedente, pongono in evidenza, con riferimento alla individuazione della figura del datore di lavoro, più che la titolarità del rapporto di lavoro, l’esistenza dei poteri decisionali e delle responsabilità nell’ambito dell’impresa. È ritenuta rilevante, infatti, la posizione assunta di fatto dal datore di lavoro nella organizzazione della sua azienda in quanto alla titolarità dei poteri di organizzazione e di gestione corrisponde automaticamente il dovere di garanzia nei confronti dei lavoratori e quindi il consequenziale dovere di predisporre le misure di sicurezza. Corrispondentemente, per quanto riguarda la posizione dei lavoratori, prevale più che il rapporto di subordinazione e di dipendenza da altri la loro effettiva prestazione di lavoro.
A seguito di tali considerazioni, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto applicabili nel caso in esame, riguardante una impresa familiare, le norme di tutela della salute e della sicurezza di chi presta di fatto una attività lavorativa per conto della stessa. Anche in altre occasioni, del resto, ha rammentato la Corte di Cassazione la stessa ha individuato un rapporto di lavoro di fatto anche quando il lavoro è stato svolto per mero favore (sentenze Cass. n. 2232 del 4/3/1982 e Cass. n. 3273 del 7/3/1990). Con il Testo Unico di cui al D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. altresì sono state focalizzate ora ancor meglio queste posizioni di tutela e di garanzia e nell’ambito di qualsiasi organizzazione di lavoro.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
E’ datore di lavoro il padre del figlio occasionale collaboratore
Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 17581 del 7 maggio 2010 (u. p. 1/4/2010) - Pres. Campanato – Est. Blaiotta – P.M. Cedrangolo - Ric. M. A.
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
Le attuali norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, che già a partire dal D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 ora abrogato e recepito nel D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 e s.m.i. contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, aveva modificato la formulazione contenuta nella normativa precedente, pongono in evidenza, con riferimento alla individuazione della figura del datore di lavoro, più che la titolarità del rapporto di lavoro, l’esistenza dei poteri decisionali e delle responsabilità nell’ambito dell’impresa. È ritenuta rilevante, infatti, la posizione assunta di fatto dal datore di lavoro nella organizzazione della sua azienda in quanto alla titolarità dei poteri di organizzazione e di gestione corrisponde automaticamente il dovere di garanzia nei confronti dei lavoratori e quindi il consequenziale dovere di predisporre le misure di sicurezza. Corrispondentemente, per quanto riguarda la posizione dei lavoratori, prevale più che il rapporto di subordinazione e di dipendenza da altri la loro effettiva prestazione di lavoro.
A seguito di tali considerazioni, quindi, la Suprema Corte ha ritenuto applicabili nel caso in esame, riguardante una impresa familiare, le norme di tutela della salute e della sicurezza di chi presta di fatto una attività lavorativa per conto della stessa. Anche in altre occasioni, del resto, ha rammentato la Corte di Cassazione la stessa ha individuato un rapporto di lavoro di fatto anche quando il lavoro è stato svolto per mero favore (sentenze Cass. n. 2232 del 4/3/1982 e Cass. n. 3273 del 7/3/1990). Con il Testo Unico di cui al D. Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. altresì sono state focalizzate ora ancor meglio queste posizioni di tutela e di garanzia e nell’ambito di qualsiasi organizzazione di lavoro.
Il caso ed il ricorso alla Corte di Cassazione.
All'interno di un laboratorio di panetteria il figlio del titolare dell’azienda, per togliere un residuo della lavorazione ha inserita una mano in una impastatrice ed ha subito un trauma da schiacciamento perché la stessa è stata trascinata all’interno di un rullo rotante. Al titolare è stato mosso l'addebito di aver consentito l'uso del macchinario privo di apparato di segregazione delle parti in movimento nonché di microinterruttore di sicurezza e per questo lo stesso è stato condannato dal Tribunale in ordine al reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. La pronunzia di condanna è stata confermata dalla Corte d'Appello per cui l’imputato ha fatto successivamente ricorso alla Corte di Cassazione.
Nel formulare tale ricorso il titolare della panetteria ha addotto alcune motivazioni lamentando in primis che erroneamente era stato ritenuto che la vittima prestasse attività lavorativa nel laboratorio, in quanto si trattava in realtà del proprio figlio che si trovava occasionalmente nei locali del laboratorio senza che tuttavia vi svolgesse attività lavorativa; e sostenendo che altrettanto occasionalmente lo stesso ebbe ad intervenire sulla macchina impastatrice. Secondo il ricorrente, quindi, era stato individuato un rapporto di collaborazione senza averlo in alcun modo dimostrato ed ancora non era stato considerato che la condotta della vittima era stata del tutto eccezionale ed imprevedibile e come tale aveva quindi determinato l'interruzione del nesso causale.
Le decisioni della Suprema Corte.
La Corte di Cassazione ha però ritenuto il ricorso infondato sostenendo che l'indagine compiuta dalla ASL nel laboratorio di panetteria aveva consentito di appurare che il giovane infortunato lavorava nell’azienda sia tenendo la contabilità che prestando aiuto nel laboratorio, sia pure saltuariamente, e ponendo in evidenza che “la disciplina legale e particolarmente il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 tutela la sicurezza di tutte le forme di lavoro anche quando non sussista un formale rapporto di lavoro; e quindi anche con riguardo a chi collabora saltuariamente in un'impresa familiare”. “Il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2 nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 242 del 1996”, prosegue la Sez. IV, “innovando rispetto alla formulazione originaria della norma, pone l'accento, ai fini dell'individuazione della figura del datore di lavoro, non tanto sulla titolarità del rapporto di lavoro, quanto sulla responsabilità dell'impresa, sull'esistenza di poteri decisionali. Si fa leva, quindi, precipuamente sulla situazione di fatto: alla titolarità dei poteri di organizzazione e gestione corrisponde simmetricamente il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza”.
La Suprema Corte ha posto altresì in rilievo che “tale ordine concettuale si rinviene implicitamente, nello stesso richiamato articolo 2, per ciò che riguarda la definizione della figura del lavoratore, caratterizzata, nel suo nucleo essenziale, dalla condizione di dipendenza, di subordinazione rispetto ad altri che assume su di sé la gestione della prestazione” per cui la stessa conclude, con riferimento al caso in esame, che la relazione di fatto porta alla applicabilità della disciplina sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro e che correttamente è stata ritenuta dalla Corte di Appello l'esistenza del rapporto di lavoro e dei connessi obblighi in materia antinfortunistica pur in presenza del vincolo familiare.
“Del resto”, prosegue la Sez. IV, “già nel passato questa Corte ha ripetutamente avuto occasione di focalizzare il rapporto di lavoro subordinato sulla reciproca relazione di fatto tra i soggetti che vi sono coinvolti; configurandolo anche quando il lavoro viene svolto per mero favore (Cass. 4, 4 marzo 1982, n. 2232; Cass. 4, 7 marzo 1990 n. 3273). Questa configurazione dei ruoli e delle responsabilità all'interno dell'organizzazione del lavoro si rinviene pure nel Testo Unico per la sicurezza che ha compiuto una più estesa opera definitoria, senza tuttavia modificare significativamente i tratti delle figure indicate”.
Per quanto riguarda, infine, la ipotizzata interruzione del nesso causale legata ad una condotta straordinaria ed imprevedibile del lavoratore, la Suprema Corte ha tenuto a ribadire quanto più volte indicato in precedenti sentenze e cioè che “la disciplina prevenzionistica mira a tutelare pure il lavoratore dai suoi stessi errori, purché essi non siano completamente esorbitanti rispetto alla attività in atto”. Nel caso in esame, conclude la Sez, IV, “la condotta del lavoratore si era inserita appieno nell'area di rischio tipica della lavorazione, quella del contatto improprio con le parti in movimento delle macchine per impastare utilizzate nel laboratorio di panetteria, per cui tale rischio avrebbe dovuto essere adeguatamente previsto e governato dall'imputato”.
Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 17581 del 7 maggio 2010 (u. p. 1/4/2010) - Pres. Campanato – Est. Blaiotta – P.M. Cedrangolo - Ric. M. A. - Le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro tutelano tutte le forme di lavoro anche quando non sussiste un normale rapporto di lavoro e quindi anche con riguardo a chi collabora saltuariamente in una impresa familiare.
All'interno di un laboratorio di panetteria il figlio del titolare dell’azienda, per togliere un residuo della lavorazione ha inserita una mano in una impastatrice ed ha subito un trauma da schiacciamento perché la stessa è stata trascinata all’interno di un rullo rotante. Al titolare è stato mosso l'addebito di aver consentito l'uso del macchinario privo di apparato di segregazione delle parti in movimento nonché di microinterruttore di sicurezza e per questo lo stesso è stato condannato dal Tribunale in ordine al reato di cui all'articolo 590 c.p., commesso con violazione delle norme in materia di sicurezza sul lavoro. La pronunzia di condanna è stata confermata dalla Corte d'Appello per cui l’imputato ha fatto successivamente ricorso alla Corte di Cassazione.
Nel formulare tale ricorso il titolare della panetteria ha addotto alcune motivazioni lamentando in primis che erroneamente era stato ritenuto che la vittima prestasse attività lavorativa nel laboratorio, in quanto si trattava in realtà del proprio figlio che si trovava occasionalmente nei locali del laboratorio senza che tuttavia vi svolgesse attività lavorativa; e sostenendo che altrettanto occasionalmente lo stesso ebbe ad intervenire sulla macchina impastatrice. Secondo il ricorrente, quindi, era stato individuato un rapporto di collaborazione senza averlo in alcun modo dimostrato ed ancora non era stato considerato che la condotta della vittima era stata del tutto eccezionale ed imprevedibile e come tale aveva quindi determinato l'interruzione del nesso causale.
Le decisioni della Suprema Corte.
La Corte di Cassazione ha però ritenuto il ricorso infondato sostenendo che l'indagine compiuta dalla ASL nel laboratorio di panetteria aveva consentito di appurare che il giovane infortunato lavorava nell’azienda sia tenendo la contabilità che prestando aiuto nel laboratorio, sia pure saltuariamente, e ponendo in evidenza che “la disciplina legale e particolarmente il Decreto Legislativo n. 626 del 1994 tutela la sicurezza di tutte le forme di lavoro anche quando non sussista un formale rapporto di lavoro; e quindi anche con riguardo a chi collabora saltuariamente in un'impresa familiare”. “Il Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 2 nel testo novellato dal Decreto Legislativo n. 242 del 1996”, prosegue la Sez. IV, “innovando rispetto alla formulazione originaria della norma, pone l'accento, ai fini dell'individuazione della figura del datore di lavoro, non tanto sulla titolarità del rapporto di lavoro, quanto sulla responsabilità dell'impresa, sull'esistenza di poteri decisionali. Si fa leva, quindi, precipuamente sulla situazione di fatto: alla titolarità dei poteri di organizzazione e gestione corrisponde simmetricamente il dovere di predisporre le necessarie misure di sicurezza”.
La Suprema Corte ha posto altresì in rilievo che “tale ordine concettuale si rinviene implicitamente, nello stesso richiamato articolo 2, per ciò che riguarda la definizione della figura del lavoratore, caratterizzata, nel suo nucleo essenziale, dalla condizione di dipendenza, di subordinazione rispetto ad altri che assume su di sé la gestione della prestazione” per cui la stessa conclude, con riferimento al caso in esame, che la relazione di fatto porta alla applicabilità della disciplina sulla tutela della salute e sicurezza sul lavoro e che correttamente è stata ritenuta dalla Corte di Appello l'esistenza del rapporto di lavoro e dei connessi obblighi in materia antinfortunistica pur in presenza del vincolo familiare.
“Del resto”, prosegue la Sez. IV, “già nel passato questa Corte ha ripetutamente avuto occasione di focalizzare il rapporto di lavoro subordinato sulla reciproca relazione di fatto tra i soggetti che vi sono coinvolti; configurandolo anche quando il lavoro viene svolto per mero favore (Cass. 4, 4 marzo 1982, n. 2232; Cass. 4, 7 marzo 1990 n. 3273). Questa configurazione dei ruoli e delle responsabilità all'interno dell'organizzazione del lavoro si rinviene pure nel Testo Unico per la sicurezza che ha compiuto una più estesa opera definitoria, senza tuttavia modificare significativamente i tratti delle figure indicate”.
Per quanto riguarda, infine, la ipotizzata interruzione del nesso causale legata ad una condotta straordinaria ed imprevedibile del lavoratore, la Suprema Corte ha tenuto a ribadire quanto più volte indicato in precedenti sentenze e cioè che “la disciplina prevenzionistica mira a tutelare pure il lavoratore dai suoi stessi errori, purché essi non siano completamente esorbitanti rispetto alla attività in atto”. Nel caso in esame, conclude la Sez, IV, “la condotta del lavoratore si era inserita appieno nell'area di rischio tipica della lavorazione, quella del contatto improprio con le parti in movimento delle macchine per impastare utilizzate nel laboratorio di panetteria, per cui tale rischio avrebbe dovuto essere adeguatamente previsto e governato dall'imputato”.
Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 17581 del 7 maggio 2010 (u. p. 1/4/2010) - Pres. Campanato – Est. Blaiotta – P.M. Cedrangolo - Ric. M. A. - Le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro tutelano tutte le forme di lavoro anche quando non sussiste un normale rapporto di lavoro e quindi anche con riguardo a chi collabora saltuariamente in una impresa familiare.
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.