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Se l’evoluzione tecnologica e idonei sistemi di prevenzione hanno portato ad una diminuzione degli infortuni dovuti a guasti di natura tecnica, tuttavia non si può parlare di affidabilità di un sistema senza mettere in conto la possibilità di “guasto”, di errore di tutti i suoi componenti e, dunque, anche quello umano.
Il fattore umano è sicuramente - come messo in rilievo anche dalla nostra rubrica “Imparare dagli errori” e dal sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi – uno dei componenti più importanti, determinanti nelle dinamiche degli incidenti di lavoro.
E la prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro, come sottolineato dal Decreto legislativo 81/2008, passa attraverso una valutazione dei rischi che non ignori il fattore umano.
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Il fattore umano nella valutazione dei rischi
Se l’evoluzione tecnologica e idonei sistemi di prevenzione hanno portato ad una diminuzione degli infortuni dovuti a guasti di natura tecnica, tuttavia non si può parlare di affidabilità di un sistema senza mettere in conto la possibilità di “guasto”, di errore di tutti i suoi componenti e, dunque, anche quello umano.
Il fattore umano è sicuramente - come messo in rilievo anche dalla nostra rubrica “Imparare dagli errori” e dal sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi – uno dei componenti più importanti, determinanti nelle dinamiche degli incidenti di lavoro.
E la prevenzione degli incidenti nei luoghi di lavoro, come sottolineato dal Decreto legislativo 81/2008, passa attraverso una valutazione dei rischi che non ignori il fattore umano.
Esistono diverse tecniche per l’analisi dell’affidabilità umana (HRA), “tecniche sviluppate per fornire valori di probabilità di errore umano connessi ai compiti degli operatori da inserire nel più ampio contesto di valutazione di rischio del sistema”.
Di questo tema parla un articolo, apparso sulla rivista dell’Ispesl “Prevenzione Oggi”, dal titolo “Il fattore umano nella valutazione dei rischi: confronto metodologico fra le tecniche per l'analisi dell'affidabilità umana”.
Nell’introduzione del documento si ricorda che lo studio dell’affidabilità umana consiste nello studio di tutti i fattori, interni ed esterni, che “influenzano l’efficienza e l’affidabilità della performance del lavoratore”.
I primi “sono tutti gli eventi casuali tecnici o sistemici (dovuti all’ambiente: attrezzature di lavoro, materiali utilizzati, luogo di lavoro, organizzazione del lavoro), che influenzano e alterano le condizioni di lavoro inducendo gli operatori in comportamenti erronei; i secondi, più difficili da prevedere poiché legati a caratteristiche individuali, sono correlati alle condizioni psico-fisiche che, per loro natura, non si prestano ad essere strutturati in modelli di comportamento sistemico”.
Scopo del lavoro, raccolto appunto nell’articolo della rivista, è proprio quello di presentare alcune tra le “tecniche HRA che sono state sviluppate dagli specialisti di affidabilità umana effettuando un confronto metodologico al fine di porre in rilievo le caratteristiche peculiari di ciascuna e la loro efficace applicazione nella valutazione dei rischi aziendali”.
Rimandando alla lettura del documento originale. ricco di informazioni e tabelle esplicative, riportiamo una breve disamina di tali tecniche HRA:
- la tecnica per la predizione del tasso di errore umano (THERP): “consente di predire la probabilità di errore umano e di valutare le possibilità di degrado di un sistema uomo-macchina, in conseguenza di errori umani considerati da soli o in associazione con il funzionamento delle attrezzature, con le procedure e le pratiche operative, oppure con altre caratteristiche del sistema o dell’uomo, che influiscono sul comportamento del sistema”.
Una delle caratteristiche del metodo - e di altri approcci HRA - è la “tecnica di decomposizione di un compito in sottocompiti, per ciascuno dei quali viene fornita la probabilità di errore umano con i corrispondenti limiti di confidenza”. Il metodo che, “nasce come strumento di progettazione, di analisi di affidabilità e di rischio all’interno degli impianti per la produzione di energia nucleare”, è considerato uno dei più completi ma tra i suoi limiti c’è quello di considerare “il comportamento dell’uomo alla stessa stregua di un qualsiasi componente meccanico”;
- la tecnica empirica per la stima degli errori degli operatori (TESEO): “tipico esempio di modello ad indici di semplice e immediata applicazione orientato alla valutazione delle probabilità di errore dell’operatore addetto al controllo di un sistema complesso”. Determina questa probabilità “tramite il prodotto di cinque fattori, ciascuno caratterizzante un aspetto del sistema (uomo, impianto, ambiente, etc.)”. Malgrado manchi un vero fondamento teorico, il metodo “può essere impiegato per effettuare una classificazione ed una valutazione veloce della probabilità di errore”;
- la tecnica di affidabilità con riferimento al tempo (OATS): questa tecnica è stata elaborata “per fornire una categorizzazione dei tipi di errore e dei valori probabilistici a questi associati che possono essere usati nelle PRA” (valutazioni probabilistiche del rischio). In particolare “si basa su un albero logico, detto albero delle azioni di base dell’operatore, che identifica le modalità di fallibilità possibili, da parte del lavoratore, dopo che si è verificato un incidente”. Il metodo “nasce con lo scopo di considerare gli errori commessi nel corso di un incidente ed in condizioni di emergenza, in particolare di valutare il tempo a disposizione dell’operatore per mettere in atto le procedure per il ripristino del malfunzionamento”;
- il metodo di affidabilità cognitiva umana (HCR): metodo “orientato a modellare compiti (o azioni) per i quali il tempo a disposizione T è il vincolo principale e il cui corretto svolgimento implichi aspetti cognitivi”. Il metodo fornisce la probabilità d’errore “dovuta a uno svolgimento troppo lento del compito assegnato e non comprende l’errore di percezione dell’anomalia né l’errore di scelta del provvedimento da prendere”. Questa tecnica “è stata sviluppata in ambito nucleare” - al fine di “quantificare, in funzione del tempo, la probabilità di non risposta ad una situazione accidentale” - ed è calibrata su dati che si riferiscono a questo contesto;
- il metodo dell’affidabilità cognitiva e dell’analisi dell’errore (CREAM): è un metodo di II generazione e dunque un metodo che dà molta importanza all’influenza del contesto sulla performance umana. Il modello cognitivo usato “si basa sull’ipotesi che il comportamento dell’uomo è regolato da due principi fondamentali: la natura ciclica della cognizione umana e la dipendenza dei processi cognitivi dal contesto e dall’ambiente di lavoro”. Se il modello permette una “rappresentazione precisa, approfondita e soprattutto, dinamica delle interazioni uomo-macchina”, non è tuttavia in grado “di inquadrare tutta la sequenza di un incidente, nel quale si verificano diversi episodi di errore e/o malfunzionamento che si combinano per dare origine alle conseguenze indesiderate di un incidente”.
Il risultato di questo lavoro porta a concludere che “nessuna delle tecniche presenti in letteratura può essere considerata migliore, ciascuna presenta vantaggi e svantaggi e può essere più o meno idonea a seconda del contesto da esaminare e delle risorse e competenze disponibili”.
Uno dei limiti dei modelli del comportamento umano è “quello di non riuscire a tenere in dovuta considerazione l’influenza che il contesto esercita sulla performance umana”.
E i metodi visti, “prediligendo modelli a base psicologica, rimangono ancorati alla fase interiore del processo cognitivo, non evidenziano il legame con le condizioni esterne”.
Il documento, che offre anche diversi spunti di riflessione, ricorda che in un idoneo sistema di prevenzione aziendale, sarebbe auspicabile “applicare le tecniche per l’analisi dell’affidabilità umana in un percorso integrato alla progettazione, sempre più a misura d’uomo, degli ambienti di lavoro e alla condivisione diffusa, da parte di tutta l’organizzazione, di valori della sicurezza.
Molte delle “ricerche più avanzate delle scienze del comportamento”, ad esempio la Behaviour Based Safety (BBS), riguardano “proprio la possibilità di prevedere esattamente le reazioni degli individui sottoposti a determinati stimoli”.
Quelle scelte aziendali che considerano “l’uomo e la relazione tra le persone elementi di primaria importanza nella messa a punto di processi aziendali”, non possono che divenire un elemento positivo per la sicurezza dell’intero sistema.
“Il fattore umano nella valutazione dei rischi: confronto metodologico fra le tecniche per l'analisi dell'affidabilità umana”, a cura di Marianna Madonna, Giancarlo Martella, Luigi Monica, Elisa Pichini Maini, Laura Tomassini (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro - ISPESL, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza, Roma), in Prevenzione Oggi (Ispesl), volume 5, n. 1/2 gennaio - giugno 2009, 67-83 (formato PDF, 402 kB).
Tiziano Menduto
Di questo tema parla un articolo, apparso sulla rivista dell’Ispesl “Prevenzione Oggi”, dal titolo “Il fattore umano nella valutazione dei rischi: confronto metodologico fra le tecniche per l'analisi dell'affidabilità umana”.
Nell’introduzione del documento si ricorda che lo studio dell’affidabilità umana consiste nello studio di tutti i fattori, interni ed esterni, che “influenzano l’efficienza e l’affidabilità della performance del lavoratore”.
I primi “sono tutti gli eventi casuali tecnici o sistemici (dovuti all’ambiente: attrezzature di lavoro, materiali utilizzati, luogo di lavoro, organizzazione del lavoro), che influenzano e alterano le condizioni di lavoro inducendo gli operatori in comportamenti erronei; i secondi, più difficili da prevedere poiché legati a caratteristiche individuali, sono correlati alle condizioni psico-fisiche che, per loro natura, non si prestano ad essere strutturati in modelli di comportamento sistemico”.
Scopo del lavoro, raccolto appunto nell’articolo della rivista, è proprio quello di presentare alcune tra le “tecniche HRA che sono state sviluppate dagli specialisti di affidabilità umana effettuando un confronto metodologico al fine di porre in rilievo le caratteristiche peculiari di ciascuna e la loro efficace applicazione nella valutazione dei rischi aziendali”.
Rimandando alla lettura del documento originale. ricco di informazioni e tabelle esplicative, riportiamo una breve disamina di tali tecniche HRA:
- la tecnica per la predizione del tasso di errore umano (THERP): “consente di predire la probabilità di errore umano e di valutare le possibilità di degrado di un sistema uomo-macchina, in conseguenza di errori umani considerati da soli o in associazione con il funzionamento delle attrezzature, con le procedure e le pratiche operative, oppure con altre caratteristiche del sistema o dell’uomo, che influiscono sul comportamento del sistema”.
Una delle caratteristiche del metodo - e di altri approcci HRA - è la “tecnica di decomposizione di un compito in sottocompiti, per ciascuno dei quali viene fornita la probabilità di errore umano con i corrispondenti limiti di confidenza”. Il metodo che, “nasce come strumento di progettazione, di analisi di affidabilità e di rischio all’interno degli impianti per la produzione di energia nucleare”, è considerato uno dei più completi ma tra i suoi limiti c’è quello di considerare “il comportamento dell’uomo alla stessa stregua di un qualsiasi componente meccanico”;
- la tecnica empirica per la stima degli errori degli operatori (TESEO): “tipico esempio di modello ad indici di semplice e immediata applicazione orientato alla valutazione delle probabilità di errore dell’operatore addetto al controllo di un sistema complesso”. Determina questa probabilità “tramite il prodotto di cinque fattori, ciascuno caratterizzante un aspetto del sistema (uomo, impianto, ambiente, etc.)”. Malgrado manchi un vero fondamento teorico, il metodo “può essere impiegato per effettuare una classificazione ed una valutazione veloce della probabilità di errore”;
- la tecnica di affidabilità con riferimento al tempo (OATS): questa tecnica è stata elaborata “per fornire una categorizzazione dei tipi di errore e dei valori probabilistici a questi associati che possono essere usati nelle PRA” (valutazioni probabilistiche del rischio). In particolare “si basa su un albero logico, detto albero delle azioni di base dell’operatore, che identifica le modalità di fallibilità possibili, da parte del lavoratore, dopo che si è verificato un incidente”. Il metodo “nasce con lo scopo di considerare gli errori commessi nel corso di un incidente ed in condizioni di emergenza, in particolare di valutare il tempo a disposizione dell’operatore per mettere in atto le procedure per il ripristino del malfunzionamento”;
- il metodo di affidabilità cognitiva umana (HCR): metodo “orientato a modellare compiti (o azioni) per i quali il tempo a disposizione T è il vincolo principale e il cui corretto svolgimento implichi aspetti cognitivi”. Il metodo fornisce la probabilità d’errore “dovuta a uno svolgimento troppo lento del compito assegnato e non comprende l’errore di percezione dell’anomalia né l’errore di scelta del provvedimento da prendere”. Questa tecnica “è stata sviluppata in ambito nucleare” - al fine di “quantificare, in funzione del tempo, la probabilità di non risposta ad una situazione accidentale” - ed è calibrata su dati che si riferiscono a questo contesto;
- il metodo dell’affidabilità cognitiva e dell’analisi dell’errore (CREAM): è un metodo di II generazione e dunque un metodo che dà molta importanza all’influenza del contesto sulla performance umana. Il modello cognitivo usato “si basa sull’ipotesi che il comportamento dell’uomo è regolato da due principi fondamentali: la natura ciclica della cognizione umana e la dipendenza dei processi cognitivi dal contesto e dall’ambiente di lavoro”. Se il modello permette una “rappresentazione precisa, approfondita e soprattutto, dinamica delle interazioni uomo-macchina”, non è tuttavia in grado “di inquadrare tutta la sequenza di un incidente, nel quale si verificano diversi episodi di errore e/o malfunzionamento che si combinano per dare origine alle conseguenze indesiderate di un incidente”.
Il risultato di questo lavoro porta a concludere che “nessuna delle tecniche presenti in letteratura può essere considerata migliore, ciascuna presenta vantaggi e svantaggi e può essere più o meno idonea a seconda del contesto da esaminare e delle risorse e competenze disponibili”.
Uno dei limiti dei modelli del comportamento umano è “quello di non riuscire a tenere in dovuta considerazione l’influenza che il contesto esercita sulla performance umana”.
E i metodi visti, “prediligendo modelli a base psicologica, rimangono ancorati alla fase interiore del processo cognitivo, non evidenziano il legame con le condizioni esterne”.
Il documento, che offre anche diversi spunti di riflessione, ricorda che in un idoneo sistema di prevenzione aziendale, sarebbe auspicabile “applicare le tecniche per l’analisi dell’affidabilità umana in un percorso integrato alla progettazione, sempre più a misura d’uomo, degli ambienti di lavoro e alla condivisione diffusa, da parte di tutta l’organizzazione, di valori della sicurezza.
Molte delle “ricerche più avanzate delle scienze del comportamento”, ad esempio la Behaviour Based Safety (BBS), riguardano “proprio la possibilità di prevedere esattamente le reazioni degli individui sottoposti a determinati stimoli”.
Quelle scelte aziendali che considerano “l’uomo e la relazione tra le persone elementi di primaria importanza nella messa a punto di processi aziendali”, non possono che divenire un elemento positivo per la sicurezza dell’intero sistema.
“Il fattore umano nella valutazione dei rischi: confronto metodologico fra le tecniche per l'analisi dell'affidabilità umana”, a cura di Marianna Madonna, Giancarlo Martella, Luigi Monica, Elisa Pichini Maini, Laura Tomassini (Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro - ISPESL, Dipartimento Tecnologie di Sicurezza, Roma), in Prevenzione Oggi (Ispesl), volume 5, n. 1/2 gennaio - giugno 2009, 67-83 (formato PDF, 402 kB).
Tiziano Menduto
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