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Pubblichiamo un chiarimento del Ministero del lavoro circa le disposizioni che regolano la destinazione d’uso di appositi locali a spogliatoi e l’installazione del sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, tratto dal sito del Ministero - sezione sicurezza lavoro.
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Il sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro
Pubblichiamo un chiarimento del Ministero del lavoro circa le disposizioni che regolano la destinazione d’uso di appositi locali a spogliatoi e l’installazione del sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro, tratto dal sito del Ministero - sezione sicurezza lavoro.
Quali sono le disposizioni che regolano la destinazione d’uso di appositi locali a spogliatoi e l’installazione del sistema di videosorveglianza nei luoghi di lavoro?
Nel procedere ad una disamina della fattispecie in questione, è opportuno effettuare una previa analisi della normativa dettata in materia dal Titolo II, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., e, in particolare, dall’allegato IV allo stesso decreto che al punto 1.12 stabilisce che “il datore di lavoro è tenuto ad apprestare appositi locali aziendali a spogliatoi ed a metterli a disposizione dei dipendenti, allorquando costoro debbano indossare indumenti di lavoro specifici e destinati alla protezione ed alla tutela della loro salute e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali”.
L'espressione "indumenti di lavoro specifici", ivi contenuta, fa riferimento a divise (o abiti) indossati dai lavoratori al fine di tutelare la loro integrità fisica nonché ad altri indumenti necessari, in ragione della particolare natura della prestazione lavorativa, per eliminare o quanto meno ridurre i rischi ad essa correlati o a rendere migliori le condizioni igieniche dei luoghi di lavoro.
Deve pertanto escludersi – come ha osservato la Corte di Cassazione nella sentenza del 6 maggio 2008 – dall'ambito di applicazione della citata disposizione ”qualsiasi riferimento a divise od a forme di abbigliamento, funzionalizzate ad altre e diverse esigenze” (quali, ad esempio, le divise da indossare, allo scopo di consentire la mera identificazione dei lavoratori da parte del datore di lavoro).
Nelle aziende che occupano fino a 5 dipendenti, tuttavia, lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi. In tal caso bisognerà prestabilire opportuni turni da concordarsi nell’ambito dell’orario di lavoro.
Ai sensi dell’art. 4 della L. n. 300/1970 (meglio nota come Statuto dei lavoratori), il datore di lavoro intenzionato ad installare un sistema di videosorveglianza negli ambienti preposti allo svolgimento delle attività lavorative dovrà innanzitutto rispettare il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa al fine di tutelare la privacy dei prestatori di lavoro. E’, quindi, vietata l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa come i bagni, gli spogliatoi, gli armadietti ed i luoghi ricreativi o di riunione dei lavoratori stessi perché anche laddove il datore di lavoro riuscisse a dimostrarne l’utilità delle telecamere ai fini della sicurezza, dovrebbe considerarsi comunque prevalente il diritto alla riservatezza dei lavoratori.
L’installazione di sistemi di videosorveglianza posizionati negli spogliatoi, come chiarito dal Garante per la privacy, non è vietata in assoluto essendo ammissibile nell’ipotesi in cui ci si voglia tutelare da possibili danni o furti (ad esempio in locali dove ci sono dei macchinari o dei mezzi da lavoro), ma è necessario che siano presi degli accorgimenti tecnici tali da non consentire riprese dirette delle persone che utilizzano gli spogliatoi (in considerazione del fatto che questi ultimi non sono luoghi di produzione) e, inoltre, “devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazione agli ingressi”. La videosorveglianza, pertanto, deve considerarsi come extrema ratio e non come soluzione primaria.
Per quanto riguarda, infine, il controllo a campione da parte del datore di lavoro negli armadietti occorre, innanzitutto, osservare che secondo l’orientamento della
prevalente giurisprudenza di merito, quando l’ispezione deve avere ad oggetto l’armadietto-ripostiglio di un lavoratore, quest’ultima possa avere luogo senza la necessità di un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali, atteso che l’armadietto stesso non può essere ricompreso nel concetto di visita personale, costituendo uno spazio di proprietà aziendale ed avendo l’esclusiva funzione di contenere gli abiti civili dei lavoratori, durante l’orario di lavoro e non costituendo, quindi, una pertinenza della persona del lavoratore a differenza dei suoi vestiti, sia indossati sia appoggiati e a differenza anche di cartelle, sporte o contenitori d’uso sia portati al momento sia lasciati da qualche parte. Quindi, il datore di lavoro, può effettuare dei controlli negli armadietti ma non può procedere alla perquisizione di borse o contenitori personali eventualmente collocati nello stesso.
Ministero del lavoro - FAQ - Spogliatoi e videosorveglianza (formato PDF, 16 kB).
Nel procedere ad una disamina della fattispecie in questione, è opportuno effettuare una previa analisi della normativa dettata in materia dal Titolo II, del D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 e s.m.i., e, in particolare, dall’allegato IV allo stesso decreto che al punto 1.12 stabilisce che “il datore di lavoro è tenuto ad apprestare appositi locali aziendali a spogliatoi ed a metterli a disposizione dei dipendenti, allorquando costoro debbano indossare indumenti di lavoro specifici e destinati alla protezione ed alla tutela della loro salute e quando per ragioni di salute o di decenza non si può loro chiedere di cambiarsi in altri locali”.
L'espressione "indumenti di lavoro specifici", ivi contenuta, fa riferimento a divise (o abiti) indossati dai lavoratori al fine di tutelare la loro integrità fisica nonché ad altri indumenti necessari, in ragione della particolare natura della prestazione lavorativa, per eliminare o quanto meno ridurre i rischi ad essa correlati o a rendere migliori le condizioni igieniche dei luoghi di lavoro.
Deve pertanto escludersi – come ha osservato la Corte di Cassazione nella sentenza del 6 maggio 2008 – dall'ambito di applicazione della citata disposizione ”qualsiasi riferimento a divise od a forme di abbigliamento, funzionalizzate ad altre e diverse esigenze” (quali, ad esempio, le divise da indossare, allo scopo di consentire la mera identificazione dei lavoratori da parte del datore di lavoro).
Nelle aziende che occupano fino a 5 dipendenti, tuttavia, lo spogliatoio può essere unico per entrambi i sessi. In tal caso bisognerà prestabilire opportuni turni da concordarsi nell’ambito dell’orario di lavoro.
Ai sensi dell’art. 4 della L. n. 300/1970 (meglio nota come Statuto dei lavoratori), il datore di lavoro intenzionato ad installare un sistema di videosorveglianza negli ambienti preposti allo svolgimento delle attività lavorative dovrà innanzitutto rispettare il divieto di controllo a distanza dell’attività lavorativa al fine di tutelare la privacy dei prestatori di lavoro. E’, quindi, vietata l’installazione di sistemi di videosorveglianza in luoghi riservati esclusivamente ai lavoratori o non destinati all’attività lavorativa come i bagni, gli spogliatoi, gli armadietti ed i luoghi ricreativi o di riunione dei lavoratori stessi perché anche laddove il datore di lavoro riuscisse a dimostrarne l’utilità delle telecamere ai fini della sicurezza, dovrebbe considerarsi comunque prevalente il diritto alla riservatezza dei lavoratori.
L’installazione di sistemi di videosorveglianza posizionati negli spogliatoi, come chiarito dal Garante per la privacy, non è vietata in assoluto essendo ammissibile nell’ipotesi in cui ci si voglia tutelare da possibili danni o furti (ad esempio in locali dove ci sono dei macchinari o dei mezzi da lavoro), ma è necessario che siano presi degli accorgimenti tecnici tali da non consentire riprese dirette delle persone che utilizzano gli spogliatoi (in considerazione del fatto che questi ultimi non sono luoghi di produzione) e, inoltre, “devono risultare parimenti inefficaci altri idonei accorgimenti quali controlli da parte di addetti, sistemi di allarme, misure di protezione degli ingressi, abilitazione agli ingressi”. La videosorveglianza, pertanto, deve considerarsi come extrema ratio e non come soluzione primaria.
Per quanto riguarda, infine, il controllo a campione da parte del datore di lavoro negli armadietti occorre, innanzitutto, osservare che secondo l’orientamento della
prevalente giurisprudenza di merito, quando l’ispezione deve avere ad oggetto l’armadietto-ripostiglio di un lavoratore, quest’ultima possa avere luogo senza la necessità di un preventivo accordo con le rappresentanze sindacali, atteso che l’armadietto stesso non può essere ricompreso nel concetto di visita personale, costituendo uno spazio di proprietà aziendale ed avendo l’esclusiva funzione di contenere gli abiti civili dei lavoratori, durante l’orario di lavoro e non costituendo, quindi, una pertinenza della persona del lavoratore a differenza dei suoi vestiti, sia indossati sia appoggiati e a differenza anche di cartelle, sporte o contenitori d’uso sia portati al momento sia lasciati da qualche parte. Quindi, il datore di lavoro, può effettuare dei controlli negli armadietti ma non può procedere alla perquisizione di borse o contenitori personali eventualmente collocati nello stesso.
Ministero del lavoro - FAQ - Spogliatoi e videosorveglianza (formato PDF, 16 kB).
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