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Imparare dagli errori: cadere da un cestello in quota senza DPI
Con l’idea che gli esempi di incidenti possano essere più immediati ed efficaci nel sensibilizzarci sui rischi nei luoghi di lavoro, proseguiamo con la nostra rubrica “Imparare dagli errori” prendendo spunto da INFOR.MO., uno strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi.
Nel nostro viaggio tra gli incidenti determinati o resi più gravi dal mancato o erroneo uso di dispositivi di protezione individuale, abbiamo diffusamente parlato dei rischi in cui incorre un lavoratore quando non indossa un elmetto protettivo, abbiamo parlato di protezione delle mani e accennato più genericamente all’importanza della scelta e dell’uso corretto di un DPI.
Concludiamo questa panoramica sugli incidenti in assenza di protezione per la testa raccontando di un infortunio relativo ad ambienti di lavoro confinati, ambienti di cui si è parlato molto in questi ultimi anni in relazione ai diversi incidenti avvenuti recentemente, ad esempio quello nella raffineria di petrolio Saras di Sarroch in Sardegna.
In particolare affrontiamo il caso di un infortunio avvenuto durante attività di manutenzione all’impianto elettrico e di illuminazione in una galleria.
L'infortunato stava lavorando infatti all'impianto di illuminazione su un cestello in quota all'interno di una delle due gallerie di coppia di una tangenziale cittadina.
In questo caso il traffico all'interno della galleria, a due corsie, “era incanalato solo sulla corsia di marcia” e il “rimorchio di un autoarticolato ha colpito e girato il braccio di sollevamento del cestello, schiacciandolo contro la volta e scagliando il lavoratore a terra, avanti di parecchi metri”.
L’interpretazione della dinamica dell’incidente riportata sulla scheda di INFOR.MO. indica che si stavano effettuando “lavori di posa di un nuovo cavo elettrico, da posizionare sopra la corsia di sorpasso, che era chiusa al traffico (rimaneva aperta solo la corsia di marcia)”.
A questo punto, nell'intento di predisporre il collegamento con il cavo esistente posizionato sopra la corsia di marcia, “l'infortunato si spostava con il cestello, che azionava lui stesso, sopra la corsia di marcia” e “nel fare questa operazione invadeva, non con il cestello ma con il braccio telescopico, la corsia di marcia entro i limiti di sagoma normali degli autoarticolati”.
In questa situazione un Tir in transito, “pur in rallentamento per i lavori”, urtava il braccio telescopico con la parte alta del rimorchio.
Come già detto il cestello veniva spinto contro la volta e il lavoratore veniva lanciato in avanti e cadeva di testa sul marciapiede: prontamente soccorso dai colleghi e portato all'ospedale decedeva dopo circa un'ora.
Presentando questo caso in uno spazio della rubrica dedicata ai dispositivi di protezione personale, sarà già evidente per i nostri lettori che il lavoratore non indossava i DPI che avrebbero evitato o ridotto la gravità dell’infortunio: né un casco protettivo, né cinture di sicurezza.
Nel video* che riportiamo si possono vedere le conseguenze del NON utilizzo delle cintura di sicurezza all'interno di un cestello di una piattaforma elevatrice: è sufficiente un piccolo sobbalzo alla base per causare un violento contraccolpo al cestello in elevazione. E se non si utilizza una cintura di sicurezza è molto probabile essere sbalzati fuori, proprio come è successo nel caso riportato da INFOR.MO.
* Si ringrazia International Powered Access Federation (IPAF) per la realizzazione della prova.
È tuttavia altresì evidente che l’infortunio accaduto nella galleria non è dovuto solo alla mancanza di DPI.
Siamo di fronte ad un invasione della corsia di marcia con conseguente urto di un camion in transito e dunque ad un errore procedurale e ad una insufficiente valutazione del rischio.
Inoltre dagli accertamenti risulta che l’attrezzatura utilizzata dal lavoratore era formata da un “cestello con braccio telescopico montato su camioncino”: un’attrezzatura “inadeguata per le caratteristiche del lavoro e dell'ambiente”.
Ricordiamo che riguardo alle protezioni anticaduta da indossare su piattaforme di lavoro mobili elevabili si consiglia:
- nelle attività su piattaforme di lavoro mobili elevabili munite di braccio telescopico o articolato di indossare sempre imbracature di ritegno con cordino di lunghezza regolabile: cordino che va regolato nella misura più corta possibile per impedire l'uscita accidentale dalla piattaforma;
- indossare protezioni anticaduta dopo una verifica dei rischi da eseguire prima di iniziare il lavoro e tenendo conto delle istruzioni contenute nel manuale del costruttore.
Questo caso di incidente ci permette in realtà non solo di passare dalla presentazione di incidenti con assenza di protezione per la testa, alla presentazione di incidenti con assenza di sistemi anticaduta (tema di alcune prossime puntate di “Imparare dagli errori”), ma di fare alcune brevi considerazioni.
In quasi tutti i casi di incidenti presentati si può vedere che l’assenza del dispositivo di protezione personale non è mai l’unica mancanza in relazione alle disposizioni sulla sicurezza dei lavoratori o alle buone pratiche lavorative.
Semmai l’assenza di un guanto o di un casco o di una cintura è indicativa di una carenza alla base: problemi di attrezzature non adeguate, di valutazioni del rischio insufficienti, di procedure di lavoro errate.
Quando manca un casco, quando manca un guanto spesso manca anche tutto il resto, un “resto” che può dipendere sia da un sistema di sicurezza negligente, sia dalla mancanza di una vera formazione: una formazione ed un addestramento che non solo insegnino le procedure corrette, non solo indichino chiaramente gli obblighi relativi ai DPI, ma che permettano una corretta percezione del rischio e favoriscano l’utilizzo dei DPI idonei all’attività svolta.
Per consultare direttamente la presentazione dell’infortunio di cui ci siamo occupati, collegarsi a questa pagina del sito web di INFOR.MO. e successivamente visualizzare la scheda numero 552.
Tiziano Menduto
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