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Consultando INFOR.MO., uno strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, riprendiamo il nostro viaggio attraverso dinamiche degli infortuni e misure di prevenzione nelle attività di giardinaggio e manutenzione del verde.
In precedenti puntate abbiamo analizzato alcuni incidenti in attività di potatura e “sramatura” e abbiamo iniziato ad affrontare quelli correlati all’utilizzo di attrezzature come la motosega o il decespugliatore.
Concludiamo la nostra analisi con altre due attrezzature di lavoro molto utilizzate nelle attività di giardinaggio: il tagliasiepi e le cesoie.
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Imparare dagli errori: cadere utilizzando tagliasiepi e cesoie
Consultando INFOR.MO., uno strumento per l'analisi qualitativa dei casi di infortunio contenuti nell'archivio del sistema di sorveglianza degli infortuni mortali e gravi, riprendiamo il nostro viaggio attraverso dinamiche degli infortuni e misure di prevenzione nelle attività di giardinaggio e manutenzione del verde.
In precedenti puntate abbiamo analizzato alcuni incidenti in attività di potatura e “sramatura” e abbiamo iniziato ad affrontare quelli correlati all’utilizzo di attrezzature come la motosega o il decespugliatore.
Concludiamo la nostra analisi con altre due attrezzature di lavoro molto utilizzate nelle attività di giardinaggio: il tagliasiepi e le cesoie.
I casi
Nel primo caso ci occupiamo di un infortunio in attività di potatura di siepi con tagliasiepi a motore.
L'infortunato, che aveva la mansione di giardiniere, stava effettuando in un'abitazione privata, “la potatura di una siepe sita in un giardino terrazzato” a circa 2.50 metri di altezza rispetto al piano sottostante.
Per potare la parte esterna della siepe, si posizionava sul tetto spiovente, di un locale adiacente all’abitazione privata, posto, appunto, a circa 2.50 metri da terra “senza usare alcuna protezione contro le cadute”.
Potando la siepe con il tagliasiepi si sbilanciava e “cadeva nel vuoto con le mani in avanti, procurandosi la frattura bilaterale dei polsi”.
È evidente che l’incidente è avvenuto a causa dell’uso dell’attrezzatura di lavoro in altezza su una superficie in pendenza con conseguente sbilanciamento: un errore di procedura che evidenzia un’insufficiente valutazione e percezione del rischio.
È ugualmente evidente poi che in un lavoro in quota il lavoratore avrebbe dovuto utilizzare dispositivi di protezione contro le cadute.
Un altro caso ci racconta di cadute dall’alto usando attrezzature di lavoro in lavori di giardinaggio.
Il titolare di una ditta di manutenzione del verde, assieme ad un collaboratore, stava dunque eseguendo manutenzione del giardino di un’abitazione privata.
Mentre il titolare eseguiva il taglio di una siepe posta nel lato nord, il collaboratore potava i rami dei rami di una betulla posto nel lato ovest, nella zona posteriore dell’abitazione.
“Il lavoro di quest’ultimo veniva eseguito utilizzando una scala a pioli in alluminio a sfilo composta di tre elementi, lunghi 3,4 metri ciascuno. Per il taglio venivano utilizzate due cesoie, prima una a doppia impugnatura e poi l’altra a manico lungo (svettatoio) per il taglio dei rami più esterni e alti”.
In particolare “la scala veniva appoggiata alla betulla e progressivamente spostata girando attorno alla stessa. L’infortunato si trovava sopra tale scala posizionato, con i piedi, a circa 2 – 2,5 metri di altezza”.
Poco dopo si sente un tonfo: il collaboratore del titolare era disteso a terra, sull’erba, di fianco alla scala ancora appoggiata all’albero.
Arrivati i sanitari si constatava che l’infortunato era in stato di arresto cardiocircolatorio e si provvedeva, con esito negativo, alla rianimazione.
Se la causa della morte è da “identificarsi in un trauma toracico produttivo di lesioni fratturative multiple (sterno, coste, clavicole), emotorace sinistro con collasso polmonare omolaterale, contusione cardiaca”, la causa determinante dell’infortunio è “da attribuire al fatto che il datore di lavoro non aveva messo a disposizione del lavoratore un’attrezzatura adeguata al lavoro da svolgere e atta ad evitare il pericolo di caduta dall’alto”: in particolare la scala portatile a sfilo non era idonea al lavoro da svolgere.
L’operatore dovendo usare entrambe le mani per tagliare i rami con le cesoie, si sosteneva alla scala solo con le gambe e cercava di mantenersi in equilibrio infilando una gamba all’interno di un gradino e appoggiando il piede su quello inferiore.
È bastato poco perché avvenisse un banale scivolamento o perdita d’equilibrio con conseguente caduta.
La prevenzione
Inutile dire che in entrambi i casi sono mancate le necessarie precauzioni da mettere in atto quando si svolgono lavori in quota.
Ricordiamo a questo proposito che gli obblighi dei datori di lavoro per i lavori in quota, ad esempio in relazione all’uso di idonee attrezzature, scale e sistemi di protezione contro le cadute, indicati nel Decreto legislativo 81/2008 valgono anche nei casi citati.
Infatti l’articolo 107 “Definizioni”, del Capo relativo alle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, indica che:
Articolo 107 – Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
Inoltre riguardo all’uso di scale è bene ricordare che l’articolo 113 del D.Lgs. 81/2008 riporta specifiche misure di prevenzione:
Nel primo caso ci occupiamo di un infortunio in attività di potatura di siepi con tagliasiepi a motore.
L'infortunato, che aveva la mansione di giardiniere, stava effettuando in un'abitazione privata, “la potatura di una siepe sita in un giardino terrazzato” a circa 2.50 metri di altezza rispetto al piano sottostante.
Per potare la parte esterna della siepe, si posizionava sul tetto spiovente, di un locale adiacente all’abitazione privata, posto, appunto, a circa 2.50 metri da terra “senza usare alcuna protezione contro le cadute”.
Potando la siepe con il tagliasiepi si sbilanciava e “cadeva nel vuoto con le mani in avanti, procurandosi la frattura bilaterale dei polsi”.
È evidente che l’incidente è avvenuto a causa dell’uso dell’attrezzatura di lavoro in altezza su una superficie in pendenza con conseguente sbilanciamento: un errore di procedura che evidenzia un’insufficiente valutazione e percezione del rischio.
È ugualmente evidente poi che in un lavoro in quota il lavoratore avrebbe dovuto utilizzare dispositivi di protezione contro le cadute.
Un altro caso ci racconta di cadute dall’alto usando attrezzature di lavoro in lavori di giardinaggio.
Il titolare di una ditta di manutenzione del verde, assieme ad un collaboratore, stava dunque eseguendo manutenzione del giardino di un’abitazione privata.
Mentre il titolare eseguiva il taglio di una siepe posta nel lato nord, il collaboratore potava i rami dei rami di una betulla posto nel lato ovest, nella zona posteriore dell’abitazione.
“Il lavoro di quest’ultimo veniva eseguito utilizzando una scala a pioli in alluminio a sfilo composta di tre elementi, lunghi 3,4 metri ciascuno. Per il taglio venivano utilizzate due cesoie, prima una a doppia impugnatura e poi l’altra a manico lungo (svettatoio) per il taglio dei rami più esterni e alti”.
In particolare “la scala veniva appoggiata alla betulla e progressivamente spostata girando attorno alla stessa. L’infortunato si trovava sopra tale scala posizionato, con i piedi, a circa 2 – 2,5 metri di altezza”.
Poco dopo si sente un tonfo: il collaboratore del titolare era disteso a terra, sull’erba, di fianco alla scala ancora appoggiata all’albero.
Arrivati i sanitari si constatava che l’infortunato era in stato di arresto cardiocircolatorio e si provvedeva, con esito negativo, alla rianimazione.
Se la causa della morte è da “identificarsi in un trauma toracico produttivo di lesioni fratturative multiple (sterno, coste, clavicole), emotorace sinistro con collasso polmonare omolaterale, contusione cardiaca”, la causa determinante dell’infortunio è “da attribuire al fatto che il datore di lavoro non aveva messo a disposizione del lavoratore un’attrezzatura adeguata al lavoro da svolgere e atta ad evitare il pericolo di caduta dall’alto”: in particolare la scala portatile a sfilo non era idonea al lavoro da svolgere.
L’operatore dovendo usare entrambe le mani per tagliare i rami con le cesoie, si sosteneva alla scala solo con le gambe e cercava di mantenersi in equilibrio infilando una gamba all’interno di un gradino e appoggiando il piede su quello inferiore.
È bastato poco perché avvenisse un banale scivolamento o perdita d’equilibrio con conseguente caduta.
La prevenzione
Inutile dire che in entrambi i casi sono mancate le necessarie precauzioni da mettere in atto quando si svolgono lavori in quota.
Ricordiamo a questo proposito che gli obblighi dei datori di lavoro per i lavori in quota, ad esempio in relazione all’uso di idonee attrezzature, scale e sistemi di protezione contro le cadute, indicati nel Decreto legislativo 81/2008 valgono anche nei casi citati.
Infatti l’articolo 107 “Definizioni”, del Capo relativo alle norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni e nei lavori in quota, indica che:
Articolo 107 – Definizioni
1. Agli effetti delle disposizioni di cui al presente capo si intende per lavoro in quota: attività lavorativa che espone il lavoratore al rischio di caduta da una quota posta ad altezza superiore a 2 m rispetto ad un piano stabile.
Inoltre riguardo all’uso di scale è bene ricordare che l’articolo 113 del D.Lgs. 81/2008 riporta specifiche misure di prevenzione:
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