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Imparare dagli errori: incidenti nei cantieri autostradali
“Imparare dagli errori” ha ospitato nei giorni scorsi alcuni resoconti della Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno degli infortuni sul lavoro, con particolare riguardo alle cosiddette « morti bianche».
La Commissione nella “ Seconda relazione intermedia sull’attività svolta”, documenta i risultati di diversi sopralluoghi eseguiti, spesso in seguito a incidenti gravi, con descrizioni delle dinamiche e con analisi che ben si adattano a questa rubrica e ai nostri obiettivi di stimolo al miglioramento della prevenzione.
Se la scorsa volta ci siamo occupati di un sopralluogo a Terni in seguito ad un grave incidente in attività di travaso di acido cloridrico, oggi ci soffermiamo su un sopralluogo che si è svolto dal 14 al 15 marzo 2010 a Reggio Calabria per acquisire informazioni su due incidenti mortali sul lavoro verificatisi rispettivamente il 13 e il 27 febbraio nei pressi di Gioia Tauro, all’interno dei cantieri dell’autostrada Salerno - Reggio Calabria.
L’organizzazione dei lavori della Salerno - Reggio Calabria, come in realtà di tutte le opere pubbliche di grandi dimensioni, è molto articolata: se la stazione appaltante è ANAS s.p.a., i lavori sono stati assegnati a un contraente generale sotto il quale operano vari affidatari e subappaltatori, tra i quali in particolare un Consorzio, affidatario di primo livello.
Il primo incidente
Un lavoratore, operaio di una ditta subappaltatrice del Consorzio, il 13 febbraio 2010 “è precipitato da un’altezza di 7 metri, cadendo da un pilone in costruzione (uno di quelli in cemento armato utilizzati come sostegno per i ponti dell’ autostrada)”.
Secondo la versione fornita dai responsabili della ditta e del Consorzio la caduta sarebbe stata accidentale, posto che il lavoratore “non avrebbe dovuto trovarsi, per le mansioni a lui affidate, nel punto da cui è caduto, ossia ai bordi del pilone”.
“Questo particolare è stato oggetto di specifico accertamento da parte della magistratura, che ha verificato se il programma di prevenzione e di esecuzione dei lavori in sicurezza escludesse espressamente la presenza del lavoratore in quella posizione e chi eventualmente avrebbe dovuto controllare questo aspetto”.
Tra l’altro, quando è precipitato, il lavoratore “non aveva un’ imbracatura di sicurezza né il casco protettivo”: la ditta e il Consorzio “hanno sostenuto che tali attrezzature erano disponibili nel cantiere, ma l’operaio non era tenuto a indossarle perché la sua postazione di lavoro era altrove, in una zona recintata”.
“I magistrati auditi dalla Commissione hanno però rilevato che il parapetto di sicurezza aveva caratteristiche di costruzione assolutamente insufficienti a prevenire rischi di caduta, sia perché troppo basso rispetto al piano di lavoro, sia perché non montato in modo corretto”: infatti, quando il lavoratore è caduto “il parapetto non si è spezzato, ma si è subito divelto”.
Successivamente al sopralluogo “la Procura di Palmi ha concluso le indagini, chiedendo il rinvio a giudizio del titolare del responsabile del servizio di prevenzione e protezione della ditta”, del direttore di cantiere per conto del Consorzio e del preposto alla sicurezza dello stesso cantiere “con l’accusa di omicidio colposo, cooperazione nel delitto colposo e violazione delle norme antinfortunistiche”.
Secondo i magistrati, “essi avrebbero omesso di adottare le necessarie precauzioni non dotando la zona del pilone di idonee opere provvisionali o adeguati parapetti, anche sul piano di lavoro realizzato per predisporre la cassaforma destinata alla successiva gettata del cemento” e sul quale il lavoratore stava operando, né munendo quest’ultimo di idonee imbracature e dispositivi individuali di protezione”.
Il secondo incidente
Il secondo incidente si è verificato il 27 febbraio 2010 sullo stesso pilone (o spalla) del precedente, causando la morte di un secondo lavoratore, operaio di un’impresa che fa parte insieme ad altre due del Consorzio affidatario di primo livello.
Al momento dell’infortunio l’operaio “stava lavorando alla colata di cemento che doveva riempire una delle parti interne del pilone in cemento armato: queste strutture sono infatti realizzate su più livelli, con un’armatura di ferro in una gabbia di legno (casseratura), che viene poi riempita di calcestruzzo. In particolare, l’operaio doveva guidare la pompa della betoniera che versava il calcestruzzo mediante un comando a distanza”. Nello stesso cantiere si trovavano anche alcuni dipendenti di un’altra impresa che ha l’incarico di realizzare il pilone (o spalla) in cemento armato.
“A un certo punto vi è stato un cedimento della gabbia di legno e del piano di lavoro” sul quale si trovava l’operaio, piano di lavoro “che si è aperto sotto i suoi piedi facendolo precipitare da circa 8 metri di altezza”. Essendosi aperta l’ingabbiatura, tutto il cemento fino ad allora versato si è riversato sopra l’operaio, che ne è rimasto sopraffatto.
Al momento della redazione della relazione della Commissione, la magistratura stava ancora indagando. Le ipotesi fatte “sono un errore di montaggio della gabbia di legno o un cedimento degli elementi strutturali della stessa”. Le ditte coinvolte “hanno assicurato che il montaggio era stato fatto correttamente, trattandosi di strutture di tipo standardizzato, già realizzate numerose volte nei lavori dell’autostrada. Inoltre, su quello stesso piano di lavoro, nelle settimane precedenti, gli operai avevano lavorato senza problemi”.
Tuttavia dagli elementi raccolti dalla Commissione è emerso “che la carpenteria, una volta realizzata, non era stata verificata in ordine alla stabilità strutturale, forse per la fretta di riprendere i lavori dopo la sospensione e il sequestro legati al precedente infortunio. La struttura infatti era stata montata prima dell’incidente del 13 febbraio e il dissequestro era stato concesso una volta apprestate le misure di sicurezza aggiuntive richieste dalla magistratura”.
La discussione
Come indicato dalla Commissione, al di là dei fatti specifici, “sia il primo che il secondo incidente testimoniano ancora una volta l’elevato rischio infortunistico negli appalti in cui intervenga una pluralità di soggetti, in particolare quelli delle grandi opere, e la conseguente necessità di adottare specifiche forme di coordinamento e di controllo”. E, in questo senso, “l’esperienza dei lavori di ammodernamento dell’autostrada Salerno - Reggio Calabria è emblematica, per l’articolato sistema di gestione previsto”.
“Come illustrato dai rappresentanti dell’ANAS, in base alle norme vigenti l’opera è suddivisa in lotti ordinari e in macrolotti: nei primi, l’ANAS gestisce direttamente gli appalti, curando tutti gli aspetti, compresi quelli della sicurezza, con personale interno. Nei macrolotti, l’ANAS affida la gestione di tutte le attività al contraente generale, che agisce da committente unico per affidatari e subaffidatari ed è responsabile della sicurezza e dei relativi controlli, attraverso un’apposita struttura, nella quale spicca il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione ( CSE), un soggetto esterno. L’ANAS nomina il responsabile del procedimento (un suo dipendente, che coincide con il responsabile dei lavori) e svolge l’alta sorveglianza sul contraente generale e sul rispetto degli obblighi contrattuali”. Alla Commissione i rappresentanti dell’ANAS hanno ribadito l’attenzione della società per gli aspetti della sicurezza nei cantieri dell’autostrada e hanno inviato una dettagliata relazione sull’attività effettuata negli ultimi anni in materia di gestione della sicurezza nei cantieri attualmente aperti.
Comunque la gestione di un’opera come questa è “obiettivamente complessa: come hanno ammesso i rappresentanti del contraente generale, se gli affidatari di primo livello sono in genere imprese che garantiscono elevati livelli di qualità e sicurezza, con apprestamenti e con la formazione, il problema nasce negli affidamenti dei subappalti successivi, dove non sempre le imprese sono qualificate e si viene a perdere quel filo conduttore che dovrebbe garantire che tutti gli operai siano formati e informati sulle nuove tecniche costruttive e sui rischi che si corrono nell’ambiente lavorativo”.
Inoltre a tutto ciò “si aggiunge la vastità dell’opera e l’alto numero dei cantieri, sparsi lungo 30 chilometri di autostrada, nei territori di cinque Comuni: gli enti di controllo hanno sottolineato la difficoltà, anche per la scarsità dei loro organici, di essere presenti ovunque e di fare tutte le ispezioni che sarebbero necessarie”.
Le conseguenze sono “che, pur all’interno di un sistema ben definito e organizzato, si creano in tal modo ‘zone grigie’ di irregolarità del lavoro, come hanno esposto alla Commissione sia i sindacati che le forze dell’ordine”.
Le informazioni relative all’incidente sono tratte da:
Tiziano Menduto
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