Per utilizzare questa funzionalità di condivisione sui social network è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Già in un precedente articolo PuntoSicuro ha provato a occuparsi di infortuni non descrivendo un incidente reale, ma raccontando un caso simulato, un caso esemplificativo che racchiudesse al suo interno errori o problematiche usuali negli incidenti veri.
Continuiamo a farlo utilizzando i casi raccontati nel documento “Audio-visivi per l'informazione nel cantiere multietnico”, una pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica per l’Edilizia dell’INAIL.
In questo caso abbiamo scelto di affrontare una delle principali cause di incidenti nel settore edile: la caduta dall’alto. Non solo descriveremo la dinamica di questo incidente tipo, ma riporteremo alcune informazioni di prevenzione di base per tutti i lavoratori impegnati in lavorazioni in quota.
Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'
Imparare dagli errori: incidenti sfiorati nel lavoro in quota
Già in un precedente articolo PuntoSicuro ha provato a occuparsi di infortuni non descrivendo un incidente reale, ma raccontando un caso simulato, un caso esemplificativo che racchiudesse al suo interno errori o problematiche usuali negli incidenti veri.
Continuiamo a farlo utilizzando i casi raccontati nel documento “Audio-visivi per l'informazione nel cantiere multietnico”, una pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica per l’Edilizia dell’INAIL.
In questo caso abbiamo scelto di affrontare una delle principali cause di incidenti nel settore edile: la caduta dall’alto. Non solo descriveremo la dinamica di questo incidente tipo, ma riporteremo alcune informazioni di prevenzione di base per tutti i lavoratori impegnati in lavorazioni in quota.
Il caso
La scena raccontata nel documento presenta diversi infortuni “sfiorati”.
Abbiamo un “ponteggio già montato su cui stanno salendo due operai, uno servendosi correttamente delle scale, l’altro arrampicandosi sul ponteggio dal lato esterno nonostante il cartello di divieto e incurante del grave rischio cui si espone”.
Il capocantiere tuttavia “si accorge del comportamento improprio del secondo operaio e lo redarguisce”.
Il primo operaio, “quello che si è arrampicato in modo sconsiderato e rischioso, una volta arrivato in cima, è stanco”. Va allora per appoggiarsi al parapetto, ma “proprio il parapetto è mancante”. Allora un altro operaio, “che era fortunatamente lì vicino si accorge della cosa e in tutta fretta completa il ponteggio con il parapetto mancante”.
Ma non è finita.
La storia “prosegue con i due operai che aspettano un carico sospeso, ma mentre uno dei due ha indossato l’imbracatura di sicurezza ed è allacciato al cordino di sicurezza, l’altro indossa solo l’imbracatura senza essersi allacciato al cordino di sicurezza”.
Anche in questo caso l’infortunio è solo sfiorato: “al momento dell’arrivo del carico sospeso l’operaio collegato al cordino si accorge che il suo compagno non è allacciato e fa giusto in tempo ad allacciare in sicurezza il cordino prima che questi perda l’equilibrio e cada, con questo semplice ma tempestivo gesto gli salva la vita”!
La prevenzione
Si sa che i lavori in quota sono una fonte di rischio molto elevato per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Le conseguenze di questi incidenti “possono essere mortali o molto serie e possono determinare gravi forme di invalidità”.
Per prevenirli il documento dell’Inail ricorda che “l’analisi per la valutazione dei rischi, nel caso dei lavori in quota, comprende una prima fase in cui viene identificato il pericolo di caduta dall'alto e viene stimata la probabilità di accadimento”.
Successivamente, e relativamente a ogni condizione di pericolo individuata, si procede cercando alla riduzione o eliminazione del rischio mediante l'adozione di misure collettive di protezione o “modificando il ciclo delle lavorazioni individuando condizioni alternative”.
Una soluzione può essere tuttavia individuata anche “adottando provvedimenti che permettano l'isolamento dal rischio mediante l’installazione di parapetti, impalcati o reti, in modo da circoscrivere la zona in cui vi è il rischio di caduta dall'alto”.
Se poi, malgrado l’adozione di tutte queste misure, rimangono rischi residui, è possibile eliminarli o almeno minimizzarli “mediante l'uso di D.P.I. adeguati che garantiscano l’ancoraggio a punti sicuri, a loro volta integrati dai dispositivi di arresto della caduta”.
È evidente che il principale scopo della narrazione del caso è quella di sensibilizzare gli “operatori edili sulla necessità di adottare sistemi di protezione collettiva, da porre in opera correttamente e da utilizzare secondo le modalità previste, integrati anche con l’ausilio dei D.P.I. adeguati”.
Torniamo tuttavia ad alcuni errori sottolineati dalla dinamica dell’incidente simulato.
Innanzitutto l’errore procedurale di accedere al ponteggio non attraverso l’accesso predisposto, ma arrampicandosi pericolosamente sul ponteggio stesso, incuranti del cartello di divieto.
A proposito di responsabilità dei lavoratori il Decreto legislativo 81/2008 indica che è compito di ogni lavoratore:
- osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale;
- non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori.
Inoltre nel ponteggio è mancante un parapetto.
A questo proposito il documento, presentato da PuntoSicuro, “Manuale operativo per chi lavora in altezza”, realizzato dall’Unità operativa Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento, si sofferma proprio sulla realizzazione di parapetti idonei.
Ricordando che in riferimento alla norma UNI EN 13374, i parapetti provvisori sono classificati (in base a resistenza e condizioni di utilizzo) in tre classi (A, B, C), vengono date queste indicazioni per l’allestimento di parapetti:
- “una copertura orizzontale o con pendenza inferiore a 10° (circa 18%) richiede: parapetto normale (minimo classe A), saldamente ancorato alla struttura del fabbricato, con altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare alla superficie di lavoro;
- una copertura con pendenza fino a 30° (circa 58%) richiede: parapetto normale (minimo classe B), saldamente ancorato al fabbricato, di altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare e comunque rapportata a una valutazione del rischio relativa all’inclinazione della copertura stessa (come indicazione generale: circa 1,20 m, misurato sul piano di gronda)”;
- “una copertura con pendenza oltre i 30° (circa 58%) richiede: parapetto normale (classe C), saldamente ancorato al fabbricato, di altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare e comunque rapportata a una valutazione del rischio relativa all’inclinazione della copertura stessa (come indicazione generale: almeno 1,20 m, misurato sul piano di gronda”). In questo caso, “considerata la forte inclinazione della copertura si ritiene buona prassi operativa allestire parapetti pieni”.
Il manuale ricorda che se per evitare le cadute dall’alto non sono utilizzabili misure di protezione collettiva, quali parapetti, impalcati, reti o sottoponti, è necessario impiegare DPI (dispositivi di protezione individuale) contro le cadute, costituiti da:
- imbracatura destinata a essere indossata dal lavoratore;
- sistema di trattenuta e di arresto della caduta;
- dispositivo di ancoraggio a parti stabili.
Riguardo al tipo di ancoraggio bisogna prendere in considerazione i seguenti principi:
- la fase di installazione degli ancoraggi deve avvenire, ovviamente, in condizioni di sicurezza;
- i punti di ancoraggio, quando possibile, vanno posizionati sempre più in alto del punto di aggancio sull’imbracatura, per limitare lo spazio di una eventuale caduta.
Ricordiamo infine che se l’imbracatura è collegata con un cordino a un punto fisso non adeguato, si può determinare un pericoloso “effetto pendolo”: l’oscillazione del corpo ancorato al dispositivo anticaduta è esposto a rischi di collisione contro strutture o oggetti.
In ogni caso, anche in caso di dispositivi di protezione scelti e utilizzati in modo idoneo, è necessario evitare una lunga sospensione inerte dell’operatore collegato al dispositivo di arresto della caduta. L’operatore sospeso deve essere recuperato nel più breve tempo possibile per evitare incidenti dovuti a compressione dei vasi degli arti inferiori.
Inail, “Audio-visivi per l'informazione nel cantiere multietnico”, pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica per l’Edilizia dell’INAIL con testi di Giuseppe Cardoselli e Paolo Meschino, versione marzo 2010 (formato PDF, 10.88 MB).
Tiziano Menduto
La scena raccontata nel documento presenta diversi infortuni “sfiorati”.
Abbiamo un “ponteggio già montato su cui stanno salendo due operai, uno servendosi correttamente delle scale, l’altro arrampicandosi sul ponteggio dal lato esterno nonostante il cartello di divieto e incurante del grave rischio cui si espone”.
Il capocantiere tuttavia “si accorge del comportamento improprio del secondo operaio e lo redarguisce”.
Il primo operaio, “quello che si è arrampicato in modo sconsiderato e rischioso, una volta arrivato in cima, è stanco”. Va allora per appoggiarsi al parapetto, ma “proprio il parapetto è mancante”. Allora un altro operaio, “che era fortunatamente lì vicino si accorge della cosa e in tutta fretta completa il ponteggio con il parapetto mancante”.
Ma non è finita.
La storia “prosegue con i due operai che aspettano un carico sospeso, ma mentre uno dei due ha indossato l’imbracatura di sicurezza ed è allacciato al cordino di sicurezza, l’altro indossa solo l’imbracatura senza essersi allacciato al cordino di sicurezza”.
Anche in questo caso l’infortunio è solo sfiorato: “al momento dell’arrivo del carico sospeso l’operaio collegato al cordino si accorge che il suo compagno non è allacciato e fa giusto in tempo ad allacciare in sicurezza il cordino prima che questi perda l’equilibrio e cada, con questo semplice ma tempestivo gesto gli salva la vita”!
La prevenzione
Si sa che i lavori in quota sono una fonte di rischio molto elevato per la salute e la sicurezza dei lavoratori. Le conseguenze di questi incidenti “possono essere mortali o molto serie e possono determinare gravi forme di invalidità”.
Per prevenirli il documento dell’Inail ricorda che “l’analisi per la valutazione dei rischi, nel caso dei lavori in quota, comprende una prima fase in cui viene identificato il pericolo di caduta dall'alto e viene stimata la probabilità di accadimento”.
Successivamente, e relativamente a ogni condizione di pericolo individuata, si procede cercando alla riduzione o eliminazione del rischio mediante l'adozione di misure collettive di protezione o “modificando il ciclo delle lavorazioni individuando condizioni alternative”.
Una soluzione può essere tuttavia individuata anche “adottando provvedimenti che permettano l'isolamento dal rischio mediante l’installazione di parapetti, impalcati o reti, in modo da circoscrivere la zona in cui vi è il rischio di caduta dall'alto”.
Se poi, malgrado l’adozione di tutte queste misure, rimangono rischi residui, è possibile eliminarli o almeno minimizzarli “mediante l'uso di D.P.I. adeguati che garantiscano l’ancoraggio a punti sicuri, a loro volta integrati dai dispositivi di arresto della caduta”.
È evidente che il principale scopo della narrazione del caso è quella di sensibilizzare gli “operatori edili sulla necessità di adottare sistemi di protezione collettiva, da porre in opera correttamente e da utilizzare secondo le modalità previste, integrati anche con l’ausilio dei D.P.I. adeguati”.
Torniamo tuttavia ad alcuni errori sottolineati dalla dinamica dell’incidente simulato.
Innanzitutto l’errore procedurale di accedere al ponteggio non attraverso l’accesso predisposto, ma arrampicandosi pericolosamente sul ponteggio stesso, incuranti del cartello di divieto.
A proposito di responsabilità dei lavoratori il Decreto legislativo 81/2008 indica che è compito di ogni lavoratore:
- osservare le disposizioni e le istruzioni impartite dal datore di lavoro, dai dirigenti e dai preposti, ai fini della protezione collettiva e individuale;
- non compiere di propria iniziativa operazioni o manovre che non sono di loro competenza ovvero che possono compromettere la sicurezza propria o di altri lavoratori.
Inoltre nel ponteggio è mancante un parapetto.
A questo proposito il documento, presentato da PuntoSicuro, “Manuale operativo per chi lavora in altezza”, realizzato dall’Unità operativa Prevenzione e sicurezza ambienti di lavoro dell'Azienda provinciale per i servizi sanitari della Provincia autonoma di Trento, si sofferma proprio sulla realizzazione di parapetti idonei.
Ricordando che in riferimento alla norma UNI EN 13374, i parapetti provvisori sono classificati (in base a resistenza e condizioni di utilizzo) in tre classi (A, B, C), vengono date queste indicazioni per l’allestimento di parapetti:
- “una copertura orizzontale o con pendenza inferiore a 10° (circa 18%) richiede: parapetto normale (minimo classe A), saldamente ancorato alla struttura del fabbricato, con altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare alla superficie di lavoro;
- una copertura con pendenza fino a 30° (circa 58%) richiede: parapetto normale (minimo classe B), saldamente ancorato al fabbricato, di altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare e comunque rapportata a una valutazione del rischio relativa all’inclinazione della copertura stessa (come indicazione generale: circa 1,20 m, misurato sul piano di gronda)”;
- “una copertura con pendenza oltre i 30° (circa 58%) richiede: parapetto normale (classe C), saldamente ancorato al fabbricato, di altezza di almeno 1 m misurato sulla perpendicolare e comunque rapportata a una valutazione del rischio relativa all’inclinazione della copertura stessa (come indicazione generale: almeno 1,20 m, misurato sul piano di gronda”). In questo caso, “considerata la forte inclinazione della copertura si ritiene buona prassi operativa allestire parapetti pieni”.
Il manuale ricorda che se per evitare le cadute dall’alto non sono utilizzabili misure di protezione collettiva, quali parapetti, impalcati, reti o sottoponti, è necessario impiegare DPI (dispositivi di protezione individuale) contro le cadute, costituiti da:
- imbracatura destinata a essere indossata dal lavoratore;
- sistema di trattenuta e di arresto della caduta;
- dispositivo di ancoraggio a parti stabili.
Riguardo al tipo di ancoraggio bisogna prendere in considerazione i seguenti principi:
- la fase di installazione degli ancoraggi deve avvenire, ovviamente, in condizioni di sicurezza;
- i punti di ancoraggio, quando possibile, vanno posizionati sempre più in alto del punto di aggancio sull’imbracatura, per limitare lo spazio di una eventuale caduta.
Ricordiamo infine che se l’imbracatura è collegata con un cordino a un punto fisso non adeguato, si può determinare un pericoloso “effetto pendolo”: l’oscillazione del corpo ancorato al dispositivo anticaduta è esposto a rischi di collisione contro strutture o oggetti.
In ogni caso, anche in caso di dispositivi di protezione scelti e utilizzati in modo idoneo, è necessario evitare una lunga sospensione inerte dell’operatore collegato al dispositivo di arresto della caduta. L’operatore sospeso deve essere recuperato nel più breve tempo possibile per evitare incidenti dovuti a compressione dei vasi degli arti inferiori.
Inail, “Audio-visivi per l'informazione nel cantiere multietnico”, pubblicazione realizzata dalla Consulenza Tecnica per l’Edilizia dell’INAIL con testi di Giuseppe Cardoselli e Paolo Meschino, versione marzo 2010 (formato PDF, 10.88 MB).
Tiziano Menduto
I contenuti presenti sul sito PuntoSicuro non possono essere utilizzati al fine di addestrare sistemi di intelligenza artificiale.