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In bilico tra sicurezza e lavoro: il cantiere (in)sicuro
In occasione del convegno organizzato lo scorso 14 aprile a Trieste dal Cpt locale, sono stati affrontati ed approfonditi molti argomenti di grande importanza per la sicurezza nel settore delle costruzioni, a partire dalla presentazione delle linee direttrici che hanno guidato il Piano Nazionale Edilizia 2008- 2010, i rischi specifici dei lavori in quota (come le cadute dall’alto e la sindrome da sospensione), la sicurezza degli impianti elettrici nei piccoli cantieri edili, le responsabilità e gli obblighi degli amministratori stabili nei lavori privati, eccetera.
Pubblichiamo alcuni passaggi significativi dei lavori.
Il Piano Nazionale Edilizia
tratto dalla relazione di Flavio Coato
Le linee direttrici del Piano Nazionale di Prevenzione in Edilizia 2008-2010, approvato dalla Commissione Salute delle Regioni e Province Autonome, si sono concentrate sull’ottimizzazione
dell’azione di vigilanza e controllo di sicurezza e regolarità nei rapporti di lavoro e, in secondo luogo, sull’accrescimento della cultura della sicurezza tramite l’assistenza alle imprese, il ricorso ad una strategia di informazione e formazione dei lavoratori e delle figure strategiche.
L’attività di assistenza alle imprese (soprattutto quelle di piccole dimensioni) e ai coordinatori è stata concepita come ricerca di soluzioni condivise per operare in sicurezza con modalità certe e sperimentate, e per avviare percorsi formativi di qualità, al fine di produrre piani di sicurezza e coordinamento efficaci e puntuali, praticare azioni incisive, responsabilizzare l’affidataria, formare una classe di capi cantiere, lavoratori e datori di lavoro.
In particolare si è puntato alla creazione di un repertorio nazionale delle attività formative, alla realizzazione di una sorta di kit didattico, al monitoraggio delle attività in campo formativo ed alla verifica del rispetto degli obblighi di formazione.
Emergenza ed evacuazione nei lavori in quota. La sindrome da sospensione
tratto dalla relazione di Paolo Manca e Lucia Santarpia
La caduta è sempre un evento potenzialmente pericoloso (specialmente in concomitanza con la sindrome da sospensione, ovvero la condizione clinica ad evoluzione mortale che associa sospensione inerte a perdita di coscienza ed insufficienza multiviscerale) anche quando si utilizzano gli idonei sistemi anticaduta. Sarebbe preferibile scongiurare, ove possibile, la caduta adottando sistemi a “caduta prevenuta” (ovvero sistemi di trattenuta che impediscano di raggiungere la zona di “pericolo di caduta”).
Occorre prevedere una formazione specifica nell’ambito dei corsi D.p.i. (Dispositivi protezione individuale) di terza categoria, nel caso in cui la gestione dell’emergenza prevede la possibilità, da parte dei lavoratori, di eseguire manovre di recupero e calata con D.p.i. specifici singoli o assemblati sotto forma di kit di salvataggio.
Le soluzioni tecniche di evacuazione sono necessariamente diverse a seconda dello scenario lavorativo e l’acquisizione di un attestato generico non può garantire che il lavoratore sia in grado di effettuare manovre di autosoccorso in qualsiasi lavoro in quota. Inoltre mancano delle
linee guida in merito ai corsi D.p.i. che contengano indicazioni inerenti la durata ed i contenuti a seconda delle diverse realtà cantieristiche (coperture, strutture metalliche, ponteggi, eccetera).
La formazione dovrebbe essere orientata non solo verso la gestione delle emergenze ma dovrebbe occuparsi anche della manutenzione e delle verifiche sistematiche dei D.p.i. anticaduta.
Per quanto riguarda l’inquadramento normativo, il D.lgs. 81/2008 prevede che il sistema di accesso nei lavori in quota deve consentire l’evacuazione in caso di pericolo imminente e impone ai datori di lavoro di designare preventivamente i lavoratori incaricati dell’attuazione delle misure di evacuazione dei luoghi di lavoro in caso di pericolo grave ed immediato, di salvataggio, di primo soccorso e, comunque, di gestione dell’emergenza.
Cadute dall’alto: il rischio legato all’assunzione di alcolici
tratto dalla relazione di Valentino Patussi e Anna Muran
È dimostrato che l’elevato rischio, intrinseco al lavorare in quota, aumenta in maniera esponenziale con l’ assunzione di alcolici, infatti l’abuso alcolico provoca alterazioni dell’equilibrio legate agli effetti sull’apparato vestibolare dell’orecchio interno e l’alcolismo cronico produce una situazione di conflitto tra equilibrio dinamico e di movimento per gli effetti sui nuclei vestibolari ed il cervelletto, portando ad un aumento del rischio di cadute.
Non a caso nel settore delle costruzioni, tra le vittime di infortuni mortali dovuti a cadute dall’alto, c’è una prevalenza del 9-9,5 % di infortunati che presentavano una alcolemia elevata.
Fortunatamente l’attuale contesto normativo dedica al fenomeno la necessaria considerazione, introducendo
– con la legge 125/2001 (Legge quadro in materia di alcol)
– il divieto di assunzione e somministrazione di bevande alcoliche e superalcoliche nelle attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, con la possibilità di effettuare controlli alcolimetrici ai lavoratori.
La legge 125/2001 si applica anche ai lavoratori autonomi e ai datori di lavoro i quali, se svolgono in prima persona attività lavorative che comportano un elevato rischio di infortuni sul lavoro ovvero per la sicurezza, l’incolumità o la salute dei terzi, nel caso assumano alcolici sono puniti con una sanzione amministrativa.
Nel loro caso i controlli alcoli metrici possono essere effettuati esclusivamente dai medici del lavoro dei servizi per la prevenzione e la sicurezza negli ambienti di lavoro con funzioni di vigilanza, competenti per territorio delle aziende unità sanitarie locali.
Il dovere di non assumere o somministrare alcolici nelle “costruzioni” e nei “lavori in quota” viene ribadito nell’art. 111, comma 8 del D.lgs. 81/08: “il datore di lavoro dispone affinché sia vietato assumere e somministrare bevande alcoliche e superalcoliche ai lavoratori addetti ai cantieri temporanei e mobili e ai lavori in quota” (l’omessa disposizione è sanzionata ex art. 159, comma 2, lett. c).
Dunque il legislatore ha previsto che il datore di lavoro valuti tutti i rischi per la salute e sicurezza, programmi l’attività di prevenzione, elimini i rischi e, ove ciò non sia possibile, li riduca al minimo in base al progresso tecnico, effettui il controllo sanitario dei lavoratori, allontani il lavoratore dall’esposizione al rischio per motivi sanitari inerenti la sua persona e lo adibisca, ove possibile, ad altra mansione, dia una informazione e formazione adeguata ai lavoratori, ai dirigenti ai preposti e ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza.
Fonte: Edilnews.it
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