Italia ancora in ritardo su rifiuti, aria e impatto ambientale
Nonostante i progressi recentemente compiuti, la legislazione italiana in campo ambientale non ha ancora recepito nel complesso le disposizioni europee; una situazione che ieri le è costata la notifica di ben 17 procedimenti di infrazione da parte della Commissione europea.
Gestione dei rifiuti, protezione della natura, valutazione d’impatto ambientale, qualità dell’aria, rumore e accesso alle informazioni ambientali i settori oggetto delle infrazioni.
All’Italia avrebbero dovuto essere segnalate ulteriori 3 infrazioni, archiviate a seguito delle informazioni inviate dalle autorità italiane.
"Noto con soddisfazione che siamo riusciti ad archiviare tre casi che coinvolgevano l’Italia. – ha sottolineato il Commissario europeo all’Ambiente - Trovo tuttavia preoccupante che, nonostante i ripetuti richiami, l’Italia non si sia ancora interamente conformata alla legislazione ambientale dell’UE in settori di cruciale importanza che incidono direttamente sulla salute, il benessere e i diritti dei cittadini.”
Ecco i principali punti critici.
Riguardo alla gestione dei rifiuti l’Italia non si è conformata alle sentenze della Corte di giustizia delle Comunità europee del 2004 riguardanti la direttiva quadro sui rifiuti [Direttiva 75/442/CE].
In particolare la legge italiana non determina i quantitativi massimi di rifiuti che possono essere trattati dagli impianti di trattamento nell’ambito delle cosiddette “procedure semplificate di recupero”. All’interno dell’UE tutti gli impianti di gestione dei rifiuti devono soddisfare alcuni criteri e disporre di un’autorizzazione. Vista la lacuna della legge italiana, gli impianti italiani hanno potuto beneficiare di una procedura semplificata – che in genere dovrebbe essere applicata solo agli impianti di piccole dimensioni – invece della procedura di autorizzazione normale, ben più rigida.
L’altra sentenza invece aveva riconosciuto l’italia colpevole per non aver ancora provveduto ad eliminare i rifiuti di tre discariche illegali di rifiuti pericolosi presenti in un ex sito industriale a Rodano (MI) né ad avviare la bonifica del sito.
La Commissione ha inoltre deciso di adire la Corte di giustizia in merito al D.Lgs. 209/2003 sui “veicoli fuori uso”, in quanto carente, rispetto alla direttiva 200/53/CE che prevede che i consumatori possano restituire le auto usate senza oneri perché siano rottamate.
L’Italia ha già ricevuto un parere motivato per non aver presentato piani di gestione dei rifiuti per alcune regioni e province. “La normativa comunitaria - precisa la commissione - prevede tale obbligo sin dal 1975 ma finora l’Italia non ha adottato né trasmesso alla Commissione i piani di gestione dei rifiuti pericolosi per due regioni (Friuli Venezia-Giulia e Puglia) e per la provincia autonoma di Bolzano. Mancano anche i piani di gestione dei rifiuti non pericolosi delle province del Lazio e delle province di Gorizia, Modena e Rimini.”
Due decisioni sono state adottate dalla commissione sulle modalità di attuazione della direttiva sulla valutazione di impatto ambientale [direttiva 85/337/CEE e successive modifiche] da parte dell’Italia.
Nella prima la Commissione è relativa allaconformità dell’intera legislazione italiana in materia di VIA alla direttiva.
I progetti che rientrano nel campo di applicazione della direttiva sono elencati negli allegati della stessa. I progetti dell’allegato I sono automaticamente sottoposti a VIA; per i progetti dell’allegato II, invece, gli Stati membri possono decidere, caso per caso o sulla base di criteri e di soglie, se un progetto debba essere soggetto a VIA o meno.
L'Italia ha recepito la direttiva sia a livello regionale che nazionale.
Nel recepimento sono state rilevate carenze in merito ai criteri e alle soglie fissati per i progetti dell’allegato II, oltre che ad altri elementi e collegamenti tra la normativa nazionale e quella regionale.
Carenze anche nella tutela della qualità dell’aria. La Commissione ha sollecitato l’Italia ad effettuare misurazioni del particolato (PM10) e ad informare il pubblico dei livelli di inquinamento.
L’Italia sta violando la normativa UE sulla qualità dell’aria [direttiva 96/62/CE] che stabilisce che, a determinate condizioni, gli Stati membri devono misurare le concentrazioni di alcuni inquinanti atmosferici, compreso il PM10, e garantire che questi dati siano regolarmente comunicati al pubblico. Un caso di mancata informazione al pubblico è relativo a Civitavecchia, che rientra in una zona nella quale le misurazioni sono obbligatorie e l’inquinamento da PM10 è effettivamente superiore ai valori limite.
Altro parere motivato è arrivato per non aver misurato le concentrazioni di PM10 e di piombo nell’atmosfera nella città di Brindisi.
Per problemi riguardanti la protezione della natura sono stati adottati nei confronti dell’Italia quattro provvedimenti.
Altri pareri motivati sono stati inviati all’Italia per la mancata notifica della legislazione nazionale di attuazione delle normative UE sul rumore, sulla valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull'ambiente, sull’accesso del pubblico alle informazioni ambientali (e sulla disponibilità di informazioni sul risparmio di carburante e sulle emissioni di CO2 da fornire ai consumatori per quanto riguarda la commercializzazione di autovetture nuove.
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