In altre parole ora, secondo gli indirizzi forniti con questa sentenza, il legislatore italiano dovrebbe, salvo a voler affrontare un altro procedimento parallelo da parte della Commissione delle comunità europee, provvedere a modificare le disposizioni contenute nell'art. 90 del Testo Unico, giudicate contrastanti con gli indirizzi della direttiva comunitaria, e con particolare riferimento al comma 11 dello stesso articolo che, come è noto, al posto delle condizioni di deroga già individuate con il D.Lgs. n. 494/1996 nella entità e nella rischiosità del cantiere, ha introdotto una deroga all’obbligo di nominare il coordinatore in fase di progettazione che riguarda i lavori privati e quelli non soggetti al permesso di costruire i quali, come è noto, costituiscono una buona parte dei lavori esistenti oggi in Italia.
Interessante è questa sentenza della Corte di Giustizia europea (Prima Sezione) oltre che ad essere clamorosa in relazione alle decisioni assunte dalla stessa Corte le quali, se pure si riferiscono alle disposizioni del D. Lgs. n. 494/1996 sui cantieri temporanei o mobili ora abrogato dal
D. Lgs. n. 81/2008 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, sono destinate anche allo stesso Testo Unico perché di fatti esso ha perpetrato nell'ordinamento giuridico italiano l’inadempimento alla direttiva cantieri europea oggetto della sentenza.
Dalla lettura di questa sentenza, che considerata la importanza dell'argomento merita senza dubbio un commento più approfondito, emerge che la Commissione delle comunità europee ha osservata una non corrispondenza fra l’art. 3 della direttiva 92/57 relativa ai cantieri temporanei o mobili e l'art. 3 commi 3 e 4 del
D. Lgs. n. 494/1996 che ha recepito in Italia la citata direttiva europea.
L’art. 3 della
direttiva 92/57, dal titolo «Coordinatori – Piano di sicurezza e di salute – Notifica preliminare” dispone, infatti, che:
1.
Il committente o il responsabile dei lavori designa uno o più coordinatori in materia di sicurezza e di salute, quali sono definiti all’articolo 2, lettere e) ed f), per un cantiere in cui sono presenti più imprese.
2. Il committente o il responsabile dei lavori controlla che sia redatto, prima dell’apertura del cantiere, un piano di sicurezza e di salute conformemente all’articolo 5, lettera b).
Previa consultazione delle parti sociali, gli Stati membri possono derogare al primo comma, tranne nel caso in cui si tratti:
- dei lavori che comportano rischi particolari quali sono enumerati all’allegato II o
- dei lavori per i quali è richiesta una notifica preliminare in applicazione del paragrafo 3 del presente articolo.
3. Per quanto riguarda un cantiere:
– in cui la durata presunta dei lavori è superiore a 30 giorni lavorativi e che occupa contemporaneamente più di 20 lavoratori
o
– la cui entità presunta è superiore a 500 uomini/giorni
il committente o il
responsabile dei lavori prima dell’inizio dei lavori comunica alle autorità competenti la notifica preliminare, elaborata conformemente all’allegato III.
La notifica preliminare deve essere affissa in maniera visibile sul cantiere e, se necessario, essere aggiornata».
L’art. 3 commi 3 e 4 del D. Lgs. n. 494/1996, invece, così recita:
3. Nei cantieri in cui è prevista la presenza di più imprese, anche non contemporanea, il committente o il responsabile dei lavori, contestualmente all’affidamento dell’incarico di progettazione, designa il coordinatore per la progettazione in ognuno dei seguenti casi:
a) nei cantieri la cui entità presunta del cantiere è pari o superiore ai 200 uomini giorno;
b) nei cantieri i cui lavori comportano rischi particolari elencati nell’allegato II.
4. Nei casi di cui al comma 3, il committente o il responsabile dei lavori, prima dell’affidamento dei lavori, designa il coordinatore per l’esecuzione dei lavori, che deve essere in possesso dei requisiti di cui all’articolo 10.
La Commissione delle Comunità europee ha rilevato che la normativa italiana ha limitato l’obbligo di designare uno o più coordinatori in materia di sicurezza e di salute, prescritto dall’art. 3 n. 1 della direttiva 92/57, a due fattispecie, vale a dire ai cantieri la cui entità presunta sia pari o superiore a 200 uomini/giorno e a quelli i cui lavori comportano rischi particolari e, non trovando una corrispondenza fra le due disposizioni, quella comunitaria e quella italiana, ha provveduto ad intimare la Repubblica italiana a presentare le proprie osservazioni.
Successivamente, non avendo ricevuto risposta, ha diffidato lo Stato italiano ad adottare entro il termine di due mesi a decorrere dalla notifica del parere i provvedimenti necessari a garantire la corretta trasposizione della direttiva comunitaria. Quindi, non avendo ancora la Repubblica italiana dato alcun seguito al parere della Commissione delle Comunità europee questa ha fatto ricorso alla Corte di Giustizia europea chiedendo alla stessa di dichiarare la Repubblica italiana incombente agli obblighi della direttiva del Consiglio 24 giugno 1992, 92/57/CEE, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE) per non aver appunto recepito correttamente l’art. 3 della direttiva medesima riguardante la nomina dei coordinatori da parte del committente.
Nel ricorso la Commissione ha tenuto a precisare che, contrariamente a quanto è stato fatto in Italia, nella direttiva comunitaria non è consentita alcuna restrizione per quanto concerne l’obbligo di designare i coordinatori e che la possibilità di deroga di cui n. 2 dell’articolo 3 della direttiva riguarderebbe unicamente la predisposizione di un piano di sicurezza e di salute prima dell’apertura del cantiere e non la designazione di uno o di più coordinatori.
A supporto di quanto sostenuto la stessa Commissione ha fatto notare che nella versione francese dell’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57, è stato correttamente prevista la deroga non alla nomina dei coordinatori bensì alla predisposizione, in talune ipotesi, della redazione del piano di sicurezza e di salute.
La Repubblica italiana, premettendo di non essere tenuta ad una verifica della concordanza tra la versione italiana e le altre versioni linguistiche della direttiva 92/57, ha replicato di avere correttamente trasposta la direttiva europea e di aver riferito il termine “comma” scritto nell’art. 3 della direttiva, nel quale è prevista la deroga, al punto 1 relativo alla nomina del coordinatore e non al primo periodo del punto 2 relativo invece alla redazione del piano di sicurezza e di salute, giustificando tale interpretazione con il significato corrente che in Italia viene dato alle parole “comma” e "paragrafo" riportate nella direttiva (nella direttiva con "commi" vengono individuati i periodi e con "paragrafi" i punti numerati) e rappresentando anzi la necessità che venisse fatto un intervento di rettifica della direttiva al fine di eliminare ogni equivoco. In ogni caso, ha proseguito la Repubblica italiana, la deroga all’obbligo di designare un coordinatore, prevista dalla normativa nazionale, vale in fondo solo per i cantieri di entità ridotta, in merito ai quali le parti sociali avrebbero convenuto, come previsto da detta direttiva, che i rischi d’interferenza tra i diversi tipi di impresa sono più ridotti.
Come ulteriore motivo della decisione assunta con il D. Lgs. n. 494/1996 la Repubblica italiana ha precisato, inoltre, che “l’obbligo di designare sistematicamente un coordinatore per tale genere di cantieri, previsto dalla Commissione, comporterebbe l’imposizione di vincoli burocratici e determinerebbe spese supplementari” ed altresì che “tale obbligo risulterebbe peraltro ulteriormente inasprito da una giurisprudenza nazionale in forza della quale la scelta del coordinatore in materia di sicurezza e di salute deve ricadere su una persona esterna al cantiere, posto che un dipendente, per mancanza di indipendenza e autonomia sufficienti, non potrebbe assumersi la responsabilità di tale missione”.
Ulteriore motivo addotto dalla Repubblica italiana è stato quello di aver voluto ottemperare al primo ed al secondo “considerando” della direttiva 92/57 volti a “prevenire l’imposizione di vincoli supplementari che possano ostacolare la creazione e lo sviluppo di piccole e medie imprese”. Inoltre la Repubblica italiana ha tenuto a precisare, a propria difesa, che comunque in Italia il D. Lgs. n. 494/1996, concernente le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei e mobili, è stato abrogato ed è stato assorbito dal D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Su quest'ultima precisazione la Commissione ha però subito replicato facendo osservare come lo stesso D. Lgs. n. 81/2008 “continuasse a prevedere una deroga all’obbligo di designare coordinatori, obbligo tuttavia previsto in termini assoluti all’art. 3 della direttiva 92/57”.
La Corte di Giustizia europea, dopo aver ascoltate le parti in udienza, ha ritenuto fondato il ricorso proposto dalla Commissione delle Comunità europee ed in merito alle giustificazioni presentate dalla Repubblica italiana ha fornito delle interessanti considerazioni che di seguito si riportano anche se non ha inteso entrare nel merito dell'abrogazione in Italia del D. Lgs. n. 494/1996 e dell'entrata in vigore delle nuove disposizioni dettate con il D. Lgs. n. 81/2008 non essendo le stesse argomento oggetto del dibattimento in corso.
Per quanto riguarda le osservazioni formulate dalla Repubblica italiana relative all’equivoco sorto sulla interpretazione dei termini “comma” e “paragrafo” la Corte di Giustizia europea ha fatto presente che l’art. 3 della direttiva comunitaria in esame “è suddiviso in tre paragrafi numerati che enunciano tre regole di diritto chiaramente distinte vertenti, rispettivamente, sulla designazione di coordinatori, sul piano di sicurezza e di salute nonché sulla notifica preliminare ai lavori di una certa importanza proveniente dal committente o dal responsabile dei lavori”.
“In base a tale struttura – prosegue la Corte - la designazione dei coordinatori è quindi esclusivamente disciplinata al n. 1 di questo articolo, mentre il n. 2 dello stesso articolo contempla le regole relative al piano di sicurezza e salute. Inoltre, l’ultimo paragrafo di detto art. 3 si articola in due commi che contengono, il primo, la formulazione di una regola e, il secondo, quella di una deroga” per cui, in base anche ad altre osservazioni fatte dalla stessa Corte sui termini “comma” e “paragrafo” e riportate in sentenza, questa ha concluso “che la deroga contenuta al secondo comma dell’art. 3, n. 2, della detta direttiva può riferirsi solo alla regola che la precede immediatamente, vale a dire quella che riguarda la redazione di un piano di sicurezza e di salute”.
Per quanto riguarda poi la precisazione che in Italia l’obbligo di designazione dei coordinatori in materia di sicurezza e salute sussiste solo in ipotesi molto residuali e di portata limitata la Corte ha fatto presente che tale osservazione non è assolutamente accettabile “
in quanto l’art. 3, n. 1, della direttiva 92/57, la cui formulazione è chiara e precisa, non ammette alcuna deroga a tale obbligo”. Circa poi l’osservazione che la designazione del
coordinatore comporterebbe in Italia un aggravio degli adempimenti burocratici e degli oneri finanziari, in particolare per le piccole e le medie imprese, la Corte ha fatto rilevare che “
come emerge dal preambolo della direttiva 92/57, lungi dal costituire una semplice formalità amministrativa, la designazione di un siffatto coordinatore è necessaria per assicurare la sicurezza e la salute dei lavoratori in un settore che li espone a rischi particolarmente elevati e deve, pertanto, essere considerata come un obbligo fondamentale alla luce dell’obiettivo, perseguito da detta direttiva, di combattere l’aumento del numero di infortuni sul lavoro nei cantieri temporanei o mobili”.
Per quanto riguarda quindi l’argomento portato dalla Repubblica italiana secondo cui la designazione del coordinatore in materia di sicurezza e di salute comporterebbe spese supplementari, considerato che, in particolare, la giurisprudenza esistente in Italia richiede la nomina di una persona esterna al cantiere, la Corte ha rammentato, citando altre precedenti sentenze della stessa Corte che “uno Stato membro non può eccepire disposizioni, prassi o situazioni del proprio ordinamento giuridico interno per giustificare l’inosservanza degli obblighi e dei termini prescritti dalle direttive comunitarie”. Tra l’altro, ha osservato ancora la Corte di Giustizia, “il testo della direttiva 92/57 non osta alla designazione del committente o del responsabile dei lavori come coordinatore in materia di sicurezza nonché di salute” ed inoltre che “una persona può ricoprire simultaneamente più funzioni definite all’art. 2, lett. b), c), e) e f), di detta direttiva”.
Su una osservazione, infine, avanzata dalla Repubblica italiana, quasi a giustificare che in alcuni casi la presenza del coordinatore potrebbe anche non essere necessaria, in base alla quale già l’applicazione dei principi generali di prevenzione in materia di norme di sicurezza e di salute previsti dal D. Lgs. n. 626/1994 consente di assicurare in Italia una tutela sufficiente a
garantire la sicurezza e la salute dei lavoratori nei cantieri anche in mancanza di designazione di un coordinatore, la Corte ha fatto riscontro osservando che se è pur vero che “la direttiva 89/391 contiene delle disposizioni in materia di sicurezza e di salute che trovano applicazione qualora, in uno stesso luogo di lavoro, operino i lavoratori di più imprese” tuttavia va rilevato che “l’art. 6, n. 4, della direttiva medesima si limita a decretare un
obbligo generale di cooperazione e di coordinamento a carico dei datori di lavoro, distinto dai compiti assegnati al
coordinatore in materia di sicurezza e di salute ai sensi degli artt. 5 e 6 della direttiva 92/57”. Al coordinatore in materia di sicurezza e di salute vengono infatti attribuiti, ai sensi dell’art. 5, lett. b) e c), della direttiva 92/57, obblighi specifici durante la progettazione dell’opera, quali la predisposizione di un
piano di sicurezza e di salute e di un fascicolo specifico in relazione a eventuali lavori successivi, e durante la esecuzione dell’opera allorquando deve assicurare, nelle diverse fasi di realizzazione dell’opera, l’effettivo rispetto da parte dei datori di lavoro dei loro obblighi in materia di sicurezza e di salute nei confronti dei lavoratori.
Al termine delle considerazioni svolte quindi la Corte di Giustizia europea ha dichiarato e statuito che “Non avendo provveduto alla corretta trasposizione nell’ordinamento italiano dell’art. 3, n. 1, della direttiva del Consiglio 24 giugno 1992, 92/57/CEE, riguardante le prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei
cantieri temporanei o mobili (ottava direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza della direttiva medesima”.
Per quanto riguarda le spese la Corte, tenuto conto del fatto che il testo dell’art. 3, n. 2, secondo comma, della direttiva 92/57 nella sua versione italiana ha comportato talune ambiguità linguistiche, ha ritenuto di compensarle fra le parti.
Ma questo è il meno in quanto ora, secondo gli indirizzi forniti con questa sentenza, dobbiamo provvedere con urgenza a modificare al più presto le disposizioni contenute nell'art. 90 del Testo Unico giudicate contrastanti con gli indirizzi della direttiva comunitaria ed il riferimento è al comma 11 dello stesso articolo che, come è noto, al posto delle condizioni di deroga già individuate con il D. Lgs. n. 494/1996 nella entità e nella rischiosità del cantiere, ha introdotto una deroga all’obbligo di nominare il coordinatore in fase di progettazione che riguarda i lavori privati e quelli non soggetti al permesso di costruire i quali, tra l'altro, costituiscono una parte non irrilevante dei lavori oggi esistenti in Italia.