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La Cassazione sul capocantiere "di fatto"

Gerardo Porreca

Autore: Gerardo Porreca

Categoria: Approfondimento

05/07/2010

Per la serie "le responsabilità di fatto" e con riferimento all’esercizio in concreto dei poteri direttivi di cui all’art. 299 del TU in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro questa è la volta del capocantiere di fatto. A cura di G.Porreca

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Cassazione Sezione IV Penale - Sentenza n. 20070 del 26 maggio 2010 (U. P. 18 maggio 2010) -  Pres. Mocali – Est. Romis – P.M. Mura - Ric. C. L.  

Commento a cura di G. Porreca.

Questa sentenza entra a far parte di quella serie di sentenze che possiamo definire sulle “responsabilità di fatto” e ben si raccorda con le disposizioni che il legislatore ha inteso dettare con l’art. 299 del D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, il quale ha introdotto nell’ordinamento giuridico italiano l’esercizio di fatto dei poteri direttivi disponendo in merito che “le posizioni di garanzia relative ai soggetti di cui all'articolo 2, comma 1, lettere b) (datore di lavoro), d) (dirigente) ed e) (preposto), gravano altresì su colui il quale, pur sprovvisto di regolare investitura, eserciti in concreto i poteri giuridici riferiti a ciascuno dei soggetti ivi definiti”. 

Questa volta dalla Corte di Cassazione è stata riconosciuta la responsabilità penale di un soggetto che, pur rivestendo la qualifica di legale rappresentante di una ditta appaltatrice, è stato ritenuto “in concreto” il capocantiere di un cantiere edile presso il quale si è infortunato un lavoratore di una ditta subappaltatrice e nel quale, a seguito degli accertamenti, è emerso che lo stesso impartiva delle direttive in materia di sicurezza sul lavoro interferendo sostanzialmente con l’attività della ditta subappaltatrice medesima.





Il caso
Il rappresentante legale di una ditta appaltatrice è stato tratto in giudizio per rispondere del reato di cui all'articolo 589 c.p., perchè, per colpa consistita in negligenza, imperizia ed imprudenza, nonché per inosservanza delle norme sulla prevenzione degli infortuni sul lavoro, agendo in concreto quale capocantiere della ditta alla quale aveva subappaltato dei lavori (nei confronti della quale è stato proceduto separatamente), aveva cagionato la morte di un operaio che lavorava alle dipendenze della ditta subappaltatrice medesima. Il lavoratore, secondo la dinamica ricostruita nel capo di imputazione, mentre espletava da solo le mansioni affidategli, era caduto da un'apertura posta all'altezza di circa sei metri dopo essere inciampato su una palanca, ed aveva riportate, in conseguenza della caduta stessa, delle gravissime lesioni. Ricoverato quindi in ospedale con prognosi riservata lo stesso è deceduto il giorno seguente per shock traumatico ed ipovolemico secondario a pneumotorace destro drenato, frattura epifisi-metafisi distale del femore destro, frattura somatica amielica del corpo della 21^ vertebra dorsale e lacerazione epatica con versamento emorragico libero endoaddominale. In particolare all’imputato venivano addebitati dei profili di colpa specifica per non aver fornito all’infortunato una cintura di sicurezza, nonché per non aver fatto predisporre le misure di protezione idonee a prevenire che l’operaio potesse cadere dal balconcino sul quale stava lavorando.

L’iter giudiziario e le decisioni della Corte di Cassazione
Il Tribunale condannava l’imputato alla pena ritenuta di giustizia, condanna che veniva successivamente confermata dalla Corte d'Appello. Quest’ultima, in particolare, poneva in evidenza che dalla istruttoria dibattimentale era emerso che l'imputato, pur essendo il legale rappresentante della ditta appaltatrice, aveva in concreto esercitato le mansioni di direttore dei lavori e di capocantiere, provvedendo ad organizzare i lavori e ad impartire le direttive agli operai ed era emerso, altresì, che la ditta subappaltatrice non aveva mai provveduto a nominare un responsabile per la sicurezza del cantiere come previsto dall'articolo 4 del contratto di subappalto per cui la responsabilità non poteva che ricadere sulla persona che in concreto aveva svolto le funzioni di sorveglianza, gestione e controllo del cantiere e cioè sull’imputato stesso. 

L’imputato ha fatto ricorso per Cassazione ribadendo le motivazioni già addotte alla Corte di Appello ma il suo ricorso è stato dalla stessa dichiarato inammissibile. Nella sua decisione la suprema Corte ha tenuto ad evidenziare che nel capo di imputazione  era stata attribuita al rappresentante legale della ditta appaltatrice la qualifica di capocantiere “di fatto” e che  la condanna era stata pronunciata proprio sul rilievo che lo stesso svolgeva in concreto le mansioni di capocantiere, a parte il fatto che la sua posizione di garanzia era risultata riconducibile anche alla sua veste di legale rappresentante della ditta che aveva dato in subappalto dei lavori alla ditta per conto della quale lavorava l’infortunato. In merito a quest’ultima posizione la Sez. IV ha ribadito che “nella giurisprudenza della Corte di Cassazione è stato infatti affermato il principio secondo cui l'appaltante risponde, come datore di lavoro, dell'assolvimento degli obblighi nei confronti dei dipendenti dell'appaltatore (cfr. Sez. 4, n. 14361/02, Abbadini ed altro, RV. 221378, con la quale è stato precisato che alla responsabilità dell'appaltante si aggiunge anche quella dell'appaltatore ove sia dimostrato che quest'ultimo, lungi dall'operare come mero prestatore di lavoro, abbia conservato un potere di ingerenza nella gestione delle attività svolte dai dipendenti)”.

Per quanto riguarda, infine, la responsabilità “di fatto” individuata nell’imputato ed in merito alla circostanza che lo stesso aveva provveduto in concreto ad organizzare i lavori e ad impartire le direttive agli operai, la suprema Corte ha concluso che “secondo un consolidato indirizzo interpretativo della stessa Corte di Cassazionein tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro chiunque, in qualsiasi modo, abbia assunto posizione di preminenza rispetto ad altri lavoratori, così da poter loro impartire ordini, istruzioni o direttive sul lavoro da eseguire, deve essere considerato automaticamente tenuto, ai sensi del Decreto del Presidente della Repubblica n. 547 del 1955, articolo 4, ad attuare le prescritte misure di sicurezza e a disporre e ad esigere che esse siano rispettate, a nulla rilevando che vi siano altri soggetti contemporaneamente gravati dallo stesso obbligo per un diverso e autonomo titolo". 




Corte di Cassazione - Sezione IV Penale - Sentenza n. 20070 del 26 maggio 2010 (U. P. 18 maggio 2010) -  Pres. Mocali – Est. Romis – P.M. Mura - Ric. C. L. - Per la serie “le responsabilità di fatto” e con riferimento all’esercizio in concreto dei poteri direttivi di cui all’art. 299 del TU in materia di tutela della salute e sicurezza sul lavoro questa è la volta del capocantiere di fatto.



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