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La collaborazione con gli organismi paritetici è una polpetta avvelenata?

Alcune considerazioni sul significato che può, e su quello che non può e non deve, essere attribuito alla “collaborazione con gli organismi paritetici”. Di Attilio Pagano.

1. Le virgole sono importanti
L’art. 37, c. 12, del D. Lgs. 81/08, così come modificato ai sensi del D. Lgs. 106/09, stabilisce che “la formazionedei lavoratori e dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici, ove presenti nel settore e nel territorio in cui si svolge l’attività del Datore di lavoro, durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri a economici a carico dei lavoratori”.
Il riferimento alla “collaborazione con gli organismi paritetici” richiede alcune considerazioni sul significato che può, e su quello che non può e non deve, esservi attribuito.
Questo impegno si rende necessario anche in considerazione del fatto che la Conferenza Stato Regioni sta per emanare, come previsto dal comma 2 dello stesso articolo 37, un Accordo per disciplinare la durata, i contenuti minimi e le modalità della formazione, nonché dell’aggiornamento, dei lavoratori, dei preposti e dei dirigenti.
È evidente la portata, anche economica, che potrebbero assumere le specificazioni del riferimento alla “ collaborazione con gli organismi paritetici”.
Un primo elemento di chiarezza viene dalla lettura del comma 12 con attenzione alla proposizione principale.
Si evidenzia che la locuzione verbale “deve avvenire” non regge direttamente le parole immediatamente seguenti “in collaborazione con gli organismi paritetici”, ma le parole conclusive del comma: “durante l’orario di lavoro e non può comportare oneri a economici a carico dei lavoratori”.
Le virgole, infatti, separano il verbo di comando (“deve avvenire”) dalla “collaborazione con gli organismi paritetici”.
Quest’ultima, quindi, non è l’oggetto del comando, ma una sua condizione, per di più eventuale e condizionata.
Nonostante l’evidenza di queste osservazioni sintattiche, qualche lettura ‘interessata’ ha tentato di attribuire al riferimento alla collaborazione con gli organismi paritetici un significato molto più impegnativo.
Per questo motivo, vorrei portare argomenti contro le ‘interessate’ interpretazioni di un presunto obbligo delle imprese a cercare la collaborazione con gli organismi paritetici nell’acquisto di servizi formativi gestiti, tanto direttamente o indirettamente, quanto congiuntamente o separatamente, dagli enti di formazione degli stessi organismi paritetici o delle associazioni di rappresentanza dei lavoratori e delle imprese che di quegli organismi sono le organizzazioni costitutive.
Cercherò, quindi, di sostenere perché il significato della “collaborazione con gli organismi paritetici” non può e non deve essere quello dell’obbligo di acquisto di servizi formativi e lo farò con quattro argomenti: giuridico, economico, organizzativo e socio-culturale.
Darò, poi, la mia proposta di che cosa può e dovrebbe significare il riferimento alla collaborazionecon gli organismi paritetici e lo farò con due argomenti: normativo (chi deve dire come distinguere la formazione adeguata da quella non adeguata) e socio-culturale (il ruolo delle associazioni di rappresentanza per la promozione della formazione presso i rappresentati).


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2. Perché “collaborazione” non può e non deve significare acquisto di servizi formativi
Gli organismi paritetici o enti bilaterali sono costituiti dalle associazioni di rappresentanza della imprese e dei lavoratori.
L’adesione a queste associazioni da parte degli imprenditori e dei lavoratori è libera e, in linea di principio, è possibile che ci siano imprenditori e lavoratori che scelgono di non aderire ad alcuna associazione di rappresentanza.
Ciò premesso, poiché la legge (in termini molto moderni a condivisibili) assegna a detti organismi ed enti un ruolo importante nella regolazione dei comportamento degli attori sociali (imprese e lavoratori), si tratta di chiarire se da questo quadro normativo e culturale nascano degli obblighi di questi attori sociali verso gli organismi o enti, o, viceversa, obblighi proprio degli organismi o enti verso gli attori sociali.
Al momento di stesura di queste considerazioni sono disponibili alcune bozze dell’Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni per la disciplina della formazione di lavoratori, preposti e dirigenti in materia di salute e sicurezza sul lavoro.
Da queste bozze sembra emergere una lettura del rapporto tra attori sociali e organismi o enti che definisce un obbligo dei primi verso i secondi.
In particolare, si prefigura un obbligo di realizzare i corsi di formazione per i lavoratori “previa richiesta di collaborazione agli enti bilaterali”.
Lo scorso 29 luglio 2011, la DG “Tutela delle condizioni di lavoro” del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali ha emesso la circolare numero 20, “attività di formazione in materia di salute e sicurezza svolta da enti bilaterali e organismi paritetici o realizzata in collaborazione con essi”.
Questo documento intende chiarire che gli organismi paritetici devono essere individuati con riferimento alla rappresentatività delle associazioni d’impresa e dei lavoratori.
In caso di dubbio sul possesso di tale requisito, la circolare invita a rivolgersi alla stessa DG del Ministero.
Nel fornire questo chiarimento sul necessario requisito di rappresentatività delle associazioni costituenti gli organismi paritetici, facendo riferimento “all’ormai imminente perfezionamento degli Accordi” in sede di Conferenza Stato Regioni, la stessa circolare implicitamente anticipa che l’Accordo indicherà un obbligo delle imprese ad avvalersi dei servizi formativi degli organismi bilaterali.
Questa imposizione non convince per diversi motivi, il primo dei quali è che per questa strada si contraddice la natura di libera scelta dell’adesione alle associazioni di rappresentanza.
È vero che la contrattazione nazionale produce un effetto “erga omnes”, ovvero di validità universale e non solo per gli associati, ma, in questo caso, non si tratterebbe solo di avvalersi di un sistema normativo (come le regole del CCNL), ma proprio di un servizio che ha rilevanza commerciale (come la formazione).
A mio parere, il moderno e condivisibile sistema normativo cosiddetto della bilateralità non fa nascere obblighi degli attori sociali nei confronti delle associazioni di rappresentanza (sicuramente non obblighi di natura economica e commerciale), ma semmai obblighi delle associazioni stesse verso i rappresentati.
Su questo punto tornerò in conclusione dando la mia proposta di significato della “collaborazione con gli organismi paritetici”.
Tornando alle interpretazioni interessate che prefigurerebbero un obbligo di avvalersi di servizi offerti dagli organismi paritetici o enti bilaterali (o quantomeno un obbligo di chiederli prima di realizzare i corsi di formazione per lavoratori, salvo liberazione dagli obblighi decorsi 15 giorni dalla richiesta in assenza di una risposta da parte degli organismi stessi), vi sono diversi motivi per confutarle e respingerle.
 
2.1 Argomento giuridico
L’attività di impresa è un’espressione delle fondamentali libertà (e responsabilità) garantite dalla Repubblica italiana. L’art. 41 della Costituzione stabilisce che l'iniziativa economica privata è libera e che essa non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.
Evidentemente non si può sostenere che il supporto all’attività formativa cercato in fornitori (imprese o professionisti) indipendenti dagli enti bilaterali o organismi paritetici costituisca di per sé una minaccia di “danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana”.
Nel nostro quadro costituzionale, Il legislatore può assegnare certe funzioni allo Stato e ai suoi organi.
Ma se riconosce che queste funzioni possono essere svolte da organizzazioni non statuali, come sono le imprese e gli organismi paritetici, allora può solo stabilire regole di qualificazione mantenendo un criterio di accesso e mai stabilendo un principio di esclusione.
Intendo dire che può darsi una legge che dice che per fare un lavoro, a esempio la formazione dei lavoratori in materia di salute e sicurezza, sono necessari alcuni requisiti.
Ma tali requisiti devono potere essere acquisiti o conseguiti da chiunque.
Al contrario, stabilire regole esclusive del tipo “se sei un certo tipo di organizzazione privata (diciamo un organismo paritetico), allora puoi fare questo lavoro.
Se, invece, sei un diverso tipo di organizzazione privata (diciamo una impresa di servizi formativi), allora non puoi farlo”, sarebbe una violazione dei principi costituzionali di libertà e di parità.
Una tale discriminazione si avrebbe anche imponendo di chiedere la collaborazionedi un dato tipo di organizzazione (gli organismi paritetici) prima di realizzare i corsi di formazione.
Perlomeno finché non si precisa che tale collaborazione non deve consistere proprio nello svolgimento dei servizi formativi che sono oggetto dell’attività di altri tipi di organizzazione: le imprese di servizi formativi.
Poiché sarebbe altrettanto ingiusto impedire agli organismi paritetici di organizzare l’offerta di servizi formativi, per evitare incostituzionali situazioni di discriminazione, vanno rimossi tutti i riferimenti a obblighi della generalità delle imprese di produzione di chiedere la collaborazione a chicchessia.
In sostanza, stabilire un obbligo per le imprese di avvalersi dei servizi formativi offerti dagli organismi paritetici costituirebbe una duplice discriminazione e violazione del principio costituzionale di uguaglianza: a) discriminazione tra le imprese di servizi formativi legate agli organismi paritetici (che riceverebbero un ingiustificato vantaggio economico) e le imprese di servizi formativi indipendenti dagli organismi paritetici; b) discriminazione tra imprese di produzione nel cui ambito di attività o territorio opera un organismo paritetico e che, pertanto, avrebbero un obbligo, anche commerciale, di avvalersi dei loro servizi e le imprese di produzione nel cui ambito di attività o territorio non opera alcun organismo paritetico e che, per questo fortuito motivo, sarebbero libere di scegliere la società di servizi formativi di cui avvalersi.
Nella relazione tra organismi paritetici e generalità delle imprese di produzione, se di obblighi si deve parlare, si parli di obblighi degli organismi paritetici verso le imprese, poiché essi vanno a svolgere una funzione sussidiaria dello Stato nel dirimere le controversie applicative (vedi il successivo punto 3.1).
Anche per questo motivo, avere attribuito agli stessi organismi che devono dirimere le controversie applicative in tema di informazione e formazione (art. 51, c. 2) anche un ruolo di referente per l’erogazione di servizi formativi (art. 51, c. 3-bis) costituisce un potenziale fattore di conflitto di interessi.
Per fuggire a tale conflitto di interessi, sarebbe opportuno che si escludesse in modo chiaro ogni obbligo delle imprese di avvalersi delle attività di formazione svolte o promosse dagli organismi paritetici.
 
2.2 Argomento economico
Nel mercato, la concorrenza spinge la generalità delle imprese di produzione a migliorare il proprio sistema di offerta, la propria sensibilità al mercato, le strategie di soddisfazione dei diversi portatori di interesse (investitori, clienti, utenti, lavoratori, residenti nella zona di produzione ecc.).
Come in un convoglio ferroviario, le imprese si condizionano vicendevolmente.
Le imprese più innovative sono alla testa del convoglio e, avanzando, tirano anche le imprese meno innovative.
Le imprese meno innovative sono alla coda del convoglio e, proprio perché non si danno spinta autonoma, frenano l’avanzata di quelle più avanti.
Ne consegue che le imprese di testa sono ‘costrette’ a mantenere nel tempo un certo livello di innovazione.
In questo modo il sistema delle imprese avanza, ma diversamente dal convoglio ferroviario, con velocità talvolta diseguali.
All’immagine del treno, conviene sovrapporre anche quella dell’elastico.
La libertà delle imprese determina la loro differenza nel mercato.
La legge, che vuole tutelare la salute e sicurezza di tutti i lavoratori fa bene a imporre condizioni minime a tutte le imprese, ma non dovrebbe tarpare le ali a quelle che voglio volare più in alto.
Sono le imprese più innovative quelle che fanno avanzare il treno.
La legge non deve soltanto preoccuparsi di come fare crescere i comportamenti delle imprese alla coda del treno, ma anche di come consentire a quelle alla testa di treno di continuare ad avanzare.
Altrimenti, se la testa del treno si ferma, si ferma anche la coda.
Fuor di metafora, imporre alla generalità delle imprese di produzione di avvalersi di un tipo di fornitore di servizi (gli organismi paritetici), o anche soltanto mettere questo fornitore di servizi in una posizione di vantaggio rispetto ad altri tipi di fornitori (le imprese di servizi formativi indipendenti dagli organismi paritetici), sarebbe mettere una limitazione all’efficacia e alla spinta dell’innovazione.
In un mercato che cerca di stabilire rapporti qualità prezzo, introdurre regole rigide di offerta conduce la concorrenza ad agire solo sul piano del prezzo a scapito della qualità.
 
2.3 Argomento organizzativo
Uno dei fondamentali requisiti di efficacia della formazione sui temi di salute e sicurezza risiede nel fatto che essa si integri nelle politiche e nei processi organizzativi aziendali ordinari (a partire dalla Valutazione di rischi di cui è responsabile in modo non delegabile il Datore di Lavoro).
Questa integrazione tra le politiche organizzative costituisce proprio uno dei temi di innovazione che caratterizzano le imprese che si posizionano alla testa del convoglio di cui si parlava nel punto precedente.
Costringere tutte le imprese (anche quelle ‘di testa’) ad avvalersi di un tipo di fornitore di servizi formativi rischia non soltanto di provocare il rallentamento, se non l’arresto, di tutto il treno, ma anche di impoverire la valenza organizzativa della formazione dei lavoratori su salute e sicurezza.
Integrare questa formazione nelle politiche aziendali significa farsi carico delle implicazioni degli apprendimenti che la formazione favorisce.
A esempio, se si insegna ai lavoratori a riconoscere i pericoli per segnalarli, perché questa competenza possa esprimersi, l’organizzazione deve fari carico di alcune condizioni ‘a contorno’: creare e sostenere un sistema di reporting, sviluppare competenze di ruolo dei preposti e dirigenti coerenti con la ricezione delle segnalazioni e la restituzione di feedback incoraggianti, dare visibilità al reporting system e al trattamento delle segnalazioni, sviluppare competenze di problem setting e di problem solving nelle persone incaricate di ricevere e trattare le segnalazioni, comprendere gli indicatori sulle segnalazioni e sul loro trattamento tra i criteri dei sistemi di riconoscimento del contributo e di compensazione ecc.
Un progetto di formazione sul riconoscimento e la segnalazione dei pericoli che si disinteressi di queste implicazioni organizzative, sarà inevitabilmente poco efficace.
Occorre arrivare a integrare la formazione dei lavoratori su salute e scurezza in una comprensione sistemica dell’organizzazione.
Purtroppo, i comportamenti obbligati inducono una separazione della formazione dalle politiche organizzative.
A distanza di quasi 20 anni dall’entrata in vigore del vecchio 626, disponiamo di sufficienti esperienze per sostenere che una formazione fatta soltanto per adempiere agli obblighi di legge non è sufficiente per migliorare la prevenzione e la gestione dei rischi in modo significativo.
Accontentarsi dei risultati conseguiti per via normativa, può essere comprensibile se si guardano solo le imprese alla coda del treno.
Ma se si guarda tutto il treno e la sua dinamica di movimento nel tempo, allora si comprende come sia necessario per tutti non deprimere le possibilità di avanzamento delle imprese di testa e lasciare spazi a una concezione della formazione su salute e sicurezza che abbia un più ampio respiro organizzativo.
Per questi motivi bisogna consentire alle direzioni d’impresa di avvalersi di fornitori sentiti vicini e in rapporto fiduciario.
Queste condizioni non si costruiscono con gli obblighi o con i diritti di priorità, ma con la libertà di scegliere i partner che si ritengono più capaci e credibili.
 
2.4 Argomento socio-culturale
La libertà di scelta è il presupposto della responsabilità.
Quando i comportamenti sono frutto di una costrizione, il campo della responsabilità si restringe alla sola alternativa di sottrarsi alla imposizione quando la si percepisce come ingiusta e i calcoli morali tendono a considerare le sole conseguenze negative delle proprie azioni.
Per ampliare la gamma delle opzioni e per considerare nei propri calcoli anche le conseguenze positive, è necessario basare il proprio comportamento su una libertà di scelta.
Veniamo al tema della organizzazione dei corsi per salute e sicurezza.
Immaginiamo che venga stabilito l’obbligo di chiedere la collaborazione ad alcuni fornitori di servizi formativi, o anche solo l’obbligo di chiederla ad essi prima che ad altri, e solo in caso di mancata risposta entro un dato termine di tempo, si abbia la possibilità di scegliere liberamente.
Che conseguenze avrebbe questo quadro sulla responsabilità dei decisori delle imprese? Qualora valutassero questo obbligo come ingiusto, non gli resterebbe che calcolare le conseguenze negative della violazione (a esempio, la probabilità di essere scoperti e l’entità della eventuale sanzione).
I comportamenti conseguenti a questi calcoli di solito non sono molto virtuosi.
Se invece accettassero di conformarsi all’obbligo (considerandolo giusto o ingiusto è indifferente), tutte le implicazioni organizzative dell’efficacia della formazione cesserebbero di essere un loro problema.
Il problema manageriale diventerebbe soltanto quello di adempiere all’obbligo, al minimo onere possibile, e, per il resto, lasciare le cose come stanno perché non si evidenzierebbe più alcun motivo per cambiarle.
Da un punto di vista culturale, verrebbe rafforzata la credenza che la sicurezza è un onere di preoccupazioni straordinario e aggiuntivo e parallelo a quelli già presenti nell’agenda dei manager; e non, come invece dovrebbe essere, una delle diverse variabili di bilanciamento delle ordinarie decisioni gestionali.
La formazione, intesa come politica organizzativa, se svolta a colpi di adempimenti induce deresponsabilizzazione dei comportamenti innanzitutto delle alte direzioni e, a cascata, degli altri ruoli organizzativi, fino ai destinatari della stessa formazione ‘coatta’, i lavoratori.
Con quali conseguenze per l’efficacia della prevenzione, è facile immaginarlo.
 
3. In che cosa dovrebbe consistere la collaborazione con gli organismi paritetici?
Le leggi di derivazione europea che regolano obblighi, responsabilità e diritti in materia di salute e sicurezza hanno spostato il focus della prevenzione da un’idea di comportamenti sottoposti a un sistema comanda e controlla e un’idea in cui trova spazio anche l’autocontrollo.
In questo modo si compie il passaggio da una prevenzione solo oggettiva (la sicurezza intrinseca di macchine ambienti, sostanze ecc.concepita ‘a prova di scemo’) a una prevenzione anche soggettiva in cui si riconosce che i destinatari degli obblighi non possono non esercitare funzioni cognitive e decisionali di percezione, valutazione e decisione.
Il modello comanda e controlla regolava i rapporti tra Stato e imprese e, nelle imprese, tra decisori ed esecutori.
Il modello esteso anche all’autocontrollo richiede lo sviluppo di azioni di sostegno ai processi cognitivi e decisionali.
Se nelle singole imprese, queste azioni di sostegno sono costituite dalla attuazione di un sistema di “Istituti Relazionali” (informazione, formazione, addestramento, consultazione), nei rapporti tra Stato e imprese occorre riconoscere il ruolo delle associazioni di rappresentanza.
Questo ruolo, sin dal ‘vecchio’ 626, viene riconosciuto nella regolazione degli argomenti che potrebbero essere oggetto di controversie applicative.
Un campo in cui tali controversie possono presentarsi è proprio quello della informazione e formazione dei lavoratori.
La legge afferma che esse devono essere “adeguate”, ma non definisce i criteri per distinguere l'informazione e la formazione adeguate da quelle non adeguate.
È quindi necessario rendere disponibili agli operatori in azienda (Datori di Lavoro, Dirigenti, RSPP e RLS) criteri specifici e verificabili per attuare programmi aziendali di informazione e formazione adeguate.
In questo senso, un importante ruolo può essere svolto dalle associazioni di rappresentanza e dalle relazioni sindacali.
Gli organismi paritetici sono uno degli strumenti costituiti dalle associazioni di rappresentanza e dovrebbero svolgere proprio la funzione di costruire significati condivisi alle norme e, in particolare, agli aggettivi e agli avverbi che ‘abbelliscono’ le norme.
La costruzione di significati condivisi costituisce una risorsa e non un vincolo all’azione degli operatori economici che offrono servizi per assistere la generalità delle imprese di produzione nello svolgimento di efficaci progetti formativi.
La collaborazione di cui parla l’art.
37, va dunque intesa come una funzione di sostegno alla libera attività delle imprese di servizi formativi e della libertà di scelta (e conseguente responsabilità) della generalità delle imprese di produzione.
Vediamo come potrebbe esprimersi tale collaborazione.
 
3.1 Argomento normativo - Chi deve dire come distinguere la formazione adeguata da quella non adeguata.
L'art. 51 del D. Lgs. 81/08 stabilisce che gli enti paritetici sono prima istanza per dirimere le controversie applicative in tema di informazione e formazione.
Riconoscere l’adeguatezza della formazione non può esaurirsi nella osservazione dei suoi risultati.
Questi, infatti, dipendono da una pluralità di fattori individuali e organizzativi e l’eventuale insuccesso degli obiettivi organizzativi della formazione può non dipendere dalla sola formazione.
Anche comprendendo il processo di formazione in un quadro integrato di politiche organizzative, bisogna sempre riconoscere che gli effetti della formazione stessa dipendono anche da circostanze su cui i progettisti e i conduttori dei corsi non possono avere controllo.
Per parlare di adeguatezza della formazione occorre, dunque, riferirsi alle caratteristiche del processo di formazione che rendono più probabile il conseguimento degli obiettivi organizzativi.
Il giudizio sull’adeguatezza va dunque basato su considerazioni teoriche e sull’attuazione di buone prassi come requisiti ex ante e non sull’osservazione dei risultati ex post.
L’osservazione dei risultati produce il giudizio sull’efficacia e comporta una differenziazione dei livelli di analisi: valutazione del gradimento, degli apprendimenti a fine corso, degli apprendimenti a distanza di tempo e della messa in atto degli apprendimenti conseguiti.
Il controllo delle sole fasi del processo di formazione, per quanto ben svolto, non può garantire il conseguimento degli obiettivi organizzativi (di solito conseguenti alla messa in atto delle competenze acquisite), cioè non può garantire la massima efficacia.
Per questo obiettivo, occorre un governo integrato della formazione e delle altre politiche gestionali.
Dunque, il controllo delle fasi del processo di formazione può essere considerato una condizione necessaria, ma non sufficiente.
Il richiamo normativo a una formazione adeguata può quindi essere compreso come la necessità di condurre in modo professionale le diverse fasi del processo formativo: analisi dei bisogni, progettazione (identificazione degli obiettivi organizzativi, di quelli di apprendimento e delle tecniche di formazione corrispondenti).
A esempio, se si pone un obiettivo di capacità (come utilizzare correttamente un’attrezzatura di lavoro), le sole lezioni non costituiscono una tecnica di formazione adeguata, invece una combinazioni di lezioni e di prove può essere considerata adeguata.
Gli organismi paritetici, nella concezione della prevenzione soggettiva che integra l’autoregolazione dei soggetti alle funzioni di comando e controllo e proprio per la vicinanza alle caratteristiche specifiche delle imprese che a loro si riferiscono, sono la migliore sede di costruzione del consenso sui passi del processo, sulla definizione dei criteri di adeguatezza e sulle soluzioni tipiche del settore di riferimento.
Un aspetto particolare dell’attività che essi possono svolgere è la ricognizione delle situazioni lavorative tipiche, delle forme ricorrenti in cui si manifestano i pericoli, delle soluzione e delle best practices.
 
3.2 Argomento socio-culturale – Il ruolo delle associazioni di rappresentanza per la promozione della formazione adeguata presso i rappresentati
Come detto, interpretare il riferimento alla collaborazione con gli organismi paritetici come un obbligo delle imprese di avvalersi dei loro servizi, anche solo in forma di obbligo di richiesta, fatta salva la libertà di sentirsene liberi se gli organismi paritetici non dessero risposta entro un dato intervallo di tempo, rappresenta una elemento di favoritismo nella concorrenza tra imprese che forniscono servizi formativi che produce danni alla gran parte di queste imprese di servizio, alla generalità delle imprese di produzione e allo sviluppo di un miglioramento continuo nella gestione manageriale dei sistemi di prevenzione.
Occorre dare una lettura ribaltata della direzione dell’obbligo che nasce dal riferimento normativo alla collaborazione con gli organismi paritetici.
Non sono le imprese a dovere cercare gli organismi paritetici per farsi assistere d loro, ma sono gli organismi stessi che devono (funzione sussidiaria dello Stato) proporre alle imprese le loro funzioni.
In sostanza questi organismi devono prendere iniziative per promuovere la crescita culturale delle imprese sui temi della prevenzione con specifico riferimento agli istituti relazionali: informazione, formazione, addestramento e consultazione.
Queste funzioni culturali dovrebbero essere del tutto sganciate da qualsiasi offerta di servizi economici.
Si tratta di funzioni di elaborazione di criteri, disambiguazione delle norme, costruzione di consenso e diffusione di buone pratiche.
Gli strumenti potrebbero essere quelli propri delle associazioni di rappresentanza: pubblicazioni, convegni, social networks ecc.
Ne consegue che gli enti di formazione delle stesse organizzazioni di rappresentanza dovrebbero avere le stesse condizioni operative di tutte le imprese che offrono servizi di formazione.
 
4. Conclusioni. L’antidoto
Il ruolo degli organismi bilaterali è un elemento fondamentale nel sistema di prevenzione che a partire dal recepimento delle varie direttive europee ha scalzato il precedente modello comanda e controlla con un modello basato anche sull’autocontrollo dei soggetti sociali.
Lo svolgimento di questo ruolo non deriva spontaneamente dalle nuove norme.
Esso richiede una particolare attenzione alla promozione di cambiamenti culturali e una protezione contro le insidie di una tendenza alla conservazione delle rendite di posizione dei vari centri di potere.
Queste insidie sono ben rappresentate dalla metafora della polpetta avvelenata.
Proprio perché è dalla norma generale (il comma 12 dell’art. 37 del D. Lgs. 81/09) che può venire l’insidia della polpetta avvelenata, è da chi deve emanare le norme applicative che deve venire l’antidoto.
L’antidoto è la manifestazione da parte delle autorità di normazione (segnatamente la Conferenza Stato Regioni) di una più profonda comprensione delle esigenze del sistema di prevenzione e gestione dei rischi per salute e sicurezza dei lavoratori.
Tale comprensione si dovrebbe esprimere chiarendo che la collaborazione degli organismi paritetici non è e non può essere una attività economica.
In particolare, l’imminente Accordo in sede di Conferenza Stato Regioni dovrebbe:
1. leggere il testo della norma sulla collaborazione con gli organismi paritetici con attenzione alla proposizione principale e alle virgole;
2. superare i limiti di un approccio alla prevenzione solo tecnico normativo e abbracciare gli insegnamenti della comprensione sistemica dei fenomeni organizzativi;
3. non prestarsi a un gioco di interessi economici a favore di alcuni operatori e a scapito dell’avanzamento complessivo della prevenzione nel nostro paese.
 
 

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Pubblica un commento

Rispondi Autore: Vincenzo Raneri - likes: 0
01/09/2011 (06:53:03)
Ottimo articolo. Concorco su tutta la linea !
Rispondi Autore: Riccardo Borghetto - likes: 0
01/09/2011 (08:56:55)
Ho già avuto modo di leggere l'articolo sui social e Concordo ion pieno con l'articolo. Mi sembra ci sia un silenzio assordante da parte delle associazioni dei tecnici e formatori che piuttosto di protestare fanno a gara per inventarsi organismi paritetici di nuova costituzione che stanno proliferando. La norma deve introdurre criteri tecnici di qualificazione del dire chi può fare e non criteri "politici".
Rispondi Autore: ANTONIO FLORIANI - likes: 0
01/09/2011 (08:59:05)
COMPLIMENTI AD ATTILIO PAGANO AUTORE DI QUESTA PUBBLICAZIONE. SPERIAMO CHE QUALCUNO LO ASCOLTI!
Rispondi Autore: alberto cuomo - likes: 0
01/09/2011 (09:03:52)
Concordo con l'analisi di Pagano e con le sue proposte: complimenti per l'acutezza e chiarezza dell'analisi
Rispondi Autore: Francesco Volta - likes: 0
01/09/2011 (09:06:01)
Condivido in pieno l'articolo. E-se passa la linea paventata dall'articolo-temo anche sanzioni per non essersi avvalsi di detti enti. I criteri per valutare se un processo di formazione è valido sono già definiti nelle norme tecniche (UNI ad esempio). Basta seguire quelle.
Rispondi Autore: Guidetti Paolo - likes: 0
01/09/2011 (09:26:03)
Ho letto con attenzione l'articolo e ne condivido pienamente i contenuti. Concordo con le osservazioni espresse dall'autore, con particolare riferimento al ruolo degli enti e degli organismi paritetici che a mio giudizio e per esperienza professionale sul campo, ho verificato non essere in grado di erogare attività formative di livello adeguato e soddisfacente rispetto alle aspettative delle aziende.
Siamo alle solite... fatta la legge ... trovato l'inganno!!! In questo caso l'inganno sta nell'adempiere ad un obbligo di legge con la complicità di chi ha scarsa competenza e vuole solo approfittare del momento a discapito di chi investe e vuole crescere professionalmente (le locomotive) con grave nocumento a tutto il sistema economico, produttivo e della sicurezza e salute dei lavoratori.!!!
Rispondi Autore: Davide Cardin - likes: 0
01/09/2011 (09:34:48)
Concordo pienamente con il Dott. Pagano, è una VERGOGNA che una norma fatta per tutelare la sicurezza dei lavoratori sia solo ed esclusivamente un fine per arricchire le tasche di presunte associazioni paritetiche che non sono altro che aziende ben organizzate e politicamente ben inserite.
Rispondi Autore: matteo meroni - likes: 0
01/09/2011 (09:35:30)
una domanda: qualcuno ha un elenco degli organismi paritetici italiani? (quelli veri, non quelli creati per fini di pseudo-business).
In alcune provincie non esistono neppure!
Quando al sistema di rappresentanza aderisce il 30% delle imprese di una priovincia ha senso davvero il ruolo degli OPP come previsto/auspicato dall'81?
Bravo Pagano
Rispondi Autore: Silvestro Caira - likes: 0
01/09/2011 (10:50:23)
Come non essere d'accordo, il bravo Pagano ha detto in modo chiaro tutta la verità. Complimenti,questa tesi deve, ripeto deve essere fatta valere.
Rispondi Autore: Luca Casale - likes: 0
01/09/2011 (11:00:11)
L'analisi del dott. Pagano è totalmente e pienamente condivisibile. L'analisi grammaticale / logica presentata al primo punto sul senso del "deve avvenire" è una valutazione che vado sostenendo da tempo e che finalmente trovo esposta con tanta chiarezza in un autorevole contesto !!
Rispondi Autore: Giuliano Palotto - likes: 0
01/09/2011 (11:04:31)
Lascio un commento 'interessato' da lettore di Punto Sicuro. Ho letto fiumi di parole sull'argomento Organismi SI Organismi NO tanto da riempire un mare. Ho un dubbio però che nessuno è sembrato sufficientemente 'interessato' dal togliermi. Invece di 'interessarsi' sulla semantica delle virgole, se il legislatore non voleva un coinvolgimento dell'organismo, perchè lo ha inserito nella norma? Una volta un docente di diritto mi ha detto che se il legislatore non lo vuole, allora non lo mette!
Rispondi Autore: Eugenio Roncelli - likes: 0
01/09/2011 (11:33:56)
Chiarissimo e totalmente condivisibile quanto esposto da Pagano.
E sui "corsi di Formazione" da parte di Enti vari non tecnici, troppe volte ho trovato superficialità e scarsa professionalità dei formatori (esperti legali che ti spiegano le norme tecniche !) che si limitano ad esporre la legge (o la norma) senza neanche averla mai applicata.
La sicurezza si fà operando, non parlando e serve tanta, ma tanta esperienza.
Rispondi Autore: Francesco Scappini - likes: 0
01/09/2011 (12:38:18)
L'analisi del Dott. Pagano è talmente sincera ed obiettiva da non permettere alcun dissenso... anzi: entusiasma.
Se lo Stato, d'accordo con le Regioni, vorrà un "obbligo" formativo da parte degli OPT esso varrà come deresponsablizzazione del DL e del RSPP sull'efficacia della formazione oltre che sui contenuti e metodi nel caso in cui la "collaborazione" con l'OPT si dimostrasse coercitiva.
Come dire... se vogliono il dolce si beccheranno al più presto anche l'amaro.
Rispondi Autore: alfonso marchese - likes: 0
01/09/2011 (12:50:50)
Alcune precisiazioni al pregevole articolo di Attilio Pagani formatore esperto di varie associazioni riconosciute.
I CCNL hanno validità "erga omnes" solo nei casi previsti dalla legge.
Come noto, i contratti collettivi sono gli accordi stipulati fra un gruppo di lavoratori e un datore di lavoro o un gruppo di datori di lavoro e diretti ad individuare la disciplina applicabile ai rapporti individuali, in modo che questi vengano regolati in modo omogeneo e siano sempre permeati da un alveo di garanzie minime.

I soggetti coinvolti nella contrattazione collettiva devono essere quindi individuati in gruppi di lavoratori (che generalmente, ma non necessariamente, operano nella forma delle associazioni sindacali) e in gruppi di datori di lavoro (o, per il lato datoriale, anche nel singolo datore di lavoro): entrambe le parti operano in un regime di autonomia che ha natura privatistica, la quale esclude pertanto che il contratto collettivo possa costituire una fonte di diritto in senso oggettivo, dunque generale ed astratto (come invece avviene, ad esempio, per le leggi o gli atti aventi forza di legge).

Di conseguenza, un accordo di questa specie può dirsi vincolante quando le parti abbiano espresso il proprio consenso al fatto che esso dispieghi effetti nei propri confronti.

Detto consenso si ritiene perfezionato dal singolo soggetto in due modi:
1. mediante l’iscrizione all’associazione che stipula in contratto collettivo, poiché il singolo, associandosi, si obbliga volontariamente al rispetto della disciplina pattuita dall’associazione cui ha deciso di appartenere;
2. mediante l’esternazione della volontà di rinvio nell’ambito del rapporto individuale di lavoro, quando una o entrambe le parti non siano iscritte ad alcun gruppo: ciò può accadere sia in modo espresso che per fatti concludenti, indicativi della volontà di sottoporsi ad uno o ad un insieme di contratti collettivi.
Da quanto appena detto si evince che gli accordi stipulati dalle associazioni sindacali o datoriali non producono effetti nei confronti di tutti gli appartenenti alla categoria per la quale l’accordo è stipulato (dunque, non erga omnes), ma solo di coloro che abbiano a ciò dato il consenso. Il problema è rilevante per entrambe le parti, seppur in circostanze differenti. (fonte: wikilabour.it/Erga%20omnes.ashx
Parimenti l’iscrizione all’ente bilaterale non è obbligatoria, ma l’obbligo di iscrizione e contribuzione sussiste solo per i datori di lavoro che aderiscono ad una delle associazioni stipulanti il contratto collettivo. (Circolare n. 43 del 15 dicembre 2010 del Ministero del Lavoro)

Ne discende correttamente che nessun obbligo può sussistere ed essere imposto di avvalersi di servizi da parte di Enti Bilaterali comunque denominati che sono organismi privati - ancorchè riconosciuti svolgere attività parapubblicistica.
Di più ove fosse prevista normativamente una simile clausola con effetti "erga omnes" autoritativa essa violerebbe l'indirizzo comunitario relativo alla libertà d'impresa a prescindere da quanto previsto nel DL 138/2011 in via di conversione con modifiche (art. 41 Carta Cost.).
Quì mi fermo, per consentire approfondimenti.
A Palotto faccio presente che il brocardo "ubi lex voluit, dixit; ubi nolit, tacuit" deve essere coordinato con le norme sell'ermeneutica giuridica contenute negli art. 11 e ss. delle Preleggi al codice civile.
Di queste regole basate in primis sul significato letterale, ha fatto buon uso il Dr. Pagano (la semantica).
Ad meliora.
Rispondi Autore: Tullio Borsatti - likes: 0
01/09/2011 (12:51:49)
Trovo la situazione sconcertante...
Penso che l'analisi del Dr. Pagano non sia solo condivisibile, ma meritoria di essere portata all'attenzione del legislatore per correggere il provvedimento prima della sua uscita. E' una cosa corretta,a mio parere stabilire dei requisiti seri e verificabili di qualifica dei soggetti formatori, mentre imporre che la formazione venga erogata da determinati soggetti (che in certe realtà settoriali e province non esistono tra l'altro) non è altro che l'ennesimo "editto bulgaro" di una nazione in costante e irrefrenabile declino...
Rispondi Autore: Pietro Berna - likes: 0
01/09/2011 (18:20:28)
Sulla questione, mi pare, che si tralasci un aspetto non secondario sulla portata delle fonti del Diritto. Dal più alto livello gerarchico al più basso: Costituzione, Codici, Leggi. Mi consta che alcune sentenze di condanna del DL in casi di infortunio sono basate sull'art. 2087 CC, e art. 40 2° comma CP. In buona sostanza il Giudice condanna il DL per l'omissione della tutela descritta dall'art. 2087 CC. Ne segue, che qualunque legge e qualunque interpretazione se ne dia, resta unico responsabile certo il DL. In definitiva non se ne esce, se non modificando il Codice Civile. Poiché il Legislatore questo non l'ha fatto, tutto il resto perde di rilevanza. In altre parole, il DL potrebbe essere "obbligato" a ricorrere agli organismi paritetici. In ogni caso, siccome il difetto di formazione fa carico a lui DL, se a suo insindacabile giudizio quella formazione"paritetica" non risulti sufficiente o, peggio, errata, comunque gli resta l'obbligo di integrarla.
Rispondi Autore: Filippo Verrillo - likes: 0
02/09/2011 (13:16:26)
Concordo con l'articolo del Dr.Pagano e aggiungo anche che nel momento in cui si parla (a chiacchiere)di liberalizzazioni si sta creando un altro carrozzone protetto. Inoltre se l'accordo resta invariato anche nel contenuto (ore di formazione)temo che molte altre Imprese chiuderanno i battenti ed altri decideranno di sparire nel sommerso.
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
05/09/2011 (08:55:47)
L'articolo presenta tesi ardue anche se circostanziate e con una logica coerente.

Da rifletterci, seriamente.

:-)
Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0
06/09/2011 (11:00:02)
Interessante paragrafo alla fine del capitolo 2.1

[..] Nella relazione tra organismi paritetici e generalita? delle imprese di produzione, se di obblighi si deve parlare, si parli di obblighi degli organismi paritetici verso le imprese, poiche? essi vanno a svolgere una funzione sussidiaria dello Stato nel dirimere le controversie applicative [..]

Interessante.
Da rifletterci...

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