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La sentenza storica per l’incendio alla ThyssenKrupp di Torino
Torino, 18 Apr - Una sentenza storica, “una svolta epocale”, in quanto "non era mai successo che per una vicenda di morti sul lavoro venisse riconosciuto il dolo eventuale. Credo che da oggi in poi i lavoratori possano contare molto di più sulla sicurezza e che le imprese possano essere invogliate a fare molto di più per la sicurezza". Queste le parole a caldo del pubblico ministero Raffaele Guariniello, al tribunale di Torino, dopo che è stata emessa la sentenza seguita al rogo della Thyssenkrupp di Torino, che ha provocato sette morti tra gli operai dell’acciaieria che lavoravano alla linea 5 la notte del 6 dicembre 2007.
Sintetizziamo brevemente la sentenza emessa venerdì sera scorso dalla seconda Corte d’assise del tribunale torinese.
Intanto Herald Espenhahn, amministratore delegato per l'Italia della multinazionale, è stato condannato a 16 anni e mezzo di reclusione come era stato richiesto dalla pubblica accusa.
Inoltre la Corte ha accolto le richieste dell'accusa anche per gli imputati. I consiglieri delegati Marco Pucci e Gerald Priegnitz, il direttore dello stabilimento torinese Giuseppe Salerno e il responsabile del servizio prevenzione rischi Cosimo Cafueri sono stati condannati a 13 anni e mezzo di reclusione.
Mentre per Daniele Moroni, dirigente con competenze nella pianificazione degli investimenti in materia di sicurezza antincendio, la pena comminata è stata di 10 anni e 10 mesi, anche superiore ai nove anni richiesti dall'accusa.
Non solo. La società ThyssenKrupp Acciai Speciali Terni Spa, per l’applicazione di quanto previsto dal Decreto legislativo 231/2001 sulla responsabilità amministrativa, è stata condannata al pagamento della sanzione di 1 milione di euro, nonché all'esclusione da contributi e sovvenzioni pubbliche per sei mesi, al divieto di pubblicizzare i prodotti sempre per sei mesi, alla confisca di 800mila euro, con la pubblicazione della sentenza sui quotidiani nazionali.
Riguardo alla responsabilità amministrativa è sempre Raffaele Guariniello a ricordarci che “è la prima volta che una ditta viene condannata, e a sanzioni così forti", che sommate ai risarcimenti alle parti civili, ai familiari delle vittime e alle spese legali porta il conto dell'acciaieria a superare i 20 milioni di euro. Un conto che mostra come il risparmio di 800 mila euro – e sarebbe bastato anche un impianto di rilevazione fumi a evitare la tragedia - è costato molto di più, oltre alla perdita di sette vite umane.
La sentenza, che arriva dopo quasi 3 anni e mezzo e 94 udienze, era attesa.
Le indagini seguite al gravissimo incidente avevano portato al rinvio a giudizio per i sei principali indagati, con un’accusa pesante per l’amministratore delegato: omicidio e incendio con dolo eventuale (quando la possibilità che l‘evento si verifichi come conseguenza della propria azione è accettato coscientemente). Ed era la prima volta che un’imputazione di questo tipo viene formulata in Italia.
Ma la sentenza era attesa ma non scontata. In fondo proprio durante gli ultimi atti di questo processo, l’avvocato dell’amministratore tedesco cercava di convincere che l’ipotesi dolosa non aveva “trovato riscontro in questo processo". Che “non esisteva nessun obbligo di installazione di impianti di rilevazione e spegnimento incendi sul quel tratto della linea 5”.
Ma con i 42 minuti di sentenza, letti dopo le 21 di venerdì 15 aprile, il tribunale ha dimostrato di accogliere pienamente l’ipotesi - per le morti sul lavoro dei lavoratori della Thyssenkrupp di Torino - di “omicidio volontario con dolo eventuale”.
Questo significa che il manager Herald Espenhahn era ben consapevole dei rischi che correvano i lavoratori nello stabilimento torinese. E che aveva comunque deciso di correrlo, con la rinuncia ad investire in misure di prevenzione antincendio le somme messe a disposizione pochi mesi prima, conservandole nella prospettiva di smantellare a breve la fabbrica. Il tutto sintetizzato da una delle frasi dei pm durante la lunga requisitoria: “l’imputato ha fatto prevalere l’interesse economico sul fattore umano”.
La sentenza, come riportano tutti i media, è stata accolta dagli applausi e dai pianti dei familiari delle vittime dello stabilimento torinese, e da una marea di dichiarazioni positive. Dichiarazioni che fanno ben sperare che con questo atto che farà giurisprudenza si cominci a camminare tutti, senza differenze di colore politico o di ruoli all’interno dei luoghi di lavoro, verso una stessa direzione: quella della prevenzione e della tutela.
In questo senso va la dichiarazione del Ministro del Lavoro Maurizio Sacconi: "La sentenza ha accolto il solido impianto accusatorio e costituisce un rilevante precedente”. E dimostra – continua il ministro – “che l' assetto sanzionatorio disponibile è adeguato anche nel caso delle violazioni più gravi".
Con la sentenza sono stati riconosciuti diversi risarcimenti alle parti civili. Ad esempio gli indennizzi sono andati alla Regione Piemonte (973 mila euro), alla Provincia di Torino (500 mila) e al Comune (un milione, con la possibilità di fare una causa civile supplementare). Ma anche ai sindacati Fim, Fiom, Uilm, Flm-Cub, all'associazione Medicina Democratica e alle decine dei colleghi delle vittime che lavoravano nello stabilimento torinese.
Inoltre la Corte d'Assise ha accolto la richiesta dei pm di trasmettere alla Procura gli atti relativi alla posizione di 4 testimoni ascoltati nel corso delle udienze.
Nei confronti di Arturo Ferrucci, Leonardo Lisi e Franke Kruse si ipotizza la falsa testimonianza, mentre per l'ingegner Berardino Queto, consulente ThyssenKrupp, si deve verificare la responsabilità di concorso nei reati di omicidio e incendio colposi (con colpa cosciente) e di omissione di cautele antinfortunistiche.
Infatti era lui l’autore del documento di valutazione dei rischi, documento con "vistose lacune" rilevate dai magistrati in questi anni di indagini accurate. Una valutazione dei rischi che sembrava "confezionata ad arte per arrivare a determinare un rischio di incendio medio su quasi tutti gli impianti per creare preventivamente una giustificazione per la mancata adozione degli impianti automatici di rilevazione e spegnimento incendi che avrebbero potuto salvare la vita ai 7 operai".
Insomma un processo e una sentenza che hanno messo il dito nella piaga di molti problemi che fanno argine ai tentativi normativi e culturali di far mettere la sicurezza ai primi posti dei pensieri di un dirigente aziendale.
Una sentenza che mostra come non solo sia più difficile rimanere impuniti in situazioni macroscopiche di mancanza di prevenzione, ma che rende per tutti – per i dirigenti aziendali come per tutti coloro che si occupano di sicurezza – più “conveniente” seguire la normativa che aggirarla o, peggio, sottovalutarla.
Certo in Italia ci sono migliaia di situazioni microscopiche che non riceveranno i riflettori mediatici o l’attenzione di una procura che non ha le forze per occuparsi anche dei singoli incidenti o delle singole carenze. Ma la sentenza ha aperto una strada, ha indicato una direzione che si deve percorrere: non distogliere gli occhi dai “ comportamenti errati” che coinvolgono i singoli, ma vagliare anche le scelte, le politiche aziendali che coinvolgono tutti e che non dovrebbero mai mettere in secondo piano la prevenzione e la tutela della sicurezza e salute dei lavoratori.
Tiziano Menduto
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Rispondi Autore: Francesco Cuccuini - likes: 0 | 18/04/2011 (08:11:21) |
Gli RSPP forse dovrebbero iniziare una riflessione accurata, molto accurata. E' ancora sostenibile la figura del RSPP accondiscendente in tutto, che pensa e spera nella sua impunibilità? Che dire... |
Rispondi Autore: Pier Giorgio Confente - likes: 0 | 18/04/2011 (09:19:00) |
Non voglio entrare negli aspetti giuridici della sentenza e sulle responsabilità dei singoli. Come cittadino rispetto la sentenza. Come ingegnere che si interessa di sicurezza pongo degli interrogativi che dipendono dalla mia ignoranza dei fatti. Come sono avvenuti gli eventi? Quali erano le predisposizioni di sicurezza? Quali delle ipotesi della analisi dei rischi si sono dimostrate carenti? Come erano gestiti gli impianti? A tutto oggi quel terribile dramma non è entrato nella formazione ed aggiornamento degli esperti della sicurezza. Io penso che invece sia fondamentale per chi si occupa di sicurezza avere in tempo reale, non solo per ogni evento tragico ma anche per ogni "mancato evento" informazioni attendibili ed adeguate analisi scientifiche. Solo così potremo imparare anche dai disastri e dai mancati disastri e quindi volgere in positivo anche eventi luttuosi. L'INAIL, assorbendo le funzioni ISPSEL, pensa di andare in questa direzione? Solo rispondendo a tale domanda in modo positivo si potrà fare un ulteriore balzo in avanti nella sicurezza. saluti Pier Giorgio Confente |
Rispondi Autore: Raoul Mencherini - likes: 0 | 18/04/2011 (10:48:54) |
Avevo in mente diverse osservazioni, che le email, appena lette, mi portano a condividere. Osservo che ancora oggi vi è poca chiarezza, nella pratica quotidiana, sul lavoro; i Datori di Lavoro non hanno problemi a pagare Consulenti, ecc., scaricando ad altre figure interne/esterne responsabilità, senza leggere le relazioni che facciamo, le firmano e poi archiviano, per poi chiamarti quando "il fatto è accaduto", dobbiamo cambiare la mentalità dei DdL, e poi pensare alle altre figure della sicurezza. In ultima vedo molti RSPP esterni, che periodicamente vanno in azienda, penso e sono convinto che devono esserci dei RSPP interni, con consulenti esterni di sostegno, solamente così si può aggredire l'indifferenza verso la sicurezza. |
Rispondi Autore: Francesco Volta - likes: 0 | 18/04/2011 (12:16:55) |
"Un pò di giustizia finalmente". Concordo con Raul Mencherini. Una DVR non è un F24. E-come per la sentenza di Molfetta-è importante che chi fa consulenza ed anche i clienti, si fermino un attimo. Cito dalla sentenza di molfetta, forse applicabile anche per Thyssen: “non si deve mai dimenticare ciò che non può essere mai scontato: gli adempimenti dei consulenti in materia di sicurezza non sono attività di routine, ma servono a proteggere le persone dai pericoli presenti nell’ambiente lavorativo”. “In tale ambito le leggerezze, connesse al veloce smaltimento burocratico delle pratiche e generate verosimilmente dall’obiettivo della moltiplicazione e massimizzazione dei profitti, non sono ammesse o tollerate, soprattutto perché portano alla lesione di beni giuridici di primo piano nella scala dei valori costituzionalmente protetti”.Nessuno di noi, credo, vorrebbe risparmiare comprando per esempio un casco da moto non omologato. O acquistando alimenti fuori scadenza per risparmiare. Purtroppo (per usare una metafora) invece c’è chi vende caschi non omologati, alimenti scaduti, e valutazioni rischi inutili. Questi “operatori” danneggiano anche il mercato e la credibilità delle società serie pertanto il cliente deve imparare a valutare l’idoneità tecnica e la professionalità del consulente, senza fermarsi solo al prezzo. |
Rispondi Autore: Morando Sergio - likes: 0 | 18/04/2011 (21:33:26) |
Thyssen Krupp Torino finalmente una sentenza che mi sento dire in positivo in fatto di velocità e indagini fatti anche se gli operai non hanno prezzo! per quanto purtroppo è accaduto che ricadono anche sui famigliari..non ci sono parole per questo. Speriamo solo che ora che i controlli "veri" si facciano in tutti gli ambienti di lavoro e mai fermati! In quanto c'è assai TANTO da fare e vedere..Ispettori Inail Vigili del Fuoco Ispettivi, Spresal, Carabinieri, Guardia di Finanza ed anche la Polizia postale che legge tutto e di tutti..pertanto sa di certi reati..Ci aiutano a COMBATTERE affinchè le LEGGI sulla sicurezza aziendali individuali e sui prodotti venduti VENGANO RISPETTATE VERAMENTE ! Sia da multinazionali sia che possa essere certi Enti pubblici ! Sia che si costruiscano esempio: gru sia che si faccia il cantoniere..o qualsiasi altro lavoro quando questo c'è..perchè ora si utilizzano sempre più quasi unicamente contratti atipici a tempo interinali, coco, a ritenuta d'acconto, sociolavoratori, cantierelavori, a progetto etc.etc. e con questi contratti a tempo similari uno all'altro SONO FATTI ANCHE ASSAI SPESSO PER POTERE RAGGIRARE LE LEGGI SULLA SICUREZZA ! ! ! Sia che questi contratti interinali e similari siano usati da multinazionali o Enti pubblici che siano SPESSO assai FREQUENTE i corsi di legge sulla sicurezza qualifica NON si fanno o fatti per altra mansione diversa da quella sul posto di lavoro ! Pertanto seguono visite mediche non fatte o inadeguate alle qualifiche reali ! ! ! Cosa che ricade verso altri con prodotti difettati messi in commercio ! Creando una lunga catena di infortuni o peggio morti ! Tutto questo gli ispettori vari lo sanno ??? Comunque ad ispettori Guardia di Finanza etc..questi basta che Vadano presso i centri per l'impiego e chiedano il modello C2 che in pratica sono le nostre qualifice attuali di assunzione "possono farlo anche retroattivo di anni e anni.." e fare i dovuti controlli alle ditte interinali e contratti vari similari..da qui possono già vedere illeciti vari di retribuzione e salario ma anche se i CORSI DI LEGGE E PROTEZIONI INDIVIDUALI VISITE MEDICHE sono state fatte o no ! ! ! Modello c2 semplice e scritto ! Tantissimi corsi NON vengono fatti solo per il motivo di breve durata di lavoro..2 o 4 mesi si sa i controlli quando mai si faranno ? E così facendo infatti accadano più infortuni o peggio morti con questi contratti interinali a tempo ! Mai ho visto un controllo MAI ! ! ! Neppure quando ci sono DENUNCIE ! Ed i fatti di infortuni accadano sempre più con contratti determinati..che indeterminati in una sola ditta operante! SERVONO REALI CONTROLLI E FATTI BENE ED ASCOLTARE O LEGGERE LE DENUNCIE vedi caso gru che qualcuno ha già pubblicato capendo il caso che serve a salvaguardia di tutti non solo agli operai interno multinazionale..! Che le istituzioni ed ispettori in generale ci aiutino a farlo ! Io nel mio piccolo sto cercando di farlo ma qualcuno cerca di fermarmi..Ma io non voglio essere COMPARTECIPE delle maestranze e ne essere compartecipe di morti bianche o infortuni che siano ! Sergio Morando. |