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Il Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia nel numero di Luglio/Settembre 2009 ha dedicato un grande spazio alle problematiche delle piccole imprese, che spesso hanno maggiori difficoltà nel mettere in atto idonee politiche di prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali.
In relazione al capitolo relativo alla “Valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria dell'artigianato e nella piccola impresa”, PuntoSicuro ha già approfondito nei giorni scorsi le problematiche relative alle patologie allergiche.
Continuiamo ora presentando un articolo intitolato “La sorveglianza sanitaria nell’artigianato e nella piccola impresa: quale organizzazione?” e scritto da G. Mosconi (Unità Operativa Ospedaliera Medicina del Lavoro - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo).
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La sorveglianza sanitaria nell’artigianato e nella piccola impresa
Il Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia nel numero di Luglio/Settembre 2009 ha dedicato un grande spazio alle problematiche delle piccole imprese, che spesso hanno maggiori difficoltà nel mettere in atto idonee politiche di prevenzione degli incidenti e delle malattie professionali.
In relazione al capitolo relativo alla “Valutazione del rischio e sorveglianza sanitaria dell'artigianato e nella piccola impresa”, PuntoSicuro ha già approfondito nei giorni scorsi le problematiche relative alle patologie allergiche.
Continuiamo ora presentando un articolo intitolato “La sorveglianza sanitaria nell’artigianato e nella piccola impresa: quale organizzazione?” e scritto da G. Mosconi (Unità Operativa Ospedaliera Medicina del Lavoro - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo).
Il documento riporta all’inizio i risultati e le analisi sul settore delle piccole e medie imprese (PMI) svolti dall’Agenzia Europea per la Sicurezza e la Salute sul Lavoro (EU-OSHA), risultati e analisi che ribadiscono che la “maggior parte delle piccole imprese (artigiane) presentano più rischi per la salute rispetto alle grandi imprese”.
Se le piccole e medie imprese (PMI), che occupano quasi due terzi della forza lavoro in Europa, costituiscono la struttura portante dell’economia europea, queste imprese spesso sono “troppo piccole” ed indifese “rispetto alle insidie della globalizzazione e della recente crisi economica”. E alcune ricerche su questo settore hanno messo in rilievo come “la maggior parte delle piccole imprese ha bisogno di assistenza per far fronte ai propri obblighi di sicurezza e salute”.
Le PMI, “rispetto alle imprese di più grandi dimensioni, hanno una percentuale quasi doppia di infortuni con esiti mortali” ed è più facile contrarre malattie da lavoro.
In particolare l’Agenzia di Bilbao (EU-OSHA) riconosce, per le piccole imprese, i seguenti motivi di debolezza:
- “ridotta conoscenza di rischi e normative;
- debolezza nella formazione professionale;
- minor tempo e risorse dedicate;
- ridotti contatti con organi di controllo e esperti istituzionali” nell’ambito della sicurezza e salute sul lavoro;
- “assenza di servizi interni;
- non adeguata stima dei costi diretti e indiretti di infortuni e malattie professionali”.
Inoltre le “attività per la prevenzione nelle PMI sono viste più come costo che come beneficio, anche se, nelle piccolissime imprese, il datore di lavoro è spesso esposto agli stessi rischi, se non di più, del lavoratore dipendente”.
Come conseguenza di questa analisi la EU-OSHA “invita all’adozione di standard più avanzati in materia di sicurezza sul lavoro nelle PMI”, anche in relazione alla sorveglianza sanitaria: sono infatti molte le difficoltà che incontra il medico competente (MC) nelle imprese artigiane.
Non ci sono molti dati e studi relativi alla sorveglianza sanitaria in questo comparto.
Per questo motivo è stato realizzata una indagine per sentire il parere dei MC che operano in imprese artigiane in 4 province italiane, invitati a rispondere ad un breve questionario sul tema (l’indagine è ancora in corso).
Ed è stata discussa anche la “validità di un modello di organizzazione della attività di sorveglianza sanitaria adottato in 174 imprese artigianali del settore edile”.
Il parere dei medici competenti
È risultato evidente che in queste piccole realtà produttive il “MC è frequentemente chiamato ad un lavoro aggiuntivo rispetto a quello che generalmente svolge nella gestione dell’attività sanitaria di imprese di più grosse dimensioni”.
Ad esempio sono carenti le “necessarie collaborazioni con le altre figure aziendali della prevenzione (DL, RSPP, RLS) che, essendo impegnate in più attività, dedicano (o possono dedicare) solo una parte, spesso residuale, del proprio tempo alla prevenzione e sicurezza”.
Ed è “veramente raro che il MC abbia collaborato alla stesura della valutazione di rischi (VdR): più spesso prende visione del documento (DVR o dei POS, in edilizia), “raramente da indicazioni su aggiornamenti od integrazioni”.
Le risposte dei MC indicano che nelle PMI “più che un problema di ordine economico, che pur è presente, anche in modo drammatico in molte realtà produttive stante le limitate risorse finanziarie recentemente acuite dalla crisi economica”, è presente un problema pratico relativo alle “carenze organizzative e gestionali (mancanza di personale dedicato, difficoltà a reperire le informazioni, carenza di strumenti…).
Ad esempio spesso il medico competente si lamenta di dover visitare in ambienti “adattati ad ambulatorio” “(uffici, magazzini, per non dire sottoscala…) più che in ambulatori veri e propri”.
Inoltre sono presenti anche delle carenze culturali: “la mancanza cioè di conoscenze anche minimali in ambito di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro sono l’aspetto di maggiore criticità”.
Un modello di organizzazione della attività di sorveglianza sanitaria in edilizia
Il modello adottato, “nell’esperienza realizzata con l’organismo paritetico degli edili di Bergamo”, si inserisce “in un più ampio sistema integrato di prevenzione aziendale che, oltre all’attività sanitaria, supporta le imprese anche in ambito di prevenzione igienico ambientale, di sicurezza, di formazione ed informazione, difficilmente realizzabile in una piccola impresa”.
Un modello che l’autore ritiene “abbia in se le potenzialità di migliorare effettivamente la tutela sanitaria delle maestranze”.
Riguardo a questo modello, a partire dalla fine 1994 inizio 1995 è nata una collaborazione tra la UOOML (Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro) ed il CPT di Bergamo “che ha portato alla definizione di un progetto ed alla realizzazione, presso la sede del CPT, di ambulatori per la sorveglianza sanitaria”.
La “collaborazione prevede in carico all’organismo paritetico gli aspetti organizzativi dell’attività: tenere i contatti con le imprese (ad oggi 174 sono le imprese che hanno aderito, per 1500 dipendenti), organizzare le visite mediche e gli accertamenti sanitari, invio referti, invio della posta, stipula dei contratti, richiesta di informazioni, supporto di segreteria…”.
In particolare il protocollo sanitario utilizzato è quello delle “Linee Guida per la valutazione del rischio e la sorveglianza sanitaria in edilizia” della SIMLII.
L’autore ricorda che, a quasi 15 anni dall’inizio dell’esperienza, il “modello ha funzionato molto bene”. Ad esempio producendo questi risultati:
– “ridotto le difficoltà e i disguidi gestionali;
– favorito il coinvolgimento delle imprese;
– favorito il coinvolgimento dei MC nell’attività di VdR;
– migliorato l’efficacia dei sopralluoghi e delle riunioni periodiche;
– migliorato la qualità delle prestazioni sanitarie ed in particolare delle diagnosi di malattie da lavoro e della gestione delle idoneità con limitazioni;
– migliorato la qualità della formazione ed informazione sui temi della tutela della salute;
– garantito l’aggiornamento del personale coinvolto;
– garantito l’aggiornamento dell’attività sanitaria;
– favorito la collaborazione con le altre figure della prevenzione”;
- “migliorato la consapevolezza delle maestranze e del management sui temi della prevenzione”;
– “valorizzato i risultati della sorveglianza sanitaria anche nella prevenzione dei rischi e nella riabilitazione;
– realizzato iniziative di promozione della salute;
– rispetto degli obblighi di legge;
– sviluppo di progetti di ricerca applicata”.
Inoltre si ricorda che il modello “oltre a garantire il miglioramento delle prestazioni in termini di qualità ha anche garantito un contenimento dei costi”.
“La sorveglianza sanitaria nell’artigianato e nella piccola impresa: quale organizzazione?”, scritto da G. Mosconi (Unità Operativa Ospedaliera Medicina del Lavoro - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXI n°3, luglio-settembre 2009 (formato PDF, 30 kB).
Tiziano Menduto
Se le piccole e medie imprese (PMI), che occupano quasi due terzi della forza lavoro in Europa, costituiscono la struttura portante dell’economia europea, queste imprese spesso sono “troppo piccole” ed indifese “rispetto alle insidie della globalizzazione e della recente crisi economica”. E alcune ricerche su questo settore hanno messo in rilievo come “la maggior parte delle piccole imprese ha bisogno di assistenza per far fronte ai propri obblighi di sicurezza e salute”.
Le PMI, “rispetto alle imprese di più grandi dimensioni, hanno una percentuale quasi doppia di infortuni con esiti mortali” ed è più facile contrarre malattie da lavoro.
In particolare l’Agenzia di Bilbao (EU-OSHA) riconosce, per le piccole imprese, i seguenti motivi di debolezza:
- “ridotta conoscenza di rischi e normative;
- debolezza nella formazione professionale;
- minor tempo e risorse dedicate;
- ridotti contatti con organi di controllo e esperti istituzionali” nell’ambito della sicurezza e salute sul lavoro;
- “assenza di servizi interni;
- non adeguata stima dei costi diretti e indiretti di infortuni e malattie professionali”.
Inoltre le “attività per la prevenzione nelle PMI sono viste più come costo che come beneficio, anche se, nelle piccolissime imprese, il datore di lavoro è spesso esposto agli stessi rischi, se non di più, del lavoratore dipendente”.
Come conseguenza di questa analisi la EU-OSHA “invita all’adozione di standard più avanzati in materia di sicurezza sul lavoro nelle PMI”, anche in relazione alla sorveglianza sanitaria: sono infatti molte le difficoltà che incontra il medico competente (MC) nelle imprese artigiane.
Non ci sono molti dati e studi relativi alla sorveglianza sanitaria in questo comparto.
Per questo motivo è stato realizzata una indagine per sentire il parere dei MC che operano in imprese artigiane in 4 province italiane, invitati a rispondere ad un breve questionario sul tema (l’indagine è ancora in corso).
Ed è stata discussa anche la “validità di un modello di organizzazione della attività di sorveglianza sanitaria adottato in 174 imprese artigianali del settore edile”.
Il parere dei medici competenti
È risultato evidente che in queste piccole realtà produttive il “MC è frequentemente chiamato ad un lavoro aggiuntivo rispetto a quello che generalmente svolge nella gestione dell’attività sanitaria di imprese di più grosse dimensioni”.
Ad esempio sono carenti le “necessarie collaborazioni con le altre figure aziendali della prevenzione (DL, RSPP, RLS) che, essendo impegnate in più attività, dedicano (o possono dedicare) solo una parte, spesso residuale, del proprio tempo alla prevenzione e sicurezza”.
Ed è “veramente raro che il MC abbia collaborato alla stesura della valutazione di rischi (VdR): più spesso prende visione del documento (DVR o dei POS, in edilizia), “raramente da indicazioni su aggiornamenti od integrazioni”.
Le risposte dei MC indicano che nelle PMI “più che un problema di ordine economico, che pur è presente, anche in modo drammatico in molte realtà produttive stante le limitate risorse finanziarie recentemente acuite dalla crisi economica”, è presente un problema pratico relativo alle “carenze organizzative e gestionali (mancanza di personale dedicato, difficoltà a reperire le informazioni, carenza di strumenti…).
Ad esempio spesso il medico competente si lamenta di dover visitare in ambienti “adattati ad ambulatorio” “(uffici, magazzini, per non dire sottoscala…) più che in ambulatori veri e propri”.
Inoltre sono presenti anche delle carenze culturali: “la mancanza cioè di conoscenze anche minimali in ambito di prevenzione e sicurezza nei luoghi di lavoro sono l’aspetto di maggiore criticità”.
Un modello di organizzazione della attività di sorveglianza sanitaria in edilizia
Il modello adottato, “nell’esperienza realizzata con l’organismo paritetico degli edili di Bergamo”, si inserisce “in un più ampio sistema integrato di prevenzione aziendale che, oltre all’attività sanitaria, supporta le imprese anche in ambito di prevenzione igienico ambientale, di sicurezza, di formazione ed informazione, difficilmente realizzabile in una piccola impresa”.
Un modello che l’autore ritiene “abbia in se le potenzialità di migliorare effettivamente la tutela sanitaria delle maestranze”.
Riguardo a questo modello, a partire dalla fine 1994 inizio 1995 è nata una collaborazione tra la UOOML (Unità Operativa Ospedaliera di Medicina del Lavoro) ed il CPT di Bergamo “che ha portato alla definizione di un progetto ed alla realizzazione, presso la sede del CPT, di ambulatori per la sorveglianza sanitaria”.
La “collaborazione prevede in carico all’organismo paritetico gli aspetti organizzativi dell’attività: tenere i contatti con le imprese (ad oggi 174 sono le imprese che hanno aderito, per 1500 dipendenti), organizzare le visite mediche e gli accertamenti sanitari, invio referti, invio della posta, stipula dei contratti, richiesta di informazioni, supporto di segreteria…”.
In particolare il protocollo sanitario utilizzato è quello delle “Linee Guida per la valutazione del rischio e la sorveglianza sanitaria in edilizia” della SIMLII.
L’autore ricorda che, a quasi 15 anni dall’inizio dell’esperienza, il “modello ha funzionato molto bene”. Ad esempio producendo questi risultati:
– “ridotto le difficoltà e i disguidi gestionali;
– favorito il coinvolgimento delle imprese;
– favorito il coinvolgimento dei MC nell’attività di VdR;
– migliorato l’efficacia dei sopralluoghi e delle riunioni periodiche;
– migliorato la qualità delle prestazioni sanitarie ed in particolare delle diagnosi di malattie da lavoro e della gestione delle idoneità con limitazioni;
– migliorato la qualità della formazione ed informazione sui temi della tutela della salute;
– garantito l’aggiornamento del personale coinvolto;
– garantito l’aggiornamento dell’attività sanitaria;
– favorito la collaborazione con le altre figure della prevenzione”;
- “migliorato la consapevolezza delle maestranze e del management sui temi della prevenzione”;
– “valorizzato i risultati della sorveglianza sanitaria anche nella prevenzione dei rischi e nella riabilitazione;
– realizzato iniziative di promozione della salute;
– rispetto degli obblighi di legge;
– sviluppo di progetti di ricerca applicata”.
Inoltre si ricorda che il modello “oltre a garantire il miglioramento delle prestazioni in termini di qualità ha anche garantito un contenimento dei costi”.
“La sorveglianza sanitaria nell’artigianato e nella piccola impresa: quale organizzazione?”, scritto da G. Mosconi (Unità Operativa Ospedaliera Medicina del Lavoro - Azienda Ospedaliera Ospedali Riuniti di Bergamo), in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXI n°3, luglio-settembre 2009 (formato PDF, 30 kB).
Tiziano Menduto
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