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Questi i parametri della valutazione del rischio:
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La valutazione del rischio da agenti cancerogeni e mutageni
In relazione al corso di aggiornamento dal titolo “La sorveglianza sanitaria in esposti ad agenti cancerogeni” - organizzato il 21 ottobre 2010, a Modena dall’ Azienda Unità Sanitaria Locale di Modena – PuntoSicuro ha presentato nei giorni scorsi alcuni interventi relativi all’incidenza dei tumori professionali e alle novità, per gli agenti cancerogeni e mutageni, del regolamento CLP.
Ci soffermiamo oggi su un aspetto basilare per ogni politica di prevenzione: la valutazione del rischio.
In “La valutazione del rischio da agenti cancerogeni e mutageni”, a cura del Dr. Claudio Arcari ( Azienda Usl di Piacenza), si indica che gli adempimenti previsti negli articoli 236 e 237 del Capo II (Protezione da agenti cancerogeni e mutageni) del Decreto legislativo 81/2008 “devono essere messi in atto dopo aver applicato in ordine gerarchico e per quanto tecnicamente possibile, le misure dell’articolo 235 (Sostituzione e riduzione):
- “eliminazione o sostituzione dell’ agente cancerogeno o mutageno;
- lavorazione in sistema chiuso;
- riduzione dell’esposizione al più basso valore possibile e comunque non superiori ai VLE dell’Allegato XLIII”.
Tuttavia l’introduzione dei Valori Limite di esposizione (VLE) non permette di garantire la tutela della salute dei lavoratori.
Infatti nella Direttiva del Consiglio 90/394/CEE del 28 giugno 1990 - nei “considerando” che precedono l’articolato - si può leggere:
- nonostante le attuali conoscenze scientifiche non consentano di fissare un livello al di sotto del quale si possono escludere rischi per la salute, una limitazione dell’esposizione agli agenti cancerogeni ridurrà nondimeno questi rischi;
- per contribuire alla riduzione di questi rischi, occorre stabilire Valori Limite ed altre disposizioni direttamente connesse per tutti gli agenti cancerogeni per cui l’informazione disponibile, compresi i dati scientifici e tecnici, lo renda possibile.
La valutazione del rischio, prevista all’articolo 236 risulta essere una valutazione dell’esposizione, i cui risultati devono essere riportati nel documento di valutazione dei rischi. In particolare la valutazione “deve conformarsi all’analisi di alcuni parametri e deve tener conto di tutti i possibili modi d’esposizione, compreso quello in cui vi è assorbimento cutaneo”.
- caratteristiche delle lavorazioni;
- durata e frequenza;
- quantitativi di agenti cancerogeni o mutageni prodotti ovvero utilizzati e della loro concentrazione;
- capacità dell’agente di penetrare nell’organismo per le diverse vie di assorbimento in relazione al proprio stato di aggregazione.
In definitiva il documento di valutazione, previsto dall’articolo 28 del Testo Unico, “deve essere integrato con specifiche tipologie di informazioni. Ad esempio:
- “le attività lavorative che comportano la presenza di sostanze o preparati cancerogeni o di processi industriali di cui all’Allegato VIII, con indicazioni dei motivi per i quali sono impiegati agenti cancerogeni”. In particolare nel documento deve essere posta attenzione “nell’indicazione dei motivi per cui sono impiegati agenti cancerogeni, anche in diretto collegamento con quanto previsto dal comma 1 dell’art. 235 riguardante l'eliminazione dell’agente cancerogeno”;
- “i quantitativi di sostanze ovvero di preparati cancerogeni prodotti ovvero utilizzati, ovvero presenti come impurità o sottoprodotti”;
- “il numero di lavoratori esposti ovvero potenzialmente esposti ad agenti cancerogeni”: occorre dunque fare una distinzione fra i lavoratori esposti e quelli potenzialmente esposti. Un criterio guida per “l'identificazione per i diversi gruppi è l'utilizzazione della lista contenuta nell'Allegato n. 2 del Documento ‘Orientamenti riguardo alla valutazione dei rischi sul lavoro’ Comunità Europea DG V/E/2 Unità medicina e igiene del lavoro”;
- “l’esposizione dei suddetti lavoratori, ove nota e il grado della stessa”. Un dato conseguente, quando praticabile, a una misurazione dell’agente cancerogeno. L’intervento ricorda che la misurazione dell’agente cancerogeno, “non necessariamente del solo aerodisperso (eventuale valutazione dell’esposizione cutanea) deve comunque permettere di giudicare se il livello di esposizione dei lavoratori sia ridotto al più basso tecnicamente possibile”. E la valutazione dell’esposizione del lavoratore tramite la misurazione dell’agente, “deve tenere conto del fatto che ogni metodo di determinazione di una sostanza ha un valore al di sotto del quale non è possibile affermare con una certa ‘sicurezza’ se l’agente sia o meno presente e in quale quantità, è importante perciò che il limite di rilevabilità, la sensibilità e la precisione del metodo vengano garantiti dal laboratorio che fa l’analisi”;
- “le misure preventive e protettive applicate ed il tipo dei dispositivi di protezione individuale utilizzati”;
- “le indagini svolte per la possibile sostituzione degli agenti cancerogeni e le sostanze e i preparati eventualmente utilizzati come sostituti.
L’autore si sofferma poi sull’articolo 237 (Misure tecniche, organizzative, procedurali) del D.Lgs. 81/2008 con particolare riferimento alla limitazione delle emissioni e alla misurazione degli agenti cancerogeni e mutageni.
Si ricorda che il Datore di Lavoro ha “l’obbligo di progettare, con particolare importanza in sede di insediamento dell’attività, di programmare e sorvegliare le lavorazioni in modo tale da evitare l’emissione di agenti cancerogeni e mutageni nell’aria; solo quando ciò non è ‘tecnicamente possibile’ si deve provvedere (come già indicato nell’articolo 235) a far sì che l’esposizione dei lavoratori sia ridotta al più basso valore ‘tecnicamente possibile’, tramite impianti di aspirazione localizzata il più vicino possibile al punto di emissione e comunque dotare l’ambiente di lavoro di un adeguato sistema di ventilazione generale”.
Successivamente si provvede alla misurazione degli agenti cancerogeni e mutageni (con metodi di campionatura e misurazione conformi alle indicazione dell’Allegato XLI del D.Lgs. 81/2008) allo scopo di:
- verificare l’efficacia delle misure intraprese;
- individuare precocemente le esposizioni anomale causate da un evento non prevedibile o da un incidente (articolo 237).
La valutazione dell’esposizione ad agenti cancerogeni o mutageni può essere effettuata:
- con stime qualitative, attraverso modelli per valutare la dimensione possibile dell’esposizione (un buon modello di valutazione tiene conto di diverse variabili: pericolosità dell’agente, quantità, modalità d’uso e di esposizione, frequenza di esposizione, caratteristiche chimico-fisiche, protezione collettiva, …). I metodi che utilizzano stime qualitative “assegnano un valore numerico ad una serie di fattori o parametri che intervengono nella determinazione del rischio ‘pesando’, ognuno di essi in modo diverso, l’importanza assoluta e reciproca sul risultato valutativo finale”. E il risultato “ottenuto dall’applicazione del modello non assegna un valore assoluto del rischio, ma permette di esprimere, per ogni situazione analizzata, un giudizio finale che è sempre relativo alla scala presa a riferimento” (nel documento agli atti è presente un elenco non esaustivo di modelli per la valutazione dei rischi per la salute);
- con “misurazioni dell’agente cancerogeno o mutageno, effettuate per ogni individuo esposto o su base campionaria”.
L’intervento si sofferma poi sulle criticità della misurazione.
Infatti la “problematica della misura degli agenti cancerogeni e mutageni è condizionata dalla natura probabilistica degli effetti biologici e quindi dalla possibilità che anche piccole concentrazioni possano risultare dannose per gli esposti”.
Ad esempio la misura delle concentrazioni in aria di tali sostanze deve “tenere conto del fatto che ogni metodo analitico presenta un valore al di sotto del quale non è possibile affermare con sicurezza se una sostanza sia o no presente e in quale quantità”. In questo senso risulta di fondamentale importanza “affrontare la questione delle analisi delle piccole quantità di sostanze e di presentare, per ogni metodo di misura, i valori che permettono di valutare se questo è in grado di fornire dati per poter misurare compiutamente le concentrazioni dell’agente chimico”.
La valutazione dell’esposizione cutanea presenta poi, “sia nell’aspetto dell’esecuzione che nell’interpretazione dei dati, difficoltà maggiori che non nell’esposizione per via inalatoria, infatti:
- non sono ancora di diffusi i metodi di campionamento e analisi dell’ esposizione cutanea; esistono due rapporti EN: CEN/TR 15278 (strategia di valutazione), CEN/TS 15279 (misurazione);
- non sono disponibili valori limite di esposizione cutanea con i quali poter confrontare le valutazioni effettuate (DOEL – Dermal Occupational Exposure Limits);
- la valutazione dell’esposizione, come attività di routine, risulta di non semplice applicazione sia per l’organizzazione dei prelievi che per i costi dell’indagine”.
Il documento – che vi invitiamo a visionare direttamente – si conclude soffermandosi sulle modalità dell’ esposizione dermica, sulle tecniche utilizzabili per la valutazione della esposizione cutanea e sulla “relazione sulle esposizioni” (la norma UNI EN 689 al paragrafo 7 specifica i contenuti del resoconto della valutazione dell’esposizione).
“ La valutazione del rischio da agenti cancerogeni e mutageni”, Dr. Claudio Arcari - Azienda Usl di Piacenza, intervento al corso “La sorveglianza sanitaria in esposti ad agenti cancerogeni” (formato PDF, 309 kB).
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: alfonso rondinella - likes: 0 | 27/06/2017 (17:55:52) |
senza l'uso dei dpi e dpc ho lavorato otto anni ha contatto con la formaldeide cancerogeno e mutageno non penso che si possa affermare che le esalazioni sono insufficienti e che non e stato superato il valore limite. ebbene per il ctu dichiara che le esalazioni della sostanza cancerogena e mutageno e insufficiente alla causa tumorale.volevo un vostro parere. grazie. |