Le nanoparticelle sul posto di lavoro
La ricerca nel campo delle nanotecnologie, cioè la produzione di particelle con dimensioni di alcuni miliardesimi di metro per applicazioni che vanno dalla cosmetica alla microelettronica, non deve trascurare l’indagine sui possibili effetti di queste particelle sull’ambiente e sull’uomo. Le nanoparticelle infatti possono penetrare nel corpo umano per inalazione, per ingestione o per via dermica.
Oltre alle nanoparticele prodotte “su misura”, vi sono anche nanoparticelle presenti come sottoprodotti, ad esempio in processi di combustione. (Anche il fumare produce una quantità rilevante di nanoparticelle...)
Per fornire informazioni sulle nanoparticelle e spiegare come devono proteggersi coloro che per motivi professionali sono esposti a tali sostanze, la Suva, istituto svizzero di assicurazione contro gli infortuni sul lavoro, ha realizzato una scheda informativa in lingua italiana.
Il documento della Suva pur contenendo riferimenti alla legislazione federale svizzera, offre interessanti spunti per affrontare un tema ancora poco conosciuto, ma che coinvolge un elevato numero di lavoratori.
L’esposizione alle nanoparticelle sul posto di lavoro infatti non è dovuta solo alla manipolazione di nanoparticelle prodotte a scopi mirati, ma anche a modalità di lavorazione che portano alla produzione di nano-sottoprodotti.
Nano-sottoprodotti sono più diffusi che non le nanoparticelle prodotte a scopi mirati; ad esempio producono nanoparticelle la saldatura e il taglio termico, l’uso di motori diesel, la brasatura, la smerigliatura o la fusione di metalli.
La scheda informativa è consultabile qui.
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