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Lo sapevi che – Quando e' necessario apporre data certa a un documento?
Riprendiamo ancora una volta la questione della data certa per rileggere sotto un altro punto di vista la sentenza della Corte di Cassazione del 25 novembre 2008 in cui la suprema Corte stabiliva che un documento inerente la sicurezza sul lavoro privo di data certa ed esibito dopo la data di accertamento da parte dell’organo di vigilanza non è idoneo a provare che lo stesso sia stato elaborato prima dell’accertamento medesimo.
Richiamiamo una parte dell’approfondimento sulla data certa dell’avvocato Rolando Dubini per evidenziare un passaggio in cui si evidenzia l’estensione del concetto a molti documenti aziendali inerenti la sicurezza sul lavoro.
“Secondo la Suprema Corte un documento privo di data certa ed esibito dopo la data di accertamento da parte dell’organo di vigilanza non è idoneo a provare che lo stesso sia stato elaborato prima dell’accertamento medesimo. In virtù di questo principio la stessa Corte ha confermata l’ammenda inflitta al legale rappresentante di una ditta per non aver designato gli addetti al servizio di prevenzione e protezione dell’azienda (da intendersi innanzitutto come mancata designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, che è l'addetto n. 1, nel senso che senza il responsabile - RSPP- il servizio non esiste).
Ma lo stesso principio si applica, con un ragionamento logico-giuridico del tutto autoevidente, alla nomina del medico competente, al documento di valutazione dei rischi (DVR), al documento di valutazione dei rischi da interferenze (DUVRI), al Piano di sicurezza e coordinamento (PSC), al Piano Operativo di Sicurezza (POS), alla nomina dei coordinatori per la sicurezza durante la progettazione (CSP) e durante l'esecuzione dei lavori (CSE), all'autocertificazione dell'avvenuta valutazione dei rischi.
In particolare il Tribunale condannava il legale rappresentante della ditta alla pena di euro 2000,00 di ammenda per il reato di cui all’art. 4, comma 4, lettera b) del D. Lgs. n. 626/1994 mentre assolveva lo stesso dalla contravvenzione di cui all'art. 12 dello stesso D. Lgs. per non avere comunicato alle competenti autorità il nominativo della persona designata come responsabile del servizio di prevenzione e protezione all'interno dell'azienda [violazione che è stata eliminata dall'ordinamento giuridico italiano].
L’imputato proponeva ricorso alla Corte di Cassazione e chiedeva alla stessa l’annullamento della sentenza sostenendo che, essendo la designazione degli addetti al servizio un (semplice) atto interno che il datore di lavoro più compiere senza alcuna (particolare) formalità e senza apporre una data certa, l'effettuazione dell'adempimento poteva essere provata con l'esibizione del documento originale anche dopo l'accertamento eseguito a mezzo di verbale di sopralluogo dagli operatori dell’organo di vigilanza, come è avvenuto in udienza, oppure con prove testimoniali.
La Suprema Corte ha però rigettato il ricorso ed ha sostenuto nella sentenza che “l'esecuzione dell'adempimento sarebbe potuto essere dimostrata, come correttamente osservato, soltanto con la produzione di un documento avente data certa anteriore a quella dell'accertamento, mentre quello depositato dall'imputato è privo di data certa, donde la sua inidoneità, al pari della dedotta prova testimoniale, a provare a essere stato formato prima dell'accertamento”. Pertanto la Sez. III ha confermato la sentenza di condanna inflitta all’imputato dalla Corte territoriale ed ha concluso sostenendo che “sono, quindi, logiche le argomentazioni del giudice territoriale, riferite alla globalità delle prove obiettive raccolte, non inficiate dalle censure esposte nei motivi di gravame che distorcono la sostanza del provvedimento impugnato che, invece, possiede un valido apparato argomentativo del tutto rispondente alle utilizzate acquisizioni processuali”.”
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