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Metodi di valutazione del rischio professionale da sforzi ripetuti degli arti superiori

5° seminario Contarp: un confronto tra i principali metodi nelle malattie professionali dovute a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori evidenzia sensibili difformità nei risultati relativi a quattro attività lavorative.

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Da pochi giorni sono disponibili gli atti del seminario di aggiornamento dei professionisti CONTARP che si è tenuto a Taormina dal 6 all’8 novembre del 2007.
Il tema di questo seminario era "Assicurazione e prevenzione: dal confronto un percorso condiviso" e tra gli interventi pubblicati abbiamo scelto di presentarne uno che focalizza le problematiche connesse con le “malattie professionali dovute a sovraccarico biomeccanico degli arti superiori, connesse a lavori ripetitivi”.
 
In “Confronto tra i principali metodi di valutazione del rischio professionale da sforzi ripetuti degli arti superiori”, proposto da G. Ricupero e M. Della Pasqua – rispettivamente Contarp Inail Emilia Romagna e Contarp Inail Marche – si racconta che queste malattie professionali hanno avuto negli ultimi anni un notevole incremento. Sono presenti, nella letteratura scientifica, anche diverse metodologie per la descrizione e la valutazione dei fattori di rischio, ma “nessuno di questi è universalmente accettato e validato”.
 
Ecco dunque la necessità di un confronto tra questi per metterne in evidenza potenzialità e limiti.
 
I disordini muscolo-scheletrici degli arti superiori legati all’attività lavorativa, generalmente riassunti nell’acronimo inglese UL WMSD, possono essere provocati “dall’azione sinergica di più fattori di rischio”.
Tra questi il documento Contarp riporta a titolo esemplificativo:
- l’alta frequenza dei movimenti ripetitivi;
- la forza applicata;
- l’incongruità delle posture assunte;
- i tempi di recupero inadeguati;
- la compressione delle strutture anatomiche;
- la presenza di esposizione a vibrazioni;
- gli strumenti di lavoro non ergonomici;
- l’uso di guanti.
 
Tuttavia questi fattori e la loro sinergia vengono considerati diversamente dai metodi utilizzati per valutare il rischio da sovraccarico biomeccanico degli arti superiori.
Ad esempio non si conoscono ancora le “modalità fisiopatologiche attraverso cui si determinano i UL WMSD (tendiniti, tenovaginiti, tendinosi, sindromi neurologiche periferiche da intrappolamento, ecc.)” e pertanto ad oggi “non esistono metodi di valutazione del rischio unanimemente riconosciuti”.
 
In questo studio vengono messi a confronto e presentati i risultati di alcuni metodi di valutazione del rischio di UL WMSD applicati a quattro differenti postazioni di lavoro.
 
Cominciamo a conoscere i metodi.
 
Check List OCRA prende in considerazione numerosi fattori di rischio, non attribuisce particolari differenze riguardo al peso di ciascuno e prevede una valutazione in funzione del tempo di alcuni di questi (i fattori “vengono considerati solo se di durata almeno pari ad 1/3 del ciclo”). Questo metodo “consente di valutare un indice complessivo nel caso di più compiti svolti durante il turno di lavoro”.
 
Strain Index, che si applica solo alla zona distale degli arti superiori (mano, polso, avambraccio), stima invece 6 variabili lavorative: “intensità della forza richiesta, durata dello sforzo, numero degli sforzi eseguiti al minuto, postura del polso e della mano, velocità di lavoro, durata del compito nella giornata di lavoro”.
In questo metodo, di facile utilizzo ma che non tiene conto del fattore postura e di altri fattori complementari, “l’intensità della forza ha un maggior peso sul punteggio finale”.
 
I fattori che prende in considerazione Check List OSHA, un altro “metodo semplice e di rapida applicazione”, sono: “ripetitività dei movimenti, forza, postura, vibrazioni, microclima, alcuni elementi dell’organizzazione del lavoro”. Questo metodo “non tiene conto dei tempi di recupero”.
 

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TLV ACGIH fornisce invece dei valori da “confrontare con un livello di azione e un livello massimo prendendo in considerazione i due fattori di rischio forza e frequenza”.
In questo caso sono analizzabili solo compiti lavorativi singoli di almeno 4 ore per turno e non si può dunque valutare “l’esposizione di lavoratori adibiti a più compiti ripetitivi (esposizione per mansione)”.
 
Questi i quattro differenti compiti e ruoli lavorativi a cui sono stati applicati i metodi appena elencati:
 
- Addetta al caricamento con “posizionamento manuale di oggetti vari di plastica di peso inferiore a 3 Kg” prelevati uno per volta da una cesta e caricati su un nastro trasportatore.
 
- Addetta al prelevamento con “prelevamento manuale di oggetti vari di plastica imbustati di peso inferiore a 3 Kg”, presi due per volta da un nastro trasportatore e posizionati dentro una scatola.
 
- Addetta al confezionamento contenitori con “prelevamento manuale di vari oggetti di plastica di peso inferiore a 3 Kg e sistemazione uno alla volta in scatole di cartone”. Su questi oggetti è necessario esercitare forza per “chiuderli prima dell’inscatolamento”.
 
- Addetta al confezionamento grucce con “raggruppamento di grucce di plastica preceduto dall’assemblaggio, con l’applicazione di forza, di piccoli oggetti di plastica di peso inferiore a 3 Kg” prelevati da una cesta posta sul tavolo.
 
Nella tabella riepilogativa dei punteggi attribuiti dai diversi metodi ai fattori di rischio si evidenzia un fatto rilevante: non sempre i risultati “sono stati congruenti tra loro”.
 
Tra le motivazioni di questa incongruenza il lavoro di G. Ricupero e M. Della Pasqua sottolinea il fatto che ogni metodo prende in esame un “differente numero di fattori di rischio, e ciascuno di questi viene considerato in maniera diversa, in termini quantitativi, ai fini del calcolo dell’indice”.
Inoltre “il tempo di recupero, uno dei principali fattori di rischio, presente nel metodo Check list OCRA, viene parzialmente considerato dal metodo Strain Index” ed è “addirittura omesso dai metodi OSHA Check list e ACGIH TLV”.
Infine i quattro compiti lavorativi non necessitavano di un grande uso della forza con la conseguenza che i metodi ACGIH TLV e Strain Index hanno fornito risultati con valori più contenuti.
 
Concludendo questo studio evidenzia nei quattro metodi difformità che dimostrano come le nostre conoscenze riguardo a fattori di rischio, interazione tra questi e durata dell’esposizione, siano allo stato attuale ancora insufficienti.
 
 
 
Tiziano Menduto




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