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L’articolo ricorda che per postura si intende “la posizione del corpo nello spazio e le relative relazioni tra i vari segmenti corporei”: individualmente “la postura più corretta è quella che consente di svolgere le attività quotidiane e lavorative con il minor dispendio energetico ed è influenzata da numerosi fattori (neurofisiologici, biomeccanici, emotivi, psicologici e relazionali)”.
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Rischi biomeccanici: le posture scorrette nelle attività sanitarie
Nella prima sessione del convegno nazionale “Rischio biologico, psicosociale e biomeccanico per i lavoratori della sanità - Attualità scientifiche e legislative”, che si è tenuto dal 3 al 5 marzo 2010, molti interventi hanno affrontato le problematiche del “rischio biomeccanico in sanità”, ad esempio in relazione alla movimentazione manuale dei pazienti.
In relazione agli atti del convegno, pubblicati nel numero di luglio/settembre 2010 del Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, presentiamo oggi un intervento dal titolo “Rischi da posture incongrue”, a cura di G. Bazzini, E. Capodaglio, M. Panigazzi, E. Prestifilippo e C. Vercesi.
Riguardo alle principali posture scorrette viene riportata un breve tabella:
- collo: ruotato; inclinato, flesso o esteso > 20°;
- spalla: braccio flesso e/o abdotto > 45°, > 10% del ciclo;
- polso: deviato radicalmente; deviato ulnarmente > 45°; flesso > 30°; esteso > 15°;
- schiena: flessa > 45°; ruotata o inclinata > 20°.
Si ricorda poi che fra i “possibili disturbi muscolo-scheletrici causati dall’assunzione prolungata di posture scorrette si trovano patologie:
- osteo-articolari (periartriti, borsiti, capsuliti, tenosinoviti, artrosi, spondiloartropatie + eventuali discopatie);
- muscolo-tendinee (epicondiliti, epitrocleiti, entesiti, dito a scatto, malattia di De Quervain);
– neurologiche (mononeuropatie da intrappolamento o sdr. canalicolari, compromissioni del plesso cervicale, compressioni radicolari da protrusioni / ernie)”.
Patologie che sono a carico a carico dei diversi distretti corporei sovraccaricati maggiormente.
Il documento - che riguardo al problema delle posture incongrue si occupa solo degli aspetti di natura biomeccanica - riporta anche alcune ipotesi fisiopatologiche possibili “per spiegare i possibili danni derivanti dal mantenimento di posture scorrette e/o mantenute per tempi prolungati, a seconda dei distretti e delle strutture anatomiche coinvolte”.
Ad esempio “la prolungata contrazione muscolare isometrica (che ostacolerebbe lo smaltimento dell’acido lattico), la fissità articolare vertebrale (che impedirebbe la fisiologica nutrizione dei dischi), la compressione e/o l’allungamento del nervo periferico (che ne causerebbe la sofferenza)”.
Si ricorda che già negli anni ’80 le mansioni tipiche delle attività sanitarie erano “fortemente rappresentate fra le attività maggiormente a rischio di patologie muscolo-scheletriche lavoro-correlate ed anche recenti studi epidemiologici confermano questo trend”.
E tra i “principali fattori indicati come responsabili di questo specifico rischio lavorativo sono stati elencati soprattutto: la ripetitività delle azioni, l’uso di forza, la carenza di periodi di recupero, ma anche la postura incongrua (intesa come sollecitazioni estreme degli angoli delle articolazioni, specialmente se per tempi prolungati)”.
L’articolo – a cui rimandiamo i nostri lettori per una lettura più esaustiva – riporta diverse immagini, relative ad attività sanitarie, che mostrano come “il carico biomeccanico maggiore a livello articolare si registra in quelle posizioni che tanto più si discostano dalla posizione articolare anatomica neutra ed il rischio viene accresciuto tanto più queste posizioni vengono mantenute per tempi prolungati durante il turno lavorativo”.
Oltre a riportare stime dei carichi biomeccanici e posturali, l’articolo presenta, con diverse immagini esplicative, esempi di mansioni, di attività lavorative “che più di frequente richiedono il mantenimento di posture scorrette e che quindi sono maggiormente indicate come possibili cause dell’insorgenza di tali patologie”.
Un'altra tabella, anche in questo caso tratta da una revisione bibliografica, riporta le risultanze di specifiche posture “nel determinismo dell’insorgenza delle patologie descritte, in particolare a carico di spalla, polso e rachide”:
- seduta: “da sola non costituisce fattore di rischio per lombalgie; associata ad altri fattori di rischio (postura scorretta prolungata, vibrazioni) può costituire un fattore di rischio significativamente aumentato”;
- in piedi: “da sola non costituisce fattore di rischio per lombalgie; la correlazione fra postura lavorativa in piedi con tronco flesso e/o ruotato ed insorgenza di lombalgie” è forte per alcuni, molto controversa per altri;
- del collo: “vi è evidenza che posture scorrette del collo possano essere associate con cervicalgie”; “invece non vi è associazione fra flessione o rotazione >45° fino al 10% del turno”;
- della spalla: “La contrazione statica, il carico statico prolungato e/o posizioni estreme a carico della spalla costituiscono fattori di rischio per ‘shoulder disorders’; in particolare elevazione del braccio >90°, mani oltre la spalle >1 ora/turno, avambr. Flesso >45° per >15% turno o con pinch di forza”;
- “unusual or restricted”: “gli operatori che adottano posture ‘unusual or restricted’ presentano un maggior rischio muscolo-scheletrico; in particolare chinati, inginocchiati, accovacciati”.
Riguardo all’analisi del rischio gli autori riportano le numerose “tipologie utilizzabili, a partire da schede di descrizione minuziosa dei movimenti su base osservazionale, fino alle più moderne e sofisticate strumentazioni per videoripresa” e i vari metodi utilizzabili per l’ analisi quantitativa del rischio.
Viene poi fatta una breve rassegna delle indicazioni legislative.
Qui si ricorda, ad esempio, che “lo standard di riferimento nella valutazione delle posture è il documento ISO, che stabilisce valori di riferimento relativamente a posture lavorative fisse e, rifacendosi anche ai documenti EN 1005-4 e 1005-5, stabilisce criteri di accettabilità basati sull’angolo articolare”.
Riguardo alla sicurezza e alla prevenzione è la stessa legislazione “che indica le priorità con cui affrontare la problematica della riduzione dei rischi di questa tipologia e natura, ossia: meccanizzazione, ausiliazione, organizzazione del posto di lavoro, sorveglianza sanitaria, informazione e formazione”.
E in relazione ai rischi da postura incongrua, ciò si traduce sinteticamente in: “utilizzo di ausili; adozione di tecniche e modalità di lavoro corrette; modifiche organizzative; miglioramenti ambientali e di arredo”.
Sono molte le documentazioni della riduzione dei rischi ottenibile con l’introduzione nei reparti, sempre in relazione alle attività sanitarie, degli ausili.
Altri esempi migliorativi “sono rinvenibili nell’introduzione di utensili progettati in modo ergonomico, che minimizzano la necessità per l’operatore di mantenere posture scorrette”.
Anche “l’adozione di tecniche e modalità di lavoro che prevedono posture ergonomicamente corrette possono contribuire praticamente senza costi aziendali a migliorare la situazione”.
Sempre riguardo alla prevenzione:
- “le modifiche organizzative richiedono probabilmente interventi maggiormente complessi e condivisi da parte delle diverse componenti; è indubbio che la possibilità di poter disporre di un numero adeguato di operatori per le attività sanitarie e di assistenza porta sicuri miglioramenti di eventuali situazioni di rischio;
- “significativi miglioramenti si possono ottenere mediante una valida progettazione ambientale che comprenda l’introduzione di arredi ergonomici, fondamentalmente regolabili in altezza per permettere l’assunzione di posture meno affaticanti”.
Infine si ricorda che “fra le attività lavorative che richiedono il mantenimento di posture fisse prolungate la posizione seduta è sicuramente quella più diffusa”.
Le “indicazioni ergonomiche per la riduzione del rischio da postura seduta scorretta prolungata sono: la riduzione dell’impegno isometrico, la correzione ove possibile di tale postura, l’adozione di utensili più ergonomici, l’adozione di postazioni di lavoro seduti fisiologiche, l’addestramento all’utilizzo di tecniche più corrette”.
In particolare, “si indica nella variazione delle posture la misura preventiva preferibile, ove possibile, nei casi di attività fisse prolungate. Almeno ogni 30 minuti di postura seduta fissa si consiglia una pausa di 2-3 minuti, nella quale eseguire semplici esercizi di mobilizzazione e di ‘stiramento’ muscolare”.
“ Rischi da posture incongrue” (formato PDF kB), a cura di G. Bazzini (Servizio di Fisiatria Occupazionale ed Ergonomia dell’Istituto Scientifico di Montescano e di Pavia) E. Capodaglio (Divisione di Neuroriabilitazione dell’Istituto di via Boezio a Pavia), M. Panigazzi (Servizio di Fisiatria Occupazionale ed Ergonomia dell’Istituto Scientifico di Pavia), E. Prestifilippo (Servizio di Fisiatria Occupazionale ed Ergonomia dell’Istituto Scientifico di Montescano) e C. Vercesi (Biblioteca Scientifica dell’Istituto di Pavia) della Fondazione Salvatore Maugeri, IRCCS, intervento al convegno nazionale “Rischio biologico, psicosociale e biomeccanico per i lavoratori della sanità - Attualità scientifiche e legislative” in Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII - N. 3 – luglio/settembre 2010.
Tiziano Menduto
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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Rispondi Autore: guglielmetti patrizia - likes: 0 | 15/02/2014 (21:39:12) |
Molto interessante e chiarogicatore ma mi piacerebbe sapere se il datore di lavoro é obblogato a consegnare un transpallet elettrico all operatore nel caso questo soffra di ina patologia alla schiena |
Rispondi Autore: guglielmetti patrizia - likes: 0 | 15/02/2014 (21:40:27) |
Molto interessante e chiarificatore ma mi piacerebbe sapere se il datore di lavoro é obblogato a consegnare un transpallet elettrico all operatore nel caso questo soffra di ina patologia alla schiena |