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Sistemi di gestione e responsabilità amministrativa nelle imprese
Sul sito dell’ASL10 Azienda Sanitaria Firenze sono presenti diversi documenti in merito alle misure da attuare o all’organizzazione da predisporre per favorire la prevenzione degli incidenti nel mondo del lavoro.
Un documento ritorna sul tema, centrale in questi mesi, relativo all’adozione dei Sistemi di Gestione della salute e sicurezza del lavoro ( SGSL), sistemi che definiscono le modalità per individuare le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione.
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In “Sistemi di gestione per la sicurezza nei luoghi di lavoro e responsabilità amministrativa nelle imprese”, a cura di Amerigo Bianchi (Dip. Prev. ASL 10 Firenze), si indica che “l’argomento relativo ai sistemi di gestione per la sicurezza e alla conseguente responsabilità amministrativa, è trattato da una vasta documentazione più teorica che pratica”. E che un importante riferimento applicativo è “la sentenza di primo grado del Tribunale di Trani – Sezione Molfetta (Giudice Gadaleta) 26 ottobre 2009/11 gennaio 2010) relativa all’infortunio sul lavoro del 2008 presso la Truck Center con 5 morti e un ferito grave in seguito a inalazione di acido solfidrico sviluppatosi durante la bonifica di cisterne che avevano contenuto zolfo”.
In questo articolo - una sintesi integrata e riassuntiva delle relazioni presentate nei seminari svolti in Regione Toscana nelle tre Aree Vaste nei mesi di febbraio e marzo 2010, dal titolo “Modelli di Organizzazione e di Gestione della Sicurezza” - viene operato un confronto tra i modelli organizzativi per la sicurezza codificati all’art.30 del Decreto legislativo 81/2008 e quelli fissati dal D.Lgs. 231/2001.
Si sottolinea che malgrado il Testo Unico non lo ponga come un obbligo esplicito, in vari articoli viene indicata “l’indispensabilità di adottare un modello organizzativo” per la gestione della salute e sicurezza dei lavoratori. Ad esempio in relazione a:
- “l’art. 16 (delega di funzioni) laddove, dopo aver declinato le modalità di validità della delega, il comma 3 afferma La delega di funzioni non esclude l’obbligo di vigilanza in capo al datore di lavoro in ordine al corretto espletamento da parte del delegato delle funzioni trasferite. L’obbligo di cui al primo periodo si intende assolto in caso di adozione ed efficace attuazione del modello di verifica e controllo di cui all’articolo 30, comma 4;
- l’art. 18 (obblighi del datore di lavoro e del dirigente) al comma 3-bis indica al datore di lavoro e ai dirigenti l’obbligo di vigilare altresì, in ordine all’adempimento degli obblighi di cui agli articoli 19, 20, 22, 23, 24 e 25, ferma restando l’esclusiva responsabilità dei soggetti obbligati ai sensi dei medesimi articoli qualora la mancata attuazione dei predetti obblighi sia addebitabile unicamente agli stessi e non sia riscontrabile un difetto di vigilanza del datore di lavoro e dei dirigenti;
- l’art. 28 (oggetto della valutazione dei rischi) al comma 2 lettera d) come elemento di contenuto del documento di cui all’art, 17 comma 1 lettera a), riporta l’individuazione delle procedure per l’attuazione delle misure da realizzare, nonché dei ruoli dell’organizzazione aziendale che vi debbono provvedere, a cui devono essere assegnati unicamente soggetti in possesso di adeguate competenze e poteri”.
Con l’art. 30 del D.Lgs. 81/2008 vengono introdotti i sistemi di gestione per la sicurezza “come presupposto per avere effetto esimente della responsabilità amministrativa di cui parla il dec. lgs. 231/2001 e con la presunzione del comma 5 (i modelli adottati secondo le Linee Guida UNI-INAIL e al British Standard OHSAS 18001:2007 sono conformi al modello previsto dall’art. 30).
Ci troviamo, in sostanza, di fronte a tre tipi di “modelli”:
- quello definito dall’art. 30 commi 1,2,3 e 4;
- il modello riferito alle norme tecniche;
- il modello previsto dal D.Lgs. 231/2001.
Il documento, che vi invitiamo a visionare, riporta poi tutti gli elementi che ciascuno di questi tre modelli deve garantire.
Si evidenzia che i tre modelli “hanno, senza ombra di dubbio, dei punti di contatto e sovrapposizione ma anche sostanziali differenze che, come è facile intuire, non sono di poco conto”.
Da un lato abbiamo un modello organizzativo, ex D.Lgs. 81/2008, “atto a garantire l’adempimento degli obblighi giuridici relativi alla salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, ancorché sono ‘rintracciabili’ in vari articoli aspetti gestionali del sistema di sicurezza aziendale, e dall’altro il modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire i reati mediante un sistema di controllo che non possa essere aggirato se non ‘fraudolentemente’”.
L’autore si sofferma poi sul tema specifico della responsabilità amministrativa e ricorda che con la legge 123 del 3 agosto 2007, “per la prima volta viene prevista l’applicazione del dec.
leg. n. 231/2001, che alla entrata in vigore si applicava soltanto a una tipologia di reati dolosi contro la pubblica amministrazione o di reati societari, anche agli infortuni sul lavoro e alle malattie professionali”.
Al di là del campo di applicazione, si sottolinea che tutte le “società o associazioni, anche se non dotate di personalità giuridica, sono soggette alla responsabilità amministrativa, quando si configurano le ipotesi previste dal dec. lgs. 231/2001 e cioè in seguito della commissione dei reati di omicidio colposo e di lesioni colpose gravi o gravissime (artt. 589 e 590 del Codice Penale), da parte di soggetti che si trovano in un rapporto funzionale con l’ente, a condizione che il reato sia stato commesso nell’interesse dell’ente o a suo vantaggio di cui parla l’art. 11 comma c) della legge 300 del 28/9/2000”.
Secondo l’art 30 del D.Lgs. 81/2008, il modello organizzativo “per essere giudicato idoneo ad avere efficacia esimente della responsabilità amministrativa, deve essere idoneo a prevenire la commissione dei reati da parte dei soggetti che ricoprono una posizione funzionale nell’ente”.
E dunque perché il fattore “esimente dalla responsabilità” si realizzi concretamente è “necessario prendere in esame due ipotesi:
- quella dei reati commessi dai soggetti apicali dell’ente”: in questo caso l’ente si sottrae alla responsabilità dimostrando “a) che l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto un modello di organizzazione e di gestione idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello verificatosi; b) che il compito di vigilare sull’osservanza del modello sia stato affidato ad un organo di vigilanza con poteri di iniziativa e di controllo; c) oppure che gli autori del reato lo abbiano commesso eludendo fraudolentemente il modello di gestione; d) che non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo preposto”;
- quella del reato commesso da soggetti sottoposti: nel caso dei “reati commessi da soggetti non apicali l’ente è responsabile solo se la commissione del reato è stata resa possibile dall’inosservanza degli obblighi di controllo e vigilanza. E qui la norma aggiunge un’ulteriore presunzione: in ogni caso è esclusa la violazione dell’obbligo di vigilanza se l’ente ha adottato ed efficacemente attuato un modello di gestione idoneo a prevenire reati della stessa specie di quello commesso. La differenza tra i due casi è significativa e concreta. Si viene a creare un efficace rovesciamento dell’onere della prova”.
Veniamo ad alcune considerazioni finali dell’autore.
Cosa deve fare un’azienda interessata ad adeguare il proprio sistema di gestione della sicurezza tale per cui sia adeguato nell’ambito del Testo Unico e del D.Lgs. 231/2001?
La risposta non è semplice, tuttavia si può affermare che un’azienda interessata ad adeguare un sistema di gestione per la sicurezza “deve:
- adottare e attuare un Sistema di Gestione conforme all’art. 30 del dec. lgs 81/2008;
- oppure adottare un Sistema di Gestione OHSAS 18001 (certificato o meno) o UNI-INAIL e implementare completamente il Sistema e aggiornarlo in relazione alle criticità che di volta in volta riscontra;
- completare il Modello Organizzativo con gli aspetti non contenuti nelle norme tecniche o linee guida (principalmente la gestione delle risorse finanziarie, il sistema sanzionatorio interno, in parte il codice etico);
- istituire o integrare l’Organismo di Vigilanza;
- verificare nel tempo l’efficace funzionamento del Modello.
Dunque qualcosa di complesso che sembrerebbe essere più pertinente “alle grandi aziende rispetto alle piccole e piccolissime (tra l’altro queste ultime rappresentano la stragrande maggioranza del tessuto produttivo italiano)”.
Tuttavia, e “senza sminuire preoccupazioni e problematicità che aziende e associazioni dichiarano rispetto ai sistemi di gestione per la sicurezza”, l’autore ritiene che se in una “grande azienda” esistono “per varie circostanze (come ad esempio l’abitudine ai sistemi qualità di prodotto), le condizioni di base per applicare il sistema di gestione e la complessità dipende dalla dimensione aziendali per la gestione di un’organizzazione efficace, viceversa nelle piccole e piccolissime aziende, proprio per le ridotte dimensioni, è più semplice l’applicazione di un modello organizzativo ma è più complesso gettare le basi culturali e strategiche necessarie per implementare il sistema di gestione”.
E sia le grandi che le piccole aziende, pur “con obiettivi e contenuti diversificati”, hanno “necessità di un arricchimento formativo che vada a colmare quegli aspetti che vanno dalle conoscenze di modelli e metodi alla motivazione e politica dell’importanza di un sistema di gestione per la sicurezza, al fine di sviluppare quel valore aggiunto che” – secondo l’autore - “sarebbe un’ulteriore spinta alla diminuzione degli infortuni e delle malattie da lavoro”.
“ Sistemi di gestione per la sicurezza nei luoghi di lavoro e responsabilità amministrativa nelle imprese”, a cura di Amerigo Bianchi (Dip. Prev. ASL 10 Firenze – Responsabile FORmazione Educazione Documentazione) (formato PDF, 42 kB).
Tiziano Menduto
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