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Sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia sono stati pubblicati in questi anni diversi interventi relativi ai rischi professionali di sovraccarico biomeccanico, ai movimenti ripetitivi, all’assunzione di posizioni incongrue e alle patologie collegate.
In particolare nel numero di aprile/giugno 2010 è presente un intervento - scritto da E. Sala, D. Torri, C. Tomasi e P. Apostoli –dal titolo “Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico all’arto superiore condotta, con l’impiego di più metodi di analisi, in diversi settori manifatturieri”.
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Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico all'arto superiore
Sul Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia sono stati pubblicati in questi anni diversi interventi relativi ai rischi professionali di sovraccarico biomeccanico, ai movimenti ripetitivi, all’assunzione di posizioni incongrue e alle patologie collegate.
In particolare nel numero di aprile/giugno 2010 è presente un intervento - scritto da E. Sala, D. Torri, C. Tomasi e P. Apostoli –dal titolo “Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico all’arto superiore condotta, con l’impiego di più metodi di analisi, in diversi settori manifatturieri”.
Il documento ricorda che “la stima del rischio biomeccanico rappresenta ancora un compito impegnativo per il Medico Competente o per le altre figure tecniche e professionali coinvolte nella prevenzione occupazionale”.
Per affrontare questi temi si fa riferimento, oltre che al Testo Unico, alle linee di buona tecnica o le linee guida come quelle delle Società Scientifiche (SIMLII).
Riguardo al Decreto legislativo 81/2008, il documento - al di là della problematica, “in parte ancora aperta”, della valutazione del rischio da stress lavoro correlato – si sofferma sulla movimentazione manuale dei carichi. Movimentazione che comporta (art.167) rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico in particolare dorso lombari che riguardano strutture osteoarticolari muscolo tendinee, nervo vascolari.
Nell’allegato XXXIII il decreto richiama la serie delle norme ISO 11228, parti 1, 2, 3 e la parte 3 di tale norma tratta “l’handling of low loads at high frequency”.
Secondo gli autori “tale richiamo nell’ambito della movimentazione carichi a rischio per il rachide dorso lombare porrà sicuramente problemi interpretativi ed applicativi”, anche se va detto che la stima del rischio di sovraccarico meccanico degli arti superiori (UEWMSDs), “pur non essendo oggetto di specifica previsione normativa, non può non essere fatta rientrare in quanto previsto dal’art.28”: la valutazione del rischio deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Gli obiettivi principali di questa ricerca sono la validazione del metodo multistep, “proposto dalle Linee Guida SIMLII, su di una casistica raccolta tra il 2004 e 2009”, il “confronto tra i diversi metodi di analisi ergonomica, lo studio delle sue diverse componenti e la conseguente capacità di fornire più appropriate indicazioni preventive”.
Ricordiamo che l’utilità della procedura multi-step, multi-metodo va ricercata nella “opportunità di esaminare più a fondo determinanti e target del rischio sui quali i metodi hanno una diversa capacità di analisi, rafforzando la stima e rendendo più pertinenti le indicazioni preventive che ne fossero derivate”.
In questa ricerca sono state “esaminate 439 postazioni di lavoro in 17 aziende di diversi settori manifatturieri e che occupavano 4166 lavoratori, partendo da richieste dei Medici Competenti e dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione, per situazioni in cui l’inquadramento del rischio appariva problematico”. Nel complesso “sono state effettuate 1396 analisi ergonomiche utilizzando sei diversi metodi di stima del rischio biomeccanico, secondo la seguente sequenza:
– valutazione preliminare, condotta ricercando i segnalatori di rischio proposti nello schema dello stato di Washington; nello studio questo primo step è stato comunque affiancato con un altro metodo (OCRA checklist, HAL) per validarne i risultati;
– in caso di positività di almeno un segnalatore di rischio, applicazione di uno o più metodi di primo livello (checklist OCRA, RULA, HAL);
– per approfondire specifiche componenti del rischio o nel caso di non concordanza tra i metodi, applicazione di metodi di secondo livello (OREGE, Strain Index, SI)”.
Inoltre sono state “registrate le patologie muscolo-scheletriche diagnosticate dai medici competenti ed in un sottogruppo di circa 200 lavoratori i disturbi all’arto superiore e quelli psicosociali mediante l’impiego del questionario INRS-OREGE”.
Risultati e conclusioni
Dai risultati emerge che “nella valutazione preliminare almeno un segnalatore di rischio è risultato presente nel 13% delle postazioni analizzate”.
In particolare la “verifica” con checklist OCRA “ha evidenziato una situazione ottimale-accettabile nel 57% delle postazioni analizzate, nel 25% un rischio molto lieve, nel 14% lieve e nel 4% medio”. E il livello di concordanza “aumenta sensibilmente (96%) sommando i primi tre livelli di rischio”. Mentre nelle “20 postazioni esaminate con metodo HAL la concordanza è stata del 100%”.
In particolare tutti i metodi “ad eccezione di OCRA checklist hanno collocato tra 10 e 20% delle postazioni ad un livello di rischio meritevole di intervento” e “l’analisi delle componenti di maggior peso nel determinare il rischio biomeccanico ha evidenziato oltre alla problematica tempi di recupero, la frequenza d’azione come la più importante per 4 metodi usati su 5”.
Inoltre tra i fattori psicosociali “sono stati più frequentemente richiamati complessità ed interesse per il lavoro, carico, pressione e vincolo del lavoro, attenzione richiesta, rapporti tra colleghi e superiori, aspettative e prospettive del lavoro stesso”.
In questo caso circa l’80% dei lavoratori intervistati “si definisce poco o per niente stressato e nega in percentuali simili disturbi stress correlati (come sintomi di ansia, depressione, nervosismo, insonnia o di patologie gastro-enteriche o cardiovascolari)”.
Dunque si può affermare che “i segnalatori di rischio proposti dallo stato di Washington rappresentano un adeguato strumento di identificazione delle situazioni-condizioni a rischio”: in tutti i casi in cui sono stati applicati “hanno sempre consentito di evidenziare situazioni a rischio poi confermato dalle analisi di livello superiore”.
E non è mai stata “verificata la condizione opposta ovvero assenza di rischio alla valutazione preliminare, presenza di rischio alla valutazione di livello superiore per tutti i metodi”.
Tranne per la checklist OCRA: ragione che è “da individuarsi soprattutto nel peso che ha nella checklist OCRA la valutazione dei tempi di recupero anche in assenza di altri fattori di rischio (frequenza, forza e/o postura)”.
Vi sono altre non concordanze degne di nota, ad esempio in relazione ai metodi OREGE e RULA che “non confermano i casi a rischio elevato”.
Per OREGE il dato appare “spiegabile se si considera come viene pesata la postura, per la quale viene prevista una minore graduazione rispetto agli altrimetodi”, invece il metodo RULA risulta “primariamente orientato allo studio delle posture di lavoro e considera in maniera più marginale gli altri fattori di rischio”.
Rimandandovi alla visione, nel documento originale, delle numerose tabelle di confronto tra i diversi metodi, sottolineiamo l’importanza di questo lavoro che facilita la scelta del metodo più adatto all’analisi dei vari compiti lavorativi e la possibilità di “utilizzarne più di uno, proprio per poter tenere nel giusto conto le diversi determinanti degli stessi”.
Ricordiamo poi che alle componenti più strettamente biomeccaniche “vanno sempre associate valutazioni dei fattori psico-sociali, stress lavoro-correlato, registrazione standardizzata dei disturbi denunciati dai lavoratori ed attenta valutazione dei risultati della sorveglianza sanitaria”.
“Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico all’arto superiore condotta, con l’impiego di più metodi di analisi, in diversi settori manifatturieri”, scritto da E. Sala, D. Torri, C. Tomasi e P. Apostoli - Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia, Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°2, aprile/giugno 2010 (formato PDF, 122 kB).
Per affrontare questi temi si fa riferimento, oltre che al Testo Unico, alle linee di buona tecnica o le linee guida come quelle delle Società Scientifiche (SIMLII).
Riguardo al Decreto legislativo 81/2008, il documento - al di là della problematica, “in parte ancora aperta”, della valutazione del rischio da stress lavoro correlato – si sofferma sulla movimentazione manuale dei carichi. Movimentazione che comporta (art.167) rischi di patologie da sovraccarico biomeccanico in particolare dorso lombari che riguardano strutture osteoarticolari muscolo tendinee, nervo vascolari.
Nell’allegato XXXIII il decreto richiama la serie delle norme ISO 11228, parti 1, 2, 3 e la parte 3 di tale norma tratta “l’handling of low loads at high frequency”.
Secondo gli autori “tale richiamo nell’ambito della movimentazione carichi a rischio per il rachide dorso lombare porrà sicuramente problemi interpretativi ed applicativi”, anche se va detto che la stima del rischio di sovraccarico meccanico degli arti superiori (UEWMSDs), “pur non essendo oggetto di specifica previsione normativa, non può non essere fatta rientrare in quanto previsto dal’art.28”: la valutazione del rischio deve riguardare tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori.
Gli obiettivi principali di questa ricerca sono la validazione del metodo multistep, “proposto dalle Linee Guida SIMLII, su di una casistica raccolta tra il 2004 e 2009”, il “confronto tra i diversi metodi di analisi ergonomica, lo studio delle sue diverse componenti e la conseguente capacità di fornire più appropriate indicazioni preventive”.
Ricordiamo che l’utilità della procedura multi-step, multi-metodo va ricercata nella “opportunità di esaminare più a fondo determinanti e target del rischio sui quali i metodi hanno una diversa capacità di analisi, rafforzando la stima e rendendo più pertinenti le indicazioni preventive che ne fossero derivate”.
In questa ricerca sono state “esaminate 439 postazioni di lavoro in 17 aziende di diversi settori manifatturieri e che occupavano 4166 lavoratori, partendo da richieste dei Medici Competenti e dei Responsabili del Servizio di Prevenzione e Protezione, per situazioni in cui l’inquadramento del rischio appariva problematico”. Nel complesso “sono state effettuate 1396 analisi ergonomiche utilizzando sei diversi metodi di stima del rischio biomeccanico, secondo la seguente sequenza:
– valutazione preliminare, condotta ricercando i segnalatori di rischio proposti nello schema dello stato di Washington; nello studio questo primo step è stato comunque affiancato con un altro metodo (OCRA checklist, HAL) per validarne i risultati;
– in caso di positività di almeno un segnalatore di rischio, applicazione di uno o più metodi di primo livello (checklist OCRA, RULA, HAL);
– per approfondire specifiche componenti del rischio o nel caso di non concordanza tra i metodi, applicazione di metodi di secondo livello (OREGE, Strain Index, SI)”.
Inoltre sono state “registrate le patologie muscolo-scheletriche diagnosticate dai medici competenti ed in un sottogruppo di circa 200 lavoratori i disturbi all’arto superiore e quelli psicosociali mediante l’impiego del questionario INRS-OREGE”.
Risultati e conclusioni
Dai risultati emerge che “nella valutazione preliminare almeno un segnalatore di rischio è risultato presente nel 13% delle postazioni analizzate”.
In particolare la “verifica” con checklist OCRA “ha evidenziato una situazione ottimale-accettabile nel 57% delle postazioni analizzate, nel 25% un rischio molto lieve, nel 14% lieve e nel 4% medio”. E il livello di concordanza “aumenta sensibilmente (96%) sommando i primi tre livelli di rischio”. Mentre nelle “20 postazioni esaminate con metodo HAL la concordanza è stata del 100%”.
In particolare tutti i metodi “ad eccezione di OCRA checklist hanno collocato tra 10 e 20% delle postazioni ad un livello di rischio meritevole di intervento” e “l’analisi delle componenti di maggior peso nel determinare il rischio biomeccanico ha evidenziato oltre alla problematica tempi di recupero, la frequenza d’azione come la più importante per 4 metodi usati su 5”.
Inoltre tra i fattori psicosociali “sono stati più frequentemente richiamati complessità ed interesse per il lavoro, carico, pressione e vincolo del lavoro, attenzione richiesta, rapporti tra colleghi e superiori, aspettative e prospettive del lavoro stesso”.
In questo caso circa l’80% dei lavoratori intervistati “si definisce poco o per niente stressato e nega in percentuali simili disturbi stress correlati (come sintomi di ansia, depressione, nervosismo, insonnia o di patologie gastro-enteriche o cardiovascolari)”.
Dunque si può affermare che “i segnalatori di rischio proposti dallo stato di Washington rappresentano un adeguato strumento di identificazione delle situazioni-condizioni a rischio”: in tutti i casi in cui sono stati applicati “hanno sempre consentito di evidenziare situazioni a rischio poi confermato dalle analisi di livello superiore”.
E non è mai stata “verificata la condizione opposta ovvero assenza di rischio alla valutazione preliminare, presenza di rischio alla valutazione di livello superiore per tutti i metodi”.
Tranne per la checklist OCRA: ragione che è “da individuarsi soprattutto nel peso che ha nella checklist OCRA la valutazione dei tempi di recupero anche in assenza di altri fattori di rischio (frequenza, forza e/o postura)”.
Vi sono altre non concordanze degne di nota, ad esempio in relazione ai metodi OREGE e RULA che “non confermano i casi a rischio elevato”.
Per OREGE il dato appare “spiegabile se si considera come viene pesata la postura, per la quale viene prevista una minore graduazione rispetto agli altrimetodi”, invece il metodo RULA risulta “primariamente orientato allo studio delle posture di lavoro e considera in maniera più marginale gli altri fattori di rischio”.
Rimandandovi alla visione, nel documento originale, delle numerose tabelle di confronto tra i diversi metodi, sottolineiamo l’importanza di questo lavoro che facilita la scelta del metodo più adatto all’analisi dei vari compiti lavorativi e la possibilità di “utilizzarne più di uno, proprio per poter tenere nel giusto conto le diversi determinanti degli stessi”.
Ricordiamo poi che alle componenti più strettamente biomeccaniche “vanno sempre associate valutazioni dei fattori psico-sociali, stress lavoro-correlato, registrazione standardizzata dei disturbi denunciati dai lavoratori ed attenta valutazione dei risultati della sorveglianza sanitaria”.
“Stima del rischio da sovraccarico biomeccanico all’arto superiore condotta, con l’impiego di più metodi di analisi, in diversi settori manifatturieri”, scritto da E. Sala, D. Torri, C. Tomasi e P. Apostoli - Dipartimento di Medicina Sperimentale ed Applicata, Sezione di Medicina del Lavoro e Igiene Industriale, Università degli Studi di Brescia, Giornale Italiano di Medicina del Lavoro ed Ergonomia, Volume XXXII n°2, aprile/giugno 2010 (formato PDF, 122 kB).
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