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Sulla individuazione dei rischi di carattere generico e specifici
Commento a cura di G. Porreca.
Bari, 2 Mag - Le conclusioni alle quali è pervenuta in questa sentenza la Corte di Cassazione servono a mettere a fuoco gli elementi che caratterizzano la specificità o meno del rischio che ha portato all’infortunio di un lavoratore dipendente di una ditta appaltatrice durante lo svolgimento della propria attività nell’ambito dell’azienda del committente e le circostanze che portano a determinare la responsabilità specifica dell’appaltatore e ad escludere quella del committente medesimo. Quest’ultimo, in tal caso, è esonerato da responsabilità solo se il rischio che ha portato all’infortunio risulta essere specifico e tipico dell’attività dell’appaltatore e non sia invece di carattere generico e facilmente riconoscibile da tutti nel qual caso si potrebbe invece individuare la sua corresponsabilità.
Il caso
Un Tribunale ha individuata la responsabilità del datore di lavoro di una azienda in ordine al reato di lesioni colpose di cui all'articolo 590 c. p. in danno di un lavoratore dipendente commesso con violazione delle norme sulla sicurezza sul lavoro mentre ha assolto invece, perché il fatto non costituisce reato, il proprietario ed il locatore del capannone presso il quale la ditta esercitava la propria attività di falegnameria. La Corte d'appello, a seguito del ricorso proposto dalla parte civile, ha successivamente confermata l'affermazione di responsabilità nei confronti del datore di lavoro e, in parziale riforma della prima sentenza, ha affermato la responsabilità in ambito civile ed in solido sia del proprietario e del locatore del capannone, anche in qualità di responsabili legali delle proprie società, che del responsabile legale della società assicuratrice condannando tutti al risarcimento dei danni in favore della parte civile costituita da liquidarsi in separato giudizio.
Al proprietario ed al locatore del capannone, padre e figlio, era stato mosso l'addebito di non aver fornito informazioni sui rischi specifici dell'ambiente di lavoro ed in particolare sulle condizioni di precaria stabilità del tetto del capannone nel quale avrebbe dovuto essere installato un allarme antifurto. Al datore di lavoro dell’infortunato, invece, era stato contestato di aver omesso di accertare, prima di dare l'avvio ai lavori, che il tetto potesse reggere il peso degli operai e di adottare, altresì, le necessarie cautele contro il rischio di caduta, distendendo tavole sul tetto o facendo uso di cinture di sicurezza. E’ stato infatti a causa della mancanza di tali presidi che il lavoratore, mentre stava sul tetto del capannone per installare l'impianto, sfondava con il proprio peso le lastre in eternit di copertura e precipitava al suolo riportando gravi lesioni personali.
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Il ricorso in Corte di Cassazione
Hanno ricorso per cassazione il proprietario ed il locatore del capannone, anche nella loro veste di legali responsabili delle proprie società, nonché il responsabile legale della società assicuratrice. Il proprietario dell’immobile fra le motivazioni del ricorso ha posto in evidenza che nella veste di proprietario dei locali nei quali veniva esercitata l’attività di falegnameria non era destinataria di alcun obbligo di garanzia previsto dalla disciplina della sicurezza sul lavoro e che erroneamente gli era stato addebitato la mancata informazione del rischio gravando tale obbligo invece solo sul datore di lavoro dell'impresa committente nei confronti della sua ditta appaltatrice. Lo stesso ha sostenuto, inoltre, che la ditta appaltatrice nella circostanza doveva solo effettuare un mero preventivo, così come dichiarato anche dai testi, per cui non aveva nessuna necessità tecnica di salire sul tetto e che in ogni caso comunque il rischio che ha portato all’infortunio gravava sull'appaltatore e non sul committente.
Il locatore, dal canto suo, ha sostenuto che l’incarico di installare l’antifurto nel capannone era stato dato dal padre, proprietario dello stesso, e che per tale motivo non era neanche al corrente che la ditta appaltatrice si era recata nello stesso per effettuare un preventivo. Gli imputati hanno sostenuto, altresì, con riferimento al rischio di rottura della copertura del capannone, che non esisteva alcun obbligo di informazione, non essendosi in presenza di pericolo legato all'attività aziendale interferente con quella gestita dall'appaltatore per cui era quest’ultimo quindi che avrebbe dovuto adottare le opere provvisionali ed i dispositivi di sicurezza contro le eventuali cadute dall'alto. Il rischio di caduta dal tetto era aspecifico, secondo gli imputati, e gravava esclusivamente sull'esecutore dei lavori e non sul committente e chiunque era in grado di percepire che muoversi su un tetto implica il rischio di caduta.
Le decisioni della Suprema Corte
I ricorsi sono stati ritenuti infondati ad eccezione di quello del proprietario del capannone. Acclarato dalle risultanze dei precedenti processi che al momento dell’infortunio erano in corso i lavori di installazione dell’impianto antifurto e non l’effettuazione di un semplice preventivo ed accertato che la ditta appaltatrice era stata autorizzata dal committente ad installare l’impianto antifurto senza che fosse stato effettuato un preventivo, la Corte di Cassazione, con riferimento alla individuazione della responsabilità dei diversi soggetti coinvolti nell’accaduto ed alla natura del rischio concretizzatosi nell'evento stesso, ha ribadito che l’articolo 7 del D. Lgs. n. 626 del 1994 (attuale art. 26 del D. Lgs. n. 81/2008) fa obbligo al committente non solo di fornire alle imprese appaltatrici informazioni sui rischi specifici nell'ambiente in cui sono destinate ad operare ma anche di cooperare all'attuazione delle misure di prevenzione e protezione dai rischi sul lavoro incidenti sull'attività oggetto dell' appalto.
“La normativa”, ha proseguito la suprema Corte, “prevede esonero del committente solo per i rischi specifici e propri dell'impresa appaltatrice: si tratta dei rischi che impongono precauzioni dettate da regole richiedenti una specifica competenza tecnica settoriale, generalmente mancante in chi opera in settori diversi, o che implicano la conoscenza di specifiche procedure o l'esecuzione di speciali tecniche” per cui “il carattere generico del rischio non esonera da responsabilità il committente: l'esonero riguarda esclusivamente i rischi specifici e tipici dell'impresa appaltatrice” e secondo la Sez. IV “nel caso di specie il rischio era generico e da tutti riconoscibile”.
Era ben prevedibile inoltre, ha proseguito la Sez. IV, che pur per eseguire un preventivo fosse necessario salire sul tetto del capannone, tra l’altro facilmente accessibile da una scala esterna, per cui gli imputati erano tenuti ad assicurarsi che quella preliminare attività si svolgesse in condizioni di sicurezza. Per quanto riguarda la discussione sul carattere generico o specifico del rischio la Sez. IV ha ritenute le stesse irrilevanti. “L'unica cosa che conta”, ha proseguito la suprema Corte, “è che il rischio di caduta non era proprio ed esclusivo dell'esecutore dell'impianto, sicché gli imputati erano tenuti a coordinarsi ed a cooperare alla sicurezza”. “Per il resto”, ha quindi concluso la Sez. IV, ”il fatto che la caduta fosse facilmente prevedibile non può esonerare da responsabilità alcuno dei protagonisti della vicenda, ma semmai accentuare l'obbligo di cooperare per evitare l'esito drammatico riscontratosi ed agevolmente evitabile”.
Questo articolo è pubblicato sotto una Licenza Creative Commons.
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