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Bari, 20 Giu - E’ importante questa sentenza della Corte di Giustizia UE, chiamata ad esprimere il proprio parere in relazione ad una sentenza emessa dal Tribunale Superiore di Giustizia di Castilla e Leon (Spagna) e relativa ad una controversia sorta fra due lavoratori di un’azienda ed il proprio datore di lavoro, perché fornisce utili indirizzi sulle modalità di misurazione del rumore nei luoghi di lavoro. Secondo la stessa, infatti, il livello di esposizione giornaliera al rumore superiore agli 85 dB(A) dei lavoratori va misurato senza tenere conto dell’attenuazione dei DPI ed il datore di lavoro ha anzi l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre alla fonte tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A) misurato senza tenere conto dei DPI.
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Sulle modalità di misurazione del rumore
Commento a cura di G. Porreca
Bari, 20 Giu - E’ importante questa sentenza della Corte di Giustizia UE, chiamata ad esprimere il proprio parere in relazione ad una sentenza emessa dal Tribunale Superiore di Giustizia di Castilla e Leon (Spagna) e relativa ad una controversia sorta fra due lavoratori di un’azienda ed il proprio datore di lavoro, perché fornisce utili indirizzi sulle modalità di misurazione del rumore nei luoghi di lavoro. Secondo la stessa, infatti, il livello di esposizione giornaliera al rumore superiore agli 85 dB(A) dei lavoratori va misurato senza tenere conto dell’attenuazione dei DPI ed il datore di lavoro ha anzi l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre alla fonte tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A) misurato senza tenere conto dei DPI.
Il caso ed il ricorso alla Corte di Giustizia UE
Il caso riguarda un procedimento avviato da due lavoratori, addetti all’esercizio di una tagliatrice automatica in un'azienda esercente un'attività di produzione di materiali pietrosi, nei confronti del loro datore di lavoro. Nel corso degli accertamenti era risultato che nell'arco della giornata lavorativa il livello di rumore al quale erano esposti i lavoratori superava il valore medio giornaliero di 85 dB(A) per cui l’azienda, per porre rimedio a tale situazione, aveva dotato gli stessi di un dispositivo individuale di protezione dell’udito grazie al quale l’esposizione giornaliera al rumore si era attenuata ad un livello inferiore agli 80 dB(A).
I lavoratori, ai sensi dell’art. 27 del loro contratto collettivo, hanno chiesto il versamento di un’indennità salariale, in ragione della gravosità delle condizioni del loro posto di lavoro, in quanto esposti a un livello di rumore superiore al valore medio giornaliero di 85 dB(A) ed hanno fatto quindi ricorso al competente Tribunale per la legislazione in materia sociale. Le loro domande sono state però respinte dal Tribunale il quale ha dichiarato che l’azienda rispettava il regio decreto 286/2006 di recepimento della direttiva 2003/10. Secondo il giudice del Tribunale stesso, infatti, per stabilire se le condizioni del posto di lavoro fossero da ritenere gravose si doveva tenere conto dell’effetto di attenuazione del rumore prodotto dal dispositivo individuale di protezione dell’udito.
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I lavoratori hanno così impugnata la sentenza dinanzi al giudice del rinvio il quale ha sostenuto che il rigetto delle domande dei ricorrenti nei procedimenti avviati presso il Tribunale era conforme alla giurisprudenza vigente secondo la quale, al fine di stabilire se il lavoratore fosse soggetto a condizioni gravose sul posto di lavoro, occorre tenere conto dell’attenuazione del rumore prodotta dal dispositivo individuale di protezione dell’udito. Secondo il giudice del rinvio, infatti, tale giurisprudenza, che interpreta la nozione di «gravosità» alla luce della direttiva 2003/10 e del diritto nazionale che la recepisce, desume che l’obiettivo da raggiungere è la protezione del lavoratore dai rischi alla salute connessi a un’effettiva esposizione al rumore per cui ne conseguirebbe un’assenza di gravosità nel caso in cui una protezione individuale dell’udito consenta di ridurre il rumore che perviene all’orecchio a un livello inferiore agli 80 dB(A). Dopo le decisioni del giudice di rinvio il caso è stato portato all’attenzione della Corte di Giustizia UE.
Le decisioni della Corte di Giustizia UE
La Corte di Giustizia UE al termine del dibattimento ha sostenuto nella sua sentenza che la direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio del 6 febbraio 2003, 2003/10/CE sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2007, 2007/30/CE, deve essere interpretata nel senso che un datore di lavoro nella cui impresa il livello di esposizione giornaliera dei lavoratori al rumore è superiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto degli effetti dell’utilizzo di dispositivi individuali di protezione dell’udito, non adempie agli obblighi derivanti da tale direttiva mettendo semplicemente a disposizione dei lavoratori dei dispositivi di protezione dell’udito che consentono di ridurre l’esposizione giornaliera al rumore al di sotto degli 80 dB(A), poiché tale datore di lavoro ha l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto dell’effetto dell’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione dell’udito.
Tale interpretazione della direttiva 2003/10, ha sostenuto ancora la Corte di Giustizia UE, è corroborata dal decimo ‘considerando’ della stessa direttiva, secondo il quale, basandosi sul concetto di prevenzione, i rischi devono essere ridotti in via prioritaria alla fonte e secondo il quale le misure di protezione collettiva hanno priorità rispetto alle misure di protezione individuale.
La Corte di Giustizia UE ha quindi concluso dichiarando testualmente che:
“La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 febbraio 2003, 2003/10/CE, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2007, 2007/30/CE, deve essere interpretata nel senso che un datore di lavoro nella cui impresa il livello di esposizione giornaliera dei lavoratori al rumore è superiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto degli effetti dell’utilizzo di dispositivi individuali di protezione dell’udito, non adempie agli obblighi derivanti da tale direttiva mettendo semplicemente a disposizione dei lavoratori siffatti dispositivi di protezione dell’udito che consentono di ridurre l’esposizione giornaliera al rumore al di sotto degli 80 dB(A), poiché tale datore di lavoro ha l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto dell’effetto dell’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione dell’udito”.
“La direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 6 febbraio 2003, 2003/10/CE, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all’esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (rumore) (diciassettesima direttiva particolare ai sensi dell’articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE), come modificata dalla direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio 20 giugno 2007, 2007/30/CE, deve essere interpretata nel senso che un datore di lavoro nella cui impresa il livello di esposizione giornaliera dei lavoratori al rumore è superiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto degli effetti dell’utilizzo di dispositivi individuali di protezione dell’udito, non adempie agli obblighi derivanti da tale direttiva mettendo semplicemente a disposizione dei lavoratori siffatti dispositivi di protezione dell’udito che consentono di ridurre l’esposizione giornaliera al rumore al di sotto degli 80 dB(A), poiché tale datore di lavoro ha l’obbligo di applicare un programma di misure tecniche o organizzative volte a ridurre tale esposizione al rumore a un livello inferiore agli 85 dB(A), misurato senza tenere conto dell’effetto dell’utilizzo dei dispositivi individuali di protezione dell’udito”.
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Rispondi Autore: attilio macchi - likes: 0 | 20/06/2011 (17:42:21) |
Mi interessa sapere se i lavoratori avranno diritto all'indennità salariale. Se così fosse crollerebbe il principio che la sicurezza non è oggetto di contrattazione. Inoltre mi interessa sapere se le aziende che espongono i lavoratori ad un'esposizione nettamente superiore agli 85 dB(A) diciamo verso i 100 debbano provvedere ad elaborare questo programma di misure tecniche per rientrare sotto soglia. L'art 2087 del cc propone il concetto della massima sicurezza da ricercare anche nelle best tecnologies ma se queste ultime non ci sono il concetto decade. Sentenza opinabile. I produttori di DPI possono chiudere bottega con la sola possibilità di diversificare verso la produzione di DPC. Grazie. |
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0 | 28/06/2011 (09:42:21) |
In risposta al sig. Macchi ed in qualità di tecnico competente in acustica ambientale, posso sostenere che il D.Lgs.81/08 in qusti casi è molto chiaro. L'art. 192, comma 2, stabilisce che qualora i valori superiori di azione (quindi 85 dB(A)) siano superati il datore di lavoro elabora ed applica un programma di misure tecniche ed organizzative volte a ridurre l'esposizione del rumore, considerando in particolare le misure di cui al comma 1. Il comma 1, riporta vari tipi di intervento tali per cui non è accettabile che il datore di lavoro non intervenga. Qualora fosse vero che non sia possibile intervenire tecnicamente sulle macchine occorre infatti intervenire sull'organizzazione del lavoro. Il metodo più semplice è quello della turnazione dei lavoratori; si riduce il tempo di esposizione nella postazione rumorosa e si destina il lavoratore per il tempo restante ad altre mansioni meno rumorose. E' chiaro che ciò significa anche flessibilità nelle mansioni e formazione dei lavoratori per cui, comunque, un investimento deve essere fatto. Voglio comunque sottolineare che, prima di sostenere che un intervento tecnico non possibile tecnicamente od economicamente bisogna fare un indagine di mercato seria che preveda anche dei preventivi in quanto l'eventuale programma di cui all'art. 192 deve prevedere degli obiettivi con delle scadenze di intervento. Quindi, non è necessario fare tutto subito ma è possibile programmare gli interventi nel tempo (ovviamente in tempi ragionevoli) prevendendo e programmando le spese necessarie. Il programma, fra le altre cose, dovrebbe contenere un indicazione sui risultati attesi. Alcuni si limitano a fare le misurazioni senza menzionare il programma di misure tecniche ed organizzative e ciò a mio avviso può essere un metodo di valutazione del tecnico che effettua le misure poichè non è richiesto un tecnico competente per le misure di cui al Titolo VIII, capo III. Infine, ricordo che l'importanza del programma è sottolineata anche dal fatto che l'art. 192, comma 2, è sanzionato: arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 2.000 a 4.000 € per datore di lavoro e dirigente. Pertanto, concluderei che, non solo non è ammissibile che un lavoratore sia esposto oltre 87 dB(A) senza DPI, ma anche che l'esposizione oltre 85 dB(A) è tollerabile solo per il tempo necesario a ridurla entro tale soglia e con tutte le cautele del caso. Cordiali saluti. |
Rispondi Autore: attiliomacchi - likes: 0 | 28/06/2011 (16:33:52) |
Ringrazio il Sig Brion per la risposta che mi trova d'accordo, ci mancherebbe altro, sul fatto che un lavoratore non debba essere esposto ad un livello superiore agli 87 dB(A) senza DPI e nemmeno ad 85. Devo avere compreso male l'articolo qui sopra, a me pareva che la sentenza affermasse che non si può stare ANCHE con i DPI sopra gli 87 ritenendo prioritarie le misure tecniche... Avrò compreso male io... Per quanto riguarda la turnazione, è un escamotage che cozza contro l'art 15 (il più complesso del dettato legislativo) comma 1 lettera g), se siamo sopra gli 87 dB(A), con obbligo di DPI, ha senso turnare i lavoratori? In un cementificio, notoriamente oltre i limiti di esposizione come interpretate la sentenza? Ringrazio anticipatamente se vorrà darmi ulteriori chiarimenti. La turnazione come concetto di riduzione all'esposizione mi è ostica da sempre. |
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0 | 28/06/2011 (17:51:05) |
Sig. Macchi, Lei ha capito benissimo. La differenza fra l'esposizione a 85 e quella ad 87 dB(A) sta nel fatto che la riduzione per gli esposti oltre gli 87 deve essere immediata mentre la riduzione per gli esposti oltre 85 dB(A) ha tempi dettati proprio dal programma delle misure tecniche ed organizzative che, come detto, deve contenere i tempi di intervento. Per quanto concerne la turnazione bisogna avere ben presente che i valori di 85 ed 87 sono riferiti all'esposizione nell'arco delle 8 ore lavorative (Lex,8h). Tale livello è dato quindi dalla somma logaritmica dei livelli a cui lavoratore è esposto nell'arco dell'intero turno di lavoro; pertanto, se riduco il tempo di esposizione del lavoratore alle lavorazioni con livello equivalente (Leq) maggiore di 85 dB(A) destinandolo per il tempo rimanente a mansioni con Leq più bassi posso ottenere una media logaritmica sulle 8 ore inferiore. Esempio pratico: se sto 8 ore in una postazione a 90 dB(A) il mio livello di esposizione è 90 dB(A) ma se faccio 1,5 ore nella postazione a 90 dB(A) e 6,5 in una postazione a 80 dB(A) il mio livello di esposizione sulle 8 ore scende sotto gli 84,5 dB(A). Chiaro quindi che la turnazione non è sempre possibile perchè, trattandosi di una media logaritmica, se la postazione incriminata è molto al di sopra degli 85 dB(A) (ad esempio 90 e oltre), diventa difficile abbassare la media. Ecco perchè gli interventi alla fonte sono sempre da preferire. Sperando di essere stato chiaro, porgo cordiali saluti. |
Rispondi Autore: attiliomacchi - likes: 0 | 28/06/2011 (18:04:12) |
Chiarissimo. Soprattutto nella spiegazione di calcolo numerica che mi convince, se sto sotto il livello di 85, posso ritenere che il lavoratore non sia esposto (tenendo conto di qyuanto ugualmente previsto dal decreto a tutela del lavoratore) Grazie per la cortesia. |
Rispondi Autore: Gabriele Brion - likes: 0 | 28/06/2011 (18:10:04) |
Dimenticavo una precisazione doverosa; il superamento del limite di esposizione di 87 dB(A) implica anche la valutazione dell'efficienza del DPIu che, personalmente, effetto sempre e comunque qualora ci sia una fonte in grado di superare gli 85 dB(A). Saluti. |
Rispondi Autore: giuliano scapaccino - likes: 0 | 10/09/2016 (17:27:15) |
Buongionorno, avrei necessità di un chiarimento. Un lavoratore esposto ad un livello superiore agli 87dB(A) può continuare a lavorare con i DPI finchè non vengono identificati e fatti gli interventi al macchinario o alla turanzione oppure la mansione va arrestata immediatamente e non è possibile lavorare neppure con i DPI? grazie |