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Cassazione: sulla delegabilita' dell’elaborazione del POS
Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
Secondo le conclusioni a cui è pervenuta la Corte di Cassazione penale in questa sentenza l’indelegabilità della redazione del piano di sicurezza (POS) da redigere nei cantieri temporanei o mobili nonché del documento di valutazione dei rischi (DVR) esplicitamente indicata nell’art. 1 comma quater del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626, ora riportato nell’art. 17 comma 1 lettera a) del D. Lgs. n. 81/2008, non impedisce al datore di lavoro di affidare la loro elaborazione materiale ad un tecnico salvo che gli stessi vengano poi fatti propri dallo stesso datore di lavoro mediante sottoscrizione autografa.
Nella stessa sentenza, inoltre, la Suprema Corte afferma che la delega medesima può essere conferita ad una figura esterna all’azienda e coglie l’occasione, altresì, di mettere in evidenza quali sono gli elementi di differenziazione fra il responsabile del servizio di prevenzione e protezione (RSPP) ai quali vengono affidati i compiti in materia di salute e di sicurezza sul lavoro ed il soggetto al quale il datore ha inteso delegare le funzioni e gli obblighi di apprestare le misure di sicurezza.
Il fatto. Il Procuratore Generale della Repubblica presso una Corte d'Appello ha proposto ricorso per cassazione avverso una sentenza emessa da un Tribunale con la quale la stessa Corte di Appello aveva dichiarato il non luogo a procedere nei confronti dell’amministratore unico di una società in ordine al delitto di cui all'articolo 589 del c.p. ai danni di un lavoratore dipendente il quale, durante dei lavori di ripristino del giunto di dilatazione di un viadotto di un’autostrada mentre era intento a rimuovere nel cantiere stradale un segnale mobile verticale ingombrante e del peso di circa 31 kg, collocato in una zona con visibilità ridotta, veniva investito da un'autovettura decedendo.
Il P.M. iniziava l'azione penale nei confronti dell’amministratore unico della società per colpa consistita in negligenza, imprudenza e violazione di norme in quanto non aveva nel Piano Operativo di Sicurezza da lui predisposto, individuato e valutato i rischi della lavorazione in rapporto alla morfologia reale del sito dove doveva essere collocata la segnaletica verticale mobile e per non avere conseguentemente adottato misure atte ad evitare che il lavoratore infortunato dovesse attraversare, per la rimozione del segnale mobile, un tratto di carreggiata autostradale della galleria.
Il Giudice, nel dichiarare il non luogo a procedere nei confronti dell’imputato faceva osservare che l’impresa della quale questi era l’Amministratore Unico e che aveva ricevuto in subappalto la manutenzione dei giunti stradali di tutta una rete autostradale, era un'impresa di non minime dimensioni con circa 120 dipendenti ed osservava, altresì, che la ditta aveva provveduto a delegare una persona per svolgere le funzioni in materia di sicurezza e prevenzione e che quindi, in forza di tale incarico, era questi tenuto all'elaborazione delle procedure di sicurezza. Era stato questi, infatti, a redigere nell'ambito delle sue competenze il Piano Operativo di Sicurezza che l’imputato avrebbe poi sottoscritto per approvazione. Anche l'adeguamento del Piano Operativo di Sicurezza alle peculiarità e alla "specifica morfologia del sito" ove era installato il cantiere teatro dell'infortunio doveva dunque essere compiuto dal soggetto delegato tenuto anche ad assolvere agli adempimenti di sicurezza all'interno del cantiere.
Il Procuratore evidenziava nel suo ricorso che la redazione del POS ed i suoi adeguamenti non sono obblighi delegabili da parte del datore di lavoro, ai sensi dell’art. 1 comma 4 del D. Lgs. n. 626/1994, e che questi nel sottoscrivere il documento per l’approvazione ne assumeva la piena responsabilità oltre al fatto che la delega, nella circostanza, secondo quanto era emerso dalla lettura degli atti, non era da considerarsi perfetta in quanto al delegato non era stata data la necessaria autonomia decisionale, gestionale ed economica né alcun potere di dare disposizioni agli operatori in cantiere. Faceva osservare, altresì, il Procuratore che la delega doveva essere conferita ad un dirigente o ad un preposto organicamente facente parte dell'azienda, mentre era stata conferita nel caso particolare ad un professionista del tutto esterno e quindi non legato da alcun rapporto organico con l’impresa.
La Corte di Cassazione ha rigettato l’impugnazione del Procuratore e nella occasione ha formulato delle interessanti considerazioni ed inoltre, per mettere a fuoco le responsabilità del soggetto delegato, ha messo in evidenza degli elementi di differenziazione fra la figura del RSPP e quella del soggetto delegato alla applicazione della sicurezza sul lavoro nell’azienda. La Sez. IV ha fatto in merito osservare “che, sul piano giuridico, alla luce delle disposizioni del richiamato Decreto Legislativo, una cosa è la designazione del responsabile del servizio di prevenzione e protezione, altra cosa è la delega di funzioni. Va considerato, scendendo al particolare, che, ai sensi del disposto di cui al Decreto Legislativo n. 626 del 1994, articolo 4 comma 4, lettera a), il datore di lavoro designa il responsabile del servizio di prevenzione e protezione e che i compiti di detto responsabile sono dettagliatamente elencati nel successivo articolo 9 e, tra essi, rientra l'obbligo dell'individuazione dei fattori di rischio e delle misure di prevenzione da adottare”. “Nel fare ciò, prosegue la Suprema Corte, il responsabile del servizio opera per conto del datore di lavoro, il quale è persona che giuridicamente si trova nella posizione di garanzia, poiché l'obbligo di effettuare la valutazione e di elaborare il documento contenente le misure di prevenzione e protezione, in collaborazione con il responsabile del servizio, fa capo a lui in base al citato Decreto Legislativo, articolo 4, commi 1, 2 e 6 tanto è vero che il medesimo decreto non prevede nessuna sanzione penale a carico del responsabile del servizio, mentre, all'articolo 89 punisce il datore di lavoro per non avere valutato correttamente i rischi”.”
Il responsabile del servizio di prevenzione e protezione” deduce ancora la Sez. IV, “è, in altri termini, una sorta di consulente del datore di lavoro ed i risultati dei suoi studi e delle sue elaborazioni, come pacificamente avviene in qualsiasi altro settore dell'amministrazione dell'azienda, vengono fatti propri dal datore di lavoro che lo ha scelto, con la conseguenza che quest'ultimo delle eventuali negligenze del primo è chiamato comunque a rispondere” ed ha ribadito ancora che “secondo lo schema originario del decreto, il responsabile del servizio di prevenzione e protezione è figura che non si trova in posizione di garanzia e non risponde delle proprie negligenze, in quanto la responsabilità fa capo al datore di lavoro (anche se poi la modifica normativa introdotta con il Decreto Legislativo n. 195 del 2003 ha comportato in via interpretativa una revisione della suddetta figura, nel senso che il soggetto designato responsabile del servizio di prevenzione e protezione, pur rimanendo ferma la posizione di garanzia del datore di lavoro, possa, ancorché sia privo di poteri decisionali e di spesa, essere ritenuto corresponsabile del verificarsi di un infortunio, ogni qual volta questo sia oggettivamente riconducibile ad una situazione pericolosa che egli avrebbe avuto l'obbligo di conoscere e segnalare)”.
“Diversa, invece, è la delega di funzioni di cui si è parlato.” prosegue la Corte di Cassazione “ In tale caso vi è la totale sostituzione del delegato alle responsabilità del datore di lavoro in ordine agli obblighi di apprestare le misure di sicurezza” per cui “il divieto di delega previsto dal Decreto Legislativo n. 626 del 1994 articolo 1. comma 4 ter, non impedisce che la materiale elaborazione del piano operativo di sicurezza venga affidata ad un tecnico salvo poi, come è avvenuto nel caso di specie, che esso venga fatto proprio dal datore di lavoro mediante sottoscrizione autografa dello stesso”.
“Così pure” conclude la Suprema Corte “non vi è alcun impedimento normativo che il datore di lavoro possa delegare una persona esterna all'azienda le sue funzioni in materia di prevenzione e sicurezza”. “La norma di cui al Decreto Legislativo in parola, articolo 8, comma 2”, fa osservare la Corte, “laddove impone al datore di lavoro di designare all'interno dell'azienda ‘una o più persone da lui dipendenti’ si riferisce al responsabile del servizio di prevenzione e protezione di cui si è parlato”.
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