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Cassazione: sulla responsabilita' di capocantiere e lavoratore autonomo

Il capocantiere per il suo ruolo, dipendente dalla costante presenza sul luogo di lavoro, è istituzionalmente preposto al controllo dell’osservanza delle misure di sicurezza indipendentemente da una formale delega per la sicurezza. A cura di G. Porreca.

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Commento a cura di G. Porreca (www.porreca.it).
 
Discende dalla lettura di questa sentenza un utile indirizzo per la individuazione delle responsabilità in materia di salute e sicurezza sul lavoro delle figure operanti in un cantiere alla luce anche delle recenti disposizione di cui al D. Lgs. 9/4/2008 n. 81 che richiede la individuazione di un organigramma della sicurezza nell’ambito di ciascuna azienda al fine di assicurare una corretta applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di graduare i livelli di responsabilità nell’ambito delle stesse.
 
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L’infortunio sul lavoro mortale sottoposto all’attenzione della Corte di Cassazione in questa sentenza è accaduto in un cantiere edile nel quale erano in corso dei lavori di ristrutturazione di un edificio nel quale operavano una ditta appaltatrice, una ditta subappaltatrice ed un prestatore d’opera autonomo in forza di un contratto di noleggio a caldo stipulato con la ditta subappaltatrice. L’infortunio ha interessato un muratore dipendente dell’impresa subappaltatrice durante le manovre di un escavatore ad opera del prestatore d’opera autonomo.
 
Il Tribunale, in primo grado, aveva condannato il capo cantiere della ditta appaltatrice dei lavori di ristrutturazione dell’edificio ed il manovratore dell'escavatore alla pena di mesi quattro di reclusione ciascuno, con pena sospesa per entrambi, nonché al risarcimento dei danni in favore della parte civile, perché ritenuti responsabili, cooperando tra di loro, ciascuno con il ruolo sopra indicato nei lavori di ristrutturazione dell'edificio suddetto, della morte del lavoratore il quale, mentre era intento ad aiutare le manovre dell'escavatorista che stava procedendo alla messa a piombo della benna per la realizzazione di un muro di contenimento, a filo facciata del fabbricato esistente, veniva investito da un massello di granito del peso di circa 85 kg., che si staccava dal terzo piano del fabbricato, a causa dell'urto con il braccio o con la fune metallica dell'escavatore, subendo lesioni cranio-encefaliche che ne determinavano la morte.
 
All’escavatorista, in particolare, era stato contestato di non aver manovrato correttamente il braccio lavoratore dell'escavatore, urtando la mensola di granito e facendola staccare dalla parete e precipitare sull'infortunato. Al capocantiere, invece, era stata attribuita la colpa di non aver, nella sua qualità, adottato dei dispositivi di sicurezza contro la caduta di corpi dall'alto, quali ad esempio una rete di protezione lungo la parete della facciata, o un sistema di ancoraggio delle mensole o in ogni modo un sistema di segregazione dell'area sottostante, atto ad impedire che qualsiasi parte dell'edificio potesse colpire le persone al suolo, considerato che il braccio dell'escavatore per realizzare i lavori di consolidamento doveva lavorare a filo della facciata del fabbricato e tenuto conto, altresì, che il pericolo di caduta era particolarmente intenso per la presenza delle mensole di granito che, sporgendo di circa cm. 85, ostacolavano concretamente la movimentazione del braccio dell'escavatore stesso. Tutto ciò in violazione dell’art. 28 del D. P. R. n. 164 del 1956 alla cui osservanza tutti gli indagati erano tenuti in forza dell’art. 7 comma 2, lettera a) del D. Lgs. n. 626/1994, in quanto il rischio di caduta era un rischio comune a tutti i lavoratori delle imprese occupate nei lavori di ristrutturazione. Faceva notare, altresì, il Tribunale che ad entrambi gli imputati era stata attribuita la colpa cosciente in quanto nonostante nel documento di valutazione dei rischi redatto dal responsabile dei servizi prevenzione e protezione per conto della ditta subappaltatrice fosse stato espressamente contemplato il rischio di caduta di materiali dall'alto, nessuna misura di prevenzione era stata realizzata e che, inoltre, altre mensole si erano staccate dalla facciata durante i lavori prima dell'infortunio mortale.
 
La sentenza di condanna del Tribunale veniva confermata dalla Corte di Appello che ha concesso agli imputati il beneficio della non menzione. La stessa Corte motivava la propria decisione sul fatto che la zona di lavoro e di passaggio interessata alla manovra dell'escavatore non era adeguatamente protetta e difesa contro la caduta o l'investimento di materiali in dipendenza dell'attività lavorativa, e inoltre che il capocantiere non aveva organizzato il lavoro in modo tale da impedire che operai stazionassero nella zona di rischio di caduta di materiale e non aveva vigilato sul rispetto dell'osservanza delle norme di prevenzione degli infortuni sul lavoro. Al manovratore, al quale competevano pure, in qualità di subappaltatore, compiti di garanzia in ordine al rispetto delle norme antinfortunistiche, veniva confermata la contestazione di aver eseguito, nel condurre la macchina operatrice, una manovra errata e di avere quindi provocata la caduta della lastra che ha colpito la vittima dell'incidente.
 
Entrambi gli imputati hanno proposto ricorso per Cassazione avverso tale sentenza, il primo, il capocantiere, facendo presente che la normativa antinfortunistica richiamata non è indirizzata al capocantiere ma all'imprenditore o incaricato della sicurezza e che, anzi, il capocantiere è uno dei soggetti tutelati dalla normativa stessa prestando la propria attività nel cantiere e che non ricopre pertanto nessuna funzione di garanzia ed il secondo, il manovratore, sostenendo che l'evento che aveva provocato la morte dell’infortunato era stato del tutto imprevedibile in quanto la caduta del masso non era avvenuta "a piombo" ma di rimbalzo, per cui l’evento rientrava nei casi non voluti e nemmeno prevedibili e non gli si poteva quindi  addebitare alcuna responsabilità dovendosi qualificare l'incidente in questione come caso fortuito. 
 
La Corte di Cassazione ha rigettato entrambi i ricorsi ed ha fornito nell’occasione utili indicazioni in merito alla responsabilità del capocantiere riguardo alla violazione delle norme antinfortunistiche.
In tema di infortuni sul lavoro”, sostiene la Suprema Corte, “proprio a tutela dell'incolumità dei lavoratori l'ordinamento giuridico prevede la figura del capo-cantiere al fine di vegliare sull'esatta applicazione delle norme previste dai rispettivi ordinamenti interni e di essere presente alla esecuzione dei lavori, affinché gli stessi vengano eseguiti in conformità dell'organizzazione dei lavori stessi e con il rispetto di tutte le norme per la prevenzione degli infortuni e di quelle suggerite dalla comune prudenza”. E’ importante poi quanto di seguito è stato affermato dalla Sez. IV. Secondo la stessa, infatti, “il capocantiere è istituzionalmente preposto al controllo della materiale esecuzione dei lavori e, quindi, dell'osservanza anche delle misure di sicurezza, indipendentemente dalla formale delega in materia di sicurezza sul lavoro. E’ infatti il capocantiere che, per il suo ruolo dipendente dalla materiale presenza sul luogo di lavoro, verifica le concrete modalità di esecuzione delle prestazioni lavorative e, quindi, l'osservanza delle norme antinfortunistiche”.
 
Ha fatto poi osservare la Corte di Cassazione che, fra l'altro, nel caso in esame la vittima dell'incidente era stata colpita mortalmente anche per la posizione occupata al momento del fatto in prossimità del mezzo che ha causato la caduta del massello di granito dalla parete del fabbricato ove venivano eseguiti i lavori per cui la responsabilità del capocantiere era apparsa evidente considerato che la posizione dei lavoratori nel cantiere durante lo svolgimento dei lavori è decisa proprio dallo stesso capocantiere il quale, evidentemente, nelle sue scelte, deve considerare in concreto anche la sicurezza dei lavoratori. “Pertanto l'affermazione del ricorrente”, prosegue la Sez. IV, “secondo cui egli, quale capocantiere, non sarebbe destinatario delle norme antinfortunistiche ai fini del controllo sulla loro osservanza, non è fondata”. “La posizione stessa”, inoltre, “del lavoratore nella zona interessata da possibili cadute avrebbe dovuto indurre il capocantiere ad intervenire almeno allontanandolo anziché avvicinarlo per aiutare il manovratore dell'escavatore senza alcuna protezione”.
 
Il rigetto, infine, del ricorso presentato dal manovratore dell’escavatore è stato dalla Suprema Corte motivato in quanto la causa dell’incidente mortale legata all'urto del braccio o della fune metallica dell'escavatore guidato dall’escavatorista con la mensola in granito e quindi ad un errore di manovra del medesimo è stata considerata sufficiente ad affermare la penale responsabilità dell'imputato consistendo la sua colpa nell'imperizia con la quale ha manovrato l'escavatore.
 
 
 



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