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Il 30 marzo 2010 si è tenuto a Lecce il convegno “La Direttiva ATEX ed i rischi legati alle atmosfere esplosive”, un convegno organizzato - nell’ambito del Progetto Efesto per la promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - dalla Confindustria di Lecce con la collaborazione del Centro Studi Ambientali e Direzionali (CSAD), Obr Puglia e il finanziamento di Fondimpresa.
Di questo convegno – di cui sono stati pubblicati gli atti sul sito del Gruppo di Lavoro indipendente per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione - abbiamo presentato nei giorni scorsi un intervento relativo alla marcatura CE con specifico riferimento al settore agroalimentare.
Ci soffermiamo ora su un secondo contributo che entra nel vivo del rischio esplosioni, con particolare riferimento alle polveri. Si tratta dell’intervento “Atex: misure tecniche di prevenzione”, a cura del Dott. Oscar Serio e dell’Ing. Alessandro Panico.
Il documento, dopo un introduzione sulla formazione del Gruppo di lavoro indipendente per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione, indica che la normativa ATEX “fa riferimento a polveri e gas senza tener conto delle proprietà chimico fisiche dei materiali”.
Tuttavia considerare “tutti gli scarti come materiale esplosivo è un imprecisione qualora non si tenga conto della sua granulometria”, cioè della misurazione della “ripartizione percentuale delle particelle della polvere combustibile” in funzione del loro diametro.
Infatti la distribuzione granulometrica di una polvere ha “un effetto critico sulla violenza dell’esplosione poiché interviene principalmente sulla velocità di crescita della pressione e, secondariamente, sulla pressione massima finale:
– la diminuzione delle dimensioni delle particelle favorisce sia la permanenza in forma aero-dispersa, sia la propagazione della fiamma;
– al diminuire delle dimensioni granulometriche, diminuiscono l’energia minima di accensione ed il Limite Inferiore di Esplosività”.
Gli autori sottolineano che non è possibile “tracciare una linea netta di demarcazione tra le polveri esplosive e quelle non esplosive in relazione alla loro granulometria”, tuttavia “si ritiene che quelle con diametro superiore a 500 ?m” - micrometri, cioè millesimi di millimetro - (420 ?m secondo le NFPA 651)”, presentino una tendenza all’esplosione molto bassa. Spesso tale valore viene assunto, come il limite oltre il quale una polvere non può esplodere”.
Dunque anche le polveri, come gas e vapori infiammabili, sono dotate di Limite Superiore (LSE) ed Inferiore (LIE) di Infiammabilità, entro cui sussiste il pericolo di esplosione.
In particolare:
– “in una miscela di polvere con concentrazioni inferiori al campo di infiammabilità, la eccessiva distanza tra le particelle ne evita la propagazione della combustione tra le particelle stesse;
– per elevate concentrazioni, invece, le particelle sono così addossate le une alle altre da ostacolare la presenza di ossigeno nella necessaria quantità”.
Le polveri combustibili sono in grado di dar luogo a due tipologie di pericolo:
- “in caso di dispersione in atmosfera posso causare delle esplosioni;
- in caso di deposito su strati che producono calore possono dare origine ad incendi”.
Tra l’altro il pericolo di esplosioni dovute a polveri combustibili “viene spesso sottovalutato rispetto a quello dovuto ai liquidi e gas infiammabili, sebbene i danni causati possano essere anche maggiori”. Infatti la “non omogenea distribuzione della polvere nell'ambiente esplosivo può generare una serie di esplosioni a catena dovute al fatto che l'onda d'urto dell'esplosione primaria genera turbolenze che creano ulteriori nubi di polvere che innescate creano deflagrazioni secondarie”. E “a differenza delle esplosioni dovute a gas, non è possibile simulare gli effetti della deflagrazione con conseguente difficoltà nella progettazione dei sistemi di contenimento e di sfogo”.
Inoltre bisogna ricordarsi che “la concentrazione di polvere in aria non è spazialmente uniforme per cui è poco praticabile ritenere che sia possibile impedire un esplosione rimanendo al di fuori dell’intervallo di infiammabilità”.
Dopo essersi soffermati sulle sorgenti di emissione (formazione continua, emissione di primo grado, emissione di secondo grado) e aver sottolineato che il 70% delle polveri presenti in industria è infiammabile, gli autori presentano gli step fondamentali per la prevenzione.
Quando i posti di lavoro sono zone pericolose, è necessario:
- “determinare e valutare i rischi;
- classificare le aree pericolose in zone;
- scegliere attrezzature progettate, operanti e revisionate tenendo conto della sicurezza”.
In particolare la valutazione del rischio prevede che “in tutte le zone classificate ATEX vengano individuati tutti i possibili punti critici tramite:
- un'analisi tecnica di tutte le apparecchiature attraversate da flussi ( elettriche, meccaniche, pneumatiche...);
- analisi chimico-fisica dei materiali utilizzati o prodotti;
- la valutazione delle lavorazioni effettuate dagli operatori;
- lo studio dei comportamenti negli ambienti di lavoro”;
- la valutazione delle “procedure di manutenzione e pulizia degli ambienti, delle apparecchiature presenti, e dei sistemi di filtrazione”.
In queste zone è necessario:
- “ridurre o eliminare il carico di carburante mediante buoni sistemi di pulizia, ventilazione, estrazione e rimozione delle polveri pericolose”;
- utilizzare apparecchiature a prova di scintille ed a prova di esplosione – Antideflagranti (aspiratori, altri macchinari elettrici);
- analizzare i Punti critici per eliminare le perdite minori del sistema;
- garantire una manutenzione ordinaria adeguata”.
Successivamente gli autori si soffermano sulla percezione degli inneschi.
Infatti tra le principali sorgenti di ignizione, “alcune sono facilmente rilevabili (ad es.: fiamme, materiali incandescenti, saldatura e taglio)”, mentre per altre “il principio di pericolosità può non essere percepibile” (ad es. elettricità statica, scintille, attrito e urto, superfici molto calde).
Gli autori affrontano anche le misure di “prevenzione dall’accumulo di polvere esterno alle apparecchiature”:
- “l’impianto è costantemente controllato dal pattugliamento del personale in turno;
- settimanalmente si effettuata la pulizia generale delle aree esterne dell’impianto;
- i condotti di trasporto aria ad alta temperatura sono opportunamente coibentati per evitare l’innesco della polvere su superfici calde;
- gli ambienti sono mantenuti in depressione mediante un ventilatore ATEX che garantisce una portata d’aria costante ed evita il rilascio di polveri”.
Inoltre “nonostante il rischio di esplosione sia giudicato accettabile, si è tuttavia deciso di migliorare il livello di sicurezza valutando l’adozione delle seguenti misure tecniche:
- portelli di ispezione;
- condotti inclinati (> 50°) per evitare accumuli di polvere interni;
- barriere interne per evitare il propagare dell’esplosione;
- portelli di scoppio in apparecchiature di contenimento;
- sistemi attivi di estinzione”.
Rimandando i nostri lettori al documento originale per le parti su cui non ci soffermiamo (procedure di pulizie, classificazione delle zone pericolose, scelta della strumentazione, destinazione d’uso degli apparecchi e impiego conforme), concludiamo con alcune riflessioni finali degli autori.
Alla luce di alcune esperienze in Nord America, OSHA (Occupational Safety and Health Administration) “raccomanda l’adozione di metodologie appropriate di prevenzione ordinaria, che prevengono il sollevamento della polvere od esalazione pericolosa in modo da non esporre gli operatori ad elevati livelli di inalazione o assorbimento. L’acqua o il solvente utilizzati per la pulizia dovranno essere trattati per lo smaltimento come sostanze pericolose”.
Secondo l’OSHA “più di 0,8 millimetri di polvere su di un’area equivalente al 5% della superficie di una stanza rappresenta una significativa fonte di rischio di esplosione”. “Similmente anche pulire con aria compressa è controproducente e non raccomandabile”: “i metodi di pulizia originerebbero un aumento del livello di esposizione delle polveri pericolose in sospensione nell’aria”.
“Atex: misure tecniche di prevenzione”, a cura del Dott. Oscar Serio e dell’Ing. Alessandro Panico - Gruppo Tiger-Vac (che rappresenta l’Italia al IEC SC61J/JWG1) - Membri CEI TC 61, TC 31 - Gruppo di lavoro per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione , intervento al convegno “La direttiva ATEX ed i rischi legati alle atmosfere esplosive” (formato PDF, 874 kB).
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Direttiva ATEX: rischio polveri e misure di prevenzione
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Il 30 marzo 2010 si è tenuto a Lecce il convegno “La Direttiva ATEX ed i rischi legati alle atmosfere esplosive”, un convegno organizzato - nell’ambito del Progetto Efesto per la promozione della salute e sicurezza nei luoghi di lavoro - dalla Confindustria di Lecce con la collaborazione del Centro Studi Ambientali e Direzionali (CSAD), Obr Puglia e il finanziamento di Fondimpresa.
Di questo convegno – di cui sono stati pubblicati gli atti sul sito del Gruppo di Lavoro indipendente per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione - abbiamo presentato nei giorni scorsi un intervento relativo alla marcatura CE con specifico riferimento al settore agroalimentare.
Ci soffermiamo ora su un secondo contributo che entra nel vivo del rischio esplosioni, con particolare riferimento alle polveri. Si tratta dell’intervento “Atex: misure tecniche di prevenzione”, a cura del Dott. Oscar Serio e dell’Ing. Alessandro Panico.
Il documento, dopo un introduzione sulla formazione del Gruppo di lavoro indipendente per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione, indica che la normativa ATEX “fa riferimento a polveri e gas senza tener conto delle proprietà chimico fisiche dei materiali”.
Tuttavia considerare “tutti gli scarti come materiale esplosivo è un imprecisione qualora non si tenga conto della sua granulometria”, cioè della misurazione della “ripartizione percentuale delle particelle della polvere combustibile” in funzione del loro diametro.
Infatti la distribuzione granulometrica di una polvere ha “un effetto critico sulla violenza dell’esplosione poiché interviene principalmente sulla velocità di crescita della pressione e, secondariamente, sulla pressione massima finale:
– la diminuzione delle dimensioni delle particelle favorisce sia la permanenza in forma aero-dispersa, sia la propagazione della fiamma;
– al diminuire delle dimensioni granulometriche, diminuiscono l’energia minima di accensione ed il Limite Inferiore di Esplosività”.
Gli autori sottolineano che non è possibile “tracciare una linea netta di demarcazione tra le polveri esplosive e quelle non esplosive in relazione alla loro granulometria”, tuttavia “si ritiene che quelle con diametro superiore a 500 ?m” - micrometri, cioè millesimi di millimetro - (420 ?m secondo le NFPA 651)”, presentino una tendenza all’esplosione molto bassa. Spesso tale valore viene assunto, come il limite oltre il quale una polvere non può esplodere”.
Dunque anche le polveri, come gas e vapori infiammabili, sono dotate di Limite Superiore (LSE) ed Inferiore (LIE) di Infiammabilità, entro cui sussiste il pericolo di esplosione.
In particolare:
– “in una miscela di polvere con concentrazioni inferiori al campo di infiammabilità, la eccessiva distanza tra le particelle ne evita la propagazione della combustione tra le particelle stesse;
– per elevate concentrazioni, invece, le particelle sono così addossate le une alle altre da ostacolare la presenza di ossigeno nella necessaria quantità”.
Le polveri combustibili sono in grado di dar luogo a due tipologie di pericolo:
- “in caso di dispersione in atmosfera posso causare delle esplosioni;
- in caso di deposito su strati che producono calore possono dare origine ad incendi”.
Tra l’altro il pericolo di esplosioni dovute a polveri combustibili “viene spesso sottovalutato rispetto a quello dovuto ai liquidi e gas infiammabili, sebbene i danni causati possano essere anche maggiori”. Infatti la “non omogenea distribuzione della polvere nell'ambiente esplosivo può generare una serie di esplosioni a catena dovute al fatto che l'onda d'urto dell'esplosione primaria genera turbolenze che creano ulteriori nubi di polvere che innescate creano deflagrazioni secondarie”. E “a differenza delle esplosioni dovute a gas, non è possibile simulare gli effetti della deflagrazione con conseguente difficoltà nella progettazione dei sistemi di contenimento e di sfogo”.
Inoltre bisogna ricordarsi che “la concentrazione di polvere in aria non è spazialmente uniforme per cui è poco praticabile ritenere che sia possibile impedire un esplosione rimanendo al di fuori dell’intervallo di infiammabilità”.
Dopo essersi soffermati sulle sorgenti di emissione (formazione continua, emissione di primo grado, emissione di secondo grado) e aver sottolineato che il 70% delle polveri presenti in industria è infiammabile, gli autori presentano gli step fondamentali per la prevenzione.
Quando i posti di lavoro sono zone pericolose, è necessario:
- “determinare e valutare i rischi;
- classificare le aree pericolose in zone;
- scegliere attrezzature progettate, operanti e revisionate tenendo conto della sicurezza”.
In particolare la valutazione del rischio prevede che “in tutte le zone classificate ATEX vengano individuati tutti i possibili punti critici tramite:
- un'analisi tecnica di tutte le apparecchiature attraversate da flussi ( elettriche, meccaniche, pneumatiche...);
- analisi chimico-fisica dei materiali utilizzati o prodotti;
- la valutazione delle lavorazioni effettuate dagli operatori;
- lo studio dei comportamenti negli ambienti di lavoro”;
- la valutazione delle “procedure di manutenzione e pulizia degli ambienti, delle apparecchiature presenti, e dei sistemi di filtrazione”.
In queste zone è necessario:
- “ridurre o eliminare il carico di carburante mediante buoni sistemi di pulizia, ventilazione, estrazione e rimozione delle polveri pericolose”;
- utilizzare apparecchiature a prova di scintille ed a prova di esplosione – Antideflagranti (aspiratori, altri macchinari elettrici);
- analizzare i Punti critici per eliminare le perdite minori del sistema;
- garantire una manutenzione ordinaria adeguata”.
Successivamente gli autori si soffermano sulla percezione degli inneschi.
Infatti tra le principali sorgenti di ignizione, “alcune sono facilmente rilevabili (ad es.: fiamme, materiali incandescenti, saldatura e taglio)”, mentre per altre “il principio di pericolosità può non essere percepibile” (ad es. elettricità statica, scintille, attrito e urto, superfici molto calde).
Gli autori affrontano anche le misure di “prevenzione dall’accumulo di polvere esterno alle apparecchiature”:
- “l’impianto è costantemente controllato dal pattugliamento del personale in turno;
- settimanalmente si effettuata la pulizia generale delle aree esterne dell’impianto;
- i condotti di trasporto aria ad alta temperatura sono opportunamente coibentati per evitare l’innesco della polvere su superfici calde;
- gli ambienti sono mantenuti in depressione mediante un ventilatore ATEX che garantisce una portata d’aria costante ed evita il rilascio di polveri”.
Inoltre “nonostante il rischio di esplosione sia giudicato accettabile, si è tuttavia deciso di migliorare il livello di sicurezza valutando l’adozione delle seguenti misure tecniche:
- portelli di ispezione;
- condotti inclinati (> 50°) per evitare accumuli di polvere interni;
- barriere interne per evitare il propagare dell’esplosione;
- portelli di scoppio in apparecchiature di contenimento;
- sistemi attivi di estinzione”.
Rimandando i nostri lettori al documento originale per le parti su cui non ci soffermiamo (procedure di pulizie, classificazione delle zone pericolose, scelta della strumentazione, destinazione d’uso degli apparecchi e impiego conforme), concludiamo con alcune riflessioni finali degli autori.
Alla luce di alcune esperienze in Nord America, OSHA (Occupational Safety and Health Administration) “raccomanda l’adozione di metodologie appropriate di prevenzione ordinaria, che prevengono il sollevamento della polvere od esalazione pericolosa in modo da non esporre gli operatori ad elevati livelli di inalazione o assorbimento. L’acqua o il solvente utilizzati per la pulizia dovranno essere trattati per lo smaltimento come sostanze pericolose”.
Secondo l’OSHA “più di 0,8 millimetri di polvere su di un’area equivalente al 5% della superficie di una stanza rappresenta una significativa fonte di rischio di esplosione”. “Similmente anche pulire con aria compressa è controproducente e non raccomandabile”: “i metodi di pulizia originerebbero un aumento del livello di esposizione delle polveri pericolose in sospensione nell’aria”.
“Atex: misure tecniche di prevenzione”, a cura del Dott. Oscar Serio e dell’Ing. Alessandro Panico - Gruppo Tiger-Vac (che rappresenta l’Italia al IEC SC61J/JWG1) - Membri CEI TC 61, TC 31 - Gruppo di lavoro per la sicurezza in ambienti a rischio di esplosione , intervento al convegno “La direttiva ATEX ed i rischi legati alle atmosfere esplosive” (formato PDF, 874 kB).
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