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L’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicurezza del Lavoro (ISPESL) è da sempre attento alle nuove domande di salute e sicurezza con cui gli operatori della prevenzione si trovano oggi a confrontarsi.
Alle problematiche connesse allo stress lavoro correlato e ai rischi psicosociali il Dipartimento di Medicina del Lavoro dell’ISPESL dedica uno specifico dossier che raccoglie diversi documenti utili a lavoratori, medici e datori di lavoro.
Nella prima parte della presentazione di questo dossier abbiamo affrontato tre documenti.
Il primo era relativo ai problemi della rilevazione del rischio, il secondo presentava la scala valutativa VAL.MOB. e l’ultimo era una guida per i medici ai fenomeni legati a stress e mobbing.
In questa seconda parte approfondiamo altri tre documenti.
Il counselling nei luoghi di lavoro
In realtà più che ad un vero e proprio documento siamo di fronte alla presentazione del progetto FOLIC, un “progetto transnazionale volto allo sviluppo di un approccio europeo innovativo per l'erogazione di servizi di counselling nelle imprese, al fine di promuovere la salute nei luoghi di lavoro e di assistere i lavoratori nell’elaborazione di piani personali di carriera e di apprendimento, con particolare riferimento agli 'over 45' “.
Questo progetto, nato nel 2004, è dunque un progetto “rivolto alla promozione di iniziative per l’accesso dei lavoratori di età dai 45 anni in su (over 45) alla formazione professionale e rientra nella politica dei processi di apprendimento lungo tutto l’arco della vita lavorativa (lifelong learning)”.
Il percorso formativo FOLIC permette di formare figure di esperti “che forniscano counselling per i lavoratori che rientrano nella fascia d’età anzidetta, in cui incombe il rischio del divario generazionale sia rispetto ai lavoratori più giovani che rispetto a quelli più anziani”.
In questa parte del dossier viene anche presentato il workshop che si è tenuto a luglio a Roma, organizzato in cooperazione tra Iacp e Ispesl, dal titolo “Promozione della salute e produttività delle risorse umane: il counselling nei luoghi di lavoro”, durante il quale gli invitati sono stati informati sul progetto FOLIC nel suo complesso e sullo stato attuale dei lavori.
La valutazione dei fattori psicosociali
Il documento “La valutazione dei fattori psicosociali proposta della versione italiana del job content questionnaire di R.A. Karasek” – a cura di A. Baldasseroni, D. Camerino, P. Cenni, G.C. Cesana, E. Fattorini, M. Ferrario, M. Mariani e R. Tartaglia – ha lo scopo di fornire ai ricercatori e agli operatori italiani il modello ed il metodo proposto da R.A. Karasek per la rilevazione dei fattori di rischio psicosociale.
Secondo gli studi di Karasek “la relazione tra elevata domanda lavorativa (job demand, JD) e bassa libertà decisionale (decision latitude, DL) definiscono una condizione di job strain o perceived job stress (stress lavorativo percepito), in grado di spiegare i livelli di stress cronico e l’incremento del rischio cardiovascolare”.
Nel suo modello le due principali dimensioni lavorative (domanda e controllo) “sono considerate variabili indipendenti e poste su assi ortogonali”.
Se ad oggi “la teoria di Karasek sembra costituire uno dei modelli più attendibili nelle ricerche orientate alle valutazioni delle condizioni psicosociali del lavoro” e delle relazioni tra stress e, ad esempio, coronaropatie e infortuni lavorativi, il suo modello presenta alcuni limiti.
È difficile “concettualizzare e rendere misurabile il concetto di job control”, altri termini del modello non sono del tutto chiari e “il modello sembra troppo semplice” in quanto “il controllo non è l'unica risorsa disponibile per fronteggiare le richieste dell'ambiente”: ad esempio anche “il supporto sociale collegato al lavoro può funzionare da moderatore delle richieste lavorative ambientali”.
Ad oggi sono state approntate almeno tre edizioni italiane del questionario di Karasek:
- “la prima ridotta, di 15 domande è stata tratta dal manuale messo a punto per lo studio dei fattori psicosociali nell'ambito del progetto MONICA-OMS”;
- la seconda versione, di 35 domande, é “utilizzata dallo studio JACE nell'ambito dei programmi BIOMED della Comunità Europea”;
- la terza versione è stata predisposta da ricercatori dell’ENEA di Bologna che nella traduzione “hanno apportato gli adattamenti ritenuti più necessari per l’utilizzo del questionario in contesti lavorativi nazionali (in particolare nell’industria tessile e nel terziario)”: “questa versione rappresenta di fatto la recommended version di 49 items, articolata in 8 macrovariabili”.
In particolare la seconda e la terza versione sono servite come base per la stesura della versione proposta da questo documento come versione unificata del Job Content Questionnaire.
Una proposta che, in un contesto europeo caratterizzato da un aumento dei fattori di rischio di tipo organizzativo ed emozionali e un aggravamento dei problemi psicosociali dovuto all’età media abbastanza alta dei lavoratori (il 31% ha più di 45 anni), può aiutare e favorire la prevenzione attraverso un’opportunità di “confronto su basi più omogenee e ripetibili di quanto avvenuto sino ad oggi”.
Il mobbing nel settore elettrico
Si tratta in questo caso di un’indagine conoscitiva sul fenomeno mobbing nel settore elettrico, un indagine non recente ma realizzata con criteri e strumenti scientifici.
L’indagine ha “preso in considerazione alcuni fattori di rischio organizzativi e psicosociali che più specificamente si coniugano con la dinamica di mobbing (mansione, comunicazione e strumenti di lavoro, vissuto soggettivo), verificando come questi abbiano pesato in una struttura organizzativa in forte ristrutturazione”.
In particolare l’obiettivo era “quello di riscontrare se si fossero configurati casi di molestie psicologiche sul lavoro”.
L’indagine ha riscontrato che l’ambiente lavorativo è negativamente caratterizzato “da insufficienti informazioni e elementi motivanti al lavoro, stile di leadership, ambiguità di ruoli e di mansioni, sovraccarico/sotto carico di lavoro, scarsa coesione di gruppo, insomma un terreno senz’altro fertile per una strategia di mobbing”.
Ed un lavoratore su tre dichiara di essere vittima di mobbing, specialmente i più anziani e le donne.
Se qualcuno di loro “ha avuto il coraggio di parlare in famiglia della situazione professionale e personale che sta vivendo”, la metà degli intervistati ha preferito tacere.
L’indagine si conclude ricordando che “il mobbing diventa controproducente anche per l’impresa che pensasse di avvantaggiarsene, in quanto comporta un decremento generalizzato dei livelli di salute e sicurezza dei dipendenti” e “una perdita di qualità dei servizi/prodotti e dell’immagine”.
“Il counselling nei luoghi di lavoro”, materiali progetto FOLIC.
“Promozione della salute, produttività d’azienda e valorizzazione delle risorse umane: il counselling nei luoghi di lavoro”, articolo sul workshop nazionale, Fogli di Informazione, aprile-giugno 2007 (formato PDF, 45 kB).
“La valutazione dei fattori psicosociali proposta della versione italiana del job content questionnaire di R.A. Karasek”, a cura di A. Baldasseroni, D. Camerino, P. Cenni, G.C. Cesana, E. Fattorini, M. Ferrario, M. Mariani e R. Tartaglia.
“Mobbing è realtà: indagine conoscitiva sul fenomeno mobbing nel settore elettrico”, ISPESL (formato PDF, 2.68 MB).
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Rispondi Autore: Simone Gardinali - likes: 0 | 04/06/2009 (09:58) |
In merito alla "proposta di metodo per la valutazione del rischio stress lavoro correlato" non mi è chiaro chi dovrà compilare la check list. I lavoratori? non penso, visto che le informazioni richieste sono per la maggior parte sconosciute dal lavoratore. Dai dirigenti? dal datore di lavoro? Dall'ufficio personale? Dal servizio di prevenzione e protezione? Oppure da un team di figure? Qualcuno è in grado di chiarirmi le idee? Grazie |