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Per visualizzare questo banner informativo è necessario accettare i cookie della categoria 'Marketing'I quesiti sul decreto 81/08: quale formazione per la sicurezza sul lavoro?
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Ai fini di presentare un quadro più completo in merito alla formazione dei datori di lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza (RLS) dopo l’entrata in vigore del d. lgs. n. 81/2008, presentiamo un ulteriore approfondimento dell’Ing. Porreca.
L’ingegnere, in una premessa a tale approfondimento, “pone in evidenza che il legislatore nel D. Lgs. n. 626/1994 non ha precisato quali sono i soggetti formatori abilitati ad effettuare la formazione dei lavoratori e che solo ora si è riservato di farlo con il D. Lgs. n. 81/2008. Si può facilmente immaginare quindi che nella genericità delle disposizioni di legge ed in assenza anche di precise indicazioni fornite in merito da parte delle istituzioni competenti, è successo e succede di tutto."
"Comunque - continua Porreca - il D. Lgs. n. 626/1994 in merito alla formazione dei lavoratori si è limitato solo a fissare alcuni paletti uno dei quali è quello dell’obbligo di organizzare i corsi di formazione per i lavoratori e per i RLS con la collaborazione degli organismi paritetici di cui all’art. 20 il che, però, non significa assolutamente che solo tali organismi sono abilitati alla effettuazione di tale formazione. Basti pensare a proposito che in molte zone di Italia non esistono neanche tali organismi paritetici e che la collaborazione richiesta dal legislatore ha solo un valore consultivo e non è assolutamente condizionante ai fini dello svolgimento della formazione, oltre a non essere coperta da sanzione nei confronti di chi non si attiene all’obbligo fissato”.
A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
Uno dei quesiti più ricorrenti dopo l’entrata in vigore del Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro riguarda la formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori nonché la individuazione dei soggetti formatori abilitati ad organizzare corsi di formazione destinati a tali figure per cui si è ritenuto opportuno fare il punto della situazione alla luce sia delle attuali disposizioni di legge in materia di salute e sicurezza sul lavoro (D. Lgs. 9/4/2008 n. 81) che di quelle ad esse preesistenti (D. Lgs. 19/9/1994 n. 626). Quella della formazione dei datori di lavoro e dei rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza è un problema annoso che è sorto con il D. Lgs. n. 626/1994 e che dovrebbe risolversi, si spera, con la completa applicazione del D. Lgs. n. 81/2008, problema divenuto tale in quanto le disposizioni di legge sull’argomento oggi in vigore non risultano chiare e si prestano ad interpretazioni diverse a seconda da chi provengono. Gli unici due riferimenti legislativi emanati in materia dall’abrogato D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sono contenuti nell’art. 10 per quanto riguarda la formazione dei datori di lavoro e nell’art. 22 dello stesso decreto per quanto riguarda quella dei RLS. Secondo l’art. 10 comma 2 del D. Lgs. n. 626/1994, infatti: “.2. Il datore di lavoro il quale intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare apposito corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro, promosso anche dalle associazioni dei datori di lavoro e trasmettere all'organo di vigilanza competente per territorio: a) una dichiarazione attestante la capacità di svolgimento dei compiti di prevenzione e protezione dai rischi; b) una dichiarazione attestante gli adempimenti di cui all'art. 4 commi 1, 2, 3 e 11; c) una relazione sull'andamento degli infortuni e delle malattie professionali della propria azienda elaborata in base ai dati degli ultimi tre anni del registro infortuni o, in mancanza dello stesso, di analoga documentazione prevista dalla legislazione vigente; d) l'attestazione di frequenza del corso di formazione in materia di sicurezza e salute sul luogo di lavoro”, e secondo l’art. 22 dello stesso D. Lgs. n. 626/1994: “1. Il datore di lavoro assicura che ciascun lavoratore, ivi compresi i lavoratori di cui all'art. 1, comma 3, riceva una formazione sufficiente ed adeguata in materia di sicurezza e di salute, con particolare riferimento al proprio posto di lavoro e alle proprie mansioni. […] 4. Il rappresentante per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza, concernente la normativa in materia di sicurezza e salute e i rischi specifici esistenti nel proprio ambito di rappresentanza, tale da assicurargli adeguate nozioni sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi. […] 6. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti di cui al comma 4 deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'art. 20, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”. Ora per quanto riguarda la formazione dei datori di lavoro tutta la questione è ruotata sul termine “anche” che compare nell’art. 10 del D. Lgs. n. 626/1994. Secondo alcuni, fra i quali la maggior parte degli operatori degli organi di vigilanza, il termine “anche è da intendersi”, in analogia pure a quanto indicato nell’art. 22 dello stesso decreto legislativo sulla formazione dei RLS, come “in collaborazione con “ per cui per costoro, dalla lettura dell’articolo 10, emerge chiaramente che chiunque volesse organizzare dei corsi di formazione per i datori di lavoro lo dovrebbe fare comunque in collaborazione con una associazione di datori di lavoro. Secondo altri, invece, la lettura dell’articolo 10 porta a concludere che tali corsi potessero essere organizzati da chiunque ed “anche” dalle associazioni dei datori di lavoro. La interpretazione che è risultata prevalente sulle disposizioni del D. Lgs. n. 626/1994, che è poi anche quella dello scrivente, corrisponde alla prima, che tra l’altro appare la più logica e coerente in quanto se si vuol dar valore alla seconda interpretazione si riscontrerebbe nel testo una sorta di precisazione superflua da parte del legislatore nel senso che se questi avesse voluto indicare che tali corsi potessero essere organizzati da chiunque non si comprende per quale motivo abbia poi citate esplicitamente le associazioni datoriali le quali invece, in fondo, dovrebbero essere le prime autorizzate a farlo trattandosi della formazione dei datori di lavoro. Per quanto riguarda, invece, la formazione dei lavoratori il legislatore ha stabilito solo che essa deve essere fatta a cura del datore di lavoro, lasciando intendere, nella genericità della norma, che questi la potesse fare o servendosi delle risorse interne all’azienda (SPP, medico competente, ecc) o farlo anche lui direttamente, se è in grado, o facendo ricorso a strutture o persone esterne all’azienda medesima (centri di formazione, consulenti tecnici competenti in materia, Comandi dei Vigili del Fuoco, associazioni dei lavoratori, ecc.) ed ha fissato come unico paletto quello della “collaborazione”, tra l’altro non condizionante, con gli organismi paritetici di cui all’art. 20 del D. Lgs. n. 626/1994 oltre all’obbligo dello svolgimento della formazione durante l’orario di lavoro e senza oneri economici da parte degli stessi lavoratori. Ed è dal 1994 che va avanti questa storia della formazione degli operatori della sicurezza né si è a conoscenza di interventi chiarificatori sull’argomento da parte sia del Ministero del Lavoro, sia delle Regioni, sia della Conferenza Stato Regioni che da parte di Comitati ed Istituzioni varie competenti a farlo, per cui è da anni che in Italia si riscontra un bailamme in questa branca della formazione. Nessuna novità sulla formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori si è poi riscontrata con la emanazione del D. Lgs. 23/6/2003 n. 195 e dei successivi relativi accordi raggiunti il 26/1/2006 ed il 5/10/2006 in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, essendosi questi occupati esclusivamente ed avendo regolamentato in un certo qual modo solo la formazione dei RSPP ed ASPP. Ora con l’entrata in vigore del D. Lgs 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, si sta cercando di porre un po’ di ordine nel campo della formazione dei datori di lavoro e dei lavoratori e della formazione in genere in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Con gli artt. 34 e 37 di tale D. Lgs., infatti, si sono gettate le basi per raggiungere una regolamentazione fondata su dei criteri che si presentino certi e chiari. L’art. 34 del D. Lgs. n. 81/2008 recita al comma 2: “2. Il datore di lavoro che intende svolgere i compiti di cui al comma 1, deve frequentare corsi di formazione, di durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, adeguati alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e relativi alle attività lavorative, nel rispetto dei contenuti e delle articolazioni definiti mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del presente decreto legislativo. Fino alla pubblicazione dell'accordo di cui al periodo precedente, conserva validità la formazione effettuata ai sensi dell'articolo 3 del decreto ministeriale 16 gennaio 1997, il cui contenuto è riconosciuto dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano in sede di definizione dell'accordo di cui al periodo precedente”, mentre d’altro canto l’art. 37 del D. Lgs. n. 81/2008 recita al comma 10: “10. Il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza concernente i rischi specifici esistenti negli ambiti in cui esercita la propria rappresentanza, tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi”, ed al comma 11, relativo alle modalità, alla durata ed ai contenuti della formazione stessa: “11. Le modalità, la durata e i contenuti specifici della formazione del rappresentante dei lavoratori per la sicurezza sono stabiliti in sede di contrattazione collettiva nazionale, nel rispetto dei seguenti contenuti minimi: a) principi giuridici comunitari e nazionali; b) legislazione generale e speciale in materia di salute e sicurezza sul lavoro; c) principali soggetti coinvolti e i relativi obblighi; d) definizione e individuazione dei fattori di rischio; e) valutazione dei rischi; f) individuazione delle misure tecniche, organizzative e procedurali di prevenzione e protezione; g) aspetti normativi dell'attività di rappresentanza dei lavoratori; h) nozioni di tecnica della comunicazione. La durata minima dei corsi è di 32 ore iniziali, di cui 12 sui rischi specifici presenti in azienda e le conseguenti misure di prevenzione e protezione adottate, con verifica di apprendimento”, nonché al comma 12 sulla collaborazione con gli organismi esterni: 12. La formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori”. Quindi il D. Lgs. n. 81/2008, che ha confermata la possibilità da parte dei datori di lavoro di optare, a certe condizioni indicate nello stesso decreto, per lo svolgimento diretto dei compiti del Servizio di Prevenzione e Protezione, ha introdotto con l’art. 34 la importante novità che la formazione dei datori di lavoro, della durata minima di 16 ore e massima di 48 ore, dovrà essere adeguata, come è giusto che sia, alla natura dei rischi presenti sul luogo di lavoro e nell’attività lavorativa svolta e dovrà rispettare i contenuti e le articolazioni definite mediante accordo in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il termine di dodici mesi dall'entrata in vigore del D. Lgs. n. 81/2008 e cioè entro il 15/5/2009, Conferenza che si presume si regolerà secondo dei criteri analoghi a quelli già individuati nei citati accordi relativi alla formazione dei RSPP e ASPP. Nello stesso momento, però, l’art. 34 ha fatta salva la validità dei corsi di formazione già svolti e da svolgere secondo i contenuti e le modalità indicate nel Decreto del 16/1/1997, i quali perciò restano validi fino alla pubblicazione dell’accordo sopraccitato. Per quanto riguarda, la formazione dei RLS il legislatore, nel confermare anche qui l’obbligo da parte del datore di lavoro di provvedere alla sua formazione specifica, ha investito, invece, la contrattazione collettiva nazionale alla quale ha inteso affidare il compito di fornire delle indicazioni e degli indirizzi sia sui contenuti che sulle modalità di svolgimento, comunque ribadendo l’obbligo della collaborazione con gli organismi paritetici di cui all’art. 50 dello stesso D. Lgs. n. 81/2008. Con le indicazioni che saranno fornite dall’accordo citato e dalla contrattazione collettiva nazionale e che al momento non risultano essere state ancora dettate, dovrebbe terminare, finalmente, la confusione che ancora oggi si riscontra nella formazione sia dei datori di lavoro che dei lavoratori e dei RLS nonché sulla individuazione dei soggetti formatori abilitati a farla, in quanto si prevede che con tali documenti saranno fornite delle precise indicazioni in tal senso, sperando solo che le stesse siano date nei termini fissati dal legislatore anche al fine di evitare quei contrattempi che si sono potuti già riscontrare a seguito del D. Lgs. n. 195/2003 in occasione della formazione dei RSPP e ASPP. Comunque anche in quest’ultimo campo che riguarda la formazione degli addetti e dei responsabili dei servizi di prevenzione e protezione, così come si è avuto già modo di mettere in evidenza in un altro approfondimento, si può riscontrare, malgrado gli indirizzi forniti dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano con gli accordi del 26/1/2006 e del 5/10/2006, la mancanza di regole ben precise e di una regolamentazione uniforme su tutto il territorio nazionale, tanto da portare a definire nell’approfondimento citato il campo della formazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro, oggi, una vera e propria giungla. Si può riscontrare, altresì, e questo è ancor più grave, l’assenza di un rigoroso sistema di vigilanza e di controllo, che attualmente né le Regioni né lo Stato sono in grado di assicurare, sistema finalizzato ad adottare, a tutela anche di coloro che svolgono la formazione con la serietà e la professionalità che il caso richiede, dei provvedimenti di sospensione e di interdizione nei confronti di quei soggetti formatori che non si attengono scrupolosamente alle regole fissate dalla Conferenza Stato Regioni. |
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Rispondi Autore: giacomo calvi - likes: 0 | 19/03/2009 (12:01) |
Dalla diversità nello stile di scrittura suppongo che la prima parte di presentazione non sia dello stesso autore della seconda, ovvero del sig. Porreca: nulla da dire sulla sua seconda parte dell'articolo. Per quanto invece la premessa dove si parla de: "la collaborazione richiesta dal legislatore ha solo un valore consultivo e non è assolutamente condizionante ai fini dello svolgimento della formazione, oltre a non essere coperta da sanzione nei confronti di chi non si attiene all’obbligo fissato” vorrei porre l'attenzione al fatto che tutto l'articolo 37 del D.Lgs. 81/2008 è sanzionabile in relazione all'art. 18, comma 1, lettera l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento di cui agli articoli 36 e 37; e all'art. 55, comma 4, lettera e) viene definita la sanzione: con l'arresto da quattro a otto mesi o con l'ammenda da 2.000 a 4.000 euro. Aggiungerei inoltre che, richiamando art. 37, comma 12: la formazione dei lavoratori e quella dei loro rappresentanti deve avvenire, in collaborazione con gli organismi paritetici di cui all'articolo 50 ove presenti, durante l'orario di lavoro e non può comportare oneri economici a carico dei lavoratori; per evidenziare il fatto che la sopra citata collaborazione è richiesta solo nel caso che gli organismi paritetici siano presenti e inoltre Art. 51, comma 1: a livello territoriale sono costituiti gli organismi paritetici di cui all'articolo 2, comma 1, lettera ee). comma 2: fatto salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, gli organismi di cui al comma 1 sono prima istanza di riferimento in merito a controversie sorte sull'applicazione dei diritti di rappresentanza, informazione e formazione, previsti dalle norme vigenti. Ciò significa che essi, oltre alla contrattazione collettiva, sono di riferimento e possono inoltre elaborare delle buone prassi art. 2 comma1, lettera v) buone prassi: soluzioni organizzative o procedurali coerenti con la normativa vigente e con le norme di buona tecnica, adottate volontariamente e finalizzate a promuovere la salute e sicurezza sui luoghi di lavoro attraverso la riduzione dei rischi e il miglioramento delle condizioni di lavoro, elaborate e raccolte dalle regioni, dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza del lavoro (ISPESL), dall'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro (INAIL) e dagli organismi paritetici di cui all'articolo 51, validate dalla Commissione consultiva permanente di cui all'articolo 6, previa istruttoria tecnica dell'ISPESL, che provvede a assicurarne la più ampia diffusione. Una volta elaborate le buone prassi art. 51, comma 3: Gli organismi paritetici possono supportare le imprese nell'individuazione di soluzioni tecniche e organizzative dirette a garantire e migliorare la tutela della salute e sicurezza sul lavoro. buon lavoro giacomo calvi Consulente Pedagogico e Ricercatore Educativo c/o Azienda Sanitaria Locale (ASL) della Provincia di Bergamo Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro (SPSAL) |