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Chiarimenti circa la differenza tra RSPP interno o esterno nell’attribuzione delle responsabilità in caso di infortuni.
A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
Quesito
Con riferimento ad alcune sentenze di condanna di responsabili dei servizi di prevenzione e protezione emanate dalla Corte di Cassazione si è a conoscenza se i RSPP erano dipendenti o meno delle ditte in questione? In particolare si chiede: nel caso di un infortunio c’è differenza qualora un RSPP è dipendente o è esterno all'azienda?
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I quesiti sul decreto 81/08: responsabilita' di RSPP interno ed esterno
Chiarimenti circa la differenza tra RSPP interno o esterno nell’attribuzione delle responsabilità in caso di infortuni.
A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
Quesito
Con riferimento ad alcune sentenze di condanna di responsabili dei servizi di prevenzione e protezione emanate dalla Corte di Cassazione si è a conoscenza se i RSPP erano dipendenti o meno delle ditte in questione? In particolare si chiede: nel caso di un infortunio c’è differenza qualora un RSPP è dipendente o è esterno all'azienda?
Risposta
Le disposizioni di legge in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro ed in particolare il D. Lgs. n. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di recente modificato e corretto con il D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 impongono la istituzione presso ogni azienda di un servizio di prevenzione e protezione che svolga i compiti di cui all’articolo 33 del decreto legislativo medesimo, compiti di prevenzione, di informazione, di formazione, di consultazione e di consulenza in genere da svolgere per conto dei datori di lavoro e prevede, altresì, che tale servizio di prevenzione e protezione possa essere di tipo diretto, interno o esterno.
Lo svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro è previsto dall’art. 34 del D. Lgs. n. 81/2008 ed è consentito solo per quelle aziende che si trovino nelle condizioni indicate nell’allegato II al decreto medesimo e precisamente per le aziende artigiane e industriali fino a 30 lavoratori (escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del D.P.R. n. 175 del 17/5/1988 e s. m. soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura, sia pubbliche che private), nonché per le aziende agricole e zootecniche fino a 30 lavoratori, le aziende della pesca fino a 20 lavoratori e le altre aziende fino a 200 lavoratori.
Il servizio di prevenzione e protezione deve essere invece, secondo il D. Lgs. n. 81/2008, istituito obbligatoriamente all’interno all’azienda e cioè deve essere organizzato con persone dipendenti dall’azienda medesima in alcuni casi previsti nell’art. 31 comma 6 del decreto stesso e precisamente:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
In tutti gli altri casi, e cioè quando il datore di lavoro non ha inteso avvalersi della facoltà di svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione e nel caso in cui le aziende non ricadono nelle ipotesi di cui al comma 6 dell’articolo 31, il servizio di prevenzione e protezione può essere interno oppure esterno, e cioè costituito da persone tutte esterne all’azienda, oppure di tipo misto e cioè costituito da persone in parte interne ed in parte esterne all’azienda.
Ciò premesso, e con riferimento alla precisa domanda contenuta nel quesito formulato relativa alla responsabilità della figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione in caso di infortunio sul lavoro, le sentenze della Corte di Cassazione con le quali sono state confermate le condanne di alcuni RSPP, già allo stesso inflitte del resto nei processi di primo e secondo grado, non fanno riferimento a delle violazioni da questi commesse in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, ma sono state emanate in considerazione della loro constatata incapacità a svolgere i compiti previsti dalle disposizioni di legge che il datore di lavoro aveva agli stessi affidati ed in genere per non aver individuate e segnalate delle carenze in materia di sicurezza sul lavoro alle quali, a seguito delle indagini, sono risultate collegate le dinamiche degli infortuni per i quali la stessa Corte era stata chiamata ad esprimersi.
Ciò detto ed in risposta al quesito formulato appare assolutamente ininfluente la posizione esterna o interna della figura del RSPP e quindi la natura del rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e la persona dallo stesso designata per svolgere i compiti in materia di sicurezza sul lavoro richiesti dalle vigenti disposizioni di legge essendo come già detto la eventuale responsabilità di questi legata alle loro capacità ed al loro comportamento professionale.
A confermare quanto appena affermato è da far presente che la stessa responsabilità per un infortunio avvenuto in azienda potrebbe essere addebitata anche ad un eventuale consulente esterno chiamato dal datore di lavoro a supportare l’azione del servizio di prevenzione e protezione istituito presso l’azienda stessa e per lo stesso motivo e cioè per non essere stato in grado di individuare nonché per non aver segnalato al datore di lavoro la carenza di alcune misure di sicurezza la cui adozione avrebbe potuto evitare l’evento infortunistico. In tal senso si è espressa recentemente la Corte di Cassazione Sezione Lavoro in una sentenza, la n. 15050 del 26/6/2009, con la quale è stata confermata la responsabilità di una società di consulenza tecnica incaricata da un datore di lavoro per effettuare una analisi preliminare ai fini della sicurezza sul lavoro delle macchine installate nella propria azienda nell’ambito della quale un lavoratore aveva perso un braccio a seguito di un infortunio avvenuto presso una cesoia risultata sprovvista dei dispositivi di sicurezza previsti dalle vigenti disposizioni di legge.
Secondo la massima di tale sentenza, infatti, “in tema di infortunio sul lavoro derivante dai macchinari utilizzati dal lavoratore, ove il datore di lavoro abbia affidato ad un terzo uno studio della situazione aziendale in riferimento all'igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro, la responsabilità del terzo, che non ha segnalato al datore committente la presenza in azienda dei macchinari non conformi alla normativa di sicurezza e che sono stati causa di infortunio, non è esclusa dall'omissione del datore in ordine alla redazione della relazione di sicurezza con la valutazione dei rischi nell'ambiente di lavoro, essendo questo un adempimento successivo allo studio commissionato al terzo e presupponente la correttezza di questo”.
Le disposizioni di legge in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro ed in particolare il D. Lgs. n. 9/4/2008 n. 81, contenente il Testo Unico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, di recente modificato e corretto con il D. Lgs. 3/8/2009 n. 106 impongono la istituzione presso ogni azienda di un servizio di prevenzione e protezione che svolga i compiti di cui all’articolo 33 del decreto legislativo medesimo, compiti di prevenzione, di informazione, di formazione, di consultazione e di consulenza in genere da svolgere per conto dei datori di lavoro e prevede, altresì, che tale servizio di prevenzione e protezione possa essere di tipo diretto, interno o esterno.
Lo svolgimento diretto dei compiti del servizio di prevenzione e protezione da parte del datore di lavoro è previsto dall’art. 34 del D. Lgs. n. 81/2008 ed è consentito solo per quelle aziende che si trovino nelle condizioni indicate nell’allegato II al decreto medesimo e precisamente per le aziende artigiane e industriali fino a 30 lavoratori (escluse le aziende industriali di cui all'art. 1 del D.P.R. n. 175 del 17/5/1988 e s. m. soggette all'obbligo di dichiarazione o notifica ai sensi degli articoli 4 e 6 del decreto stesso, le centrali termoelettriche, gli impianti ed i laboratori nucleari, le aziende estrattive e altre attività minerarie, le aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni, le strutture di ricovero e cura, sia pubbliche che private), nonché per le aziende agricole e zootecniche fino a 30 lavoratori, le aziende della pesca fino a 20 lavoratori e le altre aziende fino a 200 lavoratori.
Il servizio di prevenzione e protezione deve essere invece, secondo il D. Lgs. n. 81/2008, istituito obbligatoriamente all’interno all’azienda e cioè deve essere organizzato con persone dipendenti dall’azienda medesima in alcuni casi previsti nell’art. 31 comma 6 del decreto stesso e precisamente:
a) nelle aziende industriali di cui all'articolo 2 del decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334, e successive modificazioni, soggette all'obbligo di notifica o rapporto, ai sensi degli articoli 6 e 8 del medesimo decreto;
b) nelle centrali termoelettriche;
c) negli impianti ed installazioni di cui agli articoli 7, 28 e 33 del decreto legislativo 17 marzo 1995, n. 230, e successive modificazioni;
d) nelle aziende per la fabbricazione ed il deposito separato di esplosivi, polveri e munizioni;
e) nelle aziende industriali con oltre 200 lavoratori;
f) nelle industrie estrattive con oltre 50 lavoratori;
g) nelle strutture di ricovero e cura pubbliche e private con oltre 50 lavoratori.
In tutti gli altri casi, e cioè quando il datore di lavoro non ha inteso avvalersi della facoltà di svolgere direttamente i compiti del servizio di prevenzione e protezione e nel caso in cui le aziende non ricadono nelle ipotesi di cui al comma 6 dell’articolo 31, il servizio di prevenzione e protezione può essere interno oppure esterno, e cioè costituito da persone tutte esterne all’azienda, oppure di tipo misto e cioè costituito da persone in parte interne ed in parte esterne all’azienda.
Ciò premesso, e con riferimento alla precisa domanda contenuta nel quesito formulato relativa alla responsabilità della figura del responsabile del servizio di prevenzione e protezione in caso di infortunio sul lavoro, le sentenze della Corte di Cassazione con le quali sono state confermate le condanne di alcuni RSPP, già allo stesso inflitte del resto nei processi di primo e secondo grado, non fanno riferimento a delle violazioni da questi commesse in materia di salute e di sicurezza sul lavoro, ma sono state emanate in considerazione della loro constatata incapacità a svolgere i compiti previsti dalle disposizioni di legge che il datore di lavoro aveva agli stessi affidati ed in genere per non aver individuate e segnalate delle carenze in materia di sicurezza sul lavoro alle quali, a seguito delle indagini, sono risultate collegate le dinamiche degli infortuni per i quali la stessa Corte era stata chiamata ad esprimersi.
Ciò detto ed in risposta al quesito formulato appare assolutamente ininfluente la posizione esterna o interna della figura del RSPP e quindi la natura del rapporto di lavoro fra il datore di lavoro e la persona dallo stesso designata per svolgere i compiti in materia di sicurezza sul lavoro richiesti dalle vigenti disposizioni di legge essendo come già detto la eventuale responsabilità di questi legata alle loro capacità ed al loro comportamento professionale.
A confermare quanto appena affermato è da far presente che la stessa responsabilità per un infortunio avvenuto in azienda potrebbe essere addebitata anche ad un eventuale consulente esterno chiamato dal datore di lavoro a supportare l’azione del servizio di prevenzione e protezione istituito presso l’azienda stessa e per lo stesso motivo e cioè per non essere stato in grado di individuare nonché per non aver segnalato al datore di lavoro la carenza di alcune misure di sicurezza la cui adozione avrebbe potuto evitare l’evento infortunistico. In tal senso si è espressa recentemente la Corte di Cassazione Sezione Lavoro in una sentenza, la n. 15050 del 26/6/2009, con la quale è stata confermata la responsabilità di una società di consulenza tecnica incaricata da un datore di lavoro per effettuare una analisi preliminare ai fini della sicurezza sul lavoro delle macchine installate nella propria azienda nell’ambito della quale un lavoratore aveva perso un braccio a seguito di un infortunio avvenuto presso una cesoia risultata sprovvista dei dispositivi di sicurezza previsti dalle vigenti disposizioni di legge.
Secondo la massima di tale sentenza, infatti, “in tema di infortunio sul lavoro derivante dai macchinari utilizzati dal lavoratore, ove il datore di lavoro abbia affidato ad un terzo uno studio della situazione aziendale in riferimento all'igiene e sicurezza degli ambienti di lavoro, la responsabilità del terzo, che non ha segnalato al datore committente la presenza in azienda dei macchinari non conformi alla normativa di sicurezza e che sono stati causa di infortunio, non è esclusa dall'omissione del datore in ordine alla redazione della relazione di sicurezza con la valutazione dei rischi nell'ambiente di lavoro, essendo questo un adempimento successivo allo studio commissionato al terzo e presupponente la correttezza di questo”.
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