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Come verificare la rispondenza alle norme di legge in materia di sicurezza delle attrezzature installate in vigenza del D.P.R. 547/55, del D. Lgs. 626/96 e del D. Lgs. 81/08.
A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
Quesito
Sono ASPP di un'azienda che dispone di numerosi apparecchi di sollevamento tipo gru a ponte, costruiti dal 1956 al 2009, forniti di paranchi con ganci din15401-15402. Alcuni di questi ganci sono forniti di dispositivo di chiusura all'imbocco altri no. Facendo riferimento all'art. 172 del D.P.R. 547/55 e all'all. 5 parte 2 punto 3 del D. Lgs. 81/08 la domanda è: esistono tipologie di ganci che non implicano implementazione di tale dispositivo? Se si quali? Quali sono i riferimenti legislativi che indicano specificatamente tali tipologie?
“3.1.4 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi:
a) urtino le persone.
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino in caduta libera, ovvero
c) siano sganciati involontariamente”
mentre per le macchine “nuove” nell’allegato VI, fra le disposizioni di carattere generale contenute nel punto 3 e concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare carichi, è stato disposto con il punto 3.1.6 che:
“3.1.6 Gli accessori di sollevamento devono essere scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, dei dispositivi di aggancio, delle condizioni atmosferiche nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell’imbracatura”, e l’onere della scelta è rimasto oggi sostanzialmente a carico dei costruttori che possono eventualmente ancora fare riferimento ai profili UNI antisganciamento.
A quanto sopra detto c’è da aggiungere poi che il legislatore con il D.P.R. n. 459/1996, nell’introdurre in Italia le disposizioni sull’obbligo di conformità delle macchine alla specifica direttiva comunitaria, ha fissato delle disposizioni transitorie per tenere conto della massiccia presenza sul territorio nazionale di macchine “vecchie” e lo ha fatto con l’art. 11 comma 1 dello stesso D.P.R. secondo il quale:
“1. Fatto salvo l'art. 1, comma 3, in caso di modifiche costruttive, chiunque venda, noleggi o conceda in uso o in locazione finanziaria macchine o componenti di sicurezza già immessi sul mercato o già in servizio alla data di entrata in vigore del presente regolamento e privi di marcatura CE, deve attestare, sotto la propria responsabilità, che gli stessi sono conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, alla legislazione previgente alla data di entrata in vigore del presente regolamento (21/9/1996)”
ricordando che il citato art. 1 comma 3 del D.P.R. n. 459/1996 è quello che ha fornito la definizione di immissione in mercato e con il quale è stato precisato che:
“si considerano altresì immessi sul mercato la macchina o il componente di sicurezza messi a disposizione dopo aver subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria o straordinaria manutenzione”.
L’attestazione di conformità ed il riferimento alla legislazione previgente sopra indicate, sono state introdotte in realtà dal legislatore per quelle macchine “vecchie” da reimmettere in mercato ma il criterio esposto si ritiene applicabile ragionevolmente anche nell’ambito della valutazione dei rischi e della redazione del relativo documento di valutazione di cui al D. Lgs. n. 81/2008 per quanto riguarda le macchine “vecchie” che siano risultate essere già in servizio al momento dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 459/1996.
Come è noto anche il D.P.R. n. 459/1996 ora è stato abrogato con l’art. 18 del D. Lgs. 27/1/2010 n. 17, che ha recepita in Italia la nuova direttiva macchine, il quale ha fatta salva però ed ha confermata la validità della norma transitoria di cui all’art. 11 commi 1 e 3 del D.P.R. n. 459/1996 per quanto riguarda le macchine già immesse in mercato e già in servizio alla data dell’entrata in vigore dello stesso D.P.R..
Ciò detto e premesso ed in risposta al quesito formulato con il quale è stata segnalata la presenza in una azienda di apparecchi di sollevamento installati dal 1956 al 2009, e quindi di macchine sia “vecchie” che “nuove” così come sopra definite, si è del parere che il criterio che potrebbe essere messo in atto per verificare la conformità delle stesse alle disposizioni di legge vigenti in materia sia quello per prima cosa di catalogare le macchine in base all’anno di costruzione ed alla data della loro messa in esercizio, con riferimento al giorno di entrata in vigore del D.P.R. n. 459/1996 (21/9/1996), e quindi di esaminare i libretti e la documentazione tecnica che accompagna gli apparecchi di sollevamento stessi. Quindi se l’attrezzatura è “nuova”, così come sopra definita, ed è provvista della marcatura “CE” e della relativa dichiarazione “CE” di conformità la stessa si può, ai fini della valutazione dei rischi, considerare rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia, secondo un criterio di presunzione di conformità che è stato del resto anche confermato recentemente dall’art. 4 del D. Lgs. n. 17/2010 contenente la nuova Direttiva macchine. Per le macchine “vecchie”, invece, che sono ovviamente sprovviste della certificazione “CE”, perché questa è stata prevista per le macchine costruite successivamente, le stesse potranno ritenersi regolari e conformi alle disposizioni di legge vigenti, e ciò vale ovviamente anche per i singoli componenti quali i ganci oggetto del quesito, se a seguito di una verifica risultino rispondenti alle indicazioni riportate sia nella documentazione di progetto e di costruzione che nel libretto rilasciato dall’Ente che ha provveduto al collaudo delle stesse.
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I quesiti sul decreto 81: come verificare la sicurezza delle attrezzature?
Come verificare la rispondenza alle norme di legge in materia di sicurezza delle attrezzature installate in vigenza del D.P.R. 547/55, del D. Lgs. 626/96 e del D. Lgs. 81/08.
A cura di Gerardo Porreca (www.porreca.it).
Quesito
Sono ASPP di un'azienda che dispone di numerosi apparecchi di sollevamento tipo gru a ponte, costruiti dal 1956 al 2009, forniti di paranchi con ganci din15401-15402. Alcuni di questi ganci sono forniti di dispositivo di chiusura all'imbocco altri no. Facendo riferimento all'art. 172 del D.P.R. 547/55 e all'all. 5 parte 2 punto 3 del D. Lgs. 81/08 la domanda è: esistono tipologie di ganci che non implicano implementazione di tale dispositivo? Se si quali? Quali sono i riferimenti legislativi che indicano specificatamente tali tipologie?
Risposta
Per la risposta al quesito, finalizzato evidentemente ad acquisire degli elementi utili al fine di determinare la regolarità e la rispondenza o meno alle disposizioni di legge vigenti degli apparecchi di sollevamento installati in una azienda sia in vigenza delle norme di legge nazionali che successivamente ai recepimenti delle direttive comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro si fa presente quanto segue.
La caratteristica precipua delle disposizioni di legge nazionali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro degli anni 1950 e che fanno capo essenzialmente al D.P.R. 27/4/1955 n. 547, contenente le norme generali di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché ai decreti presidenziali successivi ad esso collegati, è stata quella di imporre direttamente ai datori di lavoro delle precise misure di sicurezza ritenute dal legislatore necessarie per prevenire gli infortuni e per evitare l’insorgere di eventuali malattie professionali. Agli apparecchi di sollevamento in particolare il D.P.R. n. 547/1955 aveva dedicato il Titolo V riguardanti i mezzi ed apparecchi di sollevamento, di trasporto e di immagazzinamento e più specificatamente in merito ai ganci, oggetto del quesito in esame, ed al rischio di sganciamento delle funi, catene, ecc. aveva disposto con l’art. 172 che:
“I ganci per apparecchi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi di chiusura dell'imbocco o essere conformati, per particolare profilo della superficie interna o limitazione dell'apertura di imbocco, in modo da impedire lo sganciamento delle funi, delle catene e degli altri organi di presa”.
Quindi il legislatore dell’epoca, per evitare il rischio di sganciamento, aveva individuate ed indicate esplicitamente alcune misure ritenute fra loro equivalenti e consistenti o nell’inserimento di un vero e proprio dispositivo di chiusura di sicurezza all’imbocco del gancio o nell’assicurarsi che la conformazione e l’imbocco del gancio stesso fossero di natura tale da impedire di per sé stesso tale rischio, lasciando comunque ai costruttori di tali apparecchiature la scelta. Questi hanno preso a riferimento, a proposito, le norme tecniche UNI vigenti in materia, che segnalavano dei profili UNI antisganciamento, profili riportati nella documentazione di progettazione e tecnica che accompagnava le apparecchiature medesime e di seguito registrati sui libretti delle apparecchiature medesime stilati dai tecnici dell’Ente che effettuavano le operazioni di collaudo (sul modello del libretto dell’apparecchiature contenuto nel D. M. 12/9/1959 nella parte relativa ai ganci è indicata una apposita voce nella quale deve essere indicato il dispositivo antisganciamento installato o il tipo di profilo del gancio che assolve alla stessa funzione).
Con l’avvento delle direttive comunitarie ed in particolare con l’emanazione del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sul miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e con l’avvento, altresì, per quanto riguarda la sicurezza delle macchine, del D.P.R. 24/7/1996 n. 459, contenente il regolamento per l’attuazione della direttiva comunitaria in materia di sicurezza delle macchine, il legislatore ha fissato dei principi e dei requisiti generali di sicurezza (RES) ed ha introdotto l’istituto della valutazione dei rischi che per quanto riguarda le macchine è stata posta a carico del costruttore al quale è stato affidato anche l’onere di eliminare tali rischi o di ridurli comunque al minimo nonché di scegliere la misura più idonea per raggiungere tale obiettivo. Nello stesso momento, comunque, il legislatore ha chiamato in causa anche i datori di lavoro utenti ed ha posto a carico degli stessi degli obblighi per quanto riguarda la sicurezza dell’esercizio delle attrezzature stesse.
Da ultimo il D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, che ha abrogato e recepito il D. Lgs. n. 626/1994 e s.m.i., per quanto riguarda sempre l’uso delle attrezzature di lavoro, fra le quali sono comprese le macchine, ha effettuata con l’art. 70, relativo ai requisiti di sicurezza delle stesse, una netta distinzione fra le attrezzature costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie, che per le macchine sono state emanate con il citato D.P.R. n. 459/1996 entrato in vigore il 21/9/1996, nonché quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di tali disposizioni legislative e regolamentari, macchine che nel prosieguo saranno per semplicità indicate più semplicemente come “macchine vecchie”, e quelle che invece non rientrano in tale campo e cioè quelle costruite in presenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie e messe a disposizione dei lavoratori successivamente all’emanazione delle stesse, macchine che nel prosieguo verranno indicate più semplicemente come “macchine nuove”, fissando per le prime (art. 70 comma 2) l’obbligo della conformità ai requisiti generali di sicurezza di cui all’allegato V del D. Lgs. n. 81/2008 denominato “Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro emanazione”, che ha sostanzialmente recepito le principali disposizioni contenute nell’abrogato D.P.R. n. 547/1955, e per le seconde e cioè per le macchine “nuove” (art. 70 comma 1 e art. 71 comma 1) l’obbligo di essere costruite e di essere utilizzate conformemente alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto. Per queste ultime, inoltre, è stato imposto ai sensi dell’art. 71 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008 che:
“3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.” allegato che contiene le “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro”.
Restringendo ora il campo alla sicurezza delle operazioni di sollevamento ed al rischio specifico di sganciamento dei carichi durante tali operazioni si osserva che tale rischio e la limitazione dello stesso, che il D.P.R. n. 547/1955 aveva richiesta con la prescrizione di cui all’art. 172 sui ganci, sono presi attualmente in considerazione sia nell’allegato V che nell’allegato VI del D. Lgs. n. 81/2008. In particolare per le macchine “vecchie” nell’allegato V parte II con il punto 3.1.4, fra le prescrizioni generali applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all’immagazzinamento dei carichi, è stato disposto che:
Per la risposta al quesito, finalizzato evidentemente ad acquisire degli elementi utili al fine di determinare la regolarità e la rispondenza o meno alle disposizioni di legge vigenti degli apparecchi di sollevamento installati in una azienda sia in vigenza delle norme di legge nazionali che successivamente ai recepimenti delle direttive comunitarie in materia di sicurezza sul lavoro si fa presente quanto segue.
La caratteristica precipua delle disposizioni di legge nazionali in materia di salute e di sicurezza sul lavoro degli anni 1950 e che fanno capo essenzialmente al D.P.R. 27/4/1955 n. 547, contenente le norme generali di prevenzione degli infortuni sul lavoro, nonché ai decreti presidenziali successivi ad esso collegati, è stata quella di imporre direttamente ai datori di lavoro delle precise misure di sicurezza ritenute dal legislatore necessarie per prevenire gli infortuni e per evitare l’insorgere di eventuali malattie professionali. Agli apparecchi di sollevamento in particolare il D.P.R. n. 547/1955 aveva dedicato il Titolo V riguardanti i mezzi ed apparecchi di sollevamento, di trasporto e di immagazzinamento e più specificatamente in merito ai ganci, oggetto del quesito in esame, ed al rischio di sganciamento delle funi, catene, ecc. aveva disposto con l’art. 172 che:
“I ganci per apparecchi di sollevamento devono essere provvisti di dispositivi di chiusura dell'imbocco o essere conformati, per particolare profilo della superficie interna o limitazione dell'apertura di imbocco, in modo da impedire lo sganciamento delle funi, delle catene e degli altri organi di presa”.
Quindi il legislatore dell’epoca, per evitare il rischio di sganciamento, aveva individuate ed indicate esplicitamente alcune misure ritenute fra loro equivalenti e consistenti o nell’inserimento di un vero e proprio dispositivo di chiusura di sicurezza all’imbocco del gancio o nell’assicurarsi che la conformazione e l’imbocco del gancio stesso fossero di natura tale da impedire di per sé stesso tale rischio, lasciando comunque ai costruttori di tali apparecchiature la scelta. Questi hanno preso a riferimento, a proposito, le norme tecniche UNI vigenti in materia, che segnalavano dei profili UNI antisganciamento, profili riportati nella documentazione di progettazione e tecnica che accompagnava le apparecchiature medesime e di seguito registrati sui libretti delle apparecchiature medesime stilati dai tecnici dell’Ente che effettuavano le operazioni di collaudo (sul modello del libretto dell’apparecchiature contenuto nel D. M. 12/9/1959 nella parte relativa ai ganci è indicata una apposita voce nella quale deve essere indicato il dispositivo antisganciamento installato o il tipo di profilo del gancio che assolve alla stessa funzione).
Con l’avvento delle direttive comunitarie ed in particolare con l’emanazione del D. Lgs. 19/9/1994 n. 626 sul miglioramento delle condizioni di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro e con l’avvento, altresì, per quanto riguarda la sicurezza delle macchine, del D.P.R. 24/7/1996 n. 459, contenente il regolamento per l’attuazione della direttiva comunitaria in materia di sicurezza delle macchine, il legislatore ha fissato dei principi e dei requisiti generali di sicurezza (RES) ed ha introdotto l’istituto della valutazione dei rischi che per quanto riguarda le macchine è stata posta a carico del costruttore al quale è stato affidato anche l’onere di eliminare tali rischi o di ridurli comunque al minimo nonché di scegliere la misura più idonea per raggiungere tale obiettivo. Nello stesso momento, comunque, il legislatore ha chiamato in causa anche i datori di lavoro utenti ed ha posto a carico degli stessi degli obblighi per quanto riguarda la sicurezza dell’esercizio delle attrezzature stesse.
Da ultimo il D. Lgs. 9/4/2008 n. 81, che ha abrogato e recepito il D. Lgs. n. 626/1994 e s.m.i., per quanto riguarda sempre l’uso delle attrezzature di lavoro, fra le quali sono comprese le macchine, ha effettuata con l’art. 70, relativo ai requisiti di sicurezza delle stesse, una netta distinzione fra le attrezzature costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie, che per le macchine sono state emanate con il citato D.P.R. n. 459/1996 entrato in vigore il 21/9/1996, nonché quelle messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente all’emanazione di tali disposizioni legislative e regolamentari, macchine che nel prosieguo saranno per semplicità indicate più semplicemente come “macchine vecchie”, e quelle che invece non rientrano in tale campo e cioè quelle costruite in presenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie e messe a disposizione dei lavoratori successivamente all’emanazione delle stesse, macchine che nel prosieguo verranno indicate più semplicemente come “macchine nuove”, fissando per le prime (art. 70 comma 2) l’obbligo della conformità ai requisiti generali di sicurezza di cui all’allegato V del D. Lgs. n. 81/2008 denominato “Requisiti di sicurezza delle attrezzature di lavoro costruite in assenza di disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto, o messe a disposizione dei lavoratori antecedentemente alla data della loro emanazione”, che ha sostanzialmente recepito le principali disposizioni contenute nell’abrogato D.P.R. n. 547/1955, e per le seconde e cioè per le macchine “nuove” (art. 70 comma 1 e art. 71 comma 1) l’obbligo di essere costruite e di essere utilizzate conformemente alle specifiche disposizioni legislative e regolamentari di recepimento delle direttive comunitarie di prodotto. Per queste ultime, inoltre, è stato imposto ai sensi dell’art. 71 comma 3 del D. Lgs. n. 81/2008 che:
“3. Il datore di lavoro, al fine di ridurre al minimo i rischi connessi all'uso delle attrezzature di lavoro e per impedire che dette attrezzature possano essere utilizzate per operazioni e secondo condizioni per le quali non sono adatte, adotta adeguate misure tecniche ed organizzative, tra le quali quelle dell'allegato VI.” allegato che contiene le “Disposizioni concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro”.
Restringendo ora il campo alla sicurezza delle operazioni di sollevamento ed al rischio specifico di sganciamento dei carichi durante tali operazioni si osserva che tale rischio e la limitazione dello stesso, che il D.P.R. n. 547/1955 aveva richiesta con la prescrizione di cui all’art. 172 sui ganci, sono presi attualmente in considerazione sia nell’allegato V che nell’allegato VI del D. Lgs. n. 81/2008. In particolare per le macchine “vecchie” nell’allegato V parte II con il punto 3.1.4, fra le prescrizioni generali applicabili alle attrezzature di lavoro adibite al sollevamento, al trasporto o all’immagazzinamento dei carichi, è stato disposto che:
“3.1.4 Le attrezzature di lavoro adibite al sollevamento di carichi installate stabilmente devono essere disposte in modo tale da ridurre il rischio che i carichi:
a) urtino le persone.
b) in modo involontario derivino pericolosamente o precipitino in caduta libera, ovvero
c) siano sganciati involontariamente”
mentre per le macchine “nuove” nell’allegato VI, fra le disposizioni di carattere generale contenute nel punto 3 e concernenti l’uso delle attrezzature di lavoro che servono a sollevare carichi, è stato disposto con il punto 3.1.6 che:
“3.1.6 Gli accessori di sollevamento devono essere scelti in funzione dei carichi da movimentare, dei punti di presa, dei dispositivi di aggancio, delle condizioni atmosferiche nonché tenendo conto del modo e della configurazione dell’imbracatura”, e l’onere della scelta è rimasto oggi sostanzialmente a carico dei costruttori che possono eventualmente ancora fare riferimento ai profili UNI antisganciamento.
A quanto sopra detto c’è da aggiungere poi che il legislatore con il D.P.R. n. 459/1996, nell’introdurre in Italia le disposizioni sull’obbligo di conformità delle macchine alla specifica direttiva comunitaria, ha fissato delle disposizioni transitorie per tenere conto della massiccia presenza sul territorio nazionale di macchine “vecchie” e lo ha fatto con l’art. 11 comma 1 dello stesso D.P.R. secondo il quale:
“1. Fatto salvo l'art. 1, comma 3, in caso di modifiche costruttive, chiunque venda, noleggi o conceda in uso o in locazione finanziaria macchine o componenti di sicurezza già immessi sul mercato o già in servizio alla data di entrata in vigore del presente regolamento e privi di marcatura CE, deve attestare, sotto la propria responsabilità, che gli stessi sono conformi, al momento della consegna a chi acquisti, riceva in uso, noleggio o locazione finanziaria, alla legislazione previgente alla data di entrata in vigore del presente regolamento (21/9/1996)”
ricordando che il citato art. 1 comma 3 del D.P.R. n. 459/1996 è quello che ha fornito la definizione di immissione in mercato e con il quale è stato precisato che:
“si considerano altresì immessi sul mercato la macchina o il componente di sicurezza messi a disposizione dopo aver subito modifiche costruttive non rientranti nella ordinaria o straordinaria manutenzione”.
L’attestazione di conformità ed il riferimento alla legislazione previgente sopra indicate, sono state introdotte in realtà dal legislatore per quelle macchine “vecchie” da reimmettere in mercato ma il criterio esposto si ritiene applicabile ragionevolmente anche nell’ambito della valutazione dei rischi e della redazione del relativo documento di valutazione di cui al D. Lgs. n. 81/2008 per quanto riguarda le macchine “vecchie” che siano risultate essere già in servizio al momento dell’entrata in vigore del D.P.R. n. 459/1996.
Come è noto anche il D.P.R. n. 459/1996 ora è stato abrogato con l’art. 18 del D. Lgs. 27/1/2010 n. 17, che ha recepita in Italia la nuova direttiva macchine, il quale ha fatta salva però ed ha confermata la validità della norma transitoria di cui all’art. 11 commi 1 e 3 del D.P.R. n. 459/1996 per quanto riguarda le macchine già immesse in mercato e già in servizio alla data dell’entrata in vigore dello stesso D.P.R..
Ciò detto e premesso ed in risposta al quesito formulato con il quale è stata segnalata la presenza in una azienda di apparecchi di sollevamento installati dal 1956 al 2009, e quindi di macchine sia “vecchie” che “nuove” così come sopra definite, si è del parere che il criterio che potrebbe essere messo in atto per verificare la conformità delle stesse alle disposizioni di legge vigenti in materia sia quello per prima cosa di catalogare le macchine in base all’anno di costruzione ed alla data della loro messa in esercizio, con riferimento al giorno di entrata in vigore del D.P.R. n. 459/1996 (21/9/1996), e quindi di esaminare i libretti e la documentazione tecnica che accompagna gli apparecchi di sollevamento stessi. Quindi se l’attrezzatura è “nuova”, così come sopra definita, ed è provvista della marcatura “CE” e della relativa dichiarazione “CE” di conformità la stessa si può, ai fini della valutazione dei rischi, considerare rispondente alle disposizioni legislative e regolamentari vigenti in materia, secondo un criterio di presunzione di conformità che è stato del resto anche confermato recentemente dall’art. 4 del D. Lgs. n. 17/2010 contenente la nuova Direttiva macchine. Per le macchine “vecchie”, invece, che sono ovviamente sprovviste della certificazione “CE”, perché questa è stata prevista per le macchine costruite successivamente, le stesse potranno ritenersi regolari e conformi alle disposizioni di legge vigenti, e ciò vale ovviamente anche per i singoli componenti quali i ganci oggetto del quesito, se a seguito di una verifica risultino rispondenti alle indicazioni riportate sia nella documentazione di progetto e di costruzione che nel libretto rilasciato dall’Ente che ha provveduto al collaudo delle stesse.
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Rispondi Autore: Roberto Porraro - likes: 0 | 11/04/2012 (15:40:11) |
Le macchine vecchie devono rispondere all'allegato V del D.Lgs. 81/2008, quelle immesse sul mercato dal 1 gennaio 97 al 5 marzo 2010 devono rispondere all'allegato I DPR 459/1996, quelle nuove devono essere conformi all'Allegato I D.Lgs. 27/01/2010 n.17 |